La Benedizione di Melchisedek
La Benedizione di Melchisedek - Genesi 14, 17-23
Interessante e misterioso il sacerdote e re Melchisedek, di
cui non si conosce né il padre, né la madre né la stirpe.
Interessante anche se di non facile interpretazione il
brano in cui questo personaggio è collocato.
Sia per il contenuto che per il genere letterario questo
capitolo 14 differisce dal resto della Genesi. È stato
definito “un mondo a sé” (L. Köhler) e ha dato molto filo
da torcere agli esegeti. Il racconto riguarda un fatto che
sarebbe da situare nel XVII secolo a.C. ma che, per la
forza esistenziale e di fede, parla anche oggi al nostro
cuore. Non a caso il salmo davidico 109 profetizza il
venturo Messia come un sacerdote secondo l'ordine di
Melchisedek, e la lettera agli Ebrei ancora più fortemente
connette la figura e la benedizione di Melchisedek a
Cristo.
Il capitolo 14 è una specie di nuda cronaca ricca di tanti
elementi storici e geografici. Ed è come uno “spaccato” di
realtà mondiale di quegli antichissimi tempi. C'è un cozzo
di popoli in cui i Cananei vengono sconfitti. Quando i re
vincitori sono già sulla via del ritorno, compare il
personaggio principale: il patriarca Abramo. Egli viene
avvisato che suo nipote Lot è stato preso: lui e tutti i
suoi beni. Con trecentodiciotto uomini insegue i
vincitori, .libera il nipote e ricupera tutto il ricco
bottino. Conclusione e vertice della narrazione è ciò che
subito dopo avviene: l'incontro con Melchisedek, re di
Salem che significa Gerusalemme. Questo luogo, a
quell'epoca, era ancora ben lontano dall'essere il centro
religioso e politico di Israele, ma verso di esso già si
orientano le profezie e la storia della salvezza. Solo
davanti a Melchisedek che riassume in sé l'onore del
sacerdote e del re, Abramo è pronto a inchinarsi e a
pagare la decima della sua strepitosa vittoria. Subito
dopo questo avvenimento, il testo sacro dice che “la
Parola di Dio fu rivolta ad Abramo in visione”: Non temere
Abram, io sono per te uno scudo. La tua ricompensa è molto
grande” (Gen 15,1).
- v. 17-18 Quando Abramo
ritornò dall'aver vinto i re, gli si fece incontro
Melchisedek, re di Salem, che portò pane e vino, egli era
sacerdote dell'Altissimo.
Pregnante è il commento di S. Ambrogio, padre e dottore
della Chiesa d'Occidente: Melchisedek vuol dire “re di
giustizia” […]. Ora chi è il re di giustizia e il
sacerdote di Dio se non Colui di cui fu detto: Tu sei
sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedek (Sl
109,4), cioè il Figlio di Dio, il sacerdote del Padre che
con il sacrificio del suo corpo ottenne dal Padre il
perdono dei nostri peccati?”.Anche in quell'allestire un
pranzo al visitatore a base di “pane e vino”, i Padri sono
d'accordo nel leggere una prefigurazione del sacrificio
eucaristico, memoriale del sacrificio di Gesù sul
Golgota.Melchisedek è re di Salem. Va notato che Salem,
nome di Gerusalemme, significa “città della pace”.
Melchisedek, dunque, prefigurazione del Cristo, ha un
nesso profondo con la pace. E di Gesù dirà S. Paolo, che è
la nostra Pace (cf Ef 2,14).
- v.19 E benedisse Abraham
con queste parole: Sia benedetto Abraham dal Dio Altissimo
creatore del cielo e della terra.
È il momento vertice dell'incontro. Qui la benedizione di
Abramo, l'uomo che ha risposto alla chiamata di Dio
abbandonando tutto per lasciarsi condurre sulle vie della
grande promessa, si ricollega con la prima benedizione:
quella ai nostri progenitori nell'Eden, una benedizione
che era destinata a raggiungere ogni uomo, ogni donna. È
proprio ciò che conta: anche dopo il peccato, la
benedizione continua, attraverso Abramo, a raggiungere
l'uomo.
Interessante a questo proposito ciò che notano i
commentatori odierni. Il Dio Altissimo non era il Dio
dell'ebreo Abramo ma il “Dio del cielo e della terra”,
dell'antichissima alleanza cosmica stretta dal Creatore
con Noè dopo il diluvio. Perché tutti i popoli, nessuno
escluso, sono oggetto dell'amore e della benedizione di
Dio. E, in qualche modo, a tutti si rivela perché li vuole
tutti salvi. Come allarga il cuore questa certezza!
- v. 20a e benedetto sia il
Dio Altissimo che ti ha messo in mano i tuoi nemici.
Beda, un altro antico autore spirituale, commenta:
“Melchisedek non solo esalta con degna lode Abramo come
uomo vittorioso, ma il Signore che gli ha dato di
splendere nella vittoria. Infatti nel vangelo leggiamo:
Vedano le vostre opere buone e glorifichino (benedicano)
il Padre vostro che è nei cieli (Mt 5,16)”.
Il Dio
Altissimo, creatore del cielo e della terra, viene
benedetto e glorificato dalla bocca del misterioso
sacerdote in nome di tutta l'umanità. Non è chiamato Jaweh
perché non è solo il Dio dell'ebreo Abramo, ma è il Dio di
tutti.
- v. 20b Poi Abramo gli
diede la decima di tutto.
Certo Melchisedek ha la convinzione che l'”Altissimo Iddio”
è colui che ha reso vittorioso Abramo, anche se non sa
nulla dei misteriosi disegni di Dio su questo ebreo.
Abramo a sua volta s'inchina a Melchisedek che lo ha
benedetto. Dandogli la decima dei suoi averi, gli
riconosce i diritti sui beni e l'esercizio di una grande
autorità.
- v. 21-22 E il re di Sodoma
disse ad Abramo: Dammi le persone, tu prenditi la roba. E
disse Abramo: Alzo le mani a Jaweh, Dio altissimo, che ha
creato il cielo e la terra; non prenderò nulla di ciò che
ti appartiene, neanche un filo né un legaccio dei calzari,
perché tu non abbia a dire di aver arricchito Abramo. Non
voglio niente!
Chi è questo re di Sodoma? Forse un alleato di Abramo, a
cui il patriarca cede tutto. I commentatori spirituali
notano che proprio perché benedetto da Dio e quindi certo
della sua benevolenza, il grande patriarca “appende il suo
cuore alla divina misericordia e alla promessa del SEME
futuro”. Tutta la sua ricchezza sarà sempre “sperare in
Dio contro ogni speranza” (cf Rm 4,18). Non altro!
La lettera agli Ebrei al capitolo 7 ci aiuta ad
approfondire il significato e l'importanza del
re-sacerdote Melchisedek, l'uomo della benedizione, come
prefigurazione di Gesù in cui ognuno di noi è benedetto
dal Padre. Superiore ai sacerdoti della tribù sacerdotale
per eccellenza (quella di Levi), Melchisedek anticipa non
solo il sacerdozio regale di Davide ma il sacerdozio
perfetto del Messia, Cristo Signore, prefigurando in sé il
mistero dell'essere “senza principio né senza fine” (cf Eb
7,3).
Che cosa dice a noi oggi la sua persona e la sua potente
benedizione su Abramo? Due cose soprattutto: entrambe
importanti: 1. La misteriosa figura di Melchisedek allude
in qualche modo al mistero del sacerdote: figura
importante e irrinunciabile per il popolo di Dio, anche
oggi. È urgente pensare al mistero-dono della chiamata
sacerdotale, al mistero-dono della persona del sacerdote
che ha un ministero strettamente associato a quello di
Cristo-Salvezza. Che cosa faremmo senza il sacerdote che
celebra l'Eucarestia, prega per e con il popolo di Dio,
amministra il sacramento del perdono e gli altri
sacramenti, chiamando su di noi ogni benedizione?
2. La seconda cosa riguarda l'atteggiamento di Abramo.
Raggiunto dalla benedizione, egli rivela una grande
disponibilità a tenersi libero dai troppi “averi”. Subito
si preoccupa di consegnare le decime e risponde al re di
Sodoma che non vuole assolutamente nulla del bottino di
guerra. C'è dunque uno stretto rapporto tra il vivere da
benedetti (se non lo siamo noi, chi lo è?) e l'opporsi a
questo avido bramare i beni di questo mondo, che tanto
connota la società materialista e consumista in cui
viviamo.
- Che idea mi son fatto del sacerdote? Ne ho grande
rispetto sempre, in ordine a Cristo di cui egli è in
qualche modo il prolungamento, oppure, deluso/a dal
comportamento “sbagliato” di alcuni di loro, giudico il
sacerdozio in se stesso negativo, prendo le distanze,
trincio giudizi? - Prego perchéla Chiesa abbia anche oggi
sacerdoti santi? Prego per le vocazioni sacerdotali e le
assecondo apprezzandole? Collaboro col sacerdote oppure
banalizzo la sua figura con un rapporto “sbagliato” con
lui? - Per lasciare che la benedizione si attivi in me e
attorno a me, tengo libero il cuore e le mani da troppa
roba, dal desiderio di avere e dall'attaccamento a quello
che ho?
Passo del tempo a percepire Gesù nella mia vita come il
Sacerdote perfetto, il Sovrano di ogni benedizione nei
miei riguardi. Invoco d'essere da lui benedetto/a. Chiedo
anche un lucido sguardo sul mio modo di gestire roba
denaro rapporti interpersonali. E invoco un cuore libero
da attaccamenti, un cuore semplice, perciò capace di
benedizione. Passo del tempo a pregare per i sacerdoti che
conosco. Invoco benedizioni su di loro e sulle persone che
amo.
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