Templari di San Bernardo
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La difficile sfida della famiglia, vittima dell’attacco sociale e mediatico

di Rai Vaticano | 3 Novembre, 2010

La famiglia non esiste più, lo dicono i media. Incremento di separazioni e divorzi, aumento dei casi di violenza tra le mura domestiche, infedeltà, figli percepiti come un freno alla propria libertà e realizzazione professionale. È questa l’immagine che viene propinata dai mezzi di informazione, in primis la televisione che, con la sua pervasività, riesce spesso a confondere realtà e fiction. Una rappresentazione distorta della realtà come è emerso dal convegno “Mass media: famiglia vittima o protagonista?”, promosso dal Centro pastorale familiare e dall’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Roma assieme al Forum delle associazioni familiari del Lazio, con il patrocinio del Comune di Roma, svoltosi nei giorni scorsi in Campidoglio. Una lucida disamina del rapporto tra media e famiglia da cui è scaturita non la rassegnazione quanto la volontà di reagire a una situazione che sta progressivamente assumendo una connotazione culturale.

A comporre questo puzzle, che sta sempre più andando a pezzi sotto il profilo della rappresentazione mediatica, ci hanno pensato il cardinale Agostino Vallini, vicario di papa Benedetto XVI per la diocesi di Roma, il produttore televisivo Luca Bernabei, il presidente del Forum associazioni familiari del Lazio Gianluigi De Palo, Elisa Manna, responsabile delle politiche culturali del Censis, il direttore di “Avvenire” Marco Tarquinio, il sindaco di Roma Gianni Alemanno e, nelle vesti di moderatore, Angelo Zema dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi. Dinanzi a questa immagine virtuale la famiglia tradizionalmente intesa sta a guardare: per alcuni versi indignata, per altri schiacciata sotto la potenza dei media e di un sistema informativo che scivola sempre più nella ricerca dell’audience. Disorientamento, paura e impotenza sono le sensazioni più comuni in chi assiste a questa diffusa rappresentazione.

Ma già questa è una valida autodifesa se consideriamo che esiste anche un’ampia fascia di persone che, incapace di una lettura critica dei fatti, finisce per cadere nel flusso senza freni di questa (dis)informazione, facendone una bussola per orientare le proprie scelte e comportamenti, con pesanti influenze sul piano personale e familiare. Ecco che propinare un sistema di società senza il suo tradizionale nucleo costituivo – la famiglia appunto – rischia di ingenerare la convinzione che si possa ricorrere a modelli alternativi. Seguendo quotidianamente i media risulta evidente che la famiglia non ne è protagonista, se non come modello obsoleto e limitato. Essa, piuttosto, risulta pesantemente una vittima. Numeri e riflessioni concrete emersi dal convegno hanno però messo in luce una realtà diversa dalla rappresentazione virtuale, arrivando a una decisa chiamata a unire attenzioni e forze per riconquistare spazi di palinsesto e rivendicare correttezza di informazioni.

Il primo spunto di riflessione lo offre un dato Istat di tre anni fa, secondo cui in Italia il numero dei matrimoni oltrepassava i 14 milioni e 800mila a fronte di 637mila convivenze. Dunque la famiglia c’è. Manca, semmai, una adeguata politica di sostegno da parte delle istituzioni centrali e locali che preveda concretamente agevolazioni per i nuclei familiari, troppo spesso lasciati in balia di oggettivi problemi economici e organizzativi, con evidenti ripercussioni anche sul piano dell’incremento demografico. L’altro problema è prettamente culturale e lo ha ben evidenziato Elisa Manna del Censis attraverso uno studio condotto sul triangolo famiglia-minori-media. Da qui emerge una diffusa latitanza dei genitori nel processo educativo dei figli, troppo spesso affidati alla “bambinaia elettronica”, come Giovanni Paolo II definiva efficacemente la televisione. La tv, tra le principali attrattive dei giovani, è seguita dal 60% dei minori senza la presenza di un adulto, il 73% guarda i programmi in fascia protetta cioè dalle 16 alle 19 e ben il 75% in prima serata. Una personale carrellata sulla diffusa “qualità” in quell’ora può far riflettere ciascuno sui rischi educativi in cui incorrono i più giovani.

Lo stesso dicasi del rapporto con i videogiochi (posseduti dall’80% dei minori), dei cellulari in mano a ben il 92% dei giovanissimi (dato del 2008) e all’80% dei bambini che frequentano le elementari. La problematicità dei genitori nell’appropriarsi della delicata questione educativa affonda anche in motivazioni di ordine tecnologico, nell’incapacità o difficoltà a usare il computer e a navigare nella fitta rete di internet (la maggioranza non conosce You Tube). Se poi aggiungiamo i problemi relativi all’istruzione e alla cultura, il venir meno di importanti punti di riferimento a carattere sociale e ideologico, allora la famiglia risulta davvero la vittima di un sistema sociale in vorticoso cambiamento, proprio per questo facilmente preda dei voraci media.

Una situazione che le famiglie devono scuotersi di dosso, da una parte richiedendo l’impegno di chi fa televisione a privilegiare la qualità offrendo validi modelli comportamentali e valoriali, dall’altro rafforzando la propria rappresentanza nelle commissioni preposte a valutare la qualità dei film immessi nei circuiti cinematografici e televisivi. Una strada in salita ma, come sottolineato dal cardinale Vallini, “la famiglia non deve rinunciare a diventare protagonista, pur sapendo di dover affrontare una sfida difficile”.

Elisabetta Lo Iacono


 Scudetto della Congregazione T.S.B.

 

 
   

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