Mont-Saint-Michel,
meraviglia cristiana
di
Franco Cardini
La città-santuario di Mont-Saint-Michel «au péril de la
mer», che nelle ore di bassa marea è il culmine
vertiginoso di un basso promontorio tra Bretagna e
Normandia – 22 km a ovest della città di Avranches –
mentre in quelle di alta marea le acque dell’Atlantico lo
trasformano in un’isola separandolo dalla terra, è senza
dubbio uno dei luoghi più affascinanti e «paurosi» del
Vecchio Continente, del quale rappresenta uno degli hauts
lieux . Qui fu edificato in pieno Trecento uno dei più
begli esempi dell’architettura gotica francese. Ma il
santuario dedicato all’arcangelo Michele che ne è il
culmine, e attorno al quale aleggiano secolari leggende,
ha davvero un ruolo centrale nella nostra storia. Per
secoli, fin dalla nascita del cristianesimo, i più celebri
santuari e mete di pellegrinaggio della fede rimasero (a
parte Roma) in Oriente. Gerusalemme e Costantinopoli
naturalmente, ma anche i grandi centri sacrali armeni,
anatolici, egizi. Le aree sacrali più spinte verso
l’Occidente erano, non a caso, quelle italomeridionali,
per secoli parte dell’universo bizantino. Ma gradualmente
le Chiese occidentali – prima forse quella celtica tra
Bretagna e Irlanda, poi con maggior decisione quella
romana – cominciarono a impiantare a loro volta santuari
dotati d’una loro sacralità autoctona, «originale». Alla
base di questo rinnovamento troviamo proprio, a partire
dai primi dell’VIII secolo, il culto michelita di
Mont-Saint-Michel; più tardi, in seguito a varie
translationes di reliquie e a diversi episodi miracolosi,
si radicarono nell’Europa occidentale i santuari della
Vergine a Le Puy e a Chartres, del Santo Sangue a Mantova
e a Fécamp, di san Michele in Piemonte, di san Giacomo a
Compostela in Galizia, di san Marco a Venezia, di santa
Maria Maddalena a Vézelay, dei santi Pietro e Marcellino a
Seligenstadt, di san Nicola a Bari, della Santa Tunica ad
Argenteuil; mentre si affermava anche il pellegrinaggio
alla tomba di Carlo Magno in Aquisgrana. Nasceva così
l’Europa dei pellegrinaggi, i centri della quale furono
collegati da una fitta rete di strade tra le quali quelle
note in Italia con il nome di Via Francigena e in Spagna
di Camino de Santiago. Mont-Saint-Michel si può pertanto
considerare il capostipite dei grandi santuari di
pellegrinaggio occidentali. Ma le sue origini, come centro
di sacralità, sono con certezza precristiane. Su
quell’arduo promontorio battuto dai venti oceanici e come
sospeso fra cielo, mare e terra, era radicato un culto al
dio celtico Belenos: ne resta memoria forse nei toponimi
Tombelaine e Mont Tombe. In età romana si era già avviata
una qualche soluzione acculturativa tra la divinità
celtica Belenos e quella persiana Mithra, molto adorata
specie nelle legioni romane e al centro di un culto
misterico il fulcro del quale era il taurobolion, il
sacrificio di un toro sacro. Più tardi, alcuni eremiti
cristiani erano venuti a stabilirsi nei dintorni: tra essi
la tradizione vuole giungesse da una delle capitali della
vita spirituale gallo-romane, Poitiers, l’evangelizzatore
della zona, san Paterno (che i francesi chiamano saint
Pair) che, prima di divenire a metà del secolo VI vescovo
di Avranches, vi fondò un monastero. Un suo successore,
sant’Auberto, ricevette nel 708 in sogno, durante una
visio, l’ordine dall’arcangelo Michele di costruire in suo
onore un monastero sul Mons Tumba. Dopo molte
sollecitazioni, il buon vescovo si mise alla ricerca del
luogo, che egli avrebbe riconosciuto da un toro ch’era
stato trafugato e là nascosto. l santuario fu fondato: e
Auberto inviò messaggeri in Puglia affinché portassero dal
Monte Gargano (allora il più celebre santuario
dell’arcangelo, sito però in un contesto bizantino per
quanto non estraneo ai longobardi italomeridionali) una
reliquia micaelica (giunse, in effetti, un frammento del
manto dell’arcangelo). Si era appunto ai primi dell’VIII
secolo: in un tempo nel quale il culto dedicato agli
arcangeli dava luogo a inquietudini e INpolemiche: il
radicarsi dei due santuari micaelici, il pugliese e il
bretone-normanno, dovette pesare nel sostegno all’immagine
del loro titolare. È stata notata l’analogia molto stretta
fra il testo dell’Apparitio sancti Michaelis e quello
della leggenda di fondazione di Mont-Saint-Michel detto
«au péril de la mer»: che il luogo si denominasse, ancora
alla fine del Medioevo, «Mont Gargan», è stato posto nel
folklore francese in rapporto con un mitico figlio del dio
Belenos, cui si attribuiva appunto quel nome, e che è
divenuto poi il gigante Gargantua. ell’870 abbiamo la
prima voce di testimonianza sicura d’un pellegrinaggio a
Mont-Saint-Michel e alla tomba di sant’Auberto: ce l’ha
procurato il monaco Bernardo, celebre autore d’un
Itinerarium . All’epoca, il monte era rifugio delle genti
circostanti contro le incursioni dei pirati nordeuropei
che avrebbero più tardi insediato la regione e le
avrebbero conferito il suo nome moderno. Infatti nel 911
il norvegese Rollone, capo d’una banda d’incursori danesi,
decise d’insediarsi in quell’area e divenne – per
concessione del re di Francia – dux Normannorum e anche
protettore del santuario. Da allora Michele divenne santo
nazionale dei normanni. A Mont-Saint-Michel il duca
Guglielmo il Conquistatore volle che fosse affiliato il
monastero di Saint Michael in Cornovaglia. Nell’XI secolo
gli avventurieri normanni che scendevano in Italia per
cercarvi la fortuna non avrebbero dimenticato né la Val di
Susa (la 'Sacra' o 'Sagra' di San Michele fu fondata
secondo un’incerta tradizione nel 966 o nel 999-1002,
mentre oggi si propende piuttosto per il periodo 983-987
collegandola alla volontà di un nobile pellegrino
alverniate, Ugo di Motboissier, e di suo figlio Maurizio)
né il Monte Gargano: sarebbe nata così una forte
tradizione di «pellegrinaggio micaelico», una Via sancti
Michaelis tra Normandia e Puglia attraverso le Alpi
occidentali. Sulla linea dei tre grandi santuari del Monte
Gargano, di San Michele «della Chiusa» (la Sacra) e di
Mont-Saint-Michel si costituì l’asse portante del
pellegrinaggio micaelico di età medievale. Incrociato con
i pellegrinaggi romano (e gerosolimitano) e compostelano,
e quindi con quelli mariani ed altri «minori», quest’asse
ha costituito fra VIII e XIII secolo la colonna vertebrale
dell’autocoscienza identitaria dell’Europa cristiana.
Tratto da Avvenire
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