La
Regola dei Templari
In questa pagina
appositamente dedicata, riportiamo il testo integrale,
tratto dall'originale latino, della Regola Primitiva
dell'Ordine del Tempio, Regola alla quale ancora oggi vari
Ordini si ispirano. Come si potrà constatare, la
Regola è durissima, e su di essa venivano stilati i vari
regolamenti interni delle Precettorie dell'Ordine, che
potevano differire tra loro, se pur di poco. La Regola
Primitiva è stata scritta da San Bernardo
di Chiaravalle, il quel riprese come traccia la regola
benedettina, forgiandola e rendendola ancora più dura e
difficile da rispettare. La Regola è composta da 72
articoli, di cui i primi 10 sono dedicati all'aspetto
monacale guerriero dell'Ordine. La Regola ha subito poi
diverse integrazioni e modifiche, l'ultima delle quali
apportata sotto il pontificato di Bonifacio VIII. Questa
edizione della Regola inizia con la descrizione della
presentazione al Concilio di Troyes nel 1118, con tutti i
nome dei padri conciliari presenti.
Regola
dei Poveri Commilitoni di Cristo e del Tempio di Salomone
"Il nostro (discorso)
si dirige innanzitutto con fermezza a tutti coloro, che
intendono rinunciare a seguire le proprie volontà, e
desiderano con purezza di spirito militare per il sommo e
vero Re, perché assumano l'armatura insigne
dell'obbedienza, adempiendola con particolarissima cura, e
la portino a perfezione con la perseveranza. Esortiamo
dunque voi che fino a questo momento avete abbracciato la
milizia secolare, nella quale Cristo non fu la causa, ma
per solo umano favore, perché facciate parte di coloro che
Dio ha eletto dalla massa di perdizione e per gratuita
pietà riunì per la difesa della santa Chiesa, vi
affrettiate ad associarvi perennemente. Ma innanzitutto,
chiunque sei, o soldato di Cristo, che hai scelto tale
santa conversazione, è necessario che usi una pura
diligenza verso la tua professione e una ferma
perseveranza; questa, che è conosciuta essere da Dio,
tanto degna santa e sublime, meriterai di ottenere forte,
tra i militanti, che diedero le loro anime per Cristo se
con purezza e perseveranza sarà osservata. In questo è
rifiorito e tornato a splendere l'ordine militare, che,
abbandonato lo zelo per la giustizia, mirava a non
difendere, come suo dovere, i poveri e le chiese, ma a
spogliare, rubare e uccidere. Si vive bene dunque con noi,
ai quali il Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo inviò i
suoi amici dalla santa città nelle terre di Francia e
Borgogna, e non cessano per la nostra salvezza diffusione
della vera fede di offrire le loro anime quale ostia
gradita a Dio. Noi dunque con infinita gratitudine e
fraterna pietà, convenuti, per le preghiere del maestro
Ugo, nel quale la sopraddetta milizia ebbe inizio, per
ispirazione dello Spirito Santo, dalle diverse zone della
provincia ultramontana nella solennità di sant'Ilario,
anno 1128 dell'incarnazione del Figlio di Dio, nono
dall'inizio della sopraddetta milizia presso Troyes, sotto
la guida di Dio, meritammo di ascoltare dalla bocca dello
stesso maestro Ugone il modo e l'osservanza dell'ordine
equestre secondo i singoli capitoli, e secondo la
comprensione della nostra esigua scienza, ciò che a noi
sembrava assurdo, e tutto ciò che nel presente concilio a
noi non poteva essere a emoria riferito ho detto, non per
leggerezza ma per saggezza affidammo per approvazione del
comune capitolo in modo unanime alla provvidenza e alla
discrezione del venerabile padre nostro Onorio, e
dell'inclito patriarca di Gerusalemme Stefano, per
sapienza necessità non ignari della religione orientale e
neppure dei poveri commilitoni di Cristo benchè il massimo
numero di padri religiosi presenti in quel concilio per
divina ispirazione raccomandi l'autorità del nostro
dettato, tuttavia non dobbiamo passare sotto silenzio i
loro pareri e le vere sentenze, io Giovanni Michele, per
ordine del concilio e del venerabile abate di Chiaravalle,
al quale questo era affidato e dovuto, ho meritato per
grazia divina di essere umile scrivano di questa pagina".
Nomi di padri presenti al concilio di Troyes
Presente come primo fu
il vescovo di Albano Matteo, legato per grazia di Dio
dalla santa Chiesa di Roma, poi Rainaldo arcivescovo di
Reims, terzo Enrico Arcivescovo di Sens, quindi i loro
corepiscopi, Ranchedo vescovo di Carnotensis, Golseno
Vescovo Soissons, il Vescovo di Parigi, il Vescovo di
Troyes, il Presule di Orleansm il Vescovo di Auxerre, il
Vescovo di Meaux, il Vescovo di Chalons, il Vescovo di
Laon, il Vescovo di Beauvais, l'Abate di Vezzelay che non
molto tempo dopo fu fatto Arcivescovo di Lione e legato
della Santa Romana Chiesa, l'Abate cirstercense, l'Abate
di Pontigny, l'Abate della Trois Fontain, l'Abate di S.
Denise di Reims, l'Abate di S.Etienne di Dijon, l'Abate di
Molesmes….., non mancò il soprannominato Abate Bernardo di
Chiaravalle il cui parere i soprascritti spontaneamente
approvavano, erano presenti anche il Maestro Alberico di
Reims, e il Maestro Fulcherio e molti altri che sarebbe
lungo enumerare, inoltre riguardo ai non elencati sembra
giusto che siano messi in mezzo come amanti della verità.
Il compagno Teobaldo, il compagno di Neverre e Andrea di
Baundemant, così assistevano al concilio, con attentissima
cura esaminavano ciò che era ottimo, temperavano ciò che a
loro appariva assurdo. Lo stesso Maestro Ugo con i suoi
discepoli espose ai soprannominati padri, secondo quanto
ricordava, il modo e l'osservanza della esigua origine del
suo ordine militare il quale prese inizio da colui che
dice: "Io, il Principio, che a voi parlo",. Piacque al
concilio che, esaminato diligentemente ivi il regolamento
con l'aiuto e la correzione delle Scritture, nonché con il
suggerimento del Papa dei Romani e del Patriarca dei
Gerosolimitani, avuto pure l'assenso del capito dei poveri
Cavalieri del Tempio, che è in Gerusalemme, fosse
consegnato allo scritto, perché non fosse dimenticato, e
indelebilmente fosse conservato: questo perché con retta
via meritassero di pervenire degnamente al loro creatore,
la cui dolcezza supera talmente il miele che a lui
comparato è più amaro dell'assenzio, per il quale
militano, e riposino dalla Milizia per gli infiniti secoli
dei secoli.
Amen.
Inizia
la Regola dei Poveri Commilitoni della Santa Città
Quale divino ufficio
debbano udire
Voi che rinunciate
alla propria volontà, e tutti gli altri che per la
salvezza della anime con coi militano per un certo tempo,
con cavalli e armi per il sommo re, abbiate cura di udire
con pio e puro desiderio nella sua totalità Matutini e
l'Integro Servizio, secondo l'istituzione canonica e la
consuetudine dei dottori regolari della Santa Città.
Soprattutto da voi,
venerabili fratelli, è dovuto il sommo grado, poiché
disprezzata la luce di questa vita, e superata la
preoccupazione dei vostri corpi, avete promesso di
disprezzare il mondo incalzante per amore di Dio per
sempre: rifocillati e saziati dal divino cibo, istituiti e
confermati dai precetti del Signore, dopo la consumazione
del Divino Mistero nessuno tema la battaglia, ma sia
preparato alla corona.
II
Dicano le preghiere del
Signore, se non hanno potuto udire il servizio di Dio
Inoltre se un fratello
lontano per caso per un impegno della cristianità
orientale (e questo più spesso non dubitiamo sia avvenuto)
non potesse udire per tale assenza il servizio di Dio: per
Matutini dica tredici orazioni del Signore e per le
singole ore, sette; per i Vespri, riteniamo se ne debbano
dire nove, e questo lo affermiamo unanimemente a libera
voce: Questi infatti impegnati così in un lavoro di
preservazione, non possono accorrere nell'ora opportuna al
Divino Ufficio. Ma se fosse possibile, nell'ora stabilita
non trascurino quanto dovuto per istituzione.
III
Che cosa fare per i
fratelli defunti
Quando uno dei
fratelli professi sacrifica ciò che è impossibile
strappare alla morte, che non risparmia nessuno, ciò che è
impossibile strappare: ai cappellani e ai sacerdoti che
con voi caritatevolmente e temporaneamente servono al
Sommo Sacerdote comandiamo con carità di offrire per la
sua anima a Cristo con purezza di spirito l'ufficio e la
Messa solenne. I fratelli ivi presenti, che pernottano
pregando per la salvezza del fratello defunto, dicano
cento orazioni del Signore fino al settimo giorno per il
fratello defunto: dal giorno in cui fu annunciata la morte
del fratello, fino al predetto giorno, il numero
centenario venga rispettato con fraterna osservanza nella
sua integrità con divina e misericordiosa carità
scongiuriamo, e con pastorale autorità, comandiamo, che
ogni giorno, come al fratello si dava e si doveva nelle
necessità così si dia ad un povero fino al quarantesimo
giorno ciò che è necessario al sostentamento di questa
vita, per quanto riguarda cibo e bevanda. Del tutto
proibiamo ogni altra offerta, che nella morte dei
fratelli, e nella solennità di Pasqua, inoltre nelle altre
solennità, la spontanea povertà dei poveri commilitoni di
Cristo era solita in modo esagerato dare al Signore.
IV
I cappellani abbiano
soltanto vitto e vestito
Comandiamo che per
comune accordo del capitolo le altre offerte e tutte le
altre specie di elemosine, in qualunque modo siano,
vengano date con attenta cura ai cappellani o gli altri
che restano temporaneamente. Perciò i servitori della
Chiesa abbiano soltanto vitto e vestito secondo
l'autorità, e non pretendano di avere nulla di più, tranne
che i maestri spontaneamente e caritatevolmente abbiano
dato.
V
I soldati temporanei
defunti
Vi sono tra di noi dei
soldati che temporaneamente e misericordiosamente
rimangono della casa di Dio, e Tempio di Salomone. Perciò
con ineffabile supplica vi preghiamo, scongiuriamo, e
anche con insistenza comandiamo, che nel frattanto la
tremenda potestà avesse condotto qualcuno all'ultimo
giorno, per amore di Dio, fraterna pietà, un povero abbia
sette giorni di sostentamento per la sua anima.
VI
Nessun fratello professo
faccia un'offerta
Abbiamo decretato,
come più sopra fu detto, che nessuno dei fratelli professi
presuma di trattare un'altra offerta: ma giorno e notte
con cuore puro rimanga nella sua professione, perché sia
in grado di eguagliare il più santo dei profeti in questo:
prenderò il calice della salvezza, e nella mia morte
imiterò la morte del Signore: poiché come Cristo diede la
sua anima per me, così anche io sono pronto a dare l'anima
per i fratelli,, ecco l'offerta giusta: ecco l'ostia viva
gradita a Dio.
VII
Non esagerare nello stare
in piedi
Abbiamo sentito con le
nostre orecchie un teste sincerissimo, che voi assistete
al divino ufficio stando costantemente in piedi: questo
non comandiamo anzi vituperiamo: comandiamo che finito il
salmo, "Venite esultiamo al Signore" con l'invitatorio e
l'inno, tutti siedano tanto i forti quanto ai deboli, per
evitare scandalo. Voi che siete presenti, terminato ogni
salmo, nel dire "Gloria al Padre", con atteggiamento
supplice alzatevi dai vostri scanni verso gli altari, per
riverenza alla Santa Trinità ivi nominata, e insegnammo ai
deboli il modo di chinarsi. Così anche nella proclamazione
del Vangelo, e al "Te Deum laudamus", e durante tutte le
Lodi, finché finito "Benediciamo il Signore", cessiamo di
stare in piedi, comandiamo anche che la stessa regola sia
tenuta nei Matutini di S. Maria.
VIII
Il riunirsi per il pasto
In un palazzo, ma
sarebbe meglio dire refettorio, comunitariamente riteniamo
che voi assumiate il cibo, dove, quando ci fosse una
necessità, a causa della non conoscenza dei segni,
sottovoce e privatamente è opportuno chiedere. Così in
ogni momento le cose che vi sono necessario con ogni
umiltà e soggezione di reverenza chiedete durante la
mensa, poiché dice l'apostolo: Mangia il tuo pane in
silenzio. E il Salmista vi deve animare, quando dice: Ho
posto un freno alla mia bocca, cioè ho deciso dentro di
me, perché non venissi meno nella lingua cioè custodivo la
mia bocca perché non parlassi malamente.
IX
La lettura
Nel pranzo e nella
cena sempre si faccia una santa lettura. Se amiamo il
signore, dobbiamo desiderare di ascoltare attentamente le
sue parole salutifere e i suoi precetti. Il lettore vi
intima il silenzio.
X
Uso della carne
Nella settimana, se
non vi cadono il Natale del Signore, o la Pasqua, o la
festa di S. Maria, o di tutti i Santi, vi sia sufficiente
mangiare tre volte la carne: l'abituale mangiare la carne
va compresa quale grave corruzione del corpo. Se nel
giorno di Marte cadesse il digiuno, per cui l'uso della
carne è proibito, il giorno dopo sia dato a voi più
abbondantemente. Nel giorno del Signore appare senza
dubbio, opportuno dare due portate a tutti i soldati
professi e ai cappellani in onore della Santa
Resurrezione. Gli altri invece, cioè gli armigeri e gli
aggregati, rimangono contenti di uno, ringraziando.
XI
Come debbono mangiare i
soldati
E' opportuno
generalmente che mangino due per due, perché l'uno
sollecitamente provveda all'altro, affinché la durezza
della vita, o una furtiva astinenza non si mescoli in ogni
pranzo. Questo giudichiamo giustamente, che ogni soldato o
fratello abbia per sé solo una uguale ed equivalente
misura di vino.
XII
Negli altri giorni siano
sufficienti due o tre portate di legumi
Negli altri giorni
cioè nella seconda e quarta feria nonché il sabato,
riteniamo che siano sufficienti per tutti due o tre
portate di legumi o di altri cibi, o che si dica
companatici cotti: e così comandiamo che ci si comporti,
perché chi non possa mangiare dell'uno sia rifocillato
dall'altro.
XIII
Con quale cibo è
necessario cibarsi nella feria sesta
Nella feria sesta
riteniamo lodevole accontentarsi di prendere solamente un
unico cibo quaresimale per riverenza alla passione, tenuto
conto però della debolezza dei malati, a partire dalla
festa dei santi fino a Pasqua, tranne che capiti il Natale
del Signore o la festa di S. Maria o degli Apostoli. Negli
altri tempi, se non accadesse un digiuno generale, si
rifocillino due volte.
XIV
Dopo il pranzo sempre
rendano grazie
Dopo il pranzo e la
cena sempre nella chiesa, se è vicina, o, se così non è,
nello stesso luogo, come conviene, comandiamo che con
cuore umiliato immediatamente rendano grazie al sommo
procuratore nostro: che è Cristo: messi in disparte in
pani interi, si comanda di distribuire come dovuto per
fraterna carità ai servi o ai poveri i resti.
XV
Il decimo del pane sia
sempre dato all'elemosiniere
Benché il premio della
povertà che è il regno dei cieli senza dubbio spetti ai
poveri: a voi tuttavia, che la fede cristiano vi confessa
indubitabilmente parte di quelli, comandiamo che il decimo
di tutto il pane quotidianamente consegniate al vostro
elemosiniere.
XVI
La colazione sia secondo
il parere del maestro
Quando il sole
abbandona la regione orientale e discende nel sonno, udito
il segnale, come è consuetudine di quella regione, è
necessario che tutti voi vi rechiate a Compieta, ma prima
desideriamo che assumiate un convivio generale. Questo
convivio poniamo nella disposizione e nella discrezione
del maestro, perché quando voglia sia composto di acqua;
quando con benevolenza comanderà, di vino opportunamente
diluito. Questo non è necessario che conduca a grande
sazietà o avvenga nel lusso, ma si parco; infatti vediamo
apostatare anche i sapienti.
XVII
Terminata la Compieta si
conservi il silenzio
Finita la Compieta è
necessario recarsi al giaciglio. Ai fratelli che escono da
Compieta non venga data licenza di parlare in pubblico, se
non per una necessità impellente; quanto sta per dire al
suo scudiero sia detto sommessamente. Forse può capitare
che in tale intervallo per voi che uscite da Compieta, per
grandissima necessità di un affare militare, o dello stato
della nostra casa, perché il giorno non è stato
sufficiente, sia necessario che lo stesso maestro parli
con una parte dei fratelli, oppure colui al quale è dovuto
il comando della casa come maestro. Così questo comandiamo
che avvenga; poiché è scritto: Nel molto parlare non
sfuggirai al peccato. E altrove: La morte e la vita nelle
mani della lingua. In questo colloquio proibiamo la
scurrilità, le parole inutili e ciò che porta al riso: e a
voi che vi recate a letto, se qualcuno ha detto qualcosa
di stolto, comandiamo di dire l'orazione del Signore con
umiltà e devota purezza.
XVIII
Gli stanchi non si alzino
per i Matutini
Non approviamo che i
soldati stanchi si alzino per i Matutini, come è a voi
evidente: ma con l'approvazione del maestro, o di colui al
quale fu conferito dal maestro, riteniamo unanimemente che
essi debbano riposare e cantare le tredici orazioni
costituite, in modo che la loro mente concordi con la voce
secondo quanto detto dal profeta: Salmeggiate al Signore
con sapienza: e ancora: al cospetto degli angeli
salmeggerò a te. Ma questo deve dipendere dal consiglio
del maestro.
XIX
Sia conservata comunità
di vitto tra i fratelli
Si legge nella pagina
Divina: Si divideva ai singoli, come era necessario per
ciascuno. Perciò non diciamo che vi sia accezione di
persone ma vi deve essere considerazione delle malattie.
Quando uno ha meno bisogno, ringrazi Dio, e non si
rattristi: colui che ha bisogno si umili per l'infermità,
non si innalzi per la misericordia, e così tutte le membra
saranno in pace. Ma questo proibiamo ché a nessuno sia
lecito abbracciare una astinenza fuori posto, ma conducano
una vita comune costantemente.
XX
Qualità e stile del
vestito
Comandiamo che i
vestiti siano sempre di un unico colore, ad esempio
bianchi, o neri, o, per così dire, bigi. A tutti i soldati
professi in inverno e in estate, se è possibile,
concediamo vesti bianche, cosicché coloro che avranno
posposto una vita tenebrosa, riconoscano di doversi
riconciliare con il loro Creatore, mediante una vita
trasparente e bianca. Che cosa di bianco, se non l'integra
castità? La castità è sicurezza della mente, e sanità del
corpo. Infatti ogni militare, se non avrà preservato nella
castità, non potrà raggiungere la pace perpetua e vedere
Dio; come attesta l'apostolo San Paolo: Seguiamo la pace
con tutti e la castità, senza cui nessuno vedrà il
Signore. Ma perché una sia di questo stile deve essere
privo della nota arroganza e del superfluo; comandiamo a
tutti che abbiano tali cose affinché ciascuno da solo sia
capace senza clamore di vestirsi e svestirsi, mettersi i
calzari e levarseli. Il procuratore di questo ministero
con vigile cura sia attento nell'evitare questo, coloro
che ricevono abiti nuovi, restituiscano subito i vecchi,
da riporre in camera, o dove il fratello ci spetta il
compito avesse deciso, perché possano servire agli
scudieri o agli aggregati, oppure ai poveri.
XXI
I servi non portino vesti
bianche, cioè pallii
Decisamente
disapproviamo quanto era nella casa di Dio e del tempio
dei suoi soldati, senza discrezione e decisione del comune
capitolo, e comandiamo, che venga radicalmente eliminato
quasi fosse un vizio proprio. I servi e gli scudieri
portavano una volta vestiti bianchi, donde derivavano
danni. Sorsero infatti in zone ultra montane alcuni falsi
fratelli, sposati, ed altri, che dissero di appartenere al
Tempio, mentre sono del mondo. Costoro procurarono tante
ingiurie e tanti danni all'ordine militare, e gli
aggregati presuntuosi come professi insuperbendo fecero
nascere numerosi scandali. Portino quindi sempre vestiti
neri: nel caso in cui questi non possano essere trovati,
abbiano quelli che si possano trovare nella provincia in
cui abitano, o quanto può essere avvicinato alla più
semplice di un unico colore, cioè bigio.
XXII
I soldati professi
portino solo vestiti bianchi
A nessuno è concesso
portare tuniche candide, o avere pallii bianchi, se non ai
nominati soldati.
XXIII
Si usino solo pelli di
agnelli
Abbiamo deciso di
comune accordo, che nessun fratello professo abbia pelli
di lunga durata perenne o pelliccia o qualcosa di simile,
e che serva al corpo, anche per coprirlo se non di agnelli
o arieti.
XXIV
I vecchi vestiti siano
dati agli scudieri
Il procuratore o
datore dei vestiti con ogni attenzione dia i vecchi abiti
sempre agli scudieri e agli aggregati, e talvolta ai
poveri, agendo con fedeltà ed equità.
XXV
Chi brama le cose
migliori abbia le peggiori
Se un fratello
professo, o perché gli è dovuto o perché mosso da superbia
volesse abiti belli o ottimi, meriterebbe per tale
presunzione senza dubbio quelli più umili.
XXVI
Sia rispettata la qualità
e la quantità dei vestiti
E' necessario
osservare la quantità secondo la grandezza dei corpi e la
larghezza dei vestiti: colui che consegna gli abiti sia in
questo attento.
XXVII
Colui che consegna i
vestiti conservi innanzitutto l'uguaglianza
Il procuratore con
fraterno intuito consideri la lunghezza, come sopra fu
detto, con la stessa attenzione, perché l'occhio dei
sussurratori o dei calunniatori non presuma di notare
alcunché: e in tutte queste cose, umilmente mediti la
ricompensa di Dio.
XXVIII
L'inutilità dei capelli
Tutti i fratelli,
soprattutto i professi, è bene che portino capelli in modo
che possano essere considerati regolari davanti e dietro e
ordinati; e nella barba e nei baffi si osservi senza
discussione la stessa regola, perché non si mostri o
superficialità o il vizio della frivolezza.
XXIX
Circa gli speroni e le
collane
Chiaramente gli
speroni e le collane sono una questione gentilizia. E
poiché questo è riconosciuto abominevole da tutti,
proibiamo e rifiutiamo l'autorizzazione a possederli, anzi
vogliamo che non ci siano. A coloro che prestano servizio
a tempo non permettiamo di avere né speroni, né collane,
né capigliatura vanitosa, né esagerata lunghezza di
vestiti, anzi del tutto proibiamo. A coloro che servono al
sommo creatore è sommamente necessaria la mondezza interna
ed esterna, come egli stesso attesta, dicendo: Siate
mondi, perché Io sono mondo.
XXX
Numero dei cavalli e
degli scudieri
A ciascun soldato è
lecito possedere tre cavalli, poiché l'insigne povertà
della casa di Dio e del Tempio di Salomone non permette di
aumentare oltre, se non per licenza del maestro.
XXXI
Nessuno ferisca uno
scudiero che serve gratuitamente
Concediamo ai singoli
militari per la stessa ragione un solo scudiero. Ma se
gratuitamente e caritatevolmente quello scudiero
appartiene a un soldato, a costui non è lecito
flagellarlo, e neppure percuoterlo per qualsiasi colpa.
XXXII
In che modo siano
ricevuti coloro che restano a tempo
Comandiamo a tutti i
soldati che desiderano servire a tempo a Gesù Cristo con
purezza d'animo nella stessa casa, di comprare fedelmente
cavalli idonei in questo impegno quotidiano, e armi e
quanto è necessario. Abbiamo anche giudicato, tutto
considerato, che sia cosa buona e utile valutare i
cavalli. Si conservi perciò il prezzo per iscritto perché
non venga dimenticato: quanto sarà necessario al soldato,
o ai suoi cavalli, o allo scudiero, aggiunti i ferri dei
cavalli secondo la facoltà della casa, sia acquistato
dalla stessa casa con fraterna carità. Se frattanto il
soldato per qualche evento perdesse i suoi cavalli in
questo servizio; il maestro per quanto può la casa, ne
procurerà altri. Al giungere del momento di rimpatriare,
lo stesso soldato conceda la metà del prezzo per amore
divino, e se a lui piace, riceva l'altra dalla comunità
dei fratelli.
XXXIII
Nessuno agisca secondo la
propria volontà
E' conveniente a
questi soldati, che stimano niente di più caro loro di
Cristo, che per il servizio, secondo il quale sono
professi, e per la gloria della somma beatitudine, o il
timore della geenna, prestino continuamente obbedienza al
maestro. Occorre quindi che immediatamente, se qualcosa
sia stato comandato dal maestro, o da colui al quale è
stato dato mandato dal maestro, senza indugio, come fosse
divinamente comandato, nel fare non conoscano indugio. Di
questi tali la stessa verità dice: Per l'ascolto
dell'orecchio mi ha obbedito.
XXXIV
Se è lecito andare senza
comando del maestro in un luogo isolato
Scongiuriamo, e
fermamente loro comandiamo, che i generosi soldati che
hanno rinunciato alla propria volontà, e quanti sono
aggregati, senza la licenza del maestro, o di colui cui fu
conferito, di non permettersi di andare in un luogo
isolato, eccetto di notte al sepolcro, in armi, e
sorvegliare, poiché l'astuto nemico colpisce di giorno e
di notte, o a quei luoghi che sono inclusi nelle mura
della santa città.
XXXV
Se è lecito camminare da
soli
Coloro che viaggiano,
non ardiscano iniziare un viaggio né di giorno né di
notte, senza un custode, cioè un soldato o un fratello
professo. Infatti dopo che furono ospitati nella milizia,
nessun militare, o scudiero o altro, si permetta di andare
per vedere negli atri degli altri militari, o per parlare
con qualcuno, senza permesso, come fu detto sopra. Perciò
affermiamo saggiamente, che in tale casa ordinata da Dio,
nessuno secondo il suo possesso svolga il proprio servizio
o riposi; ma secondo il comando del maestro ciascuno
agisca così che imiti la sentenza del Signore, con cui ha
detto: Non sono venuto a fare la mia volontà, ma di Colui
che mi ha mandato.
XXXVI
Nessuno chieda
singolarmente ciò che è a lui necessario
Comandiamo, che sia
scritta tra le altre come propria questa consuetudine e
posta ogni attenzione confermiamo perché si eviti di
cercare il vizio. Nessun fratello professo, deve chiedere
che gli sia assegnato personalmente un cavallo o una
cavalcatura o delle armi. In che modo? Se la sua malattia,
o la debolezza dei sui cavalli, o la scarsezza delle sue
armi, fosse riconosciuta tale, che avanzare così sia un
danno comune: si rechi dal maestro, o da colui chi è
dovuto il ministero dopo il maestro, e gli esponga la
causa con sincerità e purezza: infatti la cosa va risolta
nella decisione del maestro, o del suo procuratore.
XXXVII
I morsi e gli speroni
Non vogliamo che mai
oro o argento che sono ricchezze particolari appaiano nei
morsi o nei pettorali, né gli speroni, o nei finimenti, né
sia lecito ad alcun fratello professo acquistarli. Se per
caso tali vecchi strumenti fossero stati dati in dono,
l'oro o l'argento siano colorati in modo che il colore o
il decoro non appaia arroganza in mezzo agli altri. Se
fossero stati dati nuovi, il maestro faccia ciò che vuole
di queste cose.
XXXVIII
Sulle aste e sugli scudi
non venga posta una copertura
Non si abbia una
copertura sopra gli scudi e le aste, perché secondo noi
questo non è proficuo, anzi dannoso.
XXXIX
L'autorizzazione del
maestro
Al maestro è lecito
dare cavalli o armi a chiunque, o a chi ritiene opportuno
qualunque altra cosa.
XL
Sacco e baule
Non sono permessi
sacco e baule con il lucchetto: così siano presentati,
perché non si posseggano senza il permesso del maestro, o
di colui a cui furono affidati i compiti della casa e i
compiti in sua vece. Da questa norma sono esclusi i
procuratori e coloro che abitano in provincie diverse, e
neppure è inteso lo stesso maestro.
XLI
L'autorizzazione scritta
In nessun modo a un
fratello sia lecito ricevere, o dare, dai propri parenti,
né qualsiasi uomo, né dall'uno all'altro, senza il
permesso del maestro o del procuratore. Dopo che un
fratello avrà avuto licenza, alla presenza del maestro, se
così a lui piace, siano registrati. Nel caso che dai
parenti sia indirizzato a lui qualcosa, non si permetta
riceverla, se prima non è stato segnalato al maestro. In
questa norma non sono inclusi il maestro e i procuratori
della casa.
XLII
La confessione delle
proprie colpe
Poiché ogni parola
oziosa si sa che genera il peccato, che cosa essi diranno
ostentatamente riguardo alle proprie colpe davanti al
severo giudice. Dice bene il profeta che se occorre
astenersi dai buoni discorsi per il silenzio, quanto più
occorre astenersi dalle cattive parole per la penda del
peccato. Vietiamo quindi che un fratello professo osi
ricordare con un suo fratello, o con qualcun altro, per
meglio dire, le stoltezze, che nel secolo nel servizio
militare compì in modo enorme, e i piaceri della carne con
sciaguratissime donne, o qualsiasi altra cosa: e se per
caso avesse sentito qualcuno che riferisce tali cose, lo
faccia tacere, o appena può si allontani per obbedienza, e
al venditore d'olio non offra il cuore.
XLIII
Questua e accettazione
Se a un fratello fosse
stata data qualcosa senza averla chiesta, la consegni al
maestro o all'economo: se un altro suo amico o parente non
volesse che fosse usata se non da lui, questa non riceva
fino a quando abbia il permesso del maestro. Colui al
quale sarà stata data la cosa, non dispiaccia che venga
data ad un altro: sappia per certo, che se si arrabbiasse
per questo, agisce contro Dio. Nella sopraddetta regola
non sono contenuti gli amministratori ai quali in modo
speciale è affidato e concesso il ministero riguardo al
sacco e al baule.
XLIV
I sacchi per il cibo sui
cavalli
E' utile a tutti che
questo ordine da noi stabilito sia rispettato senza
eccezioni. Nessun fratello presuma di confezionare sacchi
per il cibo di lino o di lana, preparati con troppa cura:
non ne abbia se non di panno grezzo.
XLV
Nessuno osi cambiare o
domandare
Nessuno presuma di
cambiare le sue cose, fratello con il fratello, senza
l'autorizzazione del maestro, e chiedere qualcosa, se non
fratello al fratello, purché la cosa sia piccola, vile,
non grande.
XLVI
Nessuno catturi un
uccello con un uccello, neppure proceda con il richiamo
Noi giudichiamo con
sentenza comune che nessuno osi catturare un uccello con
un uccello. Non conviene infatti aderire alla religione
conservando i piaceri mondani, ma ascoltare volentieri i
comandamenti del Signore, frequentemente applicarsi alle
preghiere, confessare a Dio i propri peccati con lacrime e
gemito quotidianamente nella preghiera. Nessun fratello
professo per questa causa principale presuma di
accompagnarsi con un uomo che opera con il falco o con
qualche altro uccello.
XLVII
Nessuno colpisca una
fiera con l'arco o la balestra
E' conveniente
camminare in atteggiamento pio, con semplicità, senza
ridere, umilmente, non pronunciando molte parole, ma
ragionando, e non con voce troppo elevata. Specialmente
imponiamo e comandiamo ad ogni fratello professo di non
osare entrare in un bosco con arco o balestra o lanciare
dardi: non vada con colui che fece tali cose se non per
poterlo salvare da uno sciagurato pagano: né osi gridare
con un cane né garrire; né spinga il suo cavallo per la
bramosia di catturare la fiera.
XLVIII
Il leone sia sempre
colpito
Infatti è certo, che a
voi fu specialmente affidato il compito di offrire la vita
per i vostri fratelli, e eliminare dalla terra gli
increduli, che sempre minacciano il Figlio della Vergine.
Del leone questo leggiamo, perché egli circuisce cercando
chi divorare, e le sue mani contro tutti, e le mani di
tutti contro lui.
XLIX
Ascoltate il giudizio
riguardo a quanto è chiesto su di voi
Sappiamo che i
persecutori della Santa Chiesa sono senza numero, e si
affrettano incessantemente e sempre più crudelmente ad
inquietare coloro che non amano le contese. In questo si
tenga la sentenza del Concilio fatta con serena
considerazione, che se qualcuno nelle parti della regione
orientale, o in qualunque altro luogo chiedesse qualcosa
su di voi, a voi comandiamo di ascoltare il giudizio
emesso da giudici fedeli e amanti del vero; e ciò che sarà
giusto, comandiamo che voi compiate senza esitazione.
L
In ogni cosa sia tenuta
questa regola
Questa stessa regola
comandiamo che venga tenuta per sempre in tutte le cose
che immeritatamente sono state a voli tolte.
LI
Quando è lecito a tutti i
militari professi avere una terra e degli uomini
Crediamo che per
divina provvidenza nei santi luoghi prese inizio da voi
questo genere nuovo di religione che cioè alla religione
sia unita la milizia e così per la religione proceda
armata mediante la milizia, o senza colpa colpisca il
nemico. Giustamente quindi giudichiamo, poiché siamo
chiamati soldati del Tempio che voi stessi per l'insigne e
speciale merito di probità abbiate casa, terra, uomini,
contadini e giustamente li governate: e a voi è dovuto in
modo particolare quanto stabilito.
LII
Ai malati sia dedicata
un'attenzione particolare
Ai fratelli che stanno
male occorre prestare una cura attentissima, come si
servisse a Cristo in loro: il detto evangelico, sono stato
infermo e mi visitaste sia attentamente ricordato. Costoro
vanno sopportati pazientemente, perché mediante loro senza
dubbio si acquista una retribuzione superiore.
LIII
Agli infermi sia sempre
dato ciò che è necessario
Agli assistenti degli
infermi comandiamo con ogni osservanza e attenta cura, che
quanto è necessario per le diverse malattie, fedelmente e
diligentemente, secondo le possibilità della casa sia loro
amministrato, ad esempio, carne e volatili ed altro, fino
quando siano restituiti alla sanità.
LIV
Nessuno provochi l'altro
all'ira
Massima attenzione va
posta perché qualcuno non presuma di provocare l'altro
all'ira: infatti la somma clemenza della vicina divina
fraternità congiunse tanto i poveri quanto i potenti.
LV
In che modo siano accolti
i fratelli sposati
Permettiamo a voi di
accogliere i fratelli sposati in questo modo, se chiedono
il beneficio e la partecipazione della vostra fraternità,
entrambi concedano una parte della loro sostanza e quanto
avessero ad acquistare lo diano all'unità del comune
capitolo dopo la loro morte, e frattanto conducano una
vita onesta, e si studino di agire bene verso i fratelli,
ma non portino la veste candida e il mantello bianco. Se
il marito fosse morto prima, lasci la sua parte ai
fratelli: la moglie ricavi il sostegno della vita
dall'altra parte. Consideriamo infatti questo ingiusto che
fratelli di questo tipo risiedano nella stessa casa dei
fratelli che hanno promesso la castità a Dio.
LVI
Non si abbiano più
sorelle
Riunire ancora sorelle
è pericoloso: l'antico nemico a causa della compagnia
femminile cacciò molti dalla retta via del paradiso.
Perciò, fratelli carissimi, perché sempre tra voi sia
visibile il fiore dell'integrità, non è lecito mantenere
ancora questa consuetudine.
LVII
I fratelli del Tempio non
abbiano parte con gli scomunicati
Questo, fratelli è da
evitare e da temere, che qualcuno dei soldati di Cristo in
qualche modo si unisca ad una persona scomunicata
singolarmente e pubblicamente, o presuma di ricevere le
sue cose, perché la scomunica non sia simile al marantha
(vieni Signore). Ma se fosse soltanto interdetto, non sarà
fuori posto avere parte con lui, e ricevere
caritatevolmente le sue cose.
LVIII
In che modo vanno
ricevuti i soldati secolari
Se un soldato dalla
massa della perdizione, o un altro secolare, volendo
rinunziare al mondo, volesse scegliere la nostra comunione
e vita, non si dia a lui subito l'assenso, ma secondo la
parola di Paolo, provate gli spiriti se sono da Dio così a
lui sia concesso l'ingresso. Si legga dunque la Regola in
sua presenza: e se costui ottempererà diligentemente ai
comandi di questa esimia Regola, allora se al maestro e ai
fratelli sarà piaciuto riceverlo, convocati i fratelli
esponga con purezza d'animo a tutti il suo desiderio e la
sua richiesta. In seguito il termine della prova dipenda
in tutto dalla considerazione e dalla decisione del
maestro, secondo l'onestà di vita del richiedente.
LIX
Non siano chiamati tutti
i fratelli al consiglio privato
Comandiamo che non
sempre siano convocati al consiglio tutti i fratelli, ma
solo quelli che il maestro avrà ritenuto idonei e
provvidenziali per il consiglio. Quando volesse trattare
le questioni maggiori, quale dare la terra comune, o
discutere dell'Ordine stesso, o ricevere un fratello:
allora è opportuno convocare tutta la congregazione, se
così ritiene il maestro; udito il parere di tutto il
capitolo, quanto di meglio e di più utile il maestro avrà
ritenuto opportuno, questo si faccia.
LX
Devono pregare in
silenzio
Comandiamo con parere
concorde che, come avrà richiesto la propensione
dell'anima e del corpo, i fratelli preghino in piedi o
seduti: tuttavia con massima riverenza con semplicità,
senza chiasso, perché uno non disturbi l'altro.
XI
Ricevere la fede dei
serventi
Abbiamo saputo che
molti da diverse province, tanto aggregati, quanto
scudieri desiderano vincolarsi nella nostra casa a tempo
con animo fervoroso per la salvezza delle anime. E' utile
che riceviate la fede loro, affinché per caso l'antico
nemico non intimi loro nel servizio di Dio alcunché
furtivamente o indecentemente, o li distolga
improvvisamente dal buon proposito.
LXII
I fanciulli, fin quando
sono piccoli, non siano ricevuti tra i fratelli del Tempio
Quantunque la Regola
dei Santi Padri permetta di avere dei fanciulli in una
congregazione, noi non riteniamo di dover caricare voi di
tale peso. Chi volesse dare in perpetuo suo figlio, o un
suo congiunto, nella religione militare: lo nutra fino
agli anni, in cui virilmente con mano armata possa
eliminare dalla Terra Santa i nemici di Cristo: in seguito
secondo la Regola il padre o i genitori lo pongano in
mezzo ai fratelli, e rendano nota la sua richiesta. E'
meglio nella fanciullezza non giurare, piuttosto che
diventato uomo ritirarsi in modo clamoroso.
LXIII
Sempre i vecchi siano
venerati
E' bene che i vecchi
con pia considerazione, secondo la debolezza delle forze
siano sopportati e diligentemente onorati: i nessun modo
si usi severità in quanto la tolleranza è necessaria per
il corpo, salva tuttavia l'autorità della Regola.
LXIV
I fratelli che partono
per diverse province
I fratelli che si
incamminano per diverse province, per quanto lo permettano
le forze, si impegnino a osservare la Regola nel cibo e
nella bevanda e nelle altre cose, e vivano in modo
irreprensibile, perché abbiano buona testimonianza da
coloro che stanno fuori: non macchino il proposito di
religione né con parola né con atto, ma soprattutto a
coloro, con i quali si sono incontrati, offrano esempio e
sostanza di sapienza e di buone opere. Colui presso il
quale avranno deciso di alloggiare, abbia buona fama: e,
se è possibile, la casa dell'ospite in quella notte non
manchi della candela, affinché il nemico tenebroso non
procuri la morte, Dio non voglia. Quando avranno sentito
di riunire soldati non scomunicati, diciamo che colà
devono andare non preoccupandosi di una utilità temporale,
quanto piuttosto della salvezza eterna delle loro anime.
Ai fratelli diretti nelle zone aldilà del mare con la
speranza di essere trasportati, raccomandiamo di ricevere
con questa convenzione coloro che avessero voluto unirsi
in perpetuo all'Ordine militare: entrambi si presentino al
Vescovo di quella provincia e il presule ascolti la
volontà di colui che chiede. Ascoltata la richiesta, il
fratello lo invii al maestro e ai fratelli che si trovano
nel Tempio che è in Gerusalemme: e se la sua vita è onesta
e degna di tale appartenenza, misericordiosamente sia
accolto, se questo sembra bene al maestro e ai fratelli.
Se nel frattempo morisse, a causa del lavoro e della
fatica, come a un fratello, a lui sia riconosciuto tutto
il beneficio e la fraternità dei poveri e dei commilitoni
di Cristo.
LXV
A tutti sia distribuito
in modo uguale il vitto
Riteniamo anche che
questo in modo congruo e ragionevole sia rispettato, che a
tutti i fratelli professi sia dato cibo in eguale misura
secondo la possibilità del luogo: non è infatti utile
l'accezione delle persone, ma è necessario considerare le
indisposizioni.
LXVI
I soldati abbiano le
decime del Tempio
Crediamo che avendo
abbandonato le ricchezze a voi donate abbiate ad essere
soggetti alla spontanea povertà, per cui in questo modo
abbiamo dimostrato in quale modo spettino a voi che vivete
in vita comune le decime. Se il Vescovo della chiesa, al
quale è dovuta giustamente la decima, avrà voluto darla a
voi caritatevolmente: deve dare a voi le decime che allora
la Chiesa sembra possedere con il consenso del capitolo
comune. Se un laico dovesse impossessarsi di essa (decima)
o sottrarla dal suo patrimonio in modo condannabile, e
confessando la propria colpa avrà voluto lasciare a voi la
stessa: secondo la discrezione di colui che presiede
questo può essere fatto, senza il consenso del capitolo.
LXVII
Le colpe leggere e gravi
Se un fratello avrà
sbagliato in modo lieve nel parlare, nell'agire o
altrimenti, egli stesso confessi al maestro il suo peccato
con l'impegno della soddisfazione. Per le cose lievi, se
non esiste una consuetudine, ci sia una lieve penitenza.
Nel caso in cui tacesse e la colpa fosse conosciuta
attraverso un altro, sia sottoposto a una disciplina e ad
una riparazione maggiore e più evidente.
Se la colpa sarà
grave, si allontani dalla familiarità dei fratelli, né
mangi con loro alla stessa mensa, ma da solo assuma il
pasto. Il tutto dipenda dalla decisione e dall'indicazione
del maestro, affinché sia salvo nel giorno del giudizio.
LXVIII
Per quale colpa il
fratello non sia più accolto
Soprattutto occorre
provvedere che, nessun fratello, sia potente o impotente,
forte o debole, voglia esaltarsi e poco a poco
insuperbire, difendere la propria colpa, possa rimanere
indisciplinato: ma, se non avrà voluto correggersi, a lui
venga data una correzione più severa. Che se non avrà
voluto correggersi con pie ammonizioni e per le preghiere
a lui innalzate, ma si sarà innalzato sempre più nella
superbia: allora secondo l'apostolo, sia sradicato dal pio
gregge: togliete il male da voi: è necessario che la
pecora malata sia allontanata dalla società dei fratelli
fedeli. Inoltre il maestro che deve tenere in mano il
bastone e la verga (cioè il bastone, con cui sostenga le
debolezze delle altre forze, la verga con cui colpisca con
lo zelo della rettitudine i vizi di coloro che vengono
meno) con il consiglio del Patriarca e con una
considerazione spirituale sul da farsi affinché, come dice
il beato Massimo, la più libera clemenza non approvi
l'arroganza del peccatore, né l'esagerata severità non
richiami dall'errore chi sbaglia.
LXIX
Dalla solennità di Pasqua
fino a Tutti i Santi si possa soltanto portare una camicia
di lino
Per il grande caldo
della regione orientale, consideriamo compassionevolmente,
che dalla festa di Pasqua fino alla solennità di Tutti i
Santi, si dia a ciascuno una unica camicia di lino, non
per il dovuto, ma per sola grazia, e questo dico per chi
vorrà usufruire di essa. Negli altri tempi generalmente
tutti portino camicie di lana.
LXX
Quanti e quali panni
siano necessari nel letto
Per coloro che dormono
nei singoli letti riteniamo di comune consiglio, se non
sopravviene qualche grave causa o necessità: ciascuno
abbia biancheria secondo la discreta assegnazione del
maestro: crediamo infatti che a ciascuno sia sufficiente
un pagliericcio, un cuscino e una coperta. Colui che manca
di uno di questi, prenda una stuoia, e in ogni tempo sarà
lecito usufruire di una coperta di lino, cioè un panno:
dormano vestiti con la camicia, e sempre dormano
indossando gli stivali. Mentre i fratelli dormono, fino al
mattino non manchi la lucerna.
LXXI
Va evitata la
mormorazione
Comandiamo a voi, per
divino ammonimento di evitare, quasi peste da fuggire, le
emulazioni, il livore, le mormorazioni, il sussurrare, le
detrazioni. Si impegni ciascuno con animo vigile, a non
incolpare o riprendere il suo fratello ma ricordi tra se
la parola dell'apostolo: non essere un accusatore, né
diffamatore del popolo. Quando qualcuno avrà conosciuto
che un fratello ha peccato in qualcosa, in pace e fraterna
pietà, secondo il precetto del Signore, lo corregga tra sé
e lui solo: e se non lo avrà ascoltato prenda un altro
fratello: ma se avrà disprezzato entrambi, in riunione
davanti al capitolo tutto sia rimproverato. Soffrono di
grave cecità, coloro che calunniano gli altri; sono di
grande infelicità coloro che non si guardano dal livore:
da qui sono immersi nell'antica iniquità dell'astuto
nemico.
LXXII
Si evitino i baci di
tutte le donne
Riteniamo pericoloso per
ogni religioso fissare lungamente il volto delle donne:
perciò un fratello non osi baciare né una vedova, né una
nubile, né la madre, né la sorella, né un'amica, né
nessuna altra donna. Fugga dunque la milizia di Cristo i
baci femminili, attraverso i quali gli uomini spesso sono
in pericolo: così con coscienza pura e vita libera può
perennemente conversare al cospetto del Signore.
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