Templari di San Bernardo
Congregazione laicale cattolico-cavalleresca di ispirazione templare
 
 
 
  La fede dei Templari
 

Settimana Santa 2010

 

 

Carissimi fratelli, sorelle, amici,
la pace sia con voi.

Siamo arrivati alla Settimana Santa. Stiamo per rivivere i giorni intensi della nostra Fede. Gli impegni non mancano per nessuno, ed i tempi sono difficili, ma la cosa più importante che abbiamo e che non possiamo trascurare è l’amore del Signore Dio nostro per noi.
Per questo, nell’attesa della Morte e Risurrezione di Cristo Gesù, occorre che ritroviamo la calma interiore necessaria, affinché questo fatto, sia per noi principio di vita nuova.
Le nostre inadeguatezze, la tristezza per il nostro peccato e le infedeltà, non ci devono far cadere nello sconforto, nel pensiero della sconfitta: non siamo stati salvati per merito, ma per amore.
Ricordiamoci spesso anche il nostro motto di benedizione: “Non nobis, Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam”, e stiamo uniti nel “patto” che ci unisce attraverso il carisma cavalleresco templare.

 
fra Gianni Battini - precettore
 
L'identità del cristiano:
 
VIVERE PER SERVIRE
 

Anna Maria Canopi osb
Abbadessa del Monastero Mater Ecclesice, Isola san Giulio, Orla (No)


Vivere per servire: ecco un ideale davvero bello per un cristiano! Ogni autentico servizio, infatti, ha la sua radice nel mistero di Cristo che per salvarci «pur essendo di natura divina..., spogliò se stesso, assumendo la conditone di servo » (Fil 2, 6-7). Gesù è venuto sulla terra per insegnarci a servire. Egli è il nostro model­lo. Durante l'ultima Cena, dopo la lavanda dei piedi, disse ai suoi discepoli: « Sapete dò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi » (Gv 13, 12-15).
Conformarsi a Cristo significa, dunque, nelle situazioni in cui si vive e si lavora, saper dire con spontaneità: « Sono venuto per servire, non per essere ser­vito » (cf. Mt 20,28), « essere cioè sempre a dispo­sizione per il bene degli altri », anzi, « diventare un bene per gli altri ». La differenza non è piccola: si tratta di passare dal fare qualcosa a favore dei fratel­li, ad essere una persona per gli altri, come Gesù è « per noi ».
Questo modo di porsi in relazione a Dio e al prossimo dona alla vita una dimensione nuova: in qualunque stato ci si trovi — consacrati o laici, soli o sposati, sani o malati — sempre si ha una missione da compiere, quella di donarsi. E poiché il donarsi implica l'impegno di una continua conversione per negarsi a se stessi, chi vive in tale dimensione interiore evita di entrare in competizione e in rivali­tà con i fratelli, non agisce sotto la spinta dell'ambi­zione e dell'egoismo, fugge l'ostilità, la violenza, l'ag­gressività, con tutte le tristi conseguenze che pur­troppo si esibiscono sulla scena di questo mondo. Allora, anche se in apparenza non occupa un posto di rilevo nella società, il cristiano contribuisce vera­mente a costruire la « civiltà dell'amore »; là dove vive è una presenza di pace che diffonde attorno a sé carità e spirito di comunione, favorisce la colla­borazione e la concordia a tutti i livelli, diventa fer­mento di giustizia, di santità.
L'ideale del servizio comporta inoltre altre con­seguenze. Se uno vive in pace con gli altri non avan­za diritti per sé, cerca piuttosto di mettersi nella prospettiva del « dovere ». Oggi si parla facilmente di « diritti », ma si pensa meno al fatto che, se ogni persona ha il diritto di essere libera, di avere il ne­cessario per vivere, ciò implica che io ho il dovere di fare per quella persona quanto occorre per il suo bene.
Certamente si tratta di un atteggiamento da as­sumere reciprocamente, di una responsabilità comu­ne. Quanto è importante la reciprocità! Tuttavia, per quanto ci riguarda, dobbiamo soprattutto preoccu­parci di compiere il nostro dovere, cioè di servire gli altri con amore, in modo gratuito, anche se non ri­ceviamo dagli altri il contraccambio. Anzi, quando tale disparità dovesse manifestarsi, proprio allora è il momento di vivere il Vangelo alla lettera, senza se­guire la mentalità del mondo.
In altre parole, non si deve osservare soltanto la legge del « dare per ricevere », perché la nostra identi­tà di uomini e di cristiani — se tali vogliamo essere — si caratterizza per un sovrappiù di amore, in for­za del quale non si fa il bene per ricevere il contrac­cambio, ma lo si fa gratuitamente, comunque e sem­pre, senza paura di «perdere», poiché il bene che si fa ritorna sempre anche a chi lo compie: non è mai contro di noi. Anzi proprio quando gli altri non ci ricambiano, sul piano spirituale guadagniamo di più, perché diventiamo più conformi, più somiglianti a Cristo. E questo è il vero guadagno: la santità. Chi fa il bene ha già il suo premio, perché si realizza secondo il progetto di Dio. A poco a poco, nelle sue scelte si trova a non essere più schiavo di un criterio puramente umano e utilitaristico o, peggio, schiavo delle proprie passioni, ma si eleva a un concetto della vita più nobile e spirituale, e ad acquistare la capacità di avere rapporti autentici e sereni con tutti.
Questo è tanto importante, soprattutto nel no­stro tempo in cui, con lo sviluppo delle comunica­zioni, e anche in conseguenza delle migrazioni dei popoli, chi si dedica agli altri viene spesso a trovarsi a contatto con molte persone di altra nazionalità e anche di diversa religione. È una bella testimonian­za di gratuità aprirsi a tutti: ogni uomo merita di essere onorato, amato, servito, a qualunque popolo appartenga e qualunque sia la sua fede.
Quando questi incontri avvengono in uno spi­rito di autentica accoglienza e umanità, favoriscono decisamente il formarsi di relazioni fraterne e pacifiche, perché il bene donato suscita altro bene. In un mondo dominato dalla violenza, si tesse così silen­ziosamente una rete di amicizia, che dice con i fatti che tutti gli uomini sono davvero fratelli, figli di un unico Dio, tutti incamminati verso un'unica meta. Tutti siamo poveri e deboli, ma se ci aiutiamo le fa­tiche del cammino si possono affrontare con mag­giore fiducia: là dove uno cade, un altro è pronto a rialzarlo; quando ad uno viene meno il coraggio, chi gli è accanto diventa per lui un raggio di speranza. Anche questo è un servizio che siamo chiamati a renderci reciprocamente. E bisogna farlo con gioiosa disponibilità, sapendo che abbiamo sempre accanto a noi Gesù, nostro compagno di viaggio. Anzi, è lui stesso la Via.
Guardando a lui, non si può più accontentarsi di arrivare soltanto « fino a un certo punto », perché egli non si è fermato lungo la salita del Calvario, ma ha servito l'umanità fino a salire sulla croce. Dal suo esempio nasce la forza di andare oltre le « conve­nienze » umane, accettando non solo la fatica, ma anche le umiliazioni che spesso il servizio comporta, accettandole come momenti di grazia, per liberarci dal terribile peccato di orgoglio che sempre c'insidia e spesso rovina anche il bene che possiamo com­piere.
Per servire gli altri bisogna veramente farsi pic­coli, umili, fino a sapersi inginocchiare davanti a lo­ro, mettersi ai loro piedi. È difficile, perché il nostro io è duro a morire; ma in questo sacrificio non c'è tristezza, anzi proprio da esso scaturisce la vera gioia. Gesù ha detto: « C'è più gioia nel dare che nel ricevere », e l'apostolo Paolo afferma: « Dio ama chi dona con gioia ». Queste parole di vita sono da ricor­dare sempre.
Chi si fa « servo » per amore di Cristo e dei fra­telli si trova libero e felice di godere, insieme con tutti, il tesoro del Regno dei Cicli.
Come cambierebbe il mondo se ogni mattino ciascuno di noi si proponesse di rivestirsi di Cristo assumendone i pensieri e i sentimenti per riprodur-ne le opere; se con risolutezza ci mettessimo al la­voro come buoni operai dicendo: « Per me servire è regnare: oggi voglio cominciare a vivere così! ».

estratto da: VITA NOSTRA, Periodico mensile della Federazione delle Monache Cistercensi d'Italia Piazza Fiume, 68 - 31029 Vittorio Veneto (TV) Anno XXXI, numero 4 - ottobre-dicembre 2002

____________________________________

Quale il centro ?

La comunione è un combattimento
di ogni istante.
La negligenza di un solo momento
può frantumarla;
basta un niente;
un solo pensiero senza carità,
un giudizio ostinatamente conservato,
un attaccamento sentimentale,
un orientamento sbagliato,
un'ambizione o un interesse personale,
un'azione compiuta per se stessi
e non per il Signore. (...)
Aiutami, Signore, a esaminarmi così:
qual è il centro della mia vita?
Tu oppure io?
Se sei Tu, ci raccoglierai nell'unità.
Ma se vedo che intorno a me
pian piano tutti si allontanano e si disperdono,
questo è il segno che ho messo al centro me stesso.

Card. Francois - Xaavier Van Thuan - Martire


 Scudetto della Congregazione T.S.B.

 

 
   

 home page - index

top               «      »