Anna Maria
Canopi osb
Abbadessa
del
Monastero
Mater
Ecclesice,
Isola san
Giulio,
Orla (No)
Vivere per
servire:
ecco un
ideale
davvero
bello per
un
cristiano!
Ogni
autentico
servizio,
infatti,
ha la sua
radice nel
mistero di
Cristo che
per
salvarci
«pur
essendo di
natura
divina...,
spogliò se
stesso,
assumendo
la
conditone
di servo »
(Fil 2,
6-7). Gesù
è venuto
sulla
terra per
insegnarci
a servire.
Egli è il
nostro
modello.
Durante
l'ultima
Cena, dopo
la lavanda
dei piedi,
disse ai
suoi
discepoli:
« Sapete
dò che vi
ho fatto?
Voi mi
chiamate
Maestro e
Signore e
dite bene,
perché lo
sono. Se
dunque io,
il Signore
e Maestro,
ho lavato
i vostri
piedi,
anche voi
dovete
lavarvi i
piedi gli
uni gli
altri. Vi
ho dato
infatti
l'esempio,
perché
come ho
fatto io,
facciate
anche voi
» (Gv 13,
12-15).
Conformarsi
a Cristo
significa,
dunque,
nelle
situazioni
in cui si
vive e si
lavora,
saper dire
con
spontaneità:
« Sono
venuto per
servire,
non per
essere
servito »
(cf. Mt
20,28), «
essere
cioè
sempre a
disposizione
per il
bene degli
altri »,
anzi, «
diventare
un bene
per gli
altri ».
La
differenza
non è
piccola:
si tratta
di passare
dal fare
qualcosa a
favore dei
fratelli,
ad essere
una
persona
per gli
altri,
come Gesù
è « per
noi ».
Questo
modo di
porsi in
relazione
a Dio e al
prossimo
dona alla
vita una
dimensione
nuova: in
qualunque
stato ci
si trovi —
consacrati
o laici,
soli o
sposati,
sani o
malati —
sempre si
ha una
missione
da
compiere,
quella di
donarsi. E
poiché il
donarsi
implica
l'impegno
di una
continua
conversione
per
negarsi a
se stessi,
chi vive
in tale
dimensione
interiore
evita di
entrare in
competizione
e in
rivalità
con i
fratelli,
non agisce
sotto la
spinta
dell'ambizione
e
dell'egoismo,
fugge
l'ostilità,
la
violenza,
l'aggressività,
con tutte
le tristi
conseguenze
che
purtroppo
si
esibiscono
sulla
scena di
questo
mondo.
Allora,
anche se
in
apparenza
non occupa
un posto
di rilevo
nella
società,
il
cristiano
contribuisce
veramente
a
costruire
la «
civiltà
dell'amore
»; là dove
vive è una
presenza
di pace
che
diffonde
attorno a
sé carità
e spirito
di
comunione,
favorisce
la
collaborazione
e la
concordia
a tutti i
livelli,
diventa
fermento
di
giustizia,
di
santità.
L'ideale
del
servizio
comporta
inoltre
altre
conseguenze.
Se uno
vive in
pace con
gli altri
non
avanza
diritti
per sé,
cerca
piuttosto
di
mettersi
nella
prospettiva
del «
dovere ».
Oggi si
parla
facilmente
di «
diritti »,
ma si
pensa meno
al fatto
che, se
ogni
persona ha
il diritto
di essere
libera, di
avere il
necessario
per
vivere,
ciò
implica
che io ho
il dovere
di fare
per quella
persona
quanto
occorre
per il suo
bene.
Certamente
si tratta
di un
atteggiamento
da
assumere
reciprocamente,
di una
responsabilità
comune.
Quanto è
importante
la
reciprocità!
Tuttavia,
per quanto
ci
riguarda,
dobbiamo
soprattutto
preoccuparci
di
compiere
il nostro
dovere,
cioè di
servire
gli altri
con amore,
in modo
gratuito,
anche se
non
riceviamo
dagli
altri il
contraccambio.
Anzi,
quando
tale
disparità
dovesse
manifestarsi,
proprio
allora è
il momento
di vivere
il Vangelo
alla
lettera,
senza
seguire
la
mentalità
del mondo.
In altre
parole,
non si
deve
osservare
soltanto
la legge
del « dare
per
ricevere
», perché
la nostra
identità
di uomini
e di
cristiani
— se tali
vogliamo
essere —
si
caratterizza
per un
sovrappiù
di amore,
in forza
del quale
non si fa
il bene
per
ricevere
il
contraccambio,
ma lo si
fa
gratuitamente,
comunque e
sempre,
senza
paura di
«perdere»,
poiché il
bene che
si fa
ritorna
sempre
anche a
chi lo
compie:
non è mai
contro di
noi. Anzi
proprio
quando gli
altri non
ci
ricambiano,
sul piano
spirituale
guadagniamo
di più,
perché
diventiamo
più
conformi,
più
somiglianti
a Cristo.
E questo è
il vero
guadagno:
la
santità.
Chi fa il
bene ha
già il suo
premio,
perché si
realizza
secondo il
progetto
di Dio. A
poco a
poco,
nelle sue
scelte si
trova a
non essere
più
schiavo di
un
criterio
puramente
umano e
utilitaristico
o, peggio,
schiavo
delle
proprie
passioni,
ma si
eleva a un
concetto
della vita
più nobile
e
spirituale,
e ad
acquistare
la
capacità
di avere
rapporti
autentici
e sereni
con tutti.
Questo è
tanto
importante,
soprattutto
nel
nostro
tempo in
cui, con
lo
sviluppo
delle
comunicazioni,
e anche in
conseguenza
delle
migrazioni
dei
popoli,
chi si
dedica
agli altri
viene
spesso a
trovarsi a
contatto
con molte
persone di
altra
nazionalità
e anche di
diversa
religione.
È una
bella
testimonianza
di
gratuità
aprirsi a
tutti:
ogni uomo
merita di
essere
onorato,
amato,
servito, a
qualunque
popolo
appartenga
e
qualunque
sia la sua
fede.
Quando
questi
incontri
avvengono
in uno
spirito
di
autentica
accoglienza
e umanità,
favoriscono
decisamente
il
formarsi
di
relazioni
fraterne e
pacifiche,
perché il
bene
donato
suscita
altro
bene. In
un mondo
dominato
dalla
violenza,
si tesse
così
silenziosamente
una rete
di
amicizia,
che dice
con i
fatti che
tutti gli
uomini
sono
davvero
fratelli,
figli di
un unico
Dio, tutti
incamminati
verso
un'unica
meta.
Tutti
siamo
poveri e
deboli, ma
se ci
aiutiamo
le
fatiche
del
cammino si
possono
affrontare
con
maggiore
fiducia:
là dove
uno cade,
un altro è
pronto a
rialzarlo;
quando ad
uno viene
meno il
coraggio,
chi gli è
accanto
diventa
per lui un
raggio di
speranza.
Anche
questo è
un
servizio
che siamo
chiamati a
renderci
reciprocamente.
E bisogna
farlo con
gioiosa
disponibilità,
sapendo
che
abbiamo
sempre
accanto a
noi Gesù,
nostro
compagno
di
viaggio.
Anzi, è
lui stesso
la Via.
Guardando
a lui, non
si può più
accontentarsi
di
arrivare
soltanto «
fino a un
certo
punto »,
perché
egli non
si è
fermato
lungo la
salita del
Calvario,
ma ha
servito
l'umanità
fino a
salire
sulla
croce. Dal
suo
esempio
nasce la
forza di
andare
oltre le «
convenienze
» umane,
accettando
non solo
la fatica,
ma anche
le
umiliazioni
che spesso
il
servizio
comporta,
accettandole
come
momenti di
grazia,
per
liberarci
dal
terribile
peccato di
orgoglio
che sempre
c'insidia
e spesso
rovina
anche il
bene che
possiamo
compiere.
Per
servire
gli altri
bisogna
veramente
farsi
piccoli,
umili,
fino a
sapersi
inginocchiare
davanti a
loro,
mettersi
ai loro
piedi. È
difficile,
perché il
nostro io
è duro a
morire; ma
in questo
sacrificio
non c'è
tristezza,
anzi
proprio da
esso
scaturisce
la vera
gioia.
Gesù ha
detto: «
C'è più
gioia nel
dare che
nel
ricevere
», e
l'apostolo
Paolo
afferma: «
Dio ama
chi dona
con gioia
». Queste
parole di
vita sono
da
ricordare
sempre.
Chi si fa
« servo »
per amore
di Cristo
e dei
fratelli
si trova
libero e
felice di
godere,
insieme
con tutti,
il tesoro
del Regno
dei Cicli.
Come
cambierebbe
il mondo
se ogni
mattino
ciascuno
di noi si
proponesse
di
rivestirsi
di Cristo
assumendone
i pensieri
e i
sentimenti
per
riprodur-ne
le opere;
se con
risolutezza
ci
mettessimo
al lavoro
come buoni
operai
dicendo: «
Per me
servire è
regnare:
oggi
voglio
cominciare
a vivere
così! ».
estratto
da: VITA
NOSTRA,
Periodico
mensile
della
Federazione
delle
Monache
Cistercensi
d'Italia
Piazza
Fiume, 68
- 31029
Vittorio
Veneto
(TV) Anno
XXXI,
numero 4 -
ottobre-dicembre
2002
____________________________________
Quale
il centro
?
La
comunione
è un
combattimento
di ogni
istante.
La
negligenza
di un solo
momento
può
frantumarla;
basta un
niente;
un solo
pensiero
senza
carità,
un
giudizio
ostinatamente
conservato,
un
attaccamento
sentimentale,
un
orientamento
sbagliato,
un'ambizione
o un
interesse
personale,
un'azione
compiuta
per se
stessi
e non per
il
Signore.
(...)
Aiutami,
Signore, a
esaminarmi
così:
qual è il
centro
della mia
vita?
Tu oppure
io?
Se sei Tu,
ci
raccoglierai
nell'unità.
Ma se vedo
che
intorno a
me
pian piano
tutti si
allontanano
e si
disperdono,
questo è
il segno
che ho
messo al
centro me
stesso.
Card.
Francois -
Xaavier
Van Thuan
- Martire |