Una
Santa Domenica in Gesù Risorto - pben
23 Novembre
2008 ultima Domenica del Tempo Ordinario
SPERANZA DI
GLORIA
Il Figlio dell’uomo verrà nella
sua gloria
con tutti i suoi angeli
(Mt 25,31)
Grande raccolta di salvati
è il Regno beato dei cieli;
ritorno di ogni uomo nel seno
del Padre da cui è uscito.
Il Regno di Dio è vocazione dell’uomo,
lievito nel cuore che fa fermentare
la vita soffocata dal male,
per diventare pane che sazia.
Rete gettata nel mare della morte
per risuscitare i prigionieri delle tenebre;
seme di vita posto nei cuori di pietra
per far sbocciare l’amore.
Perla preziosa per l’anima redenta,
tesoro nascosto nel campo del mondo,
lampada di luce che accende
la salvezza nei cuori in attesa.
Casa sulla roccia contro la tempesta,
sale che assapora l’amaro gusto
della vita, soggiogata nel regno
delle ombre mortali, vuote di speranza.
È il Cristo il Signore del nuovo Regno
che riconduce al Padre i figli dispersi,
corteo trionfale di vittoria, uomini vivi,
riscattati dalla vanità della non vita.
Regno di amore e di pace sicura
che ristabilisce la verità e la giustizia,
perché Dio sia il Padre di tutti
e il Figlio regni nei cuori redenti.
È un Regno che si costruisce ogni giorno
con paziente amore e carità solerte:
pietra su pietra, per vincere la resistenza
del cuore, assuefatto alla morte.
E Gesù prende il volto dell’affamato
e dell’assetato di giustizia; i miseri
si rallegrano del lieto annuncio e
il ferito sulla strada è fasciato con amore.
Il prigioniero, visitato, ritorna libero
perché è finita la schiavitù; è promulgata
l’era della misericordia del Signore,
consolatore di tutti gli afflitti.
Ricevono la corona di gloria
quelli che erano rivestiti di cenere,
consacrati re con l’olio di letizia,
per essere a lode della sua gloria.
Il Regno è la vita eterna,
il Re è Gesù morto e risorto in noi,
speranza di gloria immortale.
E noi: re, sacerdoti e profeti con Lui!
padrebenedetto 23, xi, 2008
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‡
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 25,31-46
Quando il
Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i
suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.
E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed
egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore
separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla
sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re
dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite,
benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il
regno preparato per voi fin dalla fondazione del
mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da
mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero
forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete
vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e
siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli
risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto
affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e
ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto
forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti
abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato
o in carcere e siamo venuti a visitarti?
Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico:
ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di
questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a
me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via,
lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno,
preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché
ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho
avuto sete e non mi avete dato da bere; ero
forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi
avete vestito, malato e in carcere e non mi avete
visitato. Anch'essi allora risponderanno: Signore,
quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o
forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti
abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi
dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a
uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete
fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio
eterno, e i giusti alla vita eterna».
Cristo Re
dell’universo
Questa festa fu introdotta da papa Pio XI, con
l’enciclica “Quas primas” dell’11 dicembre 1925, a coronamento del Giubileo
che si celebrava in quell’anno. È poco noto e, forse, un po’ dimenticato. Non
appena elevato al soglio pontificio, nel 1922, Pio XI condannò in primo luogo
esplicitamente il liberalismo “cattolico” nella sua enciclica “Ubi arcano
Dei”. Egli comprese, però, che una disapprovazione in un’enciclica non sarebbe
valsa a molto, visto che il popolo cristiano non leggeva i messaggi papali.
Quel saggio pontefice pensò allora che il miglior modo di istruirlo fosse
quello di utilizzare la liturgia. Di qui l’origine della “Quas primas”, nella
quale egli dimostrava che la regalità di Cristo implicava (ed implica)
necessariamente il dovere per i cattolici di fare quanto in loro potere per
tendere verso l’ideale dello Stato cattolico: “Accelerare e affrettare questo
ritorno [alla regalità sociale di Cristo] coll’azione e coll’opera loro,
sarebbe dovere dei cattolici”. Dichiarava, quindi, di istituire la festa di
Cristo Re, spiegando la sua intenzione di opporre così “un rimedio
efficacissimo a quella peste, che pervade l'umana società. La peste della età
nostra è il così detto laicismo, coi suoi errori e i suoi empi incentivi”.
Tale festività coincide con l’ultima domenica dell’anno liturgico, con ciò
indicandosi che Cristo Redentore è Signore della storia e del tempo, a cui
tutti gli uomini e le altre creature sono soggetti. Egli è l’Alfa e l’Omega,
come canta l’Apocalisse (Ap 21, 6). Gesù stesso, dinanzi a Pilato, ha
affermato categoricamente la sua regalità. Alla domanda di Pilato: “Allora tu
sei re?”, il Divino Redentore rispose: “Tu lo dici, io sono re” (Gv 18, 37).
Pio XI insegnava che Cristo è veramente Re. Egli solo, infatti, Dio e uomo –
scriveva il successore Pio XII, nell’enciclica “Ad caeli Reginam” dell’11
ottobre 1954 – “in senso pieno, proprio e assoluto, … è re”. Il suo regno,
spiegava ancora Pio XI, “principalmente spirituale e (che) attiene alle cose
spirituali”, è contrapposto unicamente a quello di Satana e delle potenze
delle tenebre. Il Regno di cui parla Gesù nel Vangelo non è, dunque, di questo
mondo, cioè, non ha la sua provenienza nel mondo degli uomini, ma in Dio solo;
Cristo ha in mente un regno imposto non con la forza delle armi (non a caso
dice a Pilato che se il suo Regno fosse una realtà mondana la sua gente
“avrebbe combattuto perché non fosse consegnato ai giudei”), ma tramite la
forza della Verità e dell'Amore. Gli uomini vi entrano, preparandosi con la
penitenza, per la fede e per il battesimo, il quale produce un’autentica
rigenerazione interiore. Ai suoi sudditi questo Re richiede, prosegue Pio XI,
“non solo l’animo distaccato dalle ricchezze e dalle cose terrene, la mitezza
dei costumi, la fame e sete di giustizia, ma anche che essi rinneghino se
stessi e prendano la loro croce”. Tale Regno, peraltro, già mistericamente
presente, troverà pieno compimento alla fine dei tempi, alla seconda venuta di
Cristo, quando, quale Sommo Giudice e Re, verrà a giudicare i vivi ed i morti,
separando, come il pastore, “le pecore dai capri” (Mt 25, 31 ss.). Si tratta
di una realtà rivelata da Dio e da sempre professata dalla Chiesa e, da
ultimo, dal Concilio Vaticano II, il quale insegnava a tal riguardo che “qui
sulla terra il Regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore,
giungerà a perfezione” (costituzione “Gaudium et spes”). Con la sua seconda
venuta, Cristo ricapitolerà tutte le cose, facendo “cieli nuovi e terra nuova”
(Ap 21, 1), tergendo e consolando ogni lacrima di dolore e bandendo per sempre
il peccato, la morte ed ogni ingiustizia dalla faccia della terra. Sempre il
Concilio scriveva che “in questo regno anche la stessa creazione sarà liberata
dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei
figli di Dio” (costituzione dogmatica “Lumen Gentium”). Per questo i cristiani
di ogni tempo invocano, già con la preghiera del Padre nostro, la venuta del
Suo Regno (“Venga il tuo Regno”) ed, in modo particolare durante l’Avvento,
cantano nella liturgia “Maranà tha”, cioè “Vieni Signore”, per esprimere così
l’attesa impaziente della parusia (cfr. 1 Cor 16, 22). Aggiunge ancora Pio XI
che nondimeno sbaglierebbe colui il quale negasse al Cristo-uomo il potere su
tutte le cose temporali, “dato che Egli ha ricevuto dal Padre un diritto
assoluto su tutte le cose create”. Tuttavia – precisa – Cristo, quando era
sulla terra, si astenne dall’esercitare completamente questo suo dominio,
permettendo – come anche oggi – che “i possessori debitamente se ne servano”.
Questo potere abbraccia tutti gli uomini. Ciò lo aveva anche chiaramente
espresso Leone XIII, nell’enciclica “Annum sacrum” del 25 maggio 1899, con cui
preparava la consacrazione dell’umanità al Sacratissimo Cuore di Gesù
nell’anno santo del 1900. Papa Pecci aveva scritto in effetti che “il dominio
di Cristo non si estende soltanto sui popoli cattolici, o a coloro che,
rigenerati nel fonte battesimale, appartengono, a rigore di diritto, alla
Chiesa, sebbene le errate opinioni li allontanino da essa o il dissenso li
divida dalla carità; ma abbraccia anche quanti sono privi di fede cristiana,
di modo che tutto il genere umano è sotto la potestà di Gesù Cristo”. L’uomo,
misconoscendo la regalità di Cristo nella storia e rifiutando di sottomettersi
a questo suo giogo che è “dolce” ed a questo carico “leggero”, non potrà
trovare alcuna salvezza né troverà autentica pace, rimanendo vittima delle sue
passioni, inimicizie ed inquietudini. È Cristo soltanto la “fonte della salute
privata e pubblica”, diceva Pio XI. “Né in alcun altro vi salvezza, né sotto
il cielo altro nome è stato dato agli uomini, mediante il quale dobbiamo
essere salvati” (At 4, 12). Lontano da Lui l’uomo ha dinanzi chimere e sistemi
ideologici totalizzanti e fuorvianti; non cercando il suo Regno e la sua
Giustizia, il genere umano ha di fronte a sé i vari “-ismi” della storia che,
diabolicamente, in nome di un falso progresso sociale, economico e culturale,
degradano ogni uomo, negandone la dignità. Ed il XX secolo non ha mancato di
fornirne dei tragici esempi con i vari regimi autoritari, comunisti e nazista
(che la Chiesa ha condannato vigorosamente), riproponendo, per l’ennesima
volta, il duro scontro tra Regno di Cristo e regno di Satana, che durerà sino
alla fine dei tempi. Basti qui far riferimento, a titolo esemplificativo,
giusto al solo travagliato periodo del pontificato di papa Ratti per averne
una pallida idea. Con l’enciclica “Mit brennender Sorge”, del 14 marzo 1937 –
tra i cui estensori vi era pure il cardinale segretario di Stato e futuro papa
Pio XII, Eugenio Pacelli – il Pontefice romano disapprovava il provocante
neopaganesimo imperante in Germania (il nazismo), il quale rinnegava la
Sapienza Divina e la sua Provvidenza, che “con forza e dolcezza domina da
un'estremità all’altra del mondo” (Sap. 8, 1), e tutto dirige a buon fine;
deplorava anche certi banditori moderni che perseguono il falso mito della
razza e del sangue; biasimava, infine, le liturgie del Terzo Reich tedesco,
veri riti paganeggianti, qualificate come “false monete”. In Messico,
“totalmente infeudato dalla massoneria”, dove gli Stati Uniti avevano favorito
– in nome dei loro interessi economici – la nascita di uno Stato
dichiaratamente anticlericale ed anticristiano, furono promulgate pesanti
leggi restrittive della libertà della Chiesa cattolica, stabilendo
l’espulsione dei sacerdoti non sposati, la distruzione delle chiese e la
soppressione persino della parola “adios”. Il fanatico anticlericale
governatore dello Stato messicano di Tabasco, Tomás Garrido Canabal, autore di
queste misure repressive, nella sua fattoria, “La Florida”, giunse a chiamare,
in segno di dispregio, un toro “Dio”, ad un asino diede nome “Cristo”, una
mucca “Vergine di Guadalupe”, un bue ed un maiale “Papa”. Suo figlio lo chiamò
“Lenin” e sua figlia “Zoila Libertad”. Un nipote fu chiamato “Luzbel” [Lucifer],
un altro figlio “Satan”. Si costituì allora un esercito di popolo, i “cristeros”,
i quali combattevano al grido di “Viva Cristo Re! Viva la Vergine di Guadalupe!
Viva il Messico!”. Con le stesse parole sulle labbra versavano il loro sangue
in quella terra anche numerose schiere di martiri, mentre i loro carnefici
esclamavano, riempiendo ceste di vimini con le teste mozzate dei cattolici,
“Viva Satana nostro padre”. Si trattò di un vero “olocausto” passato sotto
silenzio ed ignorato. Alcuni dei valorosi martiri cristiani messicani, sotto
il pontificato di Giovanni Paolo II, hanno raggiunto la gloria degli altari,
come il gesuita Miguel Agustin Pro, fucilato senza processo. Le sue ultime
parole furono giusto “Viva Cristo Re!”. Questa grave situazione di
persecuzione religiosa fu riprovata da Pio XI con le encicliche “Nos Es Muy
Conocida” del 28 Marzo 1937 ed “Iniquis Afflictisque” del 18 novembre 1926.
Una netta opposizione fu, infine, manifestata nei confronti della Russia
sovietica, contro il comunismo ateo, condannato dall'enciclica “Divini
Redemptoris” del 19 marzo 1937, e nei riguardi della Spagna repubblicana,
dichiaratamente antireligiosa. Qui, il governo repubblicano socialista di
Manuel Azaña Y Díaz proclamò che “da oggi la Spagna non è più cristiana”,
mirando a “laicizzare” lo Stato. La nuova costituzione vanificava ogni potere
della Chiesa, la religione cattolica era ridotta al rango d’associazione,
senza sostegno finanziario da parte statale, senza scuole, esposta agli
espropri; con il decreto 24 gennaio 1932 era dichiarata l’estinzione della
compagnia di Gesù e se ne confiscavano i beni; era introdotto, nel 1932, il
divorzio e il matrimonio civile ed abolito il reato di bestemmia; circa
seimila religiosi furono massacrati. Pio XI reagì duramente con l’enciclica
“Dilectissima Nobis” del 3 giugno 1933. Questi esempi dimostrano lo scontro
plurisecolare, sin dalla fondazione del Cristianesimo, tra il Regno di Cristo
e quello di Satana, e come, anche in epoca contemporanea, la regalità di
Cristo sia contestata, preferendo ad essa degli “idoli” politici, economici,
sociali e pseudo-religiosi.
Da santiebeati.it - autore: Francesco Patruno
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