Il Sinodo lancia
un progetto concreto per la nuova evangelizzazione. Con un
punto fermo: "la fede si decide nel rapporto che
instauriamo con la persona di Gesù" e per testimoniarlo
bisogna accostarsi alla vita degli uomini di oggi, senza
"inventare chissà quali nuove strategie" perché il Vangelo
non è "un prodotto da collocare sul mercato delle
religioni". Proprio per "sostenere e orientare" tutte le
comunità cristiane nell'urgenza della missione, i padri
sinodali hanno approvato, nella mattina di venerdì 26
ottobre il messaggio pastorale, il nuntius, a conclusione
dei lavori. Si tratta di un documento nuovo, come ha detto
il cardinale Betori - presidente dell'apposita commissione
sinodale per la stesura - presentandolo subito dopo
l'approvazione nella Sala Stampa della Santa Sede. Nuovo
perché "non si limita a esortazioni globali, ma si
articola in punti riferibili a ciascun continente,
espressamente e specificatamente nominati in ordine
alfabetico". Perché se è vero, ha spiegato, che
soprattutto in un mondo globalizzato la riflessione
riguarda l'insieme, è altrettanto vero che globalizzazione
non vuol dire livellamento. E dunque ogni questione va
affrontata tenendo conto delle singole realtà. Altra
caratteristica è nel tono che si è voluto mantenere nel
messaggio: esortativo e incoraggiante, perfettamente in
linea "con il tono costante degli interventi dei padri
sinodali". Ed è questo un altro degli elementi
caratterizzanti del messaggio sinodale, nel quale tutti i
padri "si sono ritrovati e riconosciuti tanto da
approvarlo per acclamazione". Un esempio, ha detto il
cardinale Betori, della comunione espressa nella
collegialità della Chiesa. Nel testo hanno messo insieme
esperienze e proposte emerse nell'assemblea, affrontando
le questioni più scottanti. Senza cedere al pessimismo e
invitando a un confronto a tutto campo, il Sinodo ha
emblematicamente proposto come filo conduttore del
messaggio la pagina evangelica che racconta l'incontro di
Gesù con la donna samaritana. Anche con l'esperienza
sinodale "la Chiesa sente di doversi sedere accanto agli
uomini e alle donne di questo tempo per rendere presente
il Signore nella loro vita". Il dibattito in aula, in
questi giorni, ha reso evidente come ovunque nel mondo si
senta "il bisogno di ravvivare una fede che rischia di
oscurarsi in contesti culturali che ne ostacolano il
radicamento personale e la presenza sociale, la chiarezza
dei contenuti e i frutti coerenti". Niente pessimismo,
raccomandano i padri: globalizzazione, secolarizzazione,
vecchie e nuove povertà sono sfide da raccogliere come
opportunità di evangelizzazione. E "non si tratta di
cominciare tutto daccapo". È evidente, però, che "i mutati
scenari sociali e culturali" chiamano i cristiani "a
qualcosa di nuovo". I padri sinodali pensano "a comunità
accoglienti, in cui tutti gli emarginati trovino la loro
casa, a concrete esperienze di comunione". Insomma si
tratta di "rendere concretamente accessibili esperienze di
Chiesa, moltiplicare i pozzi a cui invitare gli uomini e
le donne assetati e lì far loro incontrare Gesù, offrire
oasi nei deserti della vita". Ma la missione di
evangelizzare il mondo inizia per la Chiesa con un appello
alla conversione. A cominciare da se stessa.
***
Messaggio al popolo di Dio della XIII
assemblea generale ordinaria del sinodo dei vescovi
Fratelli e
sorelle,
«grazia a voi
e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo»
(Rm 1,7). Vescovi di tutto il mondo, riuniti su
invito del Vescovo di Roma il Papa Benedetto XVI per
riflettere su “la nuova evangelizzazione per la
trasmissione della fede cristiana”, prima di tornare alle
nostre Chiese particolari, vogliamo rivolgerci a tutti
voi, per sostenere e orientare il servizio al Vangelo nei
diversi contesti in cui ci troviamo oggi a dare
testimonianza.
1. Come la samaritana al pozzo
Ci lasciamo
illuminare da una pagina del vangelo: l’incontro di Gesù
con la donna samaritana (cf. Gv 4,5-42). Non c’è
uomo o donna che, nella sua vita, non si ritrovi, come la
donna di Samaria, accanto a un pozzo con un’anfora vuota,
nella speranza di trovare l’esaudimento del desiderio più
profondo del cuore, quello che solo può dare significato
pieno all’esistenza. Molti sono oggi i pozzi che si
offrono alla sete dell’uomo, ma occorre discernere per
evitare acque. Urge orientare bene la ricerca, per non
cadere preda di delusioni, che possono essere rovinose.
Come Gesù al
pozzo di Sicar, anche la Chiesa sente di doversi sedere
accanto agli uomini e alle donne di questo tempo, per
rendere presente il Signore nella loro vita, così che
possano incontrarlo, perché lui solo è l’acqua che dà la
vita vera ed eterna. Solo Gesù è capace di leggere nel
fondo del nostro cuore e di svelarci la nostra verità: «Mi
ha detto tutto quello che ho fatto», confessa la donna
ai suoi concittadini. E questa parola di annuncio – cui si
unisce la domanda che apre alla fede: «Che sia lui il
Cristo?» – mostra come chi ha ricevuto la vita nuova
dall’incontro con Gesù, a sua volta non può fare a meno di
diventare annunciatore di verità e di speranza per gli
altri. La peccatrice convertita diventa messaggera di
salvezza e conduce a Gesù tutta la città. Dall’accoglienza
della testimonianza la gente passerà all’esperienza
personale dell’incontro: «Non è più per i tuoi discorsi
che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e
sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
2. Una nuova evangelizzazione
Condurre gli
uomini e le donne del nostro tempo a Gesù, all’incontro
con lui, è un’urgenza che tocca tutte le regioni del
mondo, di antica e di recente evangelizzazione. Ovunque
infatti si sente il bisogno di ravvivare una fede che
rischia di oscurarsi in contesti culturali che ne
ostacolano il radicamento personale e la presenza sociale,
la chiarezza dei contenuti e i frutti coerenti.
Non si tratta di cominciare tutto daccapo, ma – con
l’animo apostolico di Paolo, il quale giunge a dire: «Guai
a me se non annuncio il Vangelo!» (1Cor 9,16) – di
inserirsi nel lungo cammino di proclamazione del Vangelo
che, dai primi secoli dell’era cristiana al presente, ha
percorso la storia e ha edificato comunità di credenti in
tutte le parti del mondo. Piccole o grandi che siano, esse
sono il frutto della dedizione di missionari e di non
pochi martiri, di generazioni di testimoni di Gesù cui va
la nostra memoria riconoscente.
I mutati scenari
sociali e culturali ci chiamano a qualcosa di nuovo: a
vivere in modo rinnovato la nostra esperienza comunitaria
di fede e l’annuncio, mediante un’evangelizzazione «nuova
nel suo ardore, nei suoi metodi, nelle sue espressioni»
(Giovanni Paolo II, Discorso alla XIX Assemblea della
CELAM, Port-au-Prince 9 marzo 1983, n. 3), come disse
Giovanni Paolo II, un’evangelizzazione che, ha ricordato
Benedetto XVI, è rivolta «principalmente alle persone che,
pur essendo battezzate si sono allontanate dalla Chiesa, e
vivono senza fare riferimento alla prassi cristiana […],
per favorire in queste persone un nuovo incontro con il
Signore, che solo riempie di significato profondo e di
pace la nostra esistenza; per favorire la riscoperta della
fede, sorgente di grazia che porta gioia e speranza nella
vita personale, familiare e sociale» (Benedetto XVI,
Omelia alla Celebrazione eucaristica per la solenne
inaugurazione della XIII Assemblea ordinaria del Sinodo
dei Vescovi, Roma 7 ottobre 2012).
3. L’incontro personale con Gesù Cristo
nella Chiesa
Prima di dire
qualcosa circa le forme che deve assumere questa nuova
evangelizzazione, sentiamo l’esigenza di dirvi, con
profonda convinzione, che la fede si decide tutta nel
rapporto che instauriamo con la persona di Gesù, che per
primo ci viene incontro. L’opera della nuova
evangelizzazione consiste nel riproporre al cuore e alla
mente, non poche volte distratti e confusi, degli uomini e
delle donne del nostro tempo, anzitutto a noi stessi, la
bellezza e la novità perenne dell’incontro con Cristo. Vi
invitiamo tutti a contemplare il volto del Signore Gesù
Cristo, a entrare nel mistero della sua esistenza, donata
per noi fino alla croce, riconfermata come dono dal Padre
nella sua risurrezione dai morti e comunicata a noi
mediante lo Spirito. Nella persona di Gesù, si svela il
mistero dell’amore di Dio Padre per l’intera famiglia
umana, che egli non ha voluto lasciare alla deriva della
propria impossibile autonomia, ma ha ricongiunto a sé in
un rinnovato patto d’amore.
La Chiesa è lo
spazio che Cristo offre nella storia per poterlo
incontrare, perché egli le ha affidato la sua Parola, il
Battesimo che ci fa figli di Dio, il suo Corpo e il suo
Sangue, la grazia del perdono del peccato, soprattutto nel
sacramento della Riconciliazione, l’esperienza di una
comunione che è riflesso del mistero stesso della Santa
Trinità, la forza dello Spirito che genera carità verso
tutti.
Occorre dare
forma a comunità accoglienti, in cui tutti gli emarginati
trovino la loro casa, a concrete esperienze di comunione,
che, con la forza ardente dell’amore – «Vedi come si
amano!» (Tertulliano, Apologetico, 39, 7) –,
attirino lo sguardo disincantato dell’umanità
contemporanea. La bellezza della fede deve risplendere, in
particolare, nelle azioni della sacra Liturgia,
nell’Eucaristia domenicale anzitutto. Proprio nelle
celebrazioni liturgiche la Chiesa svela infatti il suo
volto di opera di Dio e rende visibile, nelle parole e nei
gesti, il significato del Vangelo.
Sta a noi oggi rendere concretamente accessibili
esperienze di Chiesa, moltiplicare i pozzi a cui invitare
gli uomini e le donne assetati e lì far loro incontrare
Gesù, offrire oasi nei deserti della vita. Di questo sono
responsabili le comunità cristiane e, in esse, ogni
discepolo del Signore: a ciascuno è affidata una
testimonianza insostituibile, perché il Vangelo possa
incrociare l’esistenza di tutti; per questo ci è chiesta
la santità della vita.
4. Le occasioni dell’incontro con Gesù e
l’ascolto delle Scritture
Qualcuno chiederà
come fare tutto questo. Non si tratta di inventare chissà
quali nuove strategie, quasi che il Vangelo sia un
prodotto da collocare sul mercato delle religioni, ma di
riscoprire i modi in cui, nella vicenda di Gesù, le
persone si sono accostate a lui e da lui sono state
chiamate, per immettere quelle stesse modalità nelle
condizioni del nostro tempo.
Ricordiamo ad
esempio come Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni siano
stati interpellati da Gesù nel contesto del loro lavoro,
come Zaccheo sia potuto passare dalla semplice curiosità
al calore della condivisione della mensa con il Maestro,
come il centurione romano ne abbia chiesto l’intervento in
occasione della malattia di una persona cara, come il
cieco nato lo abbia invocato quale liberatore dalla
propria emarginazione, come Marta e Maria abbiano visto
premiata dalla sua presenza l’ospitalità della casa e del
cuore. Potremmo continuare ancora, ripercorrendo le pagine
dei vangeli e trovando chissà quanti modi con cui la vita
delle persone si è aperta nelle più diverse condizioni
alla presenza di Cristo. E lo stesso potremmo fare con
quanto le Scritture narrano delle esperienze missionarie
degli apostoli nella prima Chiesa.
La lettura
frequente delle Sacre Scritture, illuminata dalla
Tradizione della Chiesa, che ce le consegna e ne è
autentica interprete, non solo è un passaggio obbligato
per conoscere il contenuto del Vangelo, cioè la persona di
Gesù nel contesto della storia della salvezza, ma aiuta
anche a scoprire spazi di incontro con lui, modalità
davvero evangeliche, radicate nelle dimensioni di fondo
della vita dell’uomo: la famiglia, il lavoro, l’amicizia,
le povertà e le prove della vita, ecc.
5. Evangelizzare noi stessi e disporci
alla conversione
Guai però a
pensare che la nuova evangelizzazione non ci riguardi in
prima persona. In questi giorni più volte tra noi Vescovi
si sono levate voci a ricordare che, per poter
evangelizzare il mondo, la Chiesa deve anzitutto porsi in
ascolto della Parola. L’invito ad evangelizzare si traduce
in un appello alla conversione.
Sentiamo
sinceramente di dover convertire anzitutto noi stessi alla
potenza di Cristo, che solo è capace di fare nuove tutte
le cose, le nostre povere esistenze anzitutto. Con umiltà
dobbiamo riconoscere che le povertà e le debolezze dei
discepoli di Gesù, specialmente dei suoi ministri, pesano
sulla credibilità della missione. Siamo certo consapevoli,
noi Vescovi per primi, che non potremo mai essere
all’altezza della chiamata da parte del Signore e della
consegna del suo Vangelo per l’annuncio alle genti.
Sappiamo di dover riconoscere umilmente la nostra
vulnerabilità alle ferite della storia e non esitiamo a
riconoscere i nostri peccati personali. Siamo però anche
convinti che la forza dello Spirito del Signore può
rinnovare la sua Chiesa e rendere splendente la sua veste,
se ci lasceremo plasmare da lui. Lo mostrano le vite dei
santi, la cui memoria e narrazione è strumento
privilegiato della nuova evangelizzazione.
Se questo
rinnovamento fosse affidato alle nostre forze, ci
sarebbero seri motivi di dubitare, ma la conversione, come
l’evangelizzazione, nella Chiesa non ha come primi attori
noi poveri uomini, bensì lo Spirito stesso del Signore.
Sta qui la nostra forza e la nostra certezza che il male
non avrà mai l’ultima parola, né nella Chiesa né nella
storia: «Non sia turbato il vostro cuore e non abbia
timore», ha detto Gesù ai suoi discepoli (Gv
14,27).
L’opera della
nuova evangelizzazione riposa su questa serena certezza.
Noi siamo fiduciosi nell’ispirazione e nella forza dello
Spirito, che ci insegnerà ciò che dobbiamo dire e ciò che
dobbiamo fare, anche nei frangenti più difficili. È nostro
dovere, perciò, vincere la paura con la fede,
l’avvilimento con la speranza, l’indifferenza con l’amore.
6. Cogliere nel mondo di oggi nuove
opportunità di evangelizzazione
Questo sereno
coraggio sostiene anche il nostro sguardo sul mondo
contemporaneo. Non ci sentiamo intimoriti dalle condizioni
dei tempi che viviamo. Il nostro è un mondo colmo di
contraddizioni e di sfide, ma resta creazione di Dio,
ferita sì dal male, ma pur sempre il mondo che Dio ama,
terreno suo, in cui può essere rinnovata la semina della
Parola perché torni a fare frutto.
Non c’è spazio
per il pessimismo nelle menti e nei cuori di coloro che
sanno che il loro Signore ha vinto la morte e che il suo
Spirito opera con potenza nella storia. Con umiltà, ma
anche con decisione – quella che viene dalla certezza che
la verità alla fine vince –, ci accostiamo a questo mondo
e vogliamo vedervi un invito di Dio a essere testimoni del
suo Nome. La nostra Chiesa è viva e affronta con il
coraggio della fede e la testimonianza di tanti suoi figli
le sfide poste dalla storia.
Sappiamo che nel
mondo dobbiamo affrontare una dura lotta contro «i
Principati e le Potenze», «gli spiriti del male»
(Ef 6,12). Non ci nascondiamo i problemi che tali
sfide pongono, ma essi non ci impauriscono. Questo vale
anzitutto per i fenomeni di globalizzazione, che devono
essere per noi opportunità per una dilatazione della
presenza del Vangelo. Così pure le migrazioni – pur con il
peso delle sofferenze che comportano e a cui vogliamo
essere sinceramente vicini con l’accoglienza propria dei
fratelli – sono occasioni, come è accaduto nel passato, di
diffusione della fede e di comunione tra le varietà delle
sue forme. La secolarizzazione, ma anche la crisi
dell’egemonia della politica e dello Stato, chiedono alla
Chiesa di ripensare la propria presenza nella società,
senza peraltro rinunciarvi. Le molte e sempre nuove forme
di povertà aprono spazi inediti al servizio della carità:
la proclamazione del Vangelo impegna la Chiesa a essere
con i poveri e a farsi carico delle loro sofferenze, come
Gesù. Anche nelle forme più aspre di ateismo e
agnosticismo sentiamo di poter riconoscere, pur in modi
contraddittori, non un vuoto, ma una nostalgia, un’attesa
che attende una risposta adeguata.
Di fronte agli
interrogativi che le culture dominanti pongono alla fede e
alla Chiesa rinnoviamo la nostra fiducia nel Signore,
certi che anche in questi contesti il Vangelo è portatore
di luce e capace di sanare ogni debolezza dell’uomo. Non
siamo noi a condurre l’opera dell’evangelizzazione, ma
Dio, come ci ha ricordato il Papa: «La prima parola,
l’iniziativa vera, l’attività vera viene da Dio e solo
inserendoci in questa iniziativa divina, solo implorando
questa iniziativa divina, possiamo anche noi divenire –
con Lui e in Lui – evangelizzatori» (Benedetto XVI,
Meditazione alla prima
Congregazione generale della XIII Assemblea generale
ordinaria del Sinodo dei Vescovi,
Roma 8 ottobre 2012).
7. Evangelizzazione, famiglia e vita
consacrata
Fin dalla prima
evangelizzazione la trasmissione della fede nel
susseguirsi delle generazioni ha trovato un luogo naturale
nella famiglia. In essa – con un ruolo tutto speciale
rivestito dalle donne, ma con questo non vogliamo sminuire
la figura paterna e la sua responsabilità – i segni della
fede, la comunicazione delle prime verità, l’educazione
alla preghiera, la testimonianza dei frutti dell’amore
sono stati immessi nell’esistenza dei fanciulli e dei
ragazzi, nel contesto della cura che ogni famiglia riserva
per la crescita dei suoi piccoli. Pur nella diversità
delle situazioni geografiche, culturali e sociali, tutti i
Vescovi al Sinodo hanno riconfermato questo ruolo
essenziale della famiglia nella trasmissione della fede.
Non si può pensare una nuova evangelizzazione senza
sentire una precisa responsabilità verso l’annuncio del
Vangelo alle famiglie e senza dare loro sostegno nel
compito educativo.
Non ci
nascondiamo il fatto che oggi la famiglia, che si
costituisce nel matrimonio di un uomo e di una donna, che
li rende «una sola carne» (Mt 19,6) aperta
alla vita, è attraversata dappertutto da fattori di crisi,
circondata da modelli di vita che la penalizzano,
trascurata dalle politiche di quella società di cui è pure
la cellula fondamentale, non sempre rispettata nei suoi
ritmi e sostenuta nei suoi impegni dalle stesse comunità
ecclesiali. Proprio questo però ci spinge a dire che
dobbiamo avere una particolare cura per la famiglia e per
la sua missione nella società e nella Chiesa, sviluppando
percorsi di accompagnamento prima e dopo il matrimonio.
Vogliamo anche esprimere la nostra gratitudine ai tanti
sposi e alle tante famiglie cristiane che, con la loro
testimonianza, mostrano al mondo una esperienza di
comunione e di servizio che è seme di una società più
fraterna e pacificata.
Il nostro
pensiero è andato anche alle situazioni familiari e di
convivenza in cui non si rispecchia quell’immagine di
unità e di amore per tutta la vita che il Signore ci ha
consegnato. Ci sono coppie che convivono senza il legame
sacramentale del matrimonio; si moltiplicano situazioni
familiari irregolari costruite dopo il fallimento di
precedenti matrimoni: vicende dolorose in cui soffre anche
l’educazione alla fede dei figli. A tutti costoro vogliamo
dire che l’amore del Signore non abbandona nessuno, che
anche la Chiesa li ama ed è casa accogliente per tutti,
che essi rimangono membra della Chiesa anche se non
possono ricevere l’assoluzione sacramentale e
l’Eucaristia. Le comunità cattoliche siano accoglienti
verso quanti vivono in tali situazioni e sostengano
cammini di conversione e di riconciliazione.
La vita familiare
è il primo luogo in cui il Vangelo si incontra con
l’ordinarietà della vita e mostra la sua capacità di
trasfigurare le condizioni fondamentali dell’esistenza
nell’orizzonte dell’amore. Ma non meno importante per la
testimonianza della Chiesa è mostrare come questa vita nel
tempo ha un compimento che va oltre la storia degli uomini
e approda alla comunione eterna con Dio. Alla donna
samaritana Gesù non si presenta semplicemente come colui
che dà la vita, ma come colui che dona la «vita eterna»
(Gv 4,14). Il dono di Dio, che la fede rende
presente, non è semplicemente la promessa di condizioni
migliori in questo mondo, ma l’annuncio che il senso
ultimo della nostra vita è oltre questo mondo, in quella
comunione piena con Dio che attendiamo alla fine dei
tempi.
Di questo
orizzonte ultraterreno del senso dell’esistenza umana sono
particolari testimoni nella Chiesa e nel mondo quanti il
Signore ha chiamato alla vita consacrata, una vita che,
proprio perché totalmente consacrata a lui, nell’esercizio
di povertà, castità e obbedienza, è il segno di un mondo
futuro che relativizza ogni bene di questo mondo.
Dall’Assemblea del Sinodo dei Vescovi giunga a questi
nostri fratelli e sorelle la gratitudine per la loro
fedeltà alla chiamata del Signore e per il contributo che
hanno dato e danno alla missione della Chiesa,
l’esortazione alla speranza in situazioni non facili anche
per loro in questi tempi di cambiamento, l’invito a
confermarsi come testimoni e promotori di nuova
evangelizzazione nei vari ambiti di vita in cui il carisma
di ciascuno dei loro istituti li colloca.
8. La comunità ecclesiale e i molti operai
dell’evangelizzazione
L’opera di evangelizzazione non è
compito di qualcuno nella Chiesa, ma delle comunità
ecclesiali in quanto tali, dove si ha accesso alla
pienezza degli strumenti dell’incontro con Gesù: la
Parola, i sacramenti, la comunione fraterna, il servizio
della carità, la missione.
In questa
prospettiva emerge anzitutto il ruolo della parrocchia,
come presenza della Chiesa sul territorio in cui gli
uomini vivono, «fontana del villaggio», come amava
chiamarla Giovanni XXIII, a cui tutti possono abbeverarsi
trovandovi la freschezza del Vangelo. Il suo ruolo resta
irrinunciabile, anche se le mutate condizioni ne possono
chiedere sia l’articolazione in piccole comunità sia
legami di collaborazione in contesti più ampi. Sentiamo
ora di dover esortare le nostre parrocchie ad affiancare
alla tradizionale cura pastorale del popolo di Dio le
forme nuove di missione richieste dalla nuova
evangelizzazione. Esse devono permeare anche le varie,
importanti espressioni della pietà popolare.
Nella parrocchia
continua ad essere decisivo il ministero del sacerdote,
padre e pastore del suo popolo. I Vescovi di questa
Assemblea sinodale esprimono a tutti i presbiteri
gratitudine e vicinanza fraterna per il loro non facile
compito e li invitano a più stretti legami nel presbiterio
diocesano, a una vita spirituale sempre più intensa, a una
formazione permanente che li renda idonei ad affrontare i
cambiamenti.
Accanto ai
presbiteri va sostenuta la presenza dei diaconi, come pure
l’azione pastorale dei catechisti e di tante altre figure
ministeriali e di animazione nel campo dell’annuncio e
della catechesi, della vita liturgica, del servizio
caritativo, nonché le varie forme di partecipazione e
corresponsabilità da parte dei fedeli, uomini e donne, per
la cui dedizione nei molteplici servizi nelle nostre
comunità non saremo mai abbastanza riconoscenti. Anche a
tutti costoro chiediamo di porre la loro presenza e il
loro servizio nella Chiesa nell’ottica della nuova
evangelizzazione, curando la propria formazione umana e
cristiana, la conoscenza della fede e la sensibilità ai
fenomeni culturali odierni.
Guardando ai laici, una parola
specifica va alle varie forme di antiche e nuove
associazioni e insieme ai movimenti ecclesiali e alle
nuove comunità, tutti espressione della ricchezza dei doni
che lo Spirito fa alla Chiesa. Anche a queste forme di
vita e di impegno nella Chiesa esprimiamo gratitudine,
esortandoli alla fedeltà al proprio carisma e alla
convinta comunione ecclesiale, in specie nel concreto
contesto delle Chiese particolari.
Testimoniare il
Vangelo non è privilegio di alcuno. Riconosciamo con gioia
la presenza di tanti uomini e donne che con la loro vita
si fanno segno del Vangelo in mezzo al mondo. Li
riconosciamo anche in tanti nostri fratelli e sorelle
cristiani con i quali l’unità purtroppo non è ancora
perfetta, ma che pure sono segnati dal Battesimo del
Signore e ne sono annunciatori. In questi giorni è stata
un’esperienza commovente per noi ascoltare le voci di
tanti autorevoli responsabili di Chiese e Comunità
ecclesiali che ci hanno testimoniato la loro sete di
Cristo e la loro dedizione all’annuncio del Vangelo,
anch’essi convinti che il mondo ha bisogno di una nuova
evangelizzazione. Siamo grati al Signore per questa unità
nell’esigenza della missione.
9. Perché i giovani possano incontrare
Cristo
I giovani ci
stanno a cuore in modo tutto particolare, perché loro, che
sono parte rilevante del presente dell’umanità e della
Chiesa, ne sono anche il futuro. Anche verso di loro lo
sguardo dei Vescovi è tutt’altro che pessimista.
Preoccupato sì, ma non pessimista. Preoccupato perché
proprio su di loro vengono a confluire le spinte più
aggressive dei tempi; non però pessimista, anzitutto
perché, lo ribadiamo, l’amore di Cristo è ciò che muove
nel profondo la storia, ma anche perché scorgiamo nei
nostri giovani aspirazioni profonde di autenticità, di
verità, di libertà, di generosità, per le quali siamo
convinti che Cristo sia la risposta che appaga.
Vogliamo
sostenerli nella loro ricerca e incoraggiamo le nostre
comunità a entrare senza riserve in una prospettiva di
ascolto, di dialogo e di proposta coraggiosa verso la
difficile condizione dei giovani. Per riscattare, e non
mortificare, la potenza dei loro entusiasmi. E per
sostenere in loro favore la giusta battaglia contro i
luoghi comuni e le speculazioni interessate delle potenze
mondane, interessate a dissiparne le energie e a
consumarne gli slanci a proprio vantaggio, togliendo loro
ogni grata memoria del passato e ogni serio progetto del
futuro.
La nuova
evangelizzazione ha nel mondo dei giovani un campo
impegnativo ma anche particolarmente promettente, come
mostrano non poche esperienze, da quelle più aggreganti,
come le Giornate Mondiali della Gioventù, a quelle più
nascoste ma non meno coinvolgenti, come le varie
esperienze di spiritualità, di servizio e di
missionarietà. Ai giovani va riconosciuto un ruolo attivo
nell’opera di evangelizzazione soprattutto verso il loro
mondo.
10. Il Vangelo in dialogo con la cultura e
l’esperienza umana e con le religioni
La nuova
evangelizzazione ha al suo centro Cristo e l’attenzione
alla persona umana, per dare vita a un reale incontro con
lui. Ma i suoi orizzonti sono larghi quanto il mondo e non
si chiudono a nessuna esperienza dell’uomo. Questo
significa che essa coltiva con particolare cura il dialogo
con le culture, nella fiducia di poter trovare in ciascuna
di esse i « semi del Verbo » di cui parlavano gli antichi
Padri. In particolare la nuova evangelizzazione ha bisogno
di una rinnovata alleanza tra fede e ragione, nella
convinzione che la fede ha risorse sue proprie per
accogliere ogni frutto di una sana ragione aperta alla
trascendenza e ha la forza di sanare i limiti e le
contraddizioni in cui la ragione può cadere. La fede non
chiude lo sguardo neanche di fronte ai laceranti
interrogativi che pone la presenza del male nella vita e
nella storia degli uomini, attingendo luce di speranza
dalla Pasqua di Cristo.
L'incontro tra la
fede e la ragione nutre anche l’impegno delle comunità
cristiane nel campo dell’educazione e della cultura. Un
posto speciale lo occupano in questo le istituzioni
formative e di ricerca: scuole e università. Ovunque si
sviluppano le conoscenze dell’uomo e si dà un’azione
educativa, la Chiesa è lieta di portare la propria
esperienza e il proprio contributo per una formazione
della persona nella sua integralità. In questo ambito va
riservata particolare cura alla scuola cattolica e alle
università cattoliche, in cui l’apertura alla
trascendenza, propria di ogni sincero itinerario culturale
ed educativo, deve completarsi in cammini di incontro con
l’evento di Gesù Cristo e della sua Chiesa. La gratitudine
dei Vescovi giunga a quanti, in condizioni a volte
difficili, vi sono impegnati.
L’evangelizzazione esige che si presti operosa attenzione
al mondo delle comunicazioni sociali, strada su cui,
soprattutto nei nuovi media, si incrociano tante vite,
tanti interrogativi e tante attese. Luogo dove spesso si
formano le coscienze e si scandiscono i tempi e i
contenuti della vita vissuta. Un’opportunità nuova per
raggiungere il cuore dell’uomo.
Un particolare
ambito dell’incontro tra fede e ragione si ha oggi nel
dialogo con il sapere scientifico. Esso, per sé, è
tutt’altro che lontano dalla fede, essendo una
manifestazione di quel principio spirituale che Dio ha
posto nelle sue creature e che permette loro di cogliere
le strutture razionali che sono alla base della creazione.
Quando scienze e tecniche non presumono di chiudere la
concezione dell’uomo e del mondo in un arido materialismo,
diventano un prezioso alleato per lo sviluppo della
umanizzazione della vita. Anche a chi è impegnato su
questo delicato fronte della conoscenza va il nostro
grazie.
Un grazie che
vogliamo rivolgere anche a uomini e donne impegnati in
un’altra espressione del genio umano, quella dell’arte
nelle sue varie forme, dalle più antiche alle più recenti.
Nelle loro opere, in quanto tendono a dare forma alla
tensione dell’uomo verso la bellezza, noi riconosciamo un
modo particolarmente significativo di espressione della
spiritualità. Siamo grati quando con le loro creazioni di
bellezza ci aiutano a rendere evidente la bellezza del
volto di Dio e di quello delle sue creature. La via della
bellezza è una strada particolarmente efficace nella nuova
evangelizzazione.
Oltre i vertici
dell’arte è però tutta l’operosità dell’uomo ad attirare
la nostra attenzione, come uno spazio in cui, mediante il
lavoro, egli si fa cooperatore della creazione divina. Al
mondo dell’economia e del lavoro vogliamo ricordare come
dalla luce del Vangelo scaturiscano alcuni richiami:
riscattare il lavoro dalle condizioni che ne fanno non
poche volte un peso insopportabile e una prospettiva
incerta, minacciata oggi spesso dalla disoccupazione,
specie giovanile; porre la persona umana al centro dello
sviluppo economico; pensare questo stesso sviluppo come
un’occasione di crescita del genere umano nella giustizia
e nell’unità. L’uomo nel lavoro con cui trasforma il mondo
è chiamato anche a salvaguardare il volto che Dio ha
voluto dare alla sua creazione, anche per responsabilità
verso le generazioni a venire.
Il Vangelo
illumina anche la condizione della sofferenza nella
malattia, in cui i cristiani devono far sentire la
vicinanza della Chiesa alle persone malate o disabili e la
gratitudine verso quanti operano con professionalità e
umanità per la loro cura.
Un ambito in cui
la luce del Vangelo può e deve risplendere per illuminare
i passi dell'umanità è quello della politica, alla quale
si chiede un impegno di cura disinteressata e trasparente
del bene comune, nel rispetto della piena dignità della
persona umana, dal suo concepimento fino al suo termine
naturale, della famiglia fondata sul matrimonio di un uomo
e una donna, della libertà educativa; nella promozione
della libertà religiosa; nella rimozione cause di
ingiustizie, disuguaglianze, discriminazioni, razzismo,
violenze, fame e guerre. Una limpida testimonianza è
chiesta ai cristiani che, nell’esercizio della politica,
vivono il precetto della carità.
Il dialogo della
Chiesa ha un suo naturale interlocutore, infine, nelle
religioni. Si evangelizza perché convinti della verità
di Cristo, non contro qualcuno. Il Vangelo di Gesù è
pace e gioia, e i suoi discepoli sono lieti di riconoscere
quanto di vero e di buono lo spirito religioso degli
uomini ha saputo scorgere nel mondo creato da Dio e ha
espresso dando forma alle varie religioni.
Il dialogo tra le religioni vuole essere un contributo
alla pace, rifiuta ogni fondamentalismo e denuncia ogni
violenza che si abbatte sui credenti, grave violazione dei
diritti umani. Le Chiese di tutto il mondo sono vicine
nella preghiera e nella fraternità ai fratelli sofferenti
e chiedono a chi ha in mano le sorti dei popoli di
salvaguardare il diritto di tutti alla libera scelta e
alla libera professione e testimonianza della fede.
11. Nell’Anno della fede, la memoria del
Concilio Vaticano II e il riferimento al Catechismo della
Chiesa Cattolica
Nel sentiero
aperto dalla nuova evangelizzazione potremmo anche
sentirci a volte come in un deserto, in mezzo a pericoli e
privi di riferimenti. Il Santo Padre Benedetto XVI,
nell’omelia della Messa di apertura dell’Anno della fede,
ha parlato di una «“desertificazione” spirituale»
che è avanzata in questi ultimi decenni, ma ci ha anche
incoraggiato affermando che «è proprio a partire
dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto che
possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua
importanza vitale per noi uomini e donne. Nel deserto si
riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere»
(Omelia alla Celebrazione eucaristica per l’apertura
dell’Anno della fede, Roma 11 ottobre 2012). Nel
deserto, come la donna samaritana, si va in cerca di acqua
e di un pozzo a cui attingerla: beato colui che vi
incontra Cristo!
Ringraziamo il
Santo Padre per il dono dell’Anno della fede, prezioso
ingresso nel percorso della nuova evangelizzazione. Lo
ringraziamo anche per aver legato questo Anno alla memoria
grata per i cinquant’anni dell’apertura del Concilio
Vaticano II, il cui magistero fondamentale per il nostro
tempo risplende nel Catechismo della Chiesa Cattolica,
riproposto a vent’anni dalla pubblicazione come
riferimento di fede sicuro. Sono anniversari importanti,
che ci permettono di ribadire la nostra ferma adesione
all’insegnamento del Concilio e il nostro convinto impegno
a continuarne la piena attuazione.
12. Nella contemplazione del mistero e
accanto ai poveri
In quest’ottica
vogliamo indicare a tutti i fedeli due espressioni della
vita di fede che ci appaiono di particolare rilevanza per
testimoniarla nella nuova evangelizzazione.
Il primo è
costituito dal dono e dall’esperienza della
contemplazione. Solo da uno sguardo adorante sul mistero
di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, solo dalla
profondità di un silenzio che si pone come grembo che
accoglie l’unica Parola che salva, può scaturire una
testimonianza credibile per il mondo. Solo questo silenzio
orante può impedire che la parola della salvezza sia
confusa nel mondo con i molti rumori che lo invadono.
Torna nuovamente
sulle nostre labbra la parola della gratitudine, ora
rivolta a quanti, uomini e donne, dedicano la loro vita,
nei monasteri e negli eremi, alla preghiera e alla
contemplazione. Ma abbiamo bisogno che momenti
contemplativi si intreccino anche con la vita ordinaria
della gente. Luoghi dell’anima, ma anche del territorio,
che richiamino a Dio; santuari interiori e templi di
pietra, che siano incroci obbligati per il flusso di
esperienze in cui rischiamo di confonderci. Spazi in cui
tutti si possano sentire accolti, anche chi non sa bene
ancora che cosa e chi cercare.
L’altro simbolo
di autenticità della nuova evangelizzazione ha il volto
del povero. Mettersi accanto a chi è ferito dalla vita non
è solo un esercizio di socialità, ma anzitutto un fatto
spirituale. Perché nel volto del povero risplende il volto
stesso di Cristo: «Tutto quello che avete fatto a uno
di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»
(Mt 25,40).
Ai poveri va
riconosciuto un posto privilegiato nella nostre comunità,
un posto che non esclude nessuno, ma vuole essere un
riflesso di come Gesù si è legato a loro. La presenza del
povero nelle nostre comunità è misteriosamente potente:
cambia le persone più di un discorso, insegna fedeltà, fa
capire la fragilità della vita, domanda preghiera;
insomma, porta a Cristo.
Il gesto della
carità, a sua volta, esige di essere accompagnato
dall’impegno per la giustizia, con un appello che riguarda
tutti, poveri e ricchi. Di qui anche l’inserimento della
dottrina sociale della Chiesa nei percorsi della nuova
evangelizzazione e la cura della formazione dei cristiani
che si impegnano a servire la convivenza umana nella vita
sociale e nella politica.
13. Una parola alle Chiese delle diverse
regioni del mondo
Lo sguardo dei
Vescovi riuniti in Assemblea sinodale abbraccia tutte le
comunità ecclesiali diffuse nel mondo. Uno sguardo che
vuole essere unitario, perché unica è la chiamata
all’incontro con Cristo, ma non dimentica le diversità.
Una
considerazione tutta particolare, colma di affetto
fraterno e di gratitudine, i Vescovi riuniti nel Sinodo
riservano a voi cristiani delle Chiese Orientali
Cattoliche, quelle eredi della prima diffusione del
Vangelo, esperienza custodita con amore e fedeltà, e
quelle presenti nell’Est dell’Europa. Oggi il Vangelo si
ripropone tra voi come nuova evangelizzazione tramite la
vita liturgica, la catechesi, la preghiera familiare
quotidiana, il digiuno, la solidarietà tra le famiglie, la
partecipazione dei laici alla vita delle comunità e al
dialogo con la società. In non pochi contesti le vostre
Chiese sono in mezzo a prove e tribolazioni, in cui
testimoniano la partecipazione alla croce di Cristo;
alcuni fedeli sono costretti all’emigrazione e, mantenendo
viva l’appartenenza alle proprie comunità di origine,
possono dare il proprio contributo alla cura pastorale e
all’opera di evangelizzazione nei paesi che li hanno
accolti. Il Signore continui a benedire la vostra fedeltà
e sul vostro futuro si staglino orizzonti di serena
confessione e pratica della fede in una condizione di pace
e di libertà religiosa.
Guardiamo a voi
cristiani, uomini e donne, che vivete nei paesi
dell’Africa e vi diciamo la nostra gratitudine per la
testimonianza che offrite al Vangelo spesso in situazioni
di vita umanamente difficili. Vi esortiamo a ridare
slancio all’evangelizzazione ricevuta in tempi ancora
recenti, a edificarvi come Chiesa « famiglia di Dio », a
rafforzare l’identità della famiglia, a sostenere
l’impegno dei sacerdoti e dei catechisti, specialmente
nelle piccole comunità cristiane. Si afferma inoltre
l’esigenza di sviluppare l’incontro del Vangelo con le
antiche e le nuove culture. Un’attesa e un richiamo forte
si rivolge al mondo della politica e ai governi dei
diversi paesi dell’Africa, perché, nella collaborazione di
tutti gli uomini di buona volontà, siano promossi i
diritti umani fondamentali e il continente sia liberato
dalle violenze e dai conflitti che ancora lo tormentano.
I Vescovi
dell’Assemblea sinodale invitano voi cristiani
dell’America del nord a rispondere con gioia alla chiamata
alla nuova evangelizzazione, mentre guardano con
riconoscenza a come nella loro storia ancora giovane le
vostre comunità cristiane abbiano dato frutti generosi di
fede, di carità e di missione. Occorre ora riconoscere che
molte espressioni della cultura corrente nei paesi del
vostro mondo sono oggi lontane dal Vangelo. Si impone un
invito alla conversione, da cui nasce un impegno che non
vi pone fuori dalle vostre culture, ma nel loro mezzo per
offrire a tutti la luce della fede e la forza della vita.
Mentre accogliete nelle vostre generose terre nuove
popolazioni di immigrati e rifugiati, siate disposti anche
ad aprire le porte delle vostre case alla fede. Fedeli
agli impegni presi nell’Assemblea sinodale per l’America,
siate solidali con l’America Latina nella permanente
evangelizzazione del comune continente.
Lo stesso
sentimento di gratitudine l’Assemblea del Sinodo rivolge
alle Chiese dell’America Latina e dei Caraibi. Colpisce in
particolare come lungo i secoli si siano sviluppate nei
vostri paesi forme di pietà popolare, ancora radicate nel
cuore di tanti, di servizio della carità e di dialogo con
le culture. Ora, di fronte alle molte sfide del presente,
in primo luogo la povertà e la violenza, la Chiesa in
America Latina e nei Caraibi è esortata a vivere in uno
stato permanente di missione, annunciando il Vangelo con
speranza e con gioia, formando comunità di veri discepoli
missionari di Gesù Cristo, mostrando nell’impegno dei suoi
figli come il Vangelo possa essere sorgente di una nuova
società giusta e fraterna. Anche il pluralismo religioso
interroga le vostre Chiese ed esige un rinnovato annuncio
del Vangelo.
Anche a voi
cristiani dell’Asia sentiamo di offrire una parola di
incoraggiamento e di esortazione. Piccola minoranza nel
continente che raccoglie in sé quasi due terzi della
popolazione mondiale, la vostra presenza è un seme
fecondo, affidato alla potenza dello Spirito, che cresce
nel dialogo con le diverse culture, con le antiche
religioni, con i tanti poveri. Anche se spesso posta ai
margini della società, in diversi luoghi anche
perseguitata, la Chiesa dell’Asia, con la sua salda fede,
è una presenza preziosa del Vangelo di Cristo che annuncia
giustizia, vita e armonia. Cristiani di Asia, sentite la
fraterna vicinanza dei cristiani degli altri paesi del
mondo, i quali non possono dimenticare che sul vostro
continente, nella Terra Santa, Gesù è nato, è vissuto, è
morto ed è risorto.
Una parola di
riconoscenza e di speranza i Vescovi rivolgono alle Chiese
del continente europeo, oggi in parte segnato da una forte
secolarizzazione, a volte anche aggressiva, e in parte
ancora ferito dai lunghi decenni di potere di ideologie
nemiche di Dio e dell’uomo. La riconoscenza è verso un
passato, ma anche un presente, in cui il Vangelo ha creato
in Europa consapevolezze ed esperienze di fede singolari e
decisive per l’evangelizzazione dell’intero mondo, spesso
traboccanti di santità: ricchezza del pensiero teologico,
varietà di espressioni carismatiche, forme le più varie di
servizio della carità verso i poveri, profonde esperienze
contemplative, creazione di una cultura umanistica che ha
contribuito a dare volto alla dignità della persona e alla
costruzione del bene comune. Le difficoltà del presente
non vi abbattano, cari cristiani europei: siano invece
percepite come una sfida da superare e un’occasione per un
annuncio più gioioso e più vivo di Cristo e del suo
Vangelo di vita.
I Vescovi
dell’Assemblea sinodale salutano infine i popoli
dell’Oceania, che vivono sotto la protezione della Croce
australe, e li ringraziano per la loro testimonianza al
Vangelo di Gesù. La nostra preghiera per voi è perché,
come la donna samaritana al pozzo, anche voi sentiate viva
la sete di una vita nuova e possiate ascoltare la parola
di Gesù che dice: «Se tu conoscessi il dono di Dio!»
(Gv 4,10). Sentite ancora l’impegno a predicare il
Vangelo e a far conoscere Gesù nel mondo di oggi. Vi
esortiamo ad incontrarlo nella vostra vita quotidiana, ad
ascoltare lui e a scoprire, mediante la preghiera e la
meditazione, la grazia di poter dire: «Sappiamo che
questi è veramente il salvatore del mondo» (Gv
4,42).
14. La stella di Maria illumina il deserto
Giunti al termine
di questa esperienza di comunione tra Vescovi di tutto il
mondo e di collaborazione al ministero del Successore di
Pietro, sentiamo risuonare per noi attuale il comando di
Gesù ai suoi apostoli: «Andate e fate discepoli tutti i
popoli […]. Ed ecco io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo» (Mt 28,19.20). La
missione questa volta non si rivolge soltanto a una
estensione geografica, ma va a cogliere le pieghe più
nascoste del cuore dei nostri contemporanei, per
riportarli all’incontro con Gesù, il vivente che si fa
presente nelle nostre comunità.
Questa presenza
colma di gioia i nostri cuori. Grati per i doni da lui
ricevuti in questi giorni, innalziamo il canto della lode:
«L’anima mia magnifica il Signore […] Grandi
cose ha fatto per me il Signore» (Lc 1,46.49).
Le parole di Maria sono anche le nostre: il Signore ha
fatto davvero tlinegrandi cose lungo i secoli per la sua
Chiesa nelle diverse parti del mondo e noi lo
magnifichiamo, certi che egli non mancherà di guardare
alla nostra povertà per spiegare la potenza del suo
braccio anche nei nostri giorni e sostenerci nel cammino
della nuova evangelizzazione.
La figura di Maria ci orienta nel cammino. Questo cammino,
come ci ha detto Benedetto XVI, potrà apparirci un
itinerario nel deserto; sappiamo di doverlo percorrere
portando con noi l’essenziale: la compagnia di Gesù, la
verità della sua parola, il pane eucaristico che ci nutre,
la fraternità della comunione ecclesiale, lo slancio della
carità. È l'acqua del pozzo che fa fiorire il deserto. E,
come nella notte del deserto le stelle si fanno più
luminose, così nel cielo del nostro cammino risplende con
vigore la luce di Maria, Stella della nuova
evangelizzazione, a cui fiduciosi ci affidiamo.