Le calunnie sono dure
a morire. Quello dei Templari era un Ordine religioso nato nel
secondo decennio del XII secolo: originariamente una
fraternitas di pellegrini che avevano preso forse parte a
quello strano pellegrinaggio armato che si è soliti chiamar
«la prima crociata» (1095-1099), che ricevette poi una regola
in qualche modo ispirata all’Ordine cistercense, e nella
stesura della quale ebbe quanto meno indirettamente mano lo
stesso Bernardo di Clairvaux. Il tratto originale (anche se
non esclusivo) di tale ordine, come di altri nati nel medesimo
secolo, era che esso riuniva alcuni fratres laici
autorizzati a portare le armi per difendere i pellegrini e i
nuovi principati cristiani nati in Terrasanta (e, poi, anche
nella penisola iberica). Il termine canonico che qualificava
tali ordini era non religio, bensì militia.
Esauritosi o comunque
divenuto problematico il loro ruolo con la fine
dell’esperimento dei principati nati dalla crociata, alla fine
del Duecento, i Templari – che intanto avevano saputo
sviluppare una loro florida attività in campo fondiario e
bancario, ma attorno al quale giravano voci insistenti di
tralignamento rispetto alla purezza originaria – furono alla
fine coinvolti in un memoriabile processo inquisitoriale per
eresia, avviato in Francia e dietro al quale c’era la volontà
del sovrano di quel paese, deciso a sbarazzarsi
dell’ingombrante presenza dell’Ordine e a impadronirsi delle
sue ricchezze.
L’opposizione del
maestro Jacques di Molay a un prestito di quattrocentomila
fiorini d’oro che il Tesoriere del Tempio di Parigi aveva
concesso al re di Francia e il dissidio tra papa Bonifacio
VIII e re Filippo IV di Francia – durante il quale le sedi
dell’Ordine in terra di Francia avevano preso posizione a
favore del sovrano, a differenza degli altri Templari – furono
tra le cause prossime del processo intentato contro l’Ordine:
che ebbe comunque la sua origine immediata dalle confessioni e
dalle confidenze di un 'pentito', tale Esquieu de Floyran
priore templare di Montfaucon, che a partire dal 1305 cominciò
a mettere in giro presunte rivelazioni su infiltrazioni
ereticali nell’Ordine. Il papa e il re d’Aragona, messi a
parte di quelle voci, non vi dettero importanza: ma il re di
Francia, che doveva del denaro al Tempio e che era del resto
ben deciso a ridurre la Chiesa di Francia sotto il suo
controllo eliminando tutte quelle forze sospette di essere
troppo strettamente fedeli al papa, aveva tutto l’interesse a
lasciarsi convincere che davvero i templari – come recita la
lettera regia indirizzata ai funzionari della corona il 14
settembre 1307, festa dell’Esaltazione della Croce – al
momento dell’ammissione all’Ordine venissero indotti a
rinnegare il Cristo, a sputare sul segno della croce, a darsi
ad esecrabili pratiche oscene. Non deve meravigliare che i
Templari si facessero così docilmente incarcerare: essi non
solo non potevano levare le armi contro dei correligionari
perché la loro regola lo impediva, ma soprattutto quelli di
loro che si trovavano in Europa erano quasi tutti anziani, o
invalidi. Imprigionarli fu uno scherzo da poco.
Le accuse contro i
Templari, elaborate nei primi mesi dopo le campagne d’arresto
eseguite un po’ in tutta Europa – ma con vario grado di
efficacia e con esiti diseguali – tra 1307 e 1308, si
cristallizzarono in una serie di punti che si potrebbero così
enumerare: rinnegavano il Cristo, profanavano il segno della
croce, si davano all’adorazione di idoli descritti come di
varia forma (come il misterioso Baphometh); erano
colpevoli di varie credenze ereticali riguardo ai sacramenti;
esercitavano pratiche oscene e omosessuali; si riunivano in
conciliaboli segreti dei quali nessuno all’esterno doveva
saper nulla.
La lista delle accuse
ai Templari, per la verità, ha un marcato aspetto fasullo. Sia
che gli avvocati del re di Francia s’inventassero di sana
pianta gli addebiti da muovere ai fratres, ispirandosi
magari a fenomenologia e a casistica dei processi
inquisitoriali per eresia che allora cominciavano a diventare
più frequenti, sia che essi raccogliessero ed elaborassero
confessioni in qualche modo 'autentiche', per estorte che
fossero, resta il fatto che l’insieme delle pratiche attestate
non ha alcuna coerenza e che ciascuna di esse, singolarmente
prese, sembra rinviare a un contesto noto a livello più
generico e popolare che non teologico o politico. Durante le
cerimonie di ammissione al Tempio, è probabile si
verificassero episodi di 'nonnismo' anche molto pesanti e
brutali, da cui potevano non esser assenti nemmeno atti
irriverenti se non addirittura empi.
Il pontefice comprese
bene la sostanza dei messaggi che il re di Francia gli
inviava, che cioè il destino dell’Ordine era comunque segnato
ed era bene accettare il male minore ed evitare scandali: e,
com’è noto, sciolse d’autorità l’Ordine in modo ch’esso non
fosse condannato, ma che neppure una sua esplicita e
conclamata assoluzione compromettesse i rapporti tra regno di
Francia e Santa Sede. La pergamena originale rintracciata nel
settembre 2001 da una giovane studiosa, Barbara Frale,
nell’Archivio Segreto Vaticano, ha mostrato come in seguito a
un’inchiesta condotta nella fortezza di Chinon dov’erano
rinchiusi i dignitari dell’Ordine del Tempio papa Clemente V
concesse loro l’assoluzione, ben convinto del fatto ch’essi
non erano affatto eretici.
Ma era tardi per
arrestare la macchina messa in moto dal re di Francia e dai
suoi giuristi.
Con lo scioglimento
dell’Ordine nel 1312 , sancito dalla bolla Vox in excelso,
e il rogo nel 1314 come relapsi dell’ultimo maestro,
Jacques de Molay, e del precettore di Normandia Geoffrey de
Charney, che dopo aver ammesso la loro colpevolezza si erano
di nuovo proclamati innocenti, cessa la vita istituzionale del
Tempio. I beni del disciolto Ordine passarono a quello degli
Ospitalieri di san Giovanni, secondo la bolla Ad providam
del 2 maggio 1312.
Il corpus dei
documenti processuali era già stato edito da Georges Lizerand,
Le dossier de l’affaire des Templiers (Paris 1923). Di
recente, gli studi di storici quali Alain Demurger e
soprattutto di un gruppo di valorosi giovani ricercatori
italiani (tra cui vanno ricordati almeno Simonetta Cerrini,
Barbara Frale, Francesco Tommasi) , hanno ampliato le nostre
conoscenze sino a consentire un rivoluzionario riesame
generale del problema.
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