Per
approfondire questo
delicato tema,
pubblichiamo un altro
interessante
contributo che ci è
stato inviato come
commento al testo
"Ancora c'è chi dice
che i Templari
soppressi dalla Chiesa
hanno continuato la
loro attività in
segreto".
LA
QUESTIONE NEOTEMPLARE
don Lino ha detto...
Dal 1312 le cose sono
inevitabilmente
cambiate. Per
intenderci, da quel
dodici aprile in cui
papa Clemente V con la
bolla “Vox calmantis
in excelso”, decretava
a Vienne la
sospensione
dell’Ordine del Tempio
di Gerusalemme dalle
funzioni istituzionali
esercitate nell’ambito
ecclesiastico. Il due
maggio dello stesso
anno seguiva un altro
decreto, il “Ad
providam Christi
vicarii”, con il quale
lo stesso pontefice
assegnava i beni
dell’Ordine ad altre
istituzioni religiose
e alla corona di
Francia. Due anni
dopo, precisamente il
18 marzo, il gran
maestro del Tempio
Jacques Bérnard de
Molay veniva arso sul
rogo davanti al popolo
di Parigi. Questi sono
i fatti che hanno
portato alla fine
dell’Ordine. Questo
dice la storia, così è
innegabilmente
accaduto. Da allora
l’Ordine Templare è
stato cancellato dalla
giurisdizione canonica
della Chiesa, ma non
da quella della storia
e degli uomini. Nel
mondo esistono vari
gruppi neotemplari che
vantano la continuità
storica con il Grande,
Vero ed illustre
Ordine. Ma nonostante
quello che affermano,
sono soltanto una
maldestra
contraffazione di
quella realtà che solo
il Vero Ordine del
Tempio (che non c’è)
può vantare: il buio
non genera ombra, così
come il vuoto non è
pieno. La mentalità
degli uomini che
fingono di essere
templari oggi è
cambiata dal tempo del
Medioevo. Peraltro le
motivazioni che li
spingono sono estranee
allo spirito che aveva
animato l’Ordine, così
che le affermazioni di
volerlo riattivare
sembrano essere ancora
più inappropriate e
fuori dal tempo. Come
già detto, questi
gruppi sono
contraffazioni male
riuscite dell’antico
Tempio. Spesso parodie
ingenue di ciò che fu.
Si ispirano ad
avvenimenti mai
accaduti e a
situazioni giuridiche
mai verificate,
trascurando di fare
presente che la
continuità con
l’antico Ordine non
esiste, non può
esistere, sia per
diritto giuridico che
per coerenza storica.
Occorre tuttavia
rimarcare che non è
proibito che qualcuno
voglia ricordare la
spiritualità e la
sostanza religiosa
degli antichi
cavalieri. Anzi, ben
vengano di queste
nostalgie. Nessuno
però dovrebbe credere
di essersi trasformato
in cavaliere templare
per avere ricevuto un
mantello bianco e un
tocco sulla spalla da
gran maestri
illegittimi. Piuttosto
dovrebbe iniziare a
comportarsi da
templare. Questa
condotta, che prima di
tutto è etica, si
identifica soprattutto
con l’onestà verso se
stesso. Qualità che a
ben riflettere
riassume e contempla
ogni altra virtù
civile. Per secoli i
Templari sono stati
considerati estinti.
Poche indicazioni, per
di più estrose e
velleitarie, avevano
circolato nel
diciassettesimo secolo
negli ambienti
culturali germanici,
quantunque avessero
richiamato la memoria
del Tempio soltanto
esteriormente. Ancora
nel 1705 avvenne
l’adunanza neotemplare
di Versailles, che
decretò – secondo loro
– la rinascita del
Tempio. Poi, nel 1737,
un massone di origini
scozzesi, André Michel
de Ramsay, pubblicava
a Parigi i “Discorsi
sui Crociati e le
Logge francesi”.
L’autore rivendicava
l’origine templare sia
della framassoneria
scozzese che delle sue
diramazioni
continentali. Gli
storici del periodo ed
altri seguenti,
osservarono nel testo
contraddizioni
storiche azzardate,
attribuendo alle tesi
di de Ramsay valenze
più letterarie che
storiche. Nel 1804, in
piena epoca
napoleonica, un
personaggio dalle
notorie bizzarre
abitudini, tale
Bernard Fabré Palaprat,
diede pubblicamente
notizia della
costituzione di un
“Ordine Templare
Rinnovato”. Palaprat
impugnava come unico
supporto della
rifondazione un
documento che nemmeno
lui sapeva da dove
fosse provenuto e che
nessuno storico poté
analizzare e vedere:
la “charta
transmissionis”, ossia
il passaggio dei
diritti giuridici del
Tempio dall’ultimo
gran maestro a Jean
Marc Larmenius (Marco
l’Armeno). Personaggio
fantomatico, giacché
il suo nome non
risultò mai menzionato
tra i dignitari
dell’Ordine. Secondo i
sostenitori
dell’esistenza, della
autenticità e della
veridicità della
charta, Jacques de
Molay avrebbe
trasferito la sua
autorità di comando –
ed il tesoro del
tempio – prima di
essere arrestato
nell’ottobre del 1307
a tal Larmenius, ma
soprattutto prima che
papa Clemente avesse
decretato la
sospensione
dell’Ordine nel 1312.
Il fatto rivestirebbe
significativa
importanza per
ribadire la continuità
giuridica e storica
dell’antico Ordine con
chi avesse custodito
il documento per
secoli. Certi
commentatori hanno
sostenuto che
Larmenius fosse stato
il nipote di de Molay,
che fosse fuggito in
Scozia ospitato da re
Robert Bruce, e che
avesse operato per
perpetuare l’Ordine
nella clandestinità.
Ma di ciò, non è stata
ancora reperita alcuna
documentazione che
sorregga, almeno in
parte, queste
asserzioni. Dal punto
di vista prettamente
storico, queste sono e
rimangono soltanto
congetture
stravaganti. Inoltre,
nel marzo del 1877
veniva pubblicato ad
Amburgo, a cura dello
studioso Wilhelm von
Merzdorff, il presunto
“Statuto Segreto”
dell’antico Ordine
Templare. Si disse che
fosse stato trovato
per caso alcuni anni
prima tra le
scartoffie della
Biblioteca Corsini di
Roma. Gli storici da
sempre nutrono seri
dubbi sulla
autenticità del
documento, ma sulla
base dell’avvenimento
in Europa iniziarono a
svilupparsi filiazioni
“para” e “meta”
massoniche, le stesse
che successivamente
diedero vita alle più
note organizzazioni
neotemplari di oggi.
Questi sono i tre
avvenimenti cardinali
sui quali i
sostenitori della
continuità storica
basano tesi e
credenze. Secondo noi
è molto poco.
Praticamente è niente,
se si consideri il
forte odore di
inattendibilità e di
falsificazione che i
testi sprigionano,
nonché l’alone di
mistero sempre
associata ai fatti
che, nondimeno, fanno
parte di uno
stereotipo parastorico
a lungo collaudato. Ma
oltre alla
inattendibilità che
rende inammissibile la
possibilità della
continuità storica,
c’è da considerare
anche un altro aspetto
della questione,
sicuramente più
importante, che mette
definitivamente al
tappeto ogni velleità
dei neotemplari.
Questo è connesso al
potere giuridico della
Santa Sede. Difatti,
dato che fu un papa
nelle sue piene
funzioni istituzionali
a sciogliere il
Tempio, le
organizzazioni fuori
del contesto
ecclesiastico che vi
si richiamano non
possono costituire né
ricostruire l’Ordine
Templare in termini
giuridici. In base
alle norme vigenti di
diritto canonico il
ripristino è
prerogativa assoluta
della Santa Sede. Per
questo motivo i gruppi
neotemplari sono tutti
illegittimi
nell’ambito della
Chiesa di Roma alla
quale l’antico Ordine
apparteneva come
istituzione. S’è detto
“illegittimi”, non
illegali. Difatti i
neotemplari seguono
con scrupolo le leggi.
Si sono dati statuti
associativi previsti
dalle norme degli
stati, da regolamenti
che rendono consentita
qualsiasi loro
attività, purché
lecita per i codici
penali. I Templari
ritrovati sono in
genere persone che
appartengono alla
èlite della società.
Uomini e donne di
spessore culturale (o
economico) superiore
alla norma che
aspirano a un rapporto
più elevato, almeno
più soddisfacente, con
le strutture secolari
della religione
cristiana. Altri fanno
i Templari per
convinzione di fare
parte di
un’istituzione già
fortemente gloriosa e
celebrata. Altri
ancora per ottenere
possibili supremazie
personali, oppure
grazie politiche da
parte di confratelli
di autorità più
elevata. In ogni caso
quasi tutti
rincorrono, o dicono
di seguire, gli ideali
della filosofia
graalica. Perfino
quelli del mito del
sangue o di dottrine
esoteriche. Nei tempi
attuali è possibile
ravvisare richiami
neotemplari anche
nello sconfinato
scenario della cultura
newage. Peraltro, dai
guru di questa moda
culturale è stata
apprezzata degli
antichi Templari la
fierezza nei riguardi
delle istituzioni
religiose medievali.
E’ anche facile
scovare alcuni
elementi
caratteristici del
pensiero neotemplare
nelle filosofie di
ispirazione
orientalista, o nelle
tendenze intellettuali
con configurazione
antistoricistica. Il
pensiero neotemplare è
comunque accomunato
alle mode culturali
vigenti da un
atteggiamento critico
nei confronti della
storia accademica, al
cui magistero vengono
contrapposti
avvenimenti non
accertati formalmente
e spesso mai accaduti.
Alla luce delle
situazioni ingenerate,
diversi osservatori
hanno sostenuto che
gli storici dovrebbero
adottare una
distinzione
terminologica tra i
concetti di
“templarismo” e di
“neo templarismo”. In
fatti, se il primo si
qualifica come una
corrente culturale
eclettica che
racchiude le più
disparate tematiche
inerenti all’antico
Ordine e alle sue
componenti ancora non
sufficientemente
delineate, il secondo
consiste nel tentativo
di resuscitare un
Ordine Templare che
giuridicamente non
esiste. Già negli anni
’30 del secolo scorso
Julius Evola, l’ultimo
maitre à pénser della
sacralità del pensiero
politico medievale,
liquidava senza
appello ogni
formazione neotemplare
organizzata, e con
queste ogni modello di
folclore massonico ad
esse correlate. Il
filosofo riconobbe nei
Templari l’immagine
più pura dei difensori
di una civiltà
tradizionale sacra, il
cui schema ideologico
coincideva con le
istanze di cavalieri
custodi di una
graalica spiritualità.
Per Evola le dottrine
templari sarebbero
state ispirate alla
centralità metafisica
della tradizione
primordiale dalle
quali, per tutto il
corso della sua
epopea, l’Ordine non
avrebbe deviato
nonostante gli stimoli
per concezioni di vita
che di lì a poco
avrebbero condotto
verso il crepuscolo la
genuina civiltà
occidente. Quelle
stesse spinte
disgregatrici che,
viceversa, ora
sembrerebbero
costituire i cardini
culturali delle
ambizioni neotemplari
deviate. |