Il titolo
di testa de "L'Osservatore
Romano" dato alle stampe nel
primo pomeriggio di martedì 27
novembre è inequivoco. In Egitto
è in atto una "svolta
autoritaria" contro la quale
l'opposizione combatte una
battaglia disperata.
Ma per il
ministro e fondatore della
Comunità di Sant'Egidio Andrea
Riccardi non è così.
In
visita al Cairo in questi stessi
giorni, Riccardi ha tenuto
lunedì 26 novembre una
conferenza all'università di
Al-Azhar che è stata tutto un
inno alla democrazia trionfante
in quel paese.
"Sono
molto contento – ha detto
Riccardi – che oggi ci sia un
Egitto democratico, forte non
solo del prestigio della sua
storia millenaria e del suo
posto tra le nazioni, ma anche
del prestigio della libertà".
Grazie
alla primavera araba – ha
proseguito –, "il Mediterraneo è
divenuto un mare tutto
democratico. Oggi la democrazia
si sviluppa nei paesi
mediterranei e ne informa la
vita politica e sociale".
E
riferendosi in particolare al
paese che l'ospitava, ha detto
ancora:
"L'Egitto ha una storia di
tolleranza. Ma oggi questi
aspetti della vita sociale e
della storia sono maturati e
realizzati in un regime
pienamente democratico con
istituzioni parlamentari ed
elettive. Questa democrazia è
nuova ma, d'altra parte, ha
radici antiche. In particolare
si nota in Egitto e nel mondo
arabo un forte rapporto tra la
politica democratica e l'islam".
Riccardi ha eletto a faro di
libero pensiero anche
l'università nella quale
parlava:
"Parlo
di questo in un luogo alto come
l'università di Al-Azhar che,
anche in tempi difficili, è
stata sempre un faro di
religione e di cultura. Anzi
qui, ad Al-Azhar, si è sempre
creduto che la pratica e lo
studio della fede producessero
cultura. Al-Azhar, nei secoli,
non solo ha conservato la fede,
ma ha anche mantenuto viva la
cultura con l'umanesimo".
Accanto
a lui c'era il grande imam di
Al-Azhar, Ahmed Al-Tayyeb, uno
che Riccardi conosce bene, per
averlo avuto più volte ospite
nelle parate multireligiose
organizzate ogni anno dalla
Comunità di Sant'Egidio.
Non
importa che Al-Tayyeb sia lo
stesso che, pur avendo firmato
nel 2007 la "lettera dei 138
saggi musulmani" a Benedetto
XVI, non si è trattenuto
dall'approvare pubblicamente gli
atti terroristici contro i
civili in Israele e
dall'attaccare furiosamente lo
stesso papa per la preghiera da
lui levata per le vittime della
strage nella chiesa copta di
Alessandria d'Egitto, alla fine
del 2010.
Martedì
27 novembre "Avvenire" ha
pubblicato su un'intera pagina
la conferenza di Riccardi al
Cairo, col titolo:
"Mediterraneo, mare di
democrazia".
Ma lo
stesso giorno, oltre che su
"L'Osservatore Romano", una
diagnosi diametralmente opposta
è uscita anche in un editoriale
di prima pagina di Angelo
Panebianco sul "Corriere della
Sera".
Il
professore Panebianco ha preso
le mosse dal "colpo di Stato con
cui il presidente egiziano
Mohammed Morsi ha concentrato
nelle proprie mani tutti i
poteri".
E ha
proseguito:
"I
Fratelli musulmani hanno vinto
le elezioni parlamentari dello
scorso gennaio. Il presidente
Morsi è stato scelto dagli
elettori in giugno. Non basta
per dire che l'Egitto è una
democrazia? No. Perché la
democrazia non richiede solo che
i governanti siano stati
liberamente votati da una
maggioranza. Richiede anche che
i diritti delle opposizioni
siano rispettati ed esista
sempre per loro la possibilità
di battere in nuove elezioni i
governanti in carica. La
democrazia è, prima di tutto, un
meccanismo per la sostituzione
dei governanti tramite elezioni
anziché rivolte armate. Ma se si
creano condizioni che rendono
impossibile per l'opposizione
sfidare elettoralmente la
maggioranza, allora la
democrazia non c'è".
E
ancora:
"Sappiamo che di dittatura in
questo momento si tratta e che i
Fratelli musulmani hanno ora
tutte le chiavi, ivi compresa la
possibilità di farsi una
costituzione su misura, per
imporre un controllo permanente
sul paese. [...] La mossa di
Morsi rischia di pregiudicare il
futuro dell'Egitto. Ci sono là
oggi le condizioni per
l'instaurazione di una dittatura
permanente. Si aggiunga anche
che se nei Fratelli musulmani
convivono, secondo gli esperti,
correnti più pragmatiche e
correnti intransigenti, va anche
messa in conto la pressione
esercitata dai salafiti (reduci
da un ottimo successo
elettorale), la corrente più
radicale, e violenta, dell'islam
sunnita. [...] Se l'Egitto
evolverà in dittatura islamica,
ciò influenzerà tutto il Medio
Oriente".
Fonte:
Corrispondenza Romana,
30/11/2012