«I templari»
Recensione del
libro di Barbara Frale,
Edizione il Mulino
IL
18 marzo del 1314, a Parigi, sull'isola della Senna
...
IL 18
marzo del 1314, a Parigi, sull'isola della Senna
davanti ai Giardini reali, Jacques de Molay, l'ultimo
Gran Maestro dei Templari, e Geoffroy de Charny,
precettore di Normandia, vengono bruciati sul rogo
come eretici. Sette anni dopo il suo inizio (all'alba
del 13 ottobre 1307 tutti gli uomini dell'ordine
residenti in Francia erano stati arrestati su ordine
del re Filippo il Bello; dovevano rispondere alle
accuse di eresia, bestemmia, sodomia, idolatria), il
processo ai Templari celebrato dal tribunale di Parigi
si chiude con un colpo di mano del re che, senza
attendere la sentenza, fa giustiziare Molay e Charny.
Così finisce la storia dei Cavalieri del Tempio,
durata poco meno di due secoli, e comincia la leggenda
che ancora oggi non accenna a esaurirsi, come
testimoniano i 10 milioni di copie vendute del
Codice da Vinci e il successo di simili
romanzesche ricostruzioni. Eppure, in un serissimo
saggio di storia in uscita a giorni da Il Mulino ,
I Templari , leggiamo: «Forse la grande diffusione
di letteratura pseudostorica sul Tempio ha veramente
reso un servizio alla cultura, suscitando l'attenzione
del grande pubblico e alimentando la richiesta di
indagini nel settore; se così è, ben vengano allora i
romanzi sui Templari e il Santo Graal: specie perché
ci sono oggi diversi giovani ricercatori al lavoro che
stanno indagando con pazienza e professionalità i
molti punti ancora ignoti della breve ma intensa
storia dell'ordine». L'autrice del saggio, Barbara
Frale, è uno dei giovani preparati e pazienti
ricercatori che stanno lavorando sui materiali
d'archivio in cerca di nuove e provate verità. Proprio
a lei si deve la scoperta di un documento molto
importante, che mostra come, nell'estate del 1308, i
Templari furono assolti da papa Clemente V dall'accusa
di eresia. Tre anni fa, la Frale trovò nell'Archivio
Vaticano una pergamena contenente l'assoluzione di
Jacques de Molay e degli altri capi dell'ordine, in
quel momento detenuti nel castello di Chinon e lì
interrogati da tre eminenti cardinali inviati dal
pontefice. La revoca della scomunica, che il papa
confermò, seguiva di pochi giorni quella che già
Clemente V aveva pronunciato nei confronti di una
sessantina di cavalieri da lui interrogati a Poitiers.
«L'accusa di eresia - dice Barbara Frale - si basava
sul rituale segreto d'ingresso nell'ordine, per cui al
nuovo cavaliere si chiedeva di rinnegare Cristo e di
sputare sulla croce. Il papa e i suoi cardinali, pur
giudicando indegna questa tradizione, dichiarano che
non può essere confusa con l'eresia. Oggi diremmo che
questo rito ricorda certi casi di nonnismo, scurrile
più che eretico (si imponevano anche baci sulla bocca
o sul posteriore). Probabilmente era un modo per
mettere alla prova l'obbedienza assoluta, forse anche
serviva a preparare i novizi a quello che i saraceni
avrebbero potuto fare loro. Ma certo, secondo il
giudizio del pontefice, non implicava l'adesione a
dottrine eversive della fede». Ma perché, allora,
molti Templari furono bruciati? «Perché, nella sfida
tra Clemente V e Filippo il Bello - il papa era
l'unica autorità legittima in grado di giudicare dei
monaci, ma Filippo il Bello non accettò mai altro
tribunale che quello di Parigi - fu il re di Francia a
vincere. Tornati in Europa dopo la caduta di San
Giovanni d'Acri nel 1291, i Templari erano diventati
un potere dentro lo Stato. Filippo il Bello si
comportò in maniera ignobile, ma probabilmente lo fece
per salvare il regno».
«I fratres Templi , come si chiamarono in
origine dal luogo, i resti del Tempio di Salomone a
Gerusalemme - concesso loro da re Baldovino II - sono
essenzialmente dei monaci. Pronunciano infatti i tre
voti monastici: castità, povertà, obbedienza; e
dipendono direttamente ed esclusivamente dal papa.
Monaci, non sacerdoti: non celebrano la messa, non
amministrano i sacramenti, ma del resto nemmeno San
Francesco è mai stato un prete. Distinzione
importante, perché ai sacerdoti era fatto divieto
assoluto di impugnare le armi e uccidere mentre i
Templari combattevano per la difesa dei cristiani».
Bernardo di Clairvaux, che dettò la regola dell'ordine
intorno al 1135, paragonava i cavalieri del Tempio a
dei santi guerrieri. Meno di due secoli dopo, a
Parigi, vengono accusati di eresia e molte altre
infamie.
Ma durante i due secoli della loro storia, come erano
considerati i Templari? «Fino al 1307, i Templari
rappresentano per tutti l'eccellenza in campo
religioso. Tanto da essere riconosciuti come la
massima autorità nel riconoscere le reliquie
autentiche. Né va dimenticato che Wolfram von
Eschenbach, nel suo Parzival - circa 1200,
ndr - dice che i Templari sono i custodi del
Graal. Tutti i pontefici li guardano con favore, da
Innocenzo II a Bonifacio VIII. A loro vanno ingenti
donazioni e lasciti testamentari». Il rituale - con lo
sputo, il bacio, a volte pure l'invito a cedere a
richieste sessuali di confratelli - fu la causa
principale della loro rovina. «Certo fu il loro
tallone d'Achille, su cui i consiglieri del re di
Francia puntarono nel processo. Tali accuse non furono
mosse agli Ospitalieri (che dopo le Crociate sarebbero
diventati Cavalieri di Rodi e poi di Malta, ndr
) che, a differenza dei Templari, fin dal 1272 avevano
bandito i rituali d'iniziazione».
Processo o complotto? «Il processo aperto a Parigi per
volontà del re era stato preparato da lungo tempo. Per
esempio, si sa che negli anni precedenti erano state
infiltrate delle spie nei ranghi dell'ordine. Un
gruppo di consiglieri del re aveva approntato i capi
di accusa. Erano dei professionisti, il più agguerrito
era il giurista Guillaume de Nogaret, che già voleva
istruire un processo per stregoneria contro Bonifacio
VIII. In Francia le deposizioni erano ottenute con
metodi violenti, tortura fisica più spesso, e comunque
una fortissima violenza morale».
Nei quattro anni di dottorato a Venezia, Barbara Frale
ha lavorato a una schedatura di tutte le deposizioni
esistenti. In modo da comporre un quadro esauriente di
tutto ciò che veniva imputato ai cavalieri. Per
esempio, l'accusa di sodomia in questo spoglio
sistematico viene a cadere: «Su mille templari, solo
sei confessano di avere rapporti sessuali con dei
confratelli». L'arresto e il processo, comunque,
riguardarono soprattutto la Francia: solo lì il
mandato di arresto fu eseguito tempestivamente, nelle
altre parti di Europa si procedette con molta
lentezza. «A Venezia, per esempio, il doge decise di
non fare il processo. In tutt'Italia, poi, dove
c'erano circa 150 case templari, gli arresti partirono
solo 12-18 mesi dopo, e negli archivi abbiamo solo 36
deposizioni». Insomma il processo di Parigi fu un vero
complotto.
«Sì, si può dire anche così. Certo non si era mai
vista prima di allora una macchinazione altrettanto
perfetta, e i contemporanei per primi ne rimasero
colpiti». Prima di venir bruciato, il Gran Maestro
invocò la giustizia divina contro il re che lo mandava
a morte e contro il papa che l'aveva abbandonato.
Invece, dalle sue ricerche risulta che Clemente V
tentò con ogni mezzo di contrastare il processo, ma
non vi riuscì: «Era gravemente malato, in più si
trovava in Francia, soggetto ai ricatti del re. E il
collegio cardinalizio era per metà favorevole a
Filippo il Bello. Quando nel 1308, con l'assoluzione
dalla scomunica, il papa crede di aver strappato un
grosso vantaggio, il re sferra l'attacco più duro.
Annunciando l'apertura di un processo per stregoneria
contro il defunto Bonifacio VIII: il rischio è lo
scisma della Chiesa di Francia. Il papa vorrebbe
salvare i Templari, anche se il suo progetto prevede
che essi, dopo il pentimento, confluiscano con i loro
beni nell'ordine degli Ospitalieri. Non ci riuscirà.
Clemente V, dopo una lotta di sette anni, muore nel
1314, un mese dopo il rogo di Molay. Anche Filippo il
Bello morirà in quell'anno».
Però, nel 1312, nel Concilio di Vienne, Clemente V
aveva sciolto l'ordine dei Templari. «Non è esatto: il
papa a Vienne sospende l'ordine, a causa delle
indegnità di cui molti suoi membri si erano macchiati.
Inoltre lancia la scomunica contro chiunque utilizzi
nome e simbolo dei cavalieri del Tempio senza il
consenso pontificio. E' una sentenza non definitiva,
ma da 700 anni nessun pontefice romano l'ha
modificata». E allora tutti gli ordini che oggi si
chiamano Templari, dicendosi eredi dell'antica militia,
cosa sono? Per esempio, Salvatore Stefio, uno degli
ostaggi italiani in Iraq, è stato insignito a Palermo
dell'ordine dei cavalieri templari. «So poco di queste
confraternite. Alcune si limitano a richiamarsi ai
Templari, spesso sono associazioni di volontariato. Ma
quelle che si dichiarano eredi dell'ordine del Tempio
non lo possono fare: nessun pontefice ha mai revocato
la sospensione dei Templari».
Però qualcosa rimane poco chiaro, e continua a
conferire aspetti magici alla vicenda: nelle
deposizioni si legge che i cavalieri veneravano un
idolo, una testa baffuta (da alcuni chiamata Baphomet);
si sa inoltre che il Giovedì Santo i Templari
celebravano un rito con il calice per ricordare il
sangue di Cristo versato per i peccati degli uomini.
«Questi due elementi sono ancora vaghi. Per l'idolo, è
probabile che si tratti dell'immagine di Cristo detta
Mandilion, immagine "acheropita", non eseguita da mano
umana in quanto impronta del volto santo. Qualcosa che
forse ha a che fare con la Sindone. Quello del Giovedì
Santo è una sorta di rito eucaristico, per cui
andrebbero esaminati riti affini nell'area
mediorientale. Certo ci sono significative assonanze
con la leggenda del Graal. Ma, ripeto, qui c'è ancora
molto da studiare».
-
Barbara Frale, nata nel 1970, laureata in Storia
medievale a Viterbo, ha conseguito il dottorato in
Storia della società europea a Venezia con una ricerca
sul processo dei Templari. Ha pubblicato «L'ultima
battaglia dei Templari» e «Il Papato e il processo ai
Templari» (Viella) . «I templari» è in uscita da Il
Mulino (pagine 193, euro 11,50). L’autrice ha
ritrovato nell’Archivio Vaticano il documento che
mostra come i Templari furono assolti dall’accusa di
eresia
Nove
guerrieri aristocratici e il patriarca di Gerusalemme
Fondata
da un feudatario della Champagne, Hugues de Payns,
poco dopo il 1100 a Gerusalemme, la «Militia del
Tempio di Salomone» consta all'inizio di nove
compagni, aggregati come conversi presso i canonici
del Tempio: è una confraternita laica, di
aristocratici guerrieri, che sono venuti in Terrasanta
per ottenere il perdono dei loro peccati. Intorno al
1120, i nove prendono i tre voti monastici e il
Patriarca di Gerusalemme affida loro la missione di
combattere per proteggere i pellegrini. Nel 1129, al
Concilio di Troyes, il legato apostolico ratifica la
proposta di un ordine avanzata dallo stesso Hugues de
Payns. Intorno al 1135, Bernardo di Clairvaux scrive
il trattato «In lode della nuova milizia», destinato a
diventare la regola dell'ordine. Nel Concilio di Pisa
dello stesso anno, papa Innocenzo II ratifica la
regola dell'ordine e, nel privilegio apostolico del
1139 "Omne datum optimum", fissa i fondamenti del suo
sviluppo. Braccio armato alle dipendenze del Papa per
la difesa della Terrasanta, i Templari subiscono la
sconfitta di Hattin nel luglio 1187 (che permetterà al
Saladino di riconquistare Gerusalemme nell'ottobre
dello stesso anno).
Un secolo dopo, nonostante il loro coraggio, saranno
costretti a cedere l'ultima roccaforte, San Giovanni
d'Acri. Dopo un breve esilio a Cipro, ripareranno in
Europa. Nel 1298, papa Bonifacio VIII ottiene da loro
un prestito di 12 mila fiorini d'oro. Nel 1306,
Filippo il Bello costringe il tesoriere del Tempio a
dargli 300 mila fiorini d'oro. L'ultimo Gran Maestro,
Jacques de Molay, arrestato e torturato nel 1307,
ritratta le sue deposizioni già nel dicembre dello
stesso anno. |