LA STORIA E' VERA !
Da tempo noi, così come altri storici,
eravamo convinti di questa verità. Oggi
anche la Santa Sede ne parla
I templari e la sindone
I documenti dimostrano che il telo fu
custodito e venerato dai cavalieri
dell'ordine nel XIII secolo
I templari e la
sindone di Cristo è il titolo di un
nuovo libro che Il Mulino pubblicherà
prima dell'estate. L'autrice, addetto
dell'Archivio Segreto Vaticano che ha
studiato il processo contro il famoso
ordine militare del medioevo, ha già
pubblicato sul tema altri volumi -
L'ultima battaglia dei Templari. Dal
codice ombra d'obbedienza militare alla
costruzione del processo per eresia
(Roma, Libreria Editrice Viella, 2001,
pagine 337, euro 24, 79); Il Papato e
il processo ai Templari. L'inedita
assoluzione di Chinon alla luce della
diplomatica pontificia (Roma, Libreria
Editrice Viella, 2003, pagine 239, euro
20); I Templari (Bologna, Il
Mulino, 2004, pagine 193, euro 12; nuova
edizione, 2007); Notizie storiche sul
processo ai Templari (in Processus
contra Templarios, Città del Vaticano,
Archivio Segreto Vaticano, 2007, pp.
103-249) - e anticipa in questo articolo i
contenuti del suo ultimo studio.
di Barbara Frale
Nell'anno 1287 un
giovane di buona famiglia del meridione
francese, chiamato Arnaut Sabbatier,
chiese e ottenne di entrare nell'ordine
religioso e militare dei templari:
qualcosa che nella società del tempo
costituiva un gran privilegio sotto molti
punti di vista. Nato a Gerusalemme poco
dopo la prima crociata, con la missione di
difendere i cristiani di Terrasanta,
quello del Tempio diventò ben presto
l'ordine più potente e illustre del
medioevo cristiano.
Durante la sua cerimonia d'ingresso, dopo
aver preso i tre voti monastici di
povertà, obbedienza e castità, il
precettore condusse il giovane Arnaut in
un luogo chiuso, accessibile ai soli frati
del Tempio: qui gli mostrò un lungo telo
di lino che portava impressa la figura di
un uomo e gli impose di adorarlo
baciandogli per tre volte i piedi.
Questa testimonianza proviene dai
documenti del processo ai templari ed è
quasi sconosciuta agli storici poiché
rappresenta una goccia nel mare per chi
debba studiare le intricatissime vicende
di quel grande complotto innescato nel
1307 dal re di Francia Filippo IV il Bello
ai danni del Tempio, divenuto ormai quasi
uno Stato autonomo all'interno del suo
regno. Tuttavia quel documento possiede un
valore di primo piano per chi sia
interessato a indagare le dinamiche di
un'altra storia: quella che segue il
trasferimento della sindone di Torino
dalla corte degli imperatori bizantini -
dove era rimasta fino all'anno 1204 -
verso l'Europa, dove ricompare a metà del
XIV secolo, nelle mani di una nobile
famiglia francese.
Nel 1978 uno storico laureatosi a Oxford,
Ian Wilson, aveva ricostruito le peripezie
storiche della sindone mettendo in
evidenza come il telo, considerato la più
importante reliquia della passione di
Cristo, fosse stato rubato dalla cappella
degli imperatori bizantini durante il
tremendo saccheggio consumato durante la
quarta crociata nel 1204.
Wilson metteva a confronto tante
testimonianze rilasciate dai frati del
Tempio durante il processo e faceva notare
che fra le accuse avanzate contro di loro
dal re di Francia c'era quella di adorare
segretamente un misterioso "idolo", un
ritratto che raffigurava un uomo con la
barba.
Grazie a una serie di indizi, l'autore
suggeriva come il misterioso "idolo"
venerato dai templari altro non fosse che
la sindone di Torino, chiusa in una teca
speciale fatta apposta per lasciar vedere
solo l'immagine del volto, e venerata in
assoluto segreto in quanto la sua stessa
esistenza all'interno dell'ordine era un
fatto molto compromettente: l'oggetto era
stato rubato durante un orribile
saccheggio, sugli autori del quale Papa
Innocenzo iii aveva lanciato la scomunica,
e anche per il traffico delle reliquie era
stata sancita la stessa pena dal concilio
Lateranense IV nel 1215.
Che l'avessero presa direttamente oppure
comprata da qualcun altro, dichiarando al
mondo di possedere la sindone i templari
rischiavano in ogni caso la scomunica.
Secondo Wilson, gli "anni oscuri" durante
i quali le fonti storiche non parlano
della sindone corrispondono in realtà al
periodo in cui la reliquia fu custodita in
assoluto segreto dai templari. A suo tempo
la tesi suscitò molti entusiasmi poiché
permetteva di dare risposte coerenti a
tanti punti non chiariti che ancora
permanevano sulla storia della sindone e
sul processo contro i templari, ma la
comunità scientifica rimase insoddisfatta
in quanto le prove documentarie addotte
dallo studioso apparivano tutto sommato
scarse.
A distanza di trent'anni ho provato ad
aggiungere alla tesi di Wilson molti
tasselli mancanti. In questo nuovo libro
ho analizzato fonti inedite riguardanti i
templari e la storia antica della sindone
giungendo a una conclusione: nel corso
del Duecento, quando la società cristiana
è turbata dalla proliferazione delle
eresie che negano la reale umanità di
Cristo, l'ordine del Tempio, a causa delle
sue molte immunità, rischia di diventare
una specie di porto franco per gli eretici
di lignaggio cavalleresco che cercano d'intrufolarvisi
per mettersi al riparo dalle autorità
inquisitoriali.
Se questo fosse successo davvero, il
Tempio si sarebbe trovato destrutturato
nella sua identità religiosa. I capi
dell'ordine frequentavano la corte
bizantina per la quale avevano svolto
varie mediazioni diplomatiche, conoscevano
l'enorme sacrario imperiale di
Costantinopoli dove per secoli gli
imperatori avevano raccolto con cura
minuziosa le più famose e antiche reliquie
di Cristo, della Vergine e dei santi.
Sapevano anche che i teologi bizantini
avevano enfatizzato il potere delle
reliquie di Cristo per contrastare la
predicazione degli eretici, soprattutto
delle sette di stampo docetista e gnostico
secondo le quali Cristo era un essere di
solo spirito e non aveva mai avuto un vero
corpo umano, ma solo l'apparenza di un
uomo.
Insomma, i templari si procurarono la
sindone per scongiurare il rischio che il
loro ordine subisse la stessa
contaminazione ereticale che stava
affliggendo gran parte della società
cristiana al loro tempo: era il miglior
antidoto contro tutte le eresie. I catari
e gli altri eretici affermavano che Cristo
non aveva vero corpo umano né vero
sangue, che non aveva mai sofferto la
Passione, non era mai morto, non era
risorto; per questo non celebravano l'Eucarestia,
considerata a loro giudizio un rito privo
di senso non avendo Cristo mai avuto una
vera carne.
Una volta aperta completamente, la sindone
portava l'immagine impressionante di quel
corpo massacrato proprio come era avvenuto
a Gesù secondo i vangeli: si vedeva
tutto, la carne dei muscoli tesi nella
rigidità che accompagna le prime ore dopo
la morte, il volto gonfio sotto l'effetto
delle percosse, la pelle strappata dagli
aculei del flagello. E c'era tanto sangue,
sangue dappertutto, quello che secondo
l'evangelista Matteo era stato "versato
per molti in remissione dei peccati" (Matteo,
26, 28). L'umanità di Cristo sopraffatta
dalla violenza degli uomini, quell'umanità
che i catari dicevano immaginaria, si
poteva invece vedere, toccare, baciare.
Questo è qualcosa che per l'uomo del
medioevo non aveva prezzo; qualcosa ben
più potente dei sermoni dei predicatori e
anche della repressione degli inquisitori.
I Pontefici più accorti lo avevano capito,
e così si comprendono iniziative come
quella di Innocenzo iii che promosse il
culto della Veronica o quella di Urbano iv
che solennizzò il miracolo di Bolsena
istituendo la festa del Corpus Domini.
I templari diedero allora vita a liturgie
speciali di venerazione della sindone come
l'uso di consacrare le cordicelle del loro
abito mettendole a contatto con
l'inestimabile reliquia, affinché il
potere sacro di quell'oggetto li
proteggesse sempre dai nemici del corpo e
dello spirito; oppure la liturgia
descritta dal templare Arnaut Sabbatier
ricordata in apertura. E anche Carlo
Borromeo, quando nel 1578 si recò
pellegrino alla sindone viaggiando a piedi
da Milano a Torino, la venerò praticando
il bacio sulle ferite dei piedi proprio
come usavano fare i dignitari del Tempio.
Questo libro - una ricostruzione di taglio
storico-archeologico che non entra in
questioni teologiche - rappresenta in
realtà la prima parte di uno studio
dedicato alla sindone che si completerà
con un secondo volume in preparazione di
stampa (La sindone di Gesù Nazareno,
sempre per Il Mulino). Attraverso una
lunga ricerca documentaria provo a
rispondere a molti quesiti della storia ma
anche a proporre ipotesi di studio che
potrebbero aprire nuovi sentieri di
ricerca: come quella che riguarda le
enigmatiche tracce di scrittura in greco,
latino ed ebraico identificate da alcuni
esperti francesi sul lino della sindone,
parole tracciate in origine su un
documento che entrò in contatto con il
telo e vi lasciò una specie di impronta.
(©
L'Osservatore Romano 5 aprile 2009)
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