Il culto delle immagini
sacre
A cura di Giampaolo Barra apologeta
e direttore della rivista "Il Timone"
Mi faccio guidare, per questa
conversazione, dal bel libretto di Padre Nicola Tornese
intitolato: “Immagini e santi”; opuscolo che fa parte di
una bella collana preparata da Padre Tornese per aiutare
i cattolici a rispondere alle obiezioni e alle
contestazioni dei Testimoni di Geova.
Va detto, per amor di verità che
l’utilizzo delle immagini sacre viene contestato anche
da buona parte del mondo protestante. Quello che diremo
stasera ci deve aiutare in primo luogo a chiarire bene
che cosa insegna la dottrina cattolica e poi, in secondo
luogo, ad avere qualche argomento da opporre alle
contestazioni, per scoprire l’errore e per smontarle
definitivamente.
Poi ci porremo la nostra solita, ma
sempre opportuna domanda: come si comportavano i primi
cristiani, come si comportavano i seguaci di Cristo nei
primi secoli della storia della Chiesa, quando non
esistevano né Testimoni di Geova né Protestanti? Faremo
dunque una breve incursione nella storia.
Veniamo subito, allora, a conoscere
che cosa insegna la dottrina riguardo l’uso delle
immagini sacre. Una solenne, importante risoluzione
circa l’utilizzo delle immagini è stata presa nel
Secondo Concilio di Nicea, che è stato celebrato
nell’anno 787. Questo Concilio è stato convocato proprio
per discutere l’argomento che stiamo trattando. Come si
è arrivati alla convocazione di questo Concilio?
Nell’anno 730, l’imperatore
d’Oriente Leone III Isaurico proibisce il culto delle
immagini, proibisce l’utilizzo delle famose Icone, che
era allora diffuso in tutto il mondo cristiano. Questa
proibizione imperiale, emanata dall’autorità politica,
scatena una terribile devastazione, che porta alla
distruzione di preziosissime icone, di magnifiche opere
d’arte, che furono insensatamente distrutte, con un odio
particolarmente feroce.
L’autorità religiosa, il Patriarca
di Costantinopoli, Germano, si oppone a questa misura
imperiale, ma viene destituito e i difensori delle
immagini sacre vengono duramente perseguitati.
La persecuzione dura anche sotto
gli imperatori che succedettero a Leone III. Finalmente,
nell’anno 787 viene convocato a Nicea un Concilio
ecumenico che sancisce l’assoluta liceità di
rappresentare per immagini la figura di Gesù, di Maria
Sua Madre, degli Angeli e dei santi. Il secondo Concilio
di Nicea spiegava che, attraverso le immagini, chi le
contempla viene invitato ad imitare i personaggi
rappresentati: Gesù, Maria, gli Angeli e i Santi.
Quindi, le immagini sacre sono uno strumento che deve
aiutare il cristiano ad imitare coloro che vi sono
rappresentati.
E non solo: le immagini sacre
servono anche per decorare i luoghi dove si celebra il
culto e servono –questo accadeva soprattutto in epoche
passate – a migliorare la conoscenza di episodi biblici,
tanto nell’Antico quanto nel Nuovo Testamento. La lotta
contro l’utilizzo delle immagini, tanto nella liturgia
quanto nella pietà popolare scoppia nuovamente nel XVI
secolo, dopo la rivolta di Martin Lutero, che ha dato il
via alla nascita del variegato e multiforme mondo
protestane. Nella grande famiglia protestane,
soprattutto i calvinisti si distinsero per la
distruzione di molte statue e di molte immagini nelle
chiese che essi occuparono, dopo la rivolta contro la
Chiesa di Roma.
A fianco del mondo protestane, da
non confondersi con i Protestanti, va detto che anche i
Testimoni di Geova sono decisamente contrari alla
venerazione delle immagini. Qual è il motivo di questa
contrarietà? Noi crediamo che la causa della avversione
di protestanti e Testimoni di Geova è da ricercare in
una lettura parziale, distorta e quindi errata della
Bibbia.
Qui noi cattolici siamo chiamati a
stare molto attenti; stiamo attenti a come viene posta
la contestazione. Di solito, chi vuole dimostrare che
Dio è contrario all’utilizzo e alla venerazione delle
immagini, e dunque che noi cattolici ci poniamo contro
la volontà di Dio, ci leggerà i versetti 2,3,4 e 5 del
capitolo 20 del Libro dell’Esodo. E dopo la lettura di
questi versetti si passa facilmente alla classica
contestazione: la Chiesa Cattolica, utilizzando immagini
e statue, disobbedisce al comando di Dio.
Prima di farci impressionare da
queste osservazioni, ascoltiamo bene che cosa è scritto
in quei versetti biblici: “Io sono il Signore, tuo Dio,
che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla
condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a
me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è
lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né
di ciò che è nelle acque sotto la terra.”
A questo punto, capite bene cari
amici, che noi cattolici sembriamo spacciati. Dopo una
prima, superficiale lettura di questo brano biblico
sembra che non vi sia via di scampo. Ci sorge subito
spontanea una domanda: e tutte le immagini che abbiamo
nelle nostre chiese e nelle nostre case di Gesù, di
Maria e dei santi? E tutte le statue di Gesù, di Maria,
degli Angeli e dei santi che adornano le chiese?
Dopo quello che abbiamo letto, che
è scritto addirittura nella Bibbia, non siamo forse di
fronte alla prova che la Chiesa ha disobbedito al
comando di Dio? A questa domanda, più che legittima,
dobbiamo dare una risposta. Intanto, bisogna leggere
tutta la Bibbia, non solo qualche brano.
Infatti, noi abbiamo i versetti 2,
3 e 4 del capitolo 20 del Libro dell’Esodo. Subito dopo,
nel versetto 5, il Signore spiega perché ha dato quel
comando: “Non ti prostrerai davanti a loro e non li
servirai”. Ecco il motivo per il quale Dio proibisce
l’uso delle immagini. Dio non proibisce le immagini in
quanto tali, non proibisce l’utilizzo delle immagini
sacre, ma proibisce l’idolatria, che era, ed è, un
peccato gravissimo.
Che cosa si intende per idolatria:
mettere al posto del vero Dio un “idolo” e adorarlo.
Ecco la ragione per la quale Dio proibisce di fare
immagini: perché gli Ebrei correvano seriamente il
pericolo di considerarle idoli e di adorarle; correvano
il pericolo di prestare alle immagini, alle statue di
creature del cielo o della terra quel culto che è dovuto
solo a Dio. Era un pericolo concreto, visto che gli
Ebrei erano circondati da popoli idolatri. Dunque, noi
cattolici sosteniamo questa tesi: non proibizione totale
delle immagini, ma proibizione dell’idolatria.
Se leggiamo bene tutti i passi
della Sacra Scrittura che proibiscono la costruzione di
statue e di immagini, ci accorgeremo che la Bibbia
condanna solo e sempre la raffigurazione e l’adorazione
delle immagini e delle divinità pagane, ossia degli
idoli, in contrasto con l’adorazione dell’unico vero
Dio.
A questo punto, capite bene,
bisogna portare le prove che dimostrano la veridicità
della dottrina cattolica. Siamo sicuri di interpretare
bene il comando di Dio? Si, siamo sicuri.
E le prove ci sono date sempre
dalla Sacra Scrittura. Proprio la Bibbia insegna che Dio
non proibisce, sempre, per qualunque ragione, di
costruire immagini. Anzi, nella Bibbia si legge che Dio
ha addirittura ordinato di costruire immagini e statue.
Restiamo nel libro dell’Esodo.
Leggiamo, al capitolo 37, che Mosé, convocò “tutti gli
uomini di ingegno” – e la Bibbia ci dice che questi
uomini di ingegno, questi artisti “il Signore [li] aveva
dotati di saggezza e di intelligenza, perché fossero in
grado di eseguire i lavori della costruzione del
santuario, fecero ogni cosa secondo ciò che il Signore
aveva ordinato” (36,1). Bene: che cosa aveva ordinato il
Signore? Aveva ordinato di adornare con statue e
immagini l’Arca dell’Alleanza. Il libro dell’Esodo, ci
svela un preciso, chiarissimo comando del Signore. È
Jahvè che parla e ordina: “Farai due cherubini d’oro: li
farai lavorati a martello sulle due estremità del
coperchio. Fa’ un cherubino ad una estremità e un
cherubino all’altra estremità. Farete i cherubini tutti
di un pezzo con il coperchio alle sue due estremità. I
cherubini avranno le due ali stese di sopra, proteggendo
con le ali il coperchio; saranno rivolti l’uno verso
l’altro e le facce dei cherubini saranno rivolte verso
il coperchio” (Es. 25,18-21).
Ma allora, come si può vedere molto
bene da questo brano, il Signore ordina di scolpire e
fare statue di cherubini, cioè di angeli, per adornare i
luoghi di culto. Vedete bene che quando non c’è il
pericolo di idolatria, costruire statue per il culto
corrisponde alla volontà di Dio. Non solo: sempre nel
Libro dell’Esodo si legge che uno di quegli artisti che
il Signore aveva dotati di saggezza e di intelligenza
disegnò due cherubini sul “velo di porpora viola e di
porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto” (Es.
36,35).
Quindi, si capisce bene che non
solo le statue, ma anche i disegni, le “immagini” di
creature sono gradite a Dio, quando sono utilizzate per
il culto e non v’è pericolo di idolatria. Basta questo
esempio per rispondere definitivamente alle
contestazioni. Noi cattolici possiamo star tranquilli:
quando, nelle nostre chiese, troviamo statue di
cherubini o di angeli e vediamo quadri che li
raffigurano, siamo in perfetta sintonia con il volere di
Dio, espresso molto bene nel Libro dell’Esodo. Basta
questo esempio – dicevo – ma non ci accontentiamo, non
ci fermiamo qui. La Bibbia ci offre altre informazioni
che possiamo utilizzare per rinforzare le ragioni della
nostra fede e per rispondere alle contestazioni.
Che la proibizione di scolpire
statue di creature riguardasse solo quegli oggetti che
sarebbero diventati idoli, è dimostrato anche da un
altro episodio chiarissimo. Lo troviamo nel Libro dei
Numeri, al capitolo 21. Il popolo d’Israele è uscito
dall’Egitto e si trova nel deserto, in cammino verso la
terra promessa. La durezza del viaggio causa una
protesta contro Dio e contro Mosé.
Il Signore punisce questo grave
peccato di ribellione contro la sua volontà mandando in
mezzo al popolo serpenti velenosi che, dice la Bibbia:
“mordevano la gente e un gran numero di Israeliti morì”
(Nm 21,6). La punizione del Signore ottiene il
pentimento del peccatore.
Il popolo si rivolge di nuovo
fiducioso a Mosè e riconosce il proprio peccato. Mosé
allora intercede presso Dio pregando e il Signore gli
ordina: “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta;
chiunque dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in
vita” (Nm 21,Cool. Vedete bene che il Signore, in questa
occasione, ordina esplicitamente di costruire un oggetto
che raffigura una creatura terrestre – il serpente -;
naturalmente, in questo comando del Signore non c’è
nessuna contraddizione con l’ordine dato da Dio di non
costruire alcun oggetto che raffigurasse creature
terrestri. Perché non vi è contraddizione? Perché la
proibizione di costruire oggetti riguardava – come
abbiamo detto- solo gli idoli; la proibizione voleva
evitare – come abbiamo detto – il pericolo che questi
oggetti diventassero idoli e fossero adorati al posto di
Dio.
Anche qui è lecito porsi molto
onestamente la domanda: stiamo interpretando bene la
Sacra Scrittura? Si, e la prova è data dal fatto che
quello stesso serpente costruito per ordine di Dio viene
distrutto, sempre per ordine di Dio, quando gli Ebrei
cominciano ad adorarlo, a bruciargli incenso, a dargli
un nome idolatrico: Necustan (2 Re 18, 4).
Vedete amici: uno stesso oggetto
può essere voluto da Dio se serve al culto e distrutto
da Dio se diventa un idolo. Altro che proibizione
assoluta di fare immagini, come sostengono i
contestatori della dottrina cattolica. Facciamo un passo
avanti nella nostra riflessione. Visto che la Bibbia
illustra chiaramente la legittimità di costruire statue
e di farsi immagini che richiamano la grandezza di Dio,
chiediamo alla storia di dirci come sì sono comportati i
primi cristiani.
La prima risposta che la storia ci
dà riguarda il luogo di culto più importante di Israele,
il Tempio, costruito dal grande re Salomone. Il Primo
Libro dei Re descrive come Salomone ha costruito il
tempio e ci dice che Salomone è stato lodato da Dio
(9,3).
E la storia ci dice che Salomone
fece porre nel tempio statue di metallo fuso che
rappresentavano 12 buoi, poi ancora statue di leoni, di
buoi e di cherubini. Come vedete, per adornare un luogo
di culto, quando non vi è pericolo di idolatria, il
Signore gradisce che si costruiscano statue e si
realizzino dipinti. Ora, nessuno che abbia un pò di
conoscenza della dottrina cattolica, può accusare i
cattolici di adorare le statue che sì trovano nelle
nostre chiese.
Non vi è il pericolo di adorare
statue e dipinti, di considerare Maria, gli Angeli e i
Santi come se fossero Dio e di metterli al posto di Dio.
La storia ci offre altre
informazioni. Pensate alle molteplici pitture delle
catacombe, alla sculture dei sarcofagi cristiani e alle
statue di Gesù Buon pastore dell’antichità cristiana: ci
dicono chiaramente che i cristiani hanno usato le
immagini fin dalle origini della loro storia, fin dai
tempi della Chiesa primitiva. Lo scrittore e filosofo
cristiano Tertulliano, vissuto nel secondo secolo (ca.
155 — ca. 222 convertito al cristianesimo, grande
difensore e grande apologeta, prima -purtroppo - di
diventare lui stesso eretico, ci parla delle immagini
del Buon Pastore con le quali i cristiani adornavano i
calici (De pudicitia. 7,10). Siamo in epoca antichissima
e già i cristiani si facevano immagini di Gesù Buon
Pastore.
Ma allora, questo vuoi dire che
quando nelle nostre chiese fanno bella figura dipinti e
statue di Gesù Buon Pastore, noi cattolici non facciamo
altro che imitare i primi cristiani. Lo storico Eusebio
di Cesarea, vissuto a cavallo del terzo e quarto secolo
(ca. 265 -ca. 340), dice dì avere visto con i propri
occhi le immagini dipinte dì Gesù e dei santi apostoli
Pietro e Paolo (Historia ecclesiastica, VII, 1Cool.
Evidentemente, i cristiani di quel
tempo - e siamo in tempi antichissimi - utilizzavano le
immagini di Gesù e dei santi. E questo ci consola: non
solo noi cattolici, utilizzando immagini sacre,
obbediamo al comando di Dio ma: imitiamo anche i primi
cristiani Proseguiamo nella nostra riflessione.
Nella Chiesa cattolica l’uso delle
immagini e della statue è strettamente connesso con la
pratica della venerazione dei santi. Voi sapete bene che
in buona parte del mondo protestante e nel mondo dei
Testimoni di Geova questa venerazione dei santi, cosi
come la insegna la Chiesa cattolica, viene contestata.
I riformatori protestanti,
specialmente Zwingli e Calvino. già nel XVI secolo,
ritenevano che il culto dei santi fosse una invenzione
puramente umana, senza basi bibliche. Come rispondere?
Cominciamo con il dire che nella Bibbia sono chiamati
“santi” tutti quelli che hanno fatto la scelta
cristiana, tutti i membri della comunità di Cristo.
Tutti siamo santi perché Dio ci ha
scelti, chiamandoci alla fede, separandoci dal mondo e
dagli altri uomini. Santo vuoi dire infatti “separato”.
Ma noi restringiamo il discorso a quei santi che sono
già in Cielo: uomini e donne che si sono distinti per
avere praticato le virtù cristiane in modo eroico.
E’ lecito — ecco la nostra domanda
— venerare questi santi? Oppure questo va contro la
volontà di Dio? La Bibbia, se ben letta, risponde
chiaramente che è del tutto legittimo venerare i santi,
pregarli, chiedere la loro intercessione. Ma noi
cerchiamo la risposta a questa domanda nel campo della
storia della Chiesa, della Chiesa primitiva.
Come si comportavano primi
cristiani? Quelli a cui tutti fanno riferimento come
esemplari? Dobbiamo sapere che fin dai primissimi tempi
della Chiesa il martirio, cioè il donare la vita per la
fede, era considerato come la massima espressione
dell’amore a Dio e della fede.
Il martire era considerato un eroe
e tutta la comunità cristiana circondava di venerazione
— come facciamo oggi noi cattolici — il corpo e la tomba
del martire. Il Libro degli Atti degli Apostoli, che
possiamo considerare, oltre che Libro Sacro, anche la
prima storia della Chiesa, narra, al capitolo 8, che
dopo il martirio di Santo Stefano, “Persone pie
seppellirono Stefano e fecero grande lutto per lui”.
Nella chiesa primitiva, proprio
come facciamo noi cattolici, veniva ricordato
l’anniversario della morte del martire e lo si pregava
perché intercedesse presso Dio in favore dei vivi.
Non mancano i documenti, il primo
che la storia ci ha tramandato ricorda il ‘giorno del
martirio” di San Policarpo, che fu martirizzato il 23
febbraio dell’anno 155 a Smirne, nell’odierna Turchia.
Questo documento è stato scritto probabilmente nell’anno
177 dalla Comunità di Smirne e si intitola "Martirio di
San Policarpo". E’ un documento che chiarisce bene la
distinzione tra la adorazione da tributare a Cristo,
perché è Dio e la venerazione da tributare ai martiri,
perché sono stati discepoli e imitatori di Cristo.
Leggiamo: “Noi adoriamo lui [il Cristo] perché è Figlio
di Dio, i martiri invece li amiamo come discepoli e
imitatori del Signore (...). Pertanto il centurione,
visto l’accanimento dei Giudei nella contesa, fece
portare in mezzo il corpo e lo fece bruciare secondo
costume pagano. Così non solo più tardi potemmo
raccogliere le sue ossa, più preziose delle gemme più
insigni e più stimabili dell’oro, e le collocammo in
luogo conveniente.
Quivi per quanto ci sarà possibile,
ci raduneremo con gioia e allegrezza, per celebrare, con
l’aiuto del Signore, il giorno natalizio del suo
martirio, per rievocare la memoria di coloro che hanno
combattuto prima di noi, e per tenere esercitati e
pronti quelli che dovranno affrontare la lotta” (Dal
martirio di San Policarpo, cc. 17 e 1Cool.
Da questo prezioso e antichissimo
documento appare chiaramente che nei primissimi tempi -
siamo poco dopo la metà dei secondo secolo – i cristiani
veneravano i martiri. i santi, raccoglievano e
custodivano le loro reliquie: proprio come facciamo oggi
noi cattolici.
I cristiani dei primi tempi
raccoglievano. con religiosa pietà, quando ere
possibile, le sacre spoglie dei martiri per seppellirle
onoratamente, e poi celebravano il dìes natalis, cioè il
giorno del martirio, con la Messa.
La storia ci trasmette molti altri
dati. Abbiamo già parlato di santo Stefano, i! primo
martire e abbiamo visto che persone pie raccolsero il
suo corpo per seppellirlo e fare un grande lutto.
Abbiamo già visto San Policarpo. Lo
storico Eusebio di Cesarea ci racconta che il senatore
romano Astirio, presente al martirio del soldato Marino,
“si pose sopra e spalle il cadavere, lo avvolse in
scintillante e preziosa veste e con magnifica pompa lo
collocò in una tomba conveniente” (Hist. Eccl., VII;
16).
A Cartagine i cristiani, dopo la
morte di San Cipriano , presero di notte il corpo del
martire e lo accompagnarono fra ceri e fiaccole con
preghiere in solenne corteo fino al sepolcro.
I cristiani si radunavano sulla
tomba, o, se questo non era possibile per via della
persecuzione o per altre ragioni, per commemorare i
martiri con la celebrazione eucaristica e con altri riti
liturgici.
San Cipriano voleva che si tenesse
conto del giorno della morte dei confessori della fede
per celebrare la loro memoria. Si sa del martire Pionio
arrestato in casa mentre celebrava il natalizio di San
Policarpo.
Molti altri esempi si potrebbero
portare. Resta un fatto, con il quale chiudiamo questa
nostra conversazione. Utilizzare immagini sacre,
venerare i santi che vi sono rappresentati è cosa
gradita a Dio, non contraria all’insegnamento della
Bibbia e in sintonia con quello che i cristiani hanno
sempre fatto, fin dai tempi della Chiesa primitiva.
Noi cattolici possiamo dunque star
tranquilli: le contestazioni non scalfiscono la nostra
fede.
Tratto da Cattolicesimo.eu
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