Di seguito vorrei cercare
di spiegare cosa ci è
sfuggito di mano e ha
prodotto la crisi in
corso. Poi vorrei proporre
una riflessione sul perché
questo è avvenuto, una
riflessione che verrà
accettata solo da “uomini
di buona volontà” che
hanno la fede dei figli di
Dio. Dobbiamo avere il
coraggio di tornare a
mettere Dio nelle cose
umane, anche se ciò
facesse “storcere il naso”
a tanti che si sono
sforzati di toglierLo.
I papi Giovanni Paolo II
(in Sollicitudo rei
socialis) e il suo
successore Benedetto XVI
(in Caritas in veritate)
avevano ragione quando
avevano capito e
profetizzato che all’uomo
di questi tempi, cresciuto
a dismisura nelle capacità
tecnologiche e
scientifiche, ma rimasto
immaturo nella sapienza
necessaria del loro uso,
queste tecniche sarebbero
sfuggite di mano,
producendo guai. È vero,
questi strumenti sono
sfuggiti di mano all’uomo,
hanno persino assunto
autonomia (morale) e sono
loro ora a spiegare e
determinare le idee e i
comportamenti dell’uomo
stesso, limitando la sua
capacità di distinguere
tra fini e mezzi. Ciò vale
in economia come per altre
scienze o tecniche.
Limitandoci al campo
economico vorrei cercare
di spiegare cosa è
sfuggito di mano all’uomo
di questi tempi.
Cominciamo dai due fatti
prioritari.
1. Decidendo di ignorare
il valore intrinseco e
sacro della vita umana e
conseguentemente delle
leggi naturali, l’uomo si
è fatto sfuggire di mano
l’essenzialità delle
nascite per adattare e
regolare le leggi
economiche. Facendo così
vacillare le leggi della
crescita economica e
confondendole con quella
creatività tipica
dell’uomo peccatore che
negando Dio e le leggi
della sua Creazione vuole
promuovere leggi tutte
sue. Nel caso della crisi
attuale, sostituendo (nel
dotto e ricco mondo
occidentale) la crescita
economica, legata a una
armonica crescita della
popolazione, con una
crescita compensativa
fatta solo di consumi
individuali.
2. Decidendo di ignorare
l’unicità della vita
dell’uomo, fatto di carne
e spirito, l’uomo si è
fatto sfuggire di mano la
logica e la dinamica
stessa dello sviluppo
economico, che non è stato
voluto e imposto
integralmente, bensì solo
materialmente, a uso e
consumo di un uomo
considerato alla stregua
di un “animale
intelligente”, da
soddisfare solo
materialmente facendogli
consumare di tutto.
Altrimenti il Pil non
sarebbe cresciuto. E per
riuscire in questo intento
l’uomo ha persino
sconvolto gli equilibri
dell’economia globale,
gettando le basi per un
nuovo ordine mondiale. Che
non sarà però solo
economico, sarà culturale
e spirituale e potrà
persino diventare la
maggior rivoluzione nella
storia dell’umanità.
A questo punto, dopo aver
perso il controllo delle
leggi chiave
dell’economia, al nostro
supponente uomo sono
sfuggiti di mano tanti
altri strumenti. Ne
ricordo solo alcuni: il
controllo dell’inflazione
o deflazione; il controllo
del debito pubblico e
privato nonché dei tassi
di interesse; il controllo
delle produzioni e perciò
della occupazione o
disoccupazione; il
controllo delle risorse e
dei prezzi, soprattutto
delle materie prime; il
controllo delle tasse
necessarie a sostenere i
costi dell’invecchiamento
artificiale della
popolazione; il controllo
della produzione di
ricchezza da parte delle
imprese che mancano di un
riferimento di mercato e
di crescita; il controllo
della produzione di
ricchezza dei privati e
delle famiglie, e perciò
della generazione di
risparmio; il controllo
dei consumi stessi, non
essendo possibile
controllare domanda e
offerta dei beni e potere
di acquisto. Infine è
sfuggita di mano persino
la possibilità di
correggere detti errori
con manovre per ridurre il
debito, rilanciare le
economie, riprodurre un
nuovo equilibrio economico
soddisfacente. Sembrano
esser sfuggiti di mano
persino lo strumento
politico e la necessaria
governance (fra paesi e
all’interno dei paesi) per
prendere decisioni
coerenti di politica
economica.
Senza verità la logica è
opportunismo
Ho promesso anche una
riflessione sul perché ciò
sia potuto succedere.
Sempre papa BenedettoXVI
lo spiega nella
introduzione alla Caritas
in veritate. È successo
perché l’uomo ha perso il
senso della vita, il senso
delle sue azioni. Perché
il nichilismo dominante,
eletto filosofia di
pensiero di questo tempo,
ha distolto l’uomo da
riferimenti di verità. E
senza verità all’uomo
sfuggono di mano, appunto,
gli strumenti. Come si può
chiedere a un banchiere di
dar senso – vero senso,
per il bene comune… – al
suo mestiere se la vita
non ha senso? Come si può
peraltro chiederlo a uno
scienziato o a un politico
o governante, se appunto
la vita non ha senso? Se
la vita non ha senso,
perché dovrebbero averlo
le azioni umane? Avranno
semmai una logica
opportunistica, legata al
pensiero dominante che
spiega cosa è opportuno,
bene e male, in un certo
momento storico. E perché
ciò è successo? Avanzo
un’ipotesi che farà
storcere il naso a molti
tiepidi lettori: è
successo perché abbiamo
perso il legame con
Cristo, con Dio. Perché
abbiamo perso la
contemplazione di Cristo e
il senso della Creazione e
perciò della nostra vita.
Abbiamo perso l’ansia e la
volontà di imitare Cristo
e di cercare di
incorporare la Sua
perfezione
responsabilizzandoci con
convinzione in una fede
operativa. Nella fede di
chi, professionalmente, fa
il banchiere,
l’industriale, il
politico, lo scienziato,
il medico, il docente di
storia, eccetera.
Paradossalmente (ma mica
tanto) solo ritrovando
questi legami persi
potremo produrre soluzioni
per la crisi economica,
soluzioni che siano
realmente sostenibili e
opportune. Dico una cosa
che farà saltar sulla
sedia qualcuno: non
riusciremo a trovare e
applicare vere soluzioni
se i criteri con cui le
elaboriamo sono
influenzati dal peccato,
se non riconosciamo la
potenza nefasta del
peccato sul comportamento,
sulle riflessioni, sulle
decisioni degli esseri
umani. Ritorniamo perciò a
parlare del peccato e di
quanto influenzi il
pensiero e le azioni
umane. Ogni proposta di
soluzione a detta crisi
sarà caduca se sarà
influenzata dalla
confusione che crea
l’attitudine a peccare e a
negare il peccato stesso e
le sue conseguenze. Ogni
progetto condito da
orgoglio, vanità,
concupiscenza, eccetera
diverrà un progetto
insostenibile perché per
forza prescinderà dai veri
bisogni della persona,
dalla sua unità di vita,
dalla sua vocazione
all’eternità, dalla sua
necessità di potersi
santificare su questa
terra.
Non servono professori ma
buoni preti
Paradossalmente tutti
vogliono escludere, quale
soluzione alla crisi, un
periodo di “austerità”
finalizzato a ricostruire
i fondamentali delle
nostre economie,
dichiarando che
penalizzerebbe
l’individuo. O forse
penalizzerebbe la
popolarità di chi dovrebbe
deciderlo. Ma se fosse
proprio l’“austerità”, per
fare un esempio, la vera
soluzione, la migliore e
la più opportuna anche per
la persona? Se è la fede
che ci permette di capire
i misteri di Cristo, come
potrebbe non permetterci
di intuire le vere
prospettive di soluzione
(che sarà naturalmente
tecnica) a una crisi
economica? Senza questa
fede, espressioni
pluricitate come “priorità
alla centralità della
persona” sono e restano
vuote di significato (a
parte il significato
elettorale). Cos’è infatti
la centralità della
persona per un economista,
per un politico, per uno
scienziato? È, al peggio,
vedere la persona come
mezzo sostanziale di
produzione, consumo,
risparmio? O è, al meglio,
riconoscere la
transitorietà delle cose
possedute, il distacco dai
beni, la fragilità della
vita umana grazie alle
passioni? Ma per
riconoscere tutto ciò non
c’è bisogno di fede, basta
il buon senso. Qualsiasi
buon filosofo senza fede
può spiegare perché ciò è
vero; detta verità si
trova in leggi naturali
che si deve solo saper
osservare. Così una buona
economia si fonda su leggi
naturali utili all’uomo.
Ma un’economia per la
persona vuole molto di
più, vuole la coscienza
della dignità dell’uomo,
creatura di Dio, figlio di
Dio, erede di Dio. Ecco
perché credo che per fare
questa buona economia
siano essenziali anzitutto
buoni preti piuttosto che
buoni professori. Preti
che confessino e aiutino a
odiare il peccato. Il
miracolo economico non sta
certo nel riuscire a
risolvere tutti i problemi
in breve tempo tornando a
esser tutti ricchi. Sta
nel cogliere questa
(sgradevole) crisi per
darsi obiettivi di vera
“ricchezza”, più a lungo
termine, con prospettive
di eternità. |