|
|
Con la
sua
mossa
infelice
contro
questo
suo
Cardinale,
il
Papa
forse
non si
rende
conto
che in
Raymond
Leonard
Burke
non ha
colpito
tanto
lui e
solo
lui,
ma
piuttosto,
in
lui,
quella
parte
migliore
del
Collegio
cardinalizio,
che è
la più
fedele
alla
sana
dottrina,
alla
difesa
della
morale
e al
Successore
di
Pietro. |
|
IL
CASO
DEL
CARDINALE
BURKE:
LA
PENTOLA
È
PRONTA
MANCA
SOLO
|
IL
COPERCHIO |
|
di P.
Giovanni
Cavalcoli
OP |
|
Dice
un
noto
proverbio
popolare:
il
diavolo
fa le
pentole,
ma non
i
coperchi.
I
modernisti,
i
falsi
ecumenisti,
i
filoprotestanti,
i
criptomassoni
e i
rahneriani,
partiti
baldanzosi,
furbescamente
e
clandestinamente
alla
conquista
del
potere
supremo
della
Chiesa
cinquant’anni
fa,
servendosi
di
un’ottima
organizzazione
culturale
— per
esempio
la
rivista
Concilium
e
numerose
case
editrici
compiacenti
—,
nonché
di
un’astutissima
e
diabolica
falsificazione
delle
dottrine
del
Concilio
Vaticano
II,
con
incredibile
ostinazione
ed
audacia
e
l’impiego
di
mezzi
potentissimi,
economici
e
politici,
penetrando
progressivamente
negli
istituti
accademici
della
Chiesa,
gabbando
progressivamente
ambienti
sempre
più
vasti
del
mondo
cattolico,
compresi
certi
vescovi
ed
oggi
addirittura
certi
cardinali,
sono
ormai
giunti
nei
pressi
della
casa
di
Pietro,
convinti,
nella
cecità
della
loro
superbia,
di
avere
ormai
la
vittoria
in
mano,
col
persuadere
il
Vicario
di
Cristo
ad
abbracciare
le
loro
eresie
e le
loro
bestemmie.
Segno
tra i
tanti
di
questo
grandioso
quanto
stolto
progetto
è il
prossimo
convegno
che si
terrà
in
questo
mese a
Bose,
nel
corso
del
quale
la
cosiddetta
“Scuola
di
Bologna”
diretta
da
Alberto
Melloni
e
ispirata
dal
suo
profeta
Enzo
Bianchi,
col
concorso
di
centinaia
di
studiosi
di
fama
internazionale,
proporranno
solennemente
e
perentoriamente
al
Papa
una
“riforma
del
papato”,
che
comporta
da
parte
del
Papa
la
rinuncia
all’infallibilità
dogmatica,
sul
modello
delle
Chiese
degli
scismatici
orientali
(1).
Ai
loro
occhi
il
Papa,
dopo
la
nomina
di
Bianchi
a
collaboratore
della
Santa
Sede,
e
tanti
altri
segni
che
per
loro
sanno
di
simpatia
per il
modernismo,
ormai
è
pronto,
grazie
all’azione
dello
Spirito
Santo
ad
accogliere
le
loro
idee.
Credono
che il
Papa
sia un
ingenuo
o un
complice
che
essi
possono
giocarsi
come
meglio
credono.
La
pentola
è
pronta.
Ma il
coperchio?
Il
coperchio
non ci
sarà
mai ed
anzi
anche
la
pentola
sarà
distrutta.
Non
c’è
dubbio
che il
Santo
Padre
da
tempo
sta
dando
prova,
accanto
a
sagge
e
coraggiose
posizioni
e
scelte
di
carattere
dottrinale
— e
come
diversamente
potrebbe
essere
nel
Successore
di
Pietro?
—, di
esprimere
giudizi
o
valutazioni
su
teologi
o di
prendere
decisioni
riguardo
l’assunzione
o la
rimozione
di
collaboratori,
che
appaiono
in
contrasto
con la
linea
dottrinale
e
riformatrice
sulla
quale
egli
intende
procedere;
fatti,
questi,
che
invece
di
frenare
il
modernismo
finiscono
per
favorirlo,
permettendo
che si
diffonda
l’opinione
ingannevole
e
calunniosa
del
Papa
“modernista”.
Un
esempio
eclatante
di
quanto
dico è
ciò
che è
avvenuto
e sta
avvenendo
in
questi
giorni.
C’è
stato
un
sinodo
dei
vescovi
dedicato
ai
problemi
del
matrimonio
e
della
famiglia.
Il
Papa,
al
termine,
ha
pronunciato
un
forte
discorso,
nel
quale
ha
condannato
tanto
il
lefevrismo
quanto
il
modernismo,
sotto
il
nome
di
“buonismo
distruttivo”
[vedere
il mio
precedente
articolo
qui e
quello
di
Antonio
Livi
qui].
Dunque
non
era
difficile
rintracciare
nella
condanna
di
quest’ultimo
non
solo
una
certa
tendenza
lassista,
che si
era
manifestata
tra i
vescovi,
ma
anche
le
famose
proposte
del
Cardinale
Walter
Kasper,
del
quale
pure
il
Papa
in
precedenza
aveva
parlato
in
tono
elogiativo
come
di
grande
teologo,
e che
proclamava
davanti
a
tutti
che la
sua
proposta
l’aveva
elaborata
col
consenso
del
Papa.
Da qui
lo
strombazzare
fatto
dai
modernisti
secondo
i
quali
Kasper
era
col
Papa,
mentre
il
“conservatore”
Burke,
insieme
con
gli
altri
cardinali
del
suo
gruppo
sono
“contro”
il
Papa.
Si
conosce
bene,
sulla
bocca
dei
modernisti,
il
significato
infamante
dell’appellativo
“conservatore”.
Il
conservatore,
per
loro,
è uno
che
resta
attaccato
a cose
superate
dal
progresso
ed
inutili:
è uno
escluso
dalla
storia,
e
quindi
dalla
salvezza,
giacchè,
hegeliani,
immanentisti
e
modernisti
come
sono,
non
ammettono
verità
sovrastoriche,
eterne
e ed
immutabili,
ma per
loro
la
verità
è
filia
temporis,
è solo
nell’oggi,
nel
moderno.
I
concetti
mutano.
La
natura
umana,
la
legge
morale
mutano.
La
natura
umana
in
Cristo
è
confusa
con
quella
divina.
Dio
stesso
diviene.
Il
passato
è
passato.
Non
c’è
niente
in
esso
che
debba
essere
conservato,
recuperato,
rivalorizzato
o
restaurato,
al
massimo
può
esser
ricordato
come
un
fatto
precedente
della
storia;
ma in
sè è
solo
spazzatura
da
gettar
via e
basta.
Sarebbe
stoltezza
voler
farlo
rivivere
oggi,
così
come
lo il
conservare
la
scatola
del
latte
che
abbiamo
consumato
o i
mezzi
per
arare
i
campi
che
usavano
i
nostri
bisnonni.
Secondo
me
manca
nei
modernisti
il
concetto
di
conservare
inteso
come
conservare,
custodire
o
mantenere
con
fedeltà
valori
del
passato,
che
essendo
immutabili
e
sempre
autentici,
valgono
anche
oggi e
varranno
sempre.
Per
questo
l’appellativo
che
essi
danno
di
“conservatore”
al
Cardinale
Raymond
Leonard
Burke
è
chiaramente
calunnioso,
teso a
metterlo
in
cattiva
luce
per
poter
esser
loro
ad
emergere
come
unici
detentori
della
verità,
che è
storia
come
storia
dell’oggi,
perchè
tutto
si
risolve
nell’oggi:
l'”Assoluto
— come
recita
un
libro
di
Kasper
dedicato
a
Schelling
— è
“nella
storia”(2).
Non
esiste
fuori,
prima
e al
di
sopra
della
storia,
ma
solo
nella
storia,
per la
storia
e
identico
alla
storia.
Senza
la
storia
l’Assoluto
non è
l’Assoluto.
In
realtà
Burke
appartiene
ai
migliori
cardinali,
tra i
più
fedeli
al
Magistero
pontificio
e
della
Chiesa,
esimio
giurista,
profondo
conoscitore
del
diritto
canonico,
uomo
pio,
prudente
e
dottissimo
così
in
campo
morale
come
in
campo
giuridico,
coraggioso
difensore
dei
valori
della
giustizia,
profondamente
amante
della
Chiesa
e
delle
anime.
Il suo
equilibrato
tradizionalismo,
che
nulla
ha a
che
vedere
col
lefebvrismo,
non è
altro
che la
gelosa
custodia
dei
valori
perenni,
in
piena
conformità
con la
riforma
del
Concilio
Vaticano
II e
con la
santa
libertà
che
esso
promuove,
come
per
esempio
la
celebrazione
della
Messa
Tridentina,
in
consonanza
col
ben
noto
Motu
proprio
di
Papa
Benedetto
XVI
Summorum
Pontificum.
In
occasione
del
recente
sinodo
il
Cardinale
Burke,
come è
noto,
insieme
con
altri
Porporati,
compreso
il
Cardinale
Ludwig
Müller,
Prefetto
della
Congregazione
per la
Dottrina
della
Fede,
e
tutti
i
cattolici
ai
quali
stanno
a
cuore
la
dignità
cristiana
del
matrimonio
e
della
famiglia,
ha
fatto
sentire
alta e
chiara
la sua
voce
contro
le
note
proposte
di
mutamento
dell’attuale
disciplina
ecclesiastica
nella
delicata
materia,
proposte
apparentemente
più
attente
ai
casi
pietosi,
ma in
realtà
inficiate
da un
retroterra
morale
lassista,
privo
del
fattore
ascetico
e
fondato
sulla
falsa
convinzione
di
origine
rahneriana
che
tutti
hanno
la
fede
(“esperienza
atematica
preconcettuale”),
tutti
sono
benintenzionati
(“opzione
fondamentale”)
e ben
orientati
a Dio
(“autotrascendenza”),
tutti
sono
in
grazia
(“esistenziale
soprannaturale”)
e
tutti
si
salvano
(“cristianesimo
anonimo”).
Ciò
esclude
nell’educatore
e nel
pastore
il
compito
della
correzione
dell’errante
o del
peccatore
(far
passare
dal
peccato
alla
grazia),
per
cui la
sua
unica
funzione
si
ridurrebbe
a
potenziare
nel
soggetto
tutto
e solo
ciò
che ha
già di
positivo
(farlo
passare
o
progredire
dal
bene
al
meglio).
Cardinale
Burke
4Si
comprendono
allora
le
conseguenze
sconcertanti
e
dirompenti
di
questo
metodo
nell’ambito
della
prassi
e
della
legislazione
canonistica
e
giudiziaria:
se non
esistono
delitti,
non
esistono
neanche
le
pene.
Sorge
una
generale
tendenza
alla
depenalizzazione
e alla
soppressione
delle
sanzioni
canoniche,
che,
sotto
pretesto
della
misericordia
e del
rispetto
per la
persona,
finisce
per
favorire
le
ingiustizie,
e per
far
crollare
l’intero
sistema
dell’ordinamento
giuridico
e il
senso
stesso
del
diritto
canonico,
come
già
avvenne
nei
tempi
entusiastici
e
spontaneistici,
ampiamente
utopistici,
della
riforma
luterana
e come
rinacque
nel
clima
della
rivoluzione
del
’68,
col
famoso
slogan
“vietato
vietare”.
Non si
presuppone
in
questa
impostazione
formativo-pastorale
una
verità
certa,
unica,
oggettiva
e
immutabile,
ma
solo
un
pluralismo
di
culture
e
tutto
si
risolve
nel
primato
e
nell’assolutezza
della
coscienza
soggettiva,
secondo
i
placet
di
Lutero,
Cartesio
ed
Hegel.
E’ ciò
che il
Papa
ha
condannato
come
“buonismo
distruttivo”
e
falsa
misericordia.
Ciò
che
preoccupa
maggiormente
in
queste
idee
non
sono
tanto
le
suddette
proposte,
tutto
sommato
appartenenti
a quel
campo
della
disciplina
canonica,
dove
la
Chiesa
può
anche
mutare,
ma è
il
sottofondo
storicistico,
antimetafisico
e
relativista,
che si
intravede
e che
almeno
nel
Cardinale
Kasper
non è
difficile
rintracciare
anche
nella
sua
lunga
attività
a capo
dell’ecumenismo
e
nelle
sue
opere
di
cristologia
(3).
Sono
certo
che il
Cardinale
Burke
accetterà
serenamente
ed
umilmente
la
decisione
papale,
non
preceduta,
a
quanto
è dato
sapere,
da
alcuna
inchiesta,
come
parrebbe
esser
stato
opportuno
per un
provvedimento
così
grave.
Devo
dire
peraltro
francamente
che
non
riesco
ad
armonizzare
questa
decisione
del
Papa
col
suo
magistero
dottrinale
e la
sua
conclamata
volontà
di
riforma.
Burke
a mio
avviso
era da
premiare
e non
da
declassare
in
modo
così
vistoso
ed
umiliante,
anche
se ciò
va
detto
con
tutto
il
rispetto
e
l’ammirazione
per il
benemerito
e
venerabile
Ordine
di
Malta.
Con
ogni
rispetto
per le
decisioni
sovrane
e
inappellabili
del
Papa,
mi sia
però
consentito
di
dire
sommessamente
che
egli
avrebbe
potuto
avere
ben
altri
modi
di
allontanare
un
alto
prelato
a lui
non
gradito
senza
che
occorra
abbassarlo
in tal
modo.
Pensiamo
per
esempio
a Pio
XII,
il
quale,
non
essendo
soddisfatto
di
Monsignor
Giovanni
Battista
Montini
come
sostituto
alla
Segreteria
di
Stato,
lo
nominò
arcivescovo
di
Milano,
la
diocesi
più
grande
del
mondo.
Ricordiamoci
infatti
del
famoso,
tradizionale
e
saggio
principio
promoveatur
ut
amoveatur,
che,
salvo
casi
gravissimi
che
hanno
richiesto
sanzioni
canoniche,
ha
risolto
tante
situazioni
scabrose
nel
governo
della
Chiesa
nel
rispetto
della
giustizia,
ma
senza
offendere
la
carità
e la
dignità
del
suddito.
Ci
sono
tante
maniere
di
fare
un
richiamo
a un
sottoposto
senza
bisogno
di
ricorrere
a
misure
del
genere.
Indubbiamente
l’incarico
ricevuto
dal
Cardinale
Burke
può
addirsi
al suo
livello,
ma
solo
come
aggiunta
secondaria
a
impegni
più
importanti,
ma non
che il
nuovo
incarico
debba
sostituire
sic et
simpliciter
il
precedente.
Cose
del
genere
non
capitano
mai.
L’umiliare
il
suddito
può
essere
segno
di
forza
nel
superiore,
ma lo
rende
antipatico
agli
occhi
della
giustizia
e
della
comunità.
Soddisfa
solo
gli
invidiosi
e gli
avversari.
I
modernisti,
che
adesso
canteranno
vittoria,
dal
canto
loro
hanno
imbastito
da
tempo
un’indegna
campagna
denigratoria
nei
confronti
del
Cardinale
Burke,
mentre
hanno
innalzato
alle
stelle
la
figura
del
Cardinale
Kasper,
neanche
fosse
il
Prefetto
della
Congregazione
per la
Dottrina
della
Fede e
il più
alto
luminare
dell’ortodossia
cattolica.
Sono
certo
che il
Papa
non si
lascia
abbindolare
da
queste
mosse
vergognose
e
disoneste;
tuttavia,
in
questa
penosa
vicenda
del
Cardinale
Burke
si ha
l’impressione
che il
Papa,
o per
ingenuità
o
sotto
il
peso
di una
fortissima
e ben
orchestrata
pressione
psicologica,
ciò
che in
diritto
si
chiama
“stato
di
necessità”,
non
abbia
agito
con
piena
libertà
e
consapevolezza
della
sua
altissima
responsabilità.
Indubbiamente
i
kasperiani
e in
generale
i
modernisti
devono
aver
digerito
malissimo
il
discorso
del
Papa
al
sinodo,
dove
lì ha
dato
chiara,
libera
e
fiera
prova
di
essere
Pietro,
e
probabilmente
si
sono
subito
furiosamente
scagliati
contro
il
povero
Burke,
certamente
responsabile
ai
loro
occhi
dell’abbominevole
rigurgito
reazionario
e
conservatore,
al
quale
il
Papa
avrebbe
momentaneamente
ceduto
col
suo
disgraziato
discorso.
Dobbiamo
pertanto
considerare
che
affinchè
l’azione
di un
Pontefice
sia
efficace,
come
insegna
la
storia
dei
santi
Pontefici,
soprattutto
riformatori,
bisogna
che le
scelte
relative
ai
suoi
collaboratori
siano
sagge
e
coerenti
col
suo
magistero
dottrinale.
Se
invece
esse
vi
contrastano,
non
c’è da
stupirsi
se
esse
rimangono
lettera
morta
e
sorge
il
sospetto
in
molti
che il
Papa
stesso
non
creda
veramente
a
quello
che
dice.
È
inutile
avere
buone
idee
se poi
non se
ne
affida
l’esecuzione
a
collaboratori
fedeli
e
capaci.
E’
inutile
proporre
ottime
dottrine,
se poi
non si
puniscono
coloro
che
spavaldamente
le
negano.
Diversamente,
certo
il
Papa
conserverà
il
carisma
della
infallibilità
dottrinale,
ma
intanto
ciò
non
impedirà
a
soggetti
disinvolti
come
Melloni
e
Bianchi
di
proporre
sfacciatamente
al
Papa
la
rinuncia
alla
sua
infallibilità.
Con la
sua
mossa
infelice
contro
questo
suo
Cardinale,
il
Papa
forse
non si
rende
conto
che in
Burke
non ha
colpito
tanto
lui e
solo
lui,
ma
piuttosto
in lui
quella
parte
migliore
del
collegio
cardinalizio,
che è
la più
fedele
alla
sana
dottrina,
alla
difesa
della
morale
e al
Successore
di
Pietro.
Per
questo
sono
certo
che in
questo
gruppo
di
eletti
Porporati
non
potrà
non
esserci
del
malcontento
o
forse
dello
sdegno
per
l’accaduto
e non
resteranno
senza
far
nulla.
“È
questa
—
probabilmente
si
chiederanno
gli
Eminentissimi
— la
gratitudine
del
Papa
per il
nostro
servizio?”.
Ormai
le
ostilità
sono
aperte
e
bisogna
lottare
per il
Vangelo
e per
il
primato
di
Pietro.
Bando
ai
criptoprotestanti
e a
tutti
gli
impostori.
Per
molto
tempo
gli
elementi
migliori
del
collegio
cardinalizio
hanno
lasciato
parlare
i loro
confratelli
smaniosi
di
protagonismo
ed
aspiranti
al
papato,
s’intende
un
papato
“moderno”.
Ora
sembrano
dire:
«Adesso
griderò
e
sbufferò
come
una
partoriente»
([Is
42,14].
Consapevoli
della
loro
gravissima
responsabilità
di
stretti
collaboratori
del
Successore
di
Pietro,
hanno
cominciato
a
parlare
e
nessuno
li
fermerà.
E sono
convinto
che il
Papa
capirà
ed
apprezzerà,
se non
vuole,
come
si
suol
dire,
“darsi
la
zappa
sui
piedi”.
I suoi
veri
amici
non
sono i
kasperiani,
ma il
gruppo
di
Burke,
capeggiato
dal
Cardinale
Müller,
Prefetto
della
Congregazione
per la
Dottrina
della
Fede.
Il
Papa
torna
spesso
a
parlare
della
lotta
apocalittica
di
Satana
contro
la
Chiesa
e
della
protezione
efficacissima
che
viene
dalla
Madonna.
Si
vede
che
egli
ha il
chiaro
sentore
di ciò
che
sta
accadendo.
Se poi
Pietro
è la
roccia
sulla
quale
Cristo
ha
edificato
La sua
Chiesa,
è
evidente
che
tolta
questa
roccia,
la
Chiesa
crollerebbe.
Per
questo,
tutti
gli
eretici
e i
distruttori
della
Chiesa
possono
farsi
paladini
dei
più
alti
valori,
ma
tutti
sono
d’accordo
nel
voler
abbattere
il
papato.
Ma
ecco
che
quando
sembra
che
siano
giunti
a
realizzare
il
loro
piano,
Dio li
abbatte
rovinosamente.
Perché
il
fair
play
di Dio
assomiglia
a
quello
di un
gran
signore,
che
lascia
per un
certo
tempo
che
ladri
e
truffatori
gli
sottraggono
brano
a
brano
parte
del
suo
patrimonio,
senza
intervenire
o
facendo
finta
di non
vedere,
quasi
ad
invitarli
silenziosamente
a
ravvedersi
e a
restituire
il mal
tolto;
ma se
questi
persistono
nello
loro
disonestà,
ecco
che
improvvisamente
si
presenta
loro
ad
imporre
di
pagare
tutto
il
conto
fino
all’ultimo
spicciolo.
Quando
il
papato
è in
pericolo,
la
Chiesa
è nel
massimo
pericolo.
Ma
ecco
che
quando
tutto
sembra
perduto,
questo
è il
momento
della
salvezza
e del
riscatto. |
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Fontanellato,
10
novembre
2014
S.Leone
Magno
Papa |
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NOTE |
(1) In
che
consiste
l’infallibilità
pontificia?
Il
Papa,
come
maestro
della
fede e
successore
di
Pietro,
e come
pastore
universale
della
Chiesa,
salvo
il
caso
in cui
egli
esprima
un’opinione
teologica
privata
o non
sia
compos
sui
per
alterazione
o
sofferenza
psico-emotiva,
quando,
in
qualunque
occasione
pubblica
o
privata
e con
qualunque
mezzo
di
comunicazione,
di sua
iniziativa
(motu
proprio)
o
sollecitato
o
interpellato
da
altri,
sia da
sè (ex
sese),
sia
come
presidente
del
Concilio
ecumenico
o capo
del
collegio
episcopale
sparso
nel
mondo,
solennemente
o
semplicemente,
in
magistero
ordinario
o
straordinario,
insegna
o
interpreta,
definendo
o non
definendo,
ciò
che
attiene
direttamente
o
indirettamente
al
dogma
o ai
dati
della
divina
rivelazione
o ai
misteri
della
fede,
non
può
dire
né il
falso
né il
falsificabile,
perché
è
assistito
da
quello
Spirito
di
verità
che
Cristo
ha
promesso
alla
sua
Chiesa
e al
suo
Vicario
in
terra
al
fine
di
comunicare
con
certezza
il
messaggio
della
salvezza
integro
ed
autentico
a
tutto
il
mondo
fino
alla
fine
dei
secoli.
Resta
solo
eventualmente
un
problema
di
interpretazione
di
certe
sue
affermazioni,
che la
richiedono,
relativamente
al suo
modo
di
esprimersi,
che
può
essere
insolito
o meno
appropriato,
interpretazione
che
comunque
dev’essere
benevola
e che
può
dare
successivamente,
se
crede,
lo
stesso
Pontefice.
Avanzare
qui
sospetti
circa
l’ortodossia
dei
contenuti,
sarebbe
una
grave
ed
inammissibile
irriverenza
nei
confronti
del
Pontefice
e
metterebbe
in
serio
pericolo
l’anima
di chi
osa
formare
un
tale
sospetto
e di
chi lo
prende
per
buono.
[Un
dire e
non
dire
che
mette
le
anime
in
ancor
più
serio
pericolo.
Esprimere
perplessità
e
interrogativi,
per di
più
ineludibili,
non è
irriverenza.
D'altronde
quelli
dell'Autore
cosa
sono,
se non
pressanti
e
gravi
interrogativi,
pur se
infarinati
di
dhimmitudine?
Aggiungo
inoltre
che.
ad
esempio
su
questo
blog,
quando
si è
affrontata
l'ortodossia
o meno
di
alcuni
contenuti,
non si
sono
espressi
"sospetti",
ma
constatazioni
rapportate
al
Magistero
perenne,
se
ancora
esso
ha
diritto
di
cittadinanza
ne La
Catholica.]
(2)
Jaca
Book,
Milano
1986.
(3) Cf
Gesù
il
Cristo,
Queriniana,
Brescia
1986;
il mio
libro
Il
mistero
della
Redenzione,
ESD,
Bologna
2004,
pp.318-329. |
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