3. Il "De laude
novae militiae"
Al grande e
universale successo dell'ordine contribuì certamente
questo scritto composto tra il 1130 e il 1136 da san
Bernardo che era allora il grande padre spirituale
della Cristianità (11), proprio per incoraggiare Ugo e
i suoi compagni amareggiati e incerti per le critiche
mosse al nuovo ordine, toccati, anche, da qualche
dubbio sulla validità teologica delle loro scelte.
Era lecita la
guerra per un cristiano, si domandava Ugo? E non era
questa scelta un impedimento a raggiungere superiori
traguardi spirituali? Come inserirsi nelle strutture
ecclesiali? San Bernardo vede nel nuovo ordine un
salto di qualità della cavalleria, che nella difesa
dei deboli pellegrini e nel passaggio a uno status
insieme militare e monastico, realizzava pienamente
quel matrimonio tra la spada e la croce che aveva già
caratterizzato, nei secoli precedenti, lo sforzo della
Chiesa per la cristianizzazione dell'attività militare
e della confraternita tra combattenti a cavallo che
aveva dato origine alla cavalleria quale noi la
conosciamo.
L'abate di
Clairvaux contrapponeva i Templari alla cavalleria che
egli aveva sott'occhio, da lui considerata troppo
mondana, oscurata dalla vanagloria e dalla cupidigia:
insomma, "non militia, sed malitia". Nello
scritto di San Bernardo è netta la contrapposizione
tra la "militia Dei", impegnata nella guerra
giusta per eccellenza, la difesa contro gli infedeli,
e la "militia saeculi". Egli vedeva nella vita
di preghiera e di disciplina dei cavalieri del Tempio
una sorta di garanzia contro cedimenti mondani; in
quanto monaci essi rientravano nello stato che egli
considerava di perfezione, quello monastico. "Monachi
mansuetudo...militis fortitudo".
San Bernardo
dette dunque una spinta decisiva verso la creazione,
originale e nuova, di un ordine monastico-militare,
composto da cavalieri che fossero insieme (con
riferimento alla tradizionale tripartizione della
società) "bellatores" e "oratores",
guerrieri e contemplativi.
Ma il santo, nel
suo Liber, si sofferma anche sul significato
spirituale e simbolico della loro sede, il Tempio, in
cui gli antichi splendori di Salomone sono stati
sostituiti dalle armi, dagli scudi appesi alle pareti,
dalle redini, dalle selle e dalle lance. Lo zelo dei
cavalieri è analogo a quello che animò il Signore nel
cacciare dal vecchio Tempio i mercanti, presidiando
"con cavalli e armi la sacra dimora, respingendo da
essa e dagli altri luoghi santi gli immondi infedeli,
la loro rabbia, la loro prepotenza".
E sgorga,
splendido, un inno a Gerusalemme, che tanto più ci è
caro riportare in questi momenti politicamente
difficili per questa città e la Terrasanta: "Salve
dunque, o santa città che l'Altissimo ha santificato,
facendone il suo tabernacolo, affinché in te e per te
tanti siano salvati! Salve, o città del gran Re da
sempre feconda di nuovi e consolanti miracoli! Salve,
o signora delle genti, principessa delle province,
retaggio dei patriarchi, madre dei profeti e degli
apostoli, origine della fede, gloria del popolo
cristiano; tu, che fin dall'inizio dei tempi Dio ha
sempre sopportato fossi assediata affinché tu
divenissi occasione di valore e di salvezza per i
forti...".
Al ricordo di
Gerusalemme, seguono quelli di Betlemme, "casa del
pane, ristoro delle anime sante", di Nazaret, "là
dov'è cresciuto quel Dio fanciullo ch'era nato in
Betlemme così come il frutto si forma nel fiore", del
Monte degli Olivi e della Valle di Giosafat, del
Giordano "che si gloria di essere stato consacrato dal
Battesimo del Cristo", del Calvario "dove Cristo salì
sulla croce (...) per strapparci dall'eterna
dannazione e restituirci alla gloria", del Sepolcro,
di Betfage, di Betania. Il trattato termina con un
citazione tratta dai Salmi (143, 1): "Sia benedetto in
tutte le cose Colui che addestra le vostre mani alla
battaglia, le vostre dita alla guerra".
4. Il modo di vita
templare
(12)
I Templari
costituivano - come si è detto - un ordine
monastico-militare. Per dirla con la Pernoud "le sue
strutture sono nettamente gerarchizzate, ma i poteri
esercitati non sono totalitari". A capo di esso c'era
il "maestro del Tempio" (non il "gran maestro", parola
che non figura mai in nessuna redazione della Regola o
negli Statuti successivamente compilati, fino a
qualche rara apparizione in testi del XIV secolo), con
gli stessi poteri di un abate monastico. Egli era
assistito da un consiglio di "fratelli saggi" e, per
le decisioni più importanti, dal capitolo di tutta la
congregazione.
I soli cavalieri
che avevano pronunciato i voti potevano portare i
caratteristici mantelli bianchi, ma era possibile che
ad essi si unissero, oltre ai sergenti, fratelli non
cavalieri, anche cavalieri e sergenti per un periodo
di tempo limitato. Il mantello bianco era, secondo
l'articolo 17 della regola, simbolo di castità e di
riconciliazione con Dio; ma era anche, per i tessuti
poveri con cui era fatto, segno di umiltà e di
povertà. Si noti che i colori erano gli stessi dei
cistercensi, bianco per i monaci e bruno per i
conversi (in questo caso i "sergenti"). Nel 1147 il
papa Eugenio III concesse il diritto di portare in
permanenza sul mantello la ben nota croce rossa,
riconoscendo così anche esteriormente il fatto che i
Templari erano crociati in permanenza.
Verso il 1170
l'Ordine era suddiviso in diverse province. In
Terrasanta: Gerusalemme, Tripoli e Antiochia. In
Occidente: Francia, Inghilterra, Poitou, Provenza,
Aragona, Portogallo, Puglia e Ungheria. Esse erano
variamente divise in modo ulteriore.
La vita di
preghiera ha un ruolo centrale nella Regola, anche
perché ogni cavaliere fosse pronto a ricevere la
corona del martirio. Normalmente i Templari dovevano
recitare insieme Mattutino, Vespri e Compieta, anche
se in caso di emergenza essi potevano sostituirli con
un certo numero di "Pater Noster". L'ascesi era
presente, ma moderata, giacché i pasti - durante i
quali venivano letti brani della Scrittura - dovevano
essere tali da consentire il miglior rendimento fisico
in battaglia.
Era fortemente
raccomandato il silenzio, proibita la caccia (tipico
divertimento cavalleresco, ma non adatto allo stato
religioso) con l'eccezione di quella, considerata
difensiva, al leone. L'obbedienza era esaltata,
giacché chi aveva pronunciato i voti aveva rinunciato
a se stesso e perché questa virtù era la più cara a
Gesù Cristo. Trattandosi di un ordine militare era
esclusa la possibilità di accogliere dei ragazzi. Ogni
"magione" aveva una "sala grande" dove si tenevano con
regolarità e frequenza i "capitoli", nei quali era
praticata anche la confessione pubblica: la
riservatezza che era legata allo svolgimento dei
capitoli fu poi utilizzata per alimentare le false
accuse del processo.
Le chiese
templari, anche in Occidente, erano sovente rotonde od
ottagonali in ricordo della chiesa del Santo Sepolcro
di Gerusalemme o piuttosto, forse, della cupola del
Tempio. In Oriente e nella penisola iberica, inoltre,
furono costruiti numerosi castelli, spesso eroici
isolotti di resistenza contro le ondate musulmane,
sempre nettamente superiori per numero di armati.
Allorché i
cavalieri templari erano in viaggio - il che accadeva
spesso a questi cavalieri, erranti, anche se non a
caso - dovevano sforzarsi di osservare la Regola nei
limiti del possibile e dovevano, comunque, "dare
esempio di buone opere e di saggezza".
5. L'epopea
templare in Terrasanta
Per quanto in
diverse occasioni ci fossero contrasti con gli altri
ordini consimili, come gli Ospedalieri di San Giovanni
o i Cavalieri Teutonici, oppure con il re di
Gerusalemme, o con i baroni franchi, o con i Crociati
appena arrivati dall'Occidente (i quali magari mal
comprendevano una certa quale "orientalizzazione" dei
modi di vita, uno strano miscuglio di guerra spietata,
ma anche di una componente di tolleranza che
consentiva ai musulmani di pregare nella moschea della
spianata del Tempio), e per quanto talora alcuni
comportamenti abbiano incontrato giudizi negativi da
parte di storici contemporanei, è doveroso riconoscere
che il bilancio complessivo della presenza militare
dei Templari in Terrasanta deve essere considerato
altamente positivo per la difesa delle posizioni
cristiane e spesso impreziosito da gesta
autenticamente eroiche.
Farne qui un
elenco è impossibile; bisognerebbe, infatti, rievocare
l'intera storia di due secoli di presenza cristiana in
Oriente.
Ricorderemo la
valorosa e sfortunata difesa della città di Teqoa, la
città del profeta Amos, nel 1138; l'appoggio alla
crociata guidata da Luigi VII nel 1148, che fu
seguito, tra gli altri, anche da centotrenta templari
riunitisi per l'occasione a Parigi, pur se va
ricordata la sconfitta delle gole di Pisidia, dovuta
alla scarsa esperienza dell'avanguardia delle truppe
reali, anche se il valore del sovrano impedì un
completo disastro; il tentativo di impadronirsi, da
soli, di Ascalona, dapprima riuscito, ma concluso con
il massacro dei quaranta templari che erano riusciti a
penetrarvi (1153); le lotte accanto al giovane re
Baldovino IV, l'eroico "re lebbroso", e l'apporto dato
alla miracolosa vittoria contro il Saladino nel 1177;
il sangue versato nella decisiva, per la caduta di
Gerusalemme, battaglia di Hattin e nei massacri
immediatamente successivi (i Templari fatti
prigionieri furono tutti fatti uccidere dal Saladino e
fu risparmiato il solo maestro Gérard de Ridefort, il
cui comportamento, con appelli alla resa di varie
piazzeforti, fu, e appare anche oggi, fortemente
sospetto).
Ancora, dopo la
caduta di Gerusalemme, fu decisivo il contributo dei
Templari al mantenimento, per più di un secolo, della
presenza cristiana in Oriente. Essi furono molto
attivi al fianco del re Riccardo d'Inghilterra, noto
come il "Cuor di leone", che rientrò in Europa
abbigliato da templare. San Giovanni d'Acri -
l'odierna Accon, al confine settentrionale d'Israele
con il Libano - divenne la base delle operazioni,
talora puramente difensive, spesso anche arditamente
offensive, come nel caso della spedizione guidata dal
re nominale di Gerusalemme, Giovanni di Brienne,
contro l'Egitto.
Intanto, il
panorama si complicava da un lato per l'irrompere
sulla scena dei Mongoli di Gengis Khan, dall'altro per
la politica di Federico II, volta a trovare un'intesa
diplomatica che consentisse il controllo cristiano dei
Luoghi Santi, ma sulla base di fragili promesse, ben
presto violate. I Templari si opposero decisamente
alla politica di compromessi dell'imperatore che, del
resto, venne scomunicato dalla Chiesa.
Un poco più
tardi lo stesso maestro dell'ordine, Armand de
Perigord, rimase ucciso, presso Gaza, combattendo
contro i Turchi; i Templari persero ben trecentododici
cavalieri su trecentoquarantotto. Solo l'intervento
del re di Francia san Luigi IX, che capeggiò una
crociata contro l'Egitto, salvò ciò che restava delle
posizioni cristiane; i Templari dettero ancora una
volta un importante contributo, anche se non furono
ascoltati nei loro consigli di prudenza, sì che la
giornata si concluse con una nuova sconfitta. Soltanto
il valore personale del re evitò un disastro completo,
però egli stesso fu catturato presso Damietta in
circostanze non chiarite, ma nelle quali ebbe forse
peso anche un tradimento. Anche il nuovo maestro del
Tempio, Guillaume de Sonnac, perse la vita in questo
oscuro episodio.
L'ultimo
episodio di combattimento eroico e ad oltranza che
vorremmo ricordare è la partecipazione dei Templari
alla difesa di San Giovanni d'Acri. Per rompere
l'assedio il maestro del Tempio, Guillaume de Beaujeu,
tentò invano una sortita. Qualche giorno dopo, avendo
i Turchi scatenato l'attacco decisivo, egli fu ferito
a morte e trasportato nella magione del Tempio, ove
spirò dopo poco. Proprio la casa del Tempio fu
l'ultimo baluardo di Acri a cedere alla marea
islamica; il sultano tentò di ricorrere ad astuzie
sleali, attirando il maresciallo Pierre de Sevry con
false promesse di una resa onorabile nella sua tenda e
facendolo poi decapitare. Ma per un mese e mezzo i
Templari opposero ancora una disperata resistenza. Il
28 maggio 1291 nel crollo della torre rimasero
sepolti, con gli ultimi combattenti templari, anche
gli assalitori. Grousset ricorda che il Tempio di
Gerusalemme ebbe per i suoi funerali "duemila cadaveri
turchi".
6. I Templari in
Occidente
I pur rapidi
accenni fatti dimostrano che, fino a quando una
presenza cristiana in Oriente si mantenne, i cavalieri
templari continuarono a mantener fede al loro scopo
originario, battendosi - salvo qualche rara eccezione
- con coraggio, spesso con eroismo. Non si può dunque
parlare di un abbandono della loro missione nel corso
del XIII secolo.
È vero, però,
che il successo del nuovo ordine in Occidente con le
numerose e spesso ingenti donazioni di sovrani,
nobili, grandi e piccoli proprietari, nonché la
necessità di mantenere i collegamenti e di disporre di
basi logistiche, lo spinsero ad organizzare la propria
presenza europea e ad assumere, collateralmente, anche
altre funzioni. Ma questo processo si era delineato
sin dai primi decenni della storia dell'ordine.
Insomma: è arbitrario distinguere una prima fase,
buona e orientale, da una successiva fase, cattiva e
occidentale.
Le donazioni
avevano creato un vasto patrimonio che, a causa della
sua stessa origine, era naturalmente incoerente e
geograficamente disperso. Di qui la necessità di una
gestione razionale, anche attraverso acquisti,
vendite, permute. Uno studio attento di questa linea
si trova nel citato volume di Demurger: se ne ricava
il quadro di una conduzione agricola molto saggia,
volta a ottenere in ciascuna regione i prodotti di
miglior resa. "Essi - afferma lo storico francese -
hanno favorito l'estendersi delle terre coltivate e
sviluppato procedure e tecniche di sfruttamento e di
gestione veramente innovatrici".
Si può ben dire,
in questo senso, che l'ordine dei Templari era ricco,
anche se nei cronisti contemporanei ostili tale
ricchezza era volutamente esagerata. D'altra parte
dovevano inviare rifornimenti in Terrasanta: grano,
cavalli, carne, pellami. E vendere una parte dei
prodotti per acquistare ferro, legno, armi. Si può
comprendere che la difesa accanita del proprio
patrimonio e la ricerca della più razionale gestione
di esso abbiano favorito l'accusa di avarizia che
sarà, tra le molte rivolte dagli ambienti ostili, la
più diffusa. Numerose erano anche le conseguenti
vertenze giudiziarie.
Le commende
occidentali non furono, però, soltanto aziende, ma
anche delle case di preghiera, secondo la Regola. E in
terra iberica, dove i cavalieri erano impegnati nelle
guerre di Reconquista (il primo fatto d'arme
che li riguarda a noi noto è la partecipazione nel
1131 a un combattimento in Portogallo), anche delle
fortezze. I Templari si trovarono a svolgere altresì,
in Occidente, attività finanziarie, non diversamente,
pur se in dimensioni maggiori, dagli altri ordini
monastico-militari e dagli stessi ordini religiosi
tradizionali. Le loro caserme - monasteri offrivano un
riparo sicuro non soltanto alle persone ma anche ai
beni mobili, al denaro e agli oggetti preziosi. Essi
prestavano anche, a interessi leciti, sia grosse somme
(per esempio nel 1216 mille marchi d'argento
all'abbazia di Cluny), sia piccole somme ai contadini
in difficoltà svolgendo l'attività di piccole casse
rurali. D'altra parte è certo che sarebbe difficile
spiegare l'economia dell'Oriente latino, specie per il
XIII secolo, senza dare l'adeguata importanza al
trasferimento di grosse somme di denaro da parte dei
Templari.
Naturalmente è
anche comprensibile che questa ricchezza destasse in
qualcuno particolari desideri di impadronirsene; nella
seconda metà del XIII secolo un re d'Inghilterra, a
mano armata, si impadronì dei tesori privati
depositati presso il Tempio di Londra. Al tempo stesso
risultava difficile essere estranei non solo agli
intrighi della politica orientale, ma anche ai grandi
scontri che si delineavano in Occidente. Alcuni
Templari, come molti religiosi del tempo, furono anche
impiegati dai sovrani come funzionari regi; questi
stessi sovrani, del resto, esercitarono grosse
pressioni sui Templari d'Occidente per costringerli a
battersi in difesa dei loro regni. Accanto
all'avarizia non mancavano accuse di superbia,
fierezza eccessiva, arroganza. Queste accuse erano
d'altra parte rivolte anche agli altri ordini
monastico-militari. Nelle discussioni, spesso
inconcludenti, che si svolgevano in Occidente per
progettare nuove crociate e nuovi interventi in difesa
della Terrasanta vennero avanzate più volte (per
esempio dal re Carlo d'Angiò o da Ramon Lull) progetti
di una fusione di tutti questi ordini. Ma una tale
fusione era di fatto temuta dai sovrani delle
"monarchie nazionali" allora in piena fase di
formazione e affermazione.
Espressioni come
"non fidatevi del bacio di un templare" o "bere come
un templare", diffusesi allora in Occidente,
testimoniano la diffusione delle critiche ai cavalieri
dell'ordine, accusati anche di essere avari nelle
elemosine. Ma queste critiche, spesso provenienti da
cronisti o poeti legati ad ambienti ostili come quello
di Federico II, continuavano a essere controbilanciate
da posizioni favorevoli.
7. La caduta del
Tempio
Persa San
Giovanni d'Acri, l'ordine del Tempio trasferì la
propria sede a Cipro, dove fu eletto maestro, nel
1295, Jacques de Molay, un cavaliere della contea di
Borgogna. Nel 1300 furono anche compiuti tentativi di
controffensiva contro l'Egitto, condotti insieme agli
Ospedalieri; ma il tentativo fallì per l'insufficienza
delle forze navali a disposizione. Fu questa l'ultima
azione militare dei Templari, mentre gli Ospedalieri
mantennero alto il loro prestigio con la riconquista
di Rodi.
De Molay cercava
invece, allora, di spingere il Papa Clemente V e il re
di Francia Filippo il Bello, suo grande elettore, ad
organizzare una crociata generale. Ma proprio in
quegli anni una diffusa campagna di accuse all'Ordine
stava mettendosi in moto in Francia, tanto che lo
stesso maestro chiese a Clemente V di aprire
un'inchiesta. La proposta fu accolta dal Pontefice,
che pure si era in precedenza rifiutato di prestar
fede alle accuse.
Ma proprio
questa decisione papale dette il pretesto al re di
Francia per far scattare una generale improvvisa
retata con l'arresto, in tutto il regno, dei Templari
(ottobre 1307) accusati di essere "lupi nascosti da
agnelli", di "rinnegare Cristo, di sputare sulla
croce", di legare l'investitura ad atti omosessuali.
L'operazione, ben organizzata, grazie
all'effetto-sorpresa, riuscì quasi perfettamente: solo
una dozzina riuscì a fuggire, mentre circa 550 furono
gli arrestati (13).
Filippo il Bello
tentò di spingere gli altri sovrani a iniziative
analoghe, ma tanto il re d'Inghilterra Edoardo II
quanto il re d'Aragona Giacomo II risposero rifiutando
di credere alle accuse e addirittura, il secondo,
difendendo decisamente l'Ordine. Violenta fu anche la
reazione del Papa che affermò, in concistoro, che la
decisione del sovrano era "un insulto contro di noi e
contro la Chiesa romana".
Ma il re
procedette a procurarsi le prove mediante confessioni
- poche - estorte con la tortura, qualche isolato
cedimento o tradimento di templari opportunisti, come
Esquieu de Floryan ("una canaglia", secondo Demurger),
o usciti in precedenza dall'ordine anche per reazione
ad abusi e corruzione che si erano manifestati in
alcune case, nonché su testimonianze basate sul
"sentito dire": le accuse erano generalmente di
islamizzazione e idolatria.
Clemente V, un
Papa debole e malato, tentando di riprendere
l'iniziativa nella questione, ordinò l'arresto dei
Templari in tutta la Cristianità: i re si adeguarono,
anche se quelli di Castiglia e di Portogallo si
piegarono solo dopo una seconda bolla pontificia.
Anche in Italia l'esecuzione fu tanto lenta che la
maggior parte dei cavalieri riuscì a fuggire.
L'arcivescovo di Ravenna, ad esempio, emanò una
sentenza del tutto assolutoria.
Gli atti dei
vari processi, compresi quelli francesi, ormai
ampiamente studiati e pubblicati, dimostrano che la
stessa accusa trovava molta difficoltà nel portare
avanti, per la scarsità di prove, il processo
inquisitorio. Questo spinse Filippo il Bello a
superare ogni procedura giuridica, a portare a termine
un autentico "processo politico" e a far ardere i
roghi in tutto il suo regno. Un cronista del tempo,
raccontando le prime esecuzioni, quelle di Parigi,
scrisse: "Nessuno di loro - senza eccezioni -
riconobbe i crimini che venivano loro imputati, anzi
rimasero irremovibili nel loro diniego, ripetendo
continuamente che erano condannati a morte senza
motivo e ingiustamente, fatto che molti poterono
constatare con grande ammirazione ed immensa
sorpresa".
(1) Régine Pernoud, I Templari, tr.it. di Ugo
Cantoni, Effedieffe, Milano 1993; l'originale, col
titolo Les Templiers, era uscito a Parigi in
prima edizione, per le Presses Universitaires de
France, nel 1974, ma la traduzione è stata condotta
sulla quinta edizione del 1992.
(2) Alain Demurger, Vita e morte dell'ordine dei
Templari, tr.it., Garzanti, Milano 1988: il volume
è raccomandabile anche per la bibliografia ragionata
che contiene.
(3) R. Pernoud, I Templari, cit., p. 11.
(4) A. Demurger, op.cit., p. 8.
(5) Sui due volti della modernità cfr. Massimo
Introvigne, Il cappello del mago. I nuovi movimenti
magici dallo spiritismo al satanismo, SugarCo,
Milano 1990.
(6) Si veda, per un primo approccio, la seconda parte
del libro di Peter Partner, The Murdered Magicians.
The Templars and Their Myth,
Oxford University Press, Oxford 1982.
(7) Cfr. Aldo A. Mola, "Il templarismo nella
massoneria tra Otto e Novecento", in I Templari:
mito e storia, Riccucci, Sinalunga 1989, pp.
259-278.
(8) Per non moltiplicare le note, ci limitiamo ad
indicare che, salvo indicazione contraria, questo
panorama sintetico è basato sulle opere, eccellenti,
della Pernoud e di Demurger, citate alle note 2 e 3.
(9) La bibliografia sulle crociate è sterminata. Il
lettore può ora giovarsi, per un orientamento, dei
saggi raccolti in Franco Cardini, Studi sulla
storia e sull'idea di crociata, Jouvence, Roma,
1993.
(10) Tra le varie traduzioni del Liber ad milites
Templi de laude novae militiae consigliamo quella
di Franco Cardini, con ampia introduzione, Volpe, Roma
1977.
(11) Anche su san Bernardo la bibliografia è immensa.
Il lettore desideroso di approfondimenti potrebbe
partire da Georges Duby, San Bernardo e l'arte
cistercense, tr.it., Einaudi, Torino 1982.
Sul punto specifico, cfr. Jean Leclercq, "Saint
Bernard's Attitude toward War", in Studies in
Medieval Cistercian History, Cistercian Studies
24 (1976).
(12) Per questo paragrafo cfr. anche Georges Bordonove,
La vita quotidiana dei Templari nel XIII secolo,
tr.it., Rizzoli, Milano 1989.
(13) Sul processo ai templari lo studio migliore è
quello di Michael Barber, The Trial of the Templars,
Cambridge University Press, Cambridge 1978. |