Una
Santa Domenica in Gesù Risorto - pben
IV
Domenica di Avvento anno B
GABRIELE
L’angelo Gabriele fu mandato da
Dio
In una città della Galilea
Gabriele scende
a Nazaret di Galilea,
presso Maria sposa di Giuseppe:
persone
e luoghi visitati dal mistero non
più taciuto,
dall’inviato angelico annunciatore
di salvezza.
Il Dio di Gesù Cristo è il Dio
dell’azione,
è presenza nella storia degli
uomini,
percepisce i palpiti nascosti dei
cuori
e i gemiti degli animi spossati.
Ha creato l’uomo capace di
comunione,
perché stesse con lui; ha impresso
sul volto umano la sua felicità
eterna
ma l’uomo fugge e si nasconde.
Dio attraversa i secoli della storia
in cerca dell’Adamo ramingo:
Dove sei, figlio mio, dove sei?
Perché ti sottrai al mio sguardo
amoroso?
Ho avuto paura – risponde – perché
non ti conosco. La coltre dell’oblio
si è dispiegata nel suo cuore
coprendo
il ricordo del cielo, del padre,
dell’amore.
Peccato! Eppure Dio non aveva fatto
la morte
ma creato tutto per l’immortalità.
In questa accorata ricerca, Dio
scende
fra gli uomini, e visita la Vergine
Sposa.
Maria non fugge, non si nasconde,
prega;
ama e attende con fiducia il
compimento
della promessa eterna, la
manifestazione
della vita nuova, annunciata da
allora.
Un germoglio sboccia dal ceppo
reciso,
virgulto antico da una umanità
malata.
Quando, Signore? E l’angoscia
riprende.
L’angelo risponde: ora, qui, in te,
Maria!
L’annuncio celeste risuona
con certezza risoluta: è il Figlio
di Dio
Altissimo che si fa carne d’uomo,
fecondato
per la fede, nel seno della Vergine
Madre.
Egli inaugura una umanità nuova di
figli,
generati non da carne e sangue
ma dallo Spirito che dà vita ai
morti,
ricomponendo nella valle le ossa
aride.
Vieni dal cielo per noi corpo di
carne,
volto umano di Dio che non si potrà
più
dimenticare. La creazione nuova
è impaziente di vedere in essa
l’impronta divina.
Vieni uomo-Dio per far rifiorire in
noi
il divino dimenticato. Gabriele
scende
per spalancare le porte celesti, non
più
sigillate ma aperte e piene di
speranza.
padrebenedetto 21,
xii, 2008
|
‡
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 1,26-38
Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio
in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una
vergine, promessa sposa di un uomo della casa di
Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava
Maria.
Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di
grazia, il Signore è con te».
A queste parole ella rimase turbata e si domandava
che senso avesse un tale saluto.
L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai
trovato grazia presso Dio.
Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo
chiamerai Gesù.
Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il
Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e
regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo
regno non avrà fine».
Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile?
Non conosco uomo».
Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su
di te, su te stenderà la sua ombra la potenza
dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo
e chiamato Figlio di Dio.
Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua
vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il
sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile:
nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del
Signore, avvenga di me quello che hai detto». E
l'angelo partì da lei.
Papa Benedetto XVI
Lettera enciclica « Deus caritas est », § 41 (© copyright Libreria Editrice
Vaticana)
Maria, donna di fede, di speranza e di
amore
I santi sono i veri portatori di luce all'interno della
storia, perché sono uomini e donne di fede, di speranza e di amore. Tra i santi
eccelle Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità. Nel Vangelo di Luca
la troviamo impegnata in un servizio di carità alla cugina Elisabetta, presso la
quale resta « circa tre mesi » (1, 56) per assisterla nella fase terminale della
gravidanza. « Magnificat anima mea Dominum », dice in occasione di questa visita
— « L'anima mia rende grande il Signore » — (Lc 1, 46), ed esprime con ciò tutto
il programma della sua vita: non mettere se stessa al centro, ma fare spazio a
Dio incontrato sia nella preghiera che nel servizio al prossimo — solo allora il
mondo diventa buono.
Maria è grande proprio perché non vuole rendere grande se stessa, ma Dio. Ella è
umile: non vuole essere nient'altro che l'ancella del Signore (cfr Lc 1, 38.
48). Ella sa di contribuire alla salvezza del mondo non compiendo una sua opera,
ma solo mettendosi a piena disposizione delle iniziative di Dio. È una donna di
speranza: solo perché crede alle promesse di Dio e attende la salvezza di
Israele, l'angelo può venire da lei e chiamarla al servizio decisivo di queste
promesse. Essa è una donna di fede: « Beata sei tu che hai creduto », le dice
Elisabetta (cfr Lc 1, 45).
|