San Giorgio Martire
23
aprile - Memoria Facoltativa
sec.
IV
Giorgio,
il cui sepolcro è a Lidda (Lod) presso Tel Aviv in
Israele, venne onorato, almeno dal IV secolo, come martire
di Cristo in ogni parte della Chiesa. La tradizione
popolare lo raffigura come il cavaliere che affronta il
drago, simbolo della fede intrepida che trionfa sulla
forza del maligno. La sua memoria è celebrata in questo
giorno anche nei riti siro e bizantino. (Mess. Rom.)
Patronato:Arcieri, Cavalieri,
Soldati, Malati di sifilide, Esploratori/Guide AGESCI
Etimologia: Giorgio = che lavora
la terra, dal greco
Emblema: Drago, Palma, Stendardo
SOMMARIO:
I. Fonti
II.
Vita III.
Culto IV.
Folklore V.
Iconografia
I.
FONTI
L'antichità e la diffusione del
culto di Giorgio, ampiamente testimoniati da documenti
letterari e monumenti archeologici, non hanno adeguata
corrispondenza nelle notizie biografiche del santo, anzi,
la passio Georgii è classificata tra le opere apocrife dal
Decretum gelasianum (496). E' pertanto necessario rifarsi
a testimonianze estranee alla passio per essere accertati
della sua esistenza e di alcuni dati biografici
essenziali.
A Lydda (Diospoli), in Palestina,
era venerato il suo sepolcro, come risulta da Teodosio
Perigeta (ca. 530; De situ terrae sanctae, in CSEL, XXXIX,
Vienna 1898, p. 139: «in Diospolim, ubi sanctus Georgius
martyrizatus est, ibi et corpus eius est et multa
mirabilia fiunt»); da Antonino da Piacenza (ca. 570;
Itinerarium, ibid., p. 176) e da Adamnano (ca 670; De
Locis sanctis, III, 4, ibid., pp. 288-94).
I resti archeologici della
basilica cimiteriale ancor oggi visibili (D. Baldi, Guida
di Terra Santa, Gerusalemme 1953, pp. 332-33) sono da
alcuni attribuiti ad una costruzione costantiniana,
comunque molto vicina alla data della morte del martire.
Inoltre, un'epigrafe greca, rinvenuta in Eaccaea di
Batanea e datata dal Delehaye al 368, parla di una «casa
dei santi e trionfanti martiri Giorgio e compagni», o
chiesa, dedicata al santo qualche decennio dopo la sua
morte.
Oltre questi pochi elementi non
c'è che la passio leggendaria di cui la più antica
redazione è contenuta nel palinsesto greco 954 della
Biblioteca Nazionale di Vienna, dal Detlefsen pubblicata
nel 1858 e da lui datata agli inizi del sec. V, che è
forse la stessa elencata nel citato Decretum gelasianum.
I documenti posteriori - nuove
redazioni della passio e altri racconti - se offrono
notizie intorno al culto, sotto l'aspetto agiografico non
fanno che complicare fino all'inverosimile la leggenda che
solo tardivamente si abbellisce dell'episodio del drago e
della fanciulla salvata dal santo.
Le molte passiones prima greche,
poi, dal periodo delle Crociate latine, offrono sempre
nuove notizie sulla vita del santo: conceptio, nativitas,
vita, miracula, martyrium. Ad esse fanno eco homeliae,
laudationes e sermones (elenchi in BHG, I, pp. 212-23, nn.
669y-691y, ed in BHL, I, pp. 502507, nn. 3363-406; Suppl.,
pp. 143-46, nn. 3363-404) a cui sono da aggiungere testi
ritrovati e pubblicati successivamente, ad es. Miracula s.
Georgii (ed. I. B. Aufhauser, Lipsia 1913), la passio in
due codd. dell'Ambrosiana (secc. XI e XII, ed. A. Saba, in
Aevum, VII [1933], pp. 3-22 e gli Acta s. Georgii
contenuti nell'interessante cod. papiraceo greco del sec.
VII-VIII (L. Casson - E. L. Hettich, Excavations at
Nessana, II, Literary papyri, Princeton 1950, pp. 123-42).
Una redazione della passio, tra le
più antiche, che ebbe grande fortuna è quella contenuta
nel cod. Vat. Gr. 1660, del 916, tradotta in latino dal
Lippomano, da cui dipendono il panegirico di Andrea di
Creta (m. 767) ed il Menologio di Metafraste (ca. 964).
Altre redazioni parallele o dipendenti, secondo gli autori
citati dal Delehaye (p. 45), furono raccolte e studiate da
K. Krumbacher e A. Ehrhard nel 1911. Materiale notevole
venne pubblicato fin dal 1675 negli Acta SS.
Oltre che in latino, la passio fu
tradotta in copto, armeno, etiopico, arabo, per l'uso
liturgico che allora si faceva delle Vitae dei santi.
II.
VITA
Secondo la «prima» leggenda e i
successivi ampliamenti, fin dalla concezione Giorgio è
predestinato a grandi cose; la sua nascita porta grande
gioia ai genitori Geronzio, persiano, e Policronia,
cappadoce, che lo educano religiosamente fino al momento
in cui entra nel servizio militare.
Il martirio avviene sotto Daciano
imperatore dei Persiani (che però in molte recensioni è
sostituito da Diocleziano, imperatore dei Romani) il quale
convoca settantadue re per decidere le misure da prendere
contro i cristiani. Giorgio di Cappadocia, ufficiale delle
milizie, distribuisce i beni ai poveri, e, davanti alla
corte, si confessa cristiano; all'invito dell'imperatore
di sacrificare agli dei si rifiuta ed iniziano le numerose
e spettacolari scene-di martirio. Giorgio viene battuto,
sospeso, lacerato e gettato in carcere, dove ha una
visione del Signore che gli predice sette anni di
tormenti, tre volte la morte e tre la resurrezione. Quindi
ha la meglio sul mago Atanasio che si converte e viene
martirizzato; tagliato in due con una ruota irta di chiodi
e spade, Giorgio risuscita convertendo il magister militum
Anatolio e tutte le sue schiere che vengono passate a fil
di spada. A richiesta del re Tranquillino risuscita
diciassette persone morte da quattrocentosessant'anni, le
battezza e la fa sparire; entra in un tempio pagano e con
un alito abbatte gli idoli. L'imperatrice Alessandra si
converte e viene martirizzata; l'imperatore lo condanna
nuovamente a morte e il santo, prima di essere decapitato,
implora da Dio che l'imperatore ed i settantadue re siano
inceneriti; esaudita la sua preghiera si lascia decapitare
promettendo protezione a chi onorerà le sue reliquie.
La leggenda della fanciulla
liberata dal drago per opera di Giorgio sorse
successivamente: sembra che il racconto di tale episodio
sia nato, al tempo dei Crociati, dalla falsa
interpretazione di un'immagine dell'imperatore Costantino
che si trovava allora a Costantinopoli, cosí descritta da
Eusebio (Vita Constantini, III, 3, in PG, XX, col. 1058)
«salutare signum capiti suo superpositum imperator
draconem (inimicum generis humani) telis per medium
ventris confixum sub suis pedibus... depingi voluit», e
dal XVII panegirico di s. Giorgio, recitato da s. Andrea
di Creta (ihíd., XCVII, col. 1189): « Benedictus Dominus
qui non dedit nos in praedam dentibus eorum » (Ps. 123,
6).
La fantasia popolare ricamò sopra
tutto ciò, ed il racconto, passando per l'Egitto, dove
Giorgio ebbe dedicate molte chiese e monasteri, divenne
una leggenda affascinante la cui diffusione fu
probabilmente facilitata anche da una scena (di cui un
esemplare si trova ora al Louvre), raffigurante il dio
Horu, purificatore del Nilo, cavaliere dalla testa di
falco, in uniforme romana, in atto di trafiggere un
coccodrillo tra le zampe del cavallo.
Circa il nome, questo Giorgio non
è da confondere con altri omonimi, né con i vari Gregorio,
e l'etimologia del termine (= agricoltore) ha dato luogo
ad originali commenti dell'analogo brano evangelico (Io.
15, 1-7). Inoltre, la qualità dei supplizi richiama la
leggenda greca di Perseo e di Andromeda, e la celebre
storia del drago, senza il quale non possiamo immaginare
la figura di s. Giorgio, si legge con tutti i suoi
particolari nel Martirio di s. Teodoro (Anal. Boll., II
[1883], pp. 359 sgg.; cf. anche: I martiri di s. Teodoro e
di s. Ariadne, in Franchi de' Cavalieri, 6, p. 92, n. 5).
Circa l'anno del martirio, il
Ruinart, seguendo il Chronicon alexandrinum seu paschale
(PG, XCVI, col. 680), fissa il 284; altri il 249-51; altri
ancora, interpretando come Diocleziano il nome di Daciano,
lo pongono al 303. Perché poi nella redazione più antica
della passio, Diocleziano sia diventato Daziano, sembra da
spiegare per la triste rinomanza acquistata da un
governatore romano della Spagna nell'epoca dioclezianea,
di nome appunto Daziano, tanto feroce contro i cristiani
da esser chiamato il «drago degli abissi». I1 nome tra il
IV e il V sec. si diffuse in Oriente, tanto che fu poi
portato da vari sovrani della Georgia. L'attribuzione,
pertanto, del martirio di Giorgio al tempo di Diocleziano
sembra la più probabile.
La sua professione di militare
potrebbe derivare da una identificazione con il tribuno
che strappò l'editto di Galerio contro i cristiani in
Nicomedia, secondo quanto è narrato da Eusebio (Hist. eccl.,
VIII, 5, in PG, XX, coll. 749-52); ma la localizzazione
del culto in Lydda rende improbabile tale identificazione.
III.
CULTO
Forse nessun santo ha riscosso
tanta venerazione popolare quanto s. Giorgio e a
testimonianza di ciò sono le innumerevoli chiese dedicate
al suo nome.
A Gerusalemme esisteva nel sec. VI
un monastero con chiesa a lui dedicata, come attesta
un'epigrafe coeva (J. Perrot, in Syria, XXVII [1950], pp.
194-96); a Bisanzio, come abbiamo visto, era venerato
nell'orfanotrofio.
A Gerico fu dedicato a s. Giorgio
nel sec. VI un monastero (P. Abel, in Revue Biblique, VIII
[1911], pp. 286-89).
A Zorava, nella Traconitide,
un'iscrizione del 515 narra l'apparizione di s. Giorgio a
Giovanni figlio di Diomede (Delehaye, Origines, p. 86).
A Beiruth il santo riscosse grande
venerazione specialmente dopo la vittoria dei Crociati (C.
Astruc, Saint Georges à Beyrouth, in Anal. Boll., LXXVII
[1959], pp. 54-62) e nell'Iraq numerose erano le chiese a
lui dedicate (J.-M. Fiey, Mossoul chrétienne, Beiruth
1959, p. 105).
Grande venerazione riscosse
Giorgio in Etiopia, dove la conoscenza delle sue gesta
giunse attraverso l'Egitto, ed in Georgia, paese di cui fu
ritenuto oriundo (V. Arras, Miraculorum s. Gregorii
megalomartyris collectio altera, in CSChO, CXXXVIII-XXXIX,
Script. aeth., 31-32, Lovanio 1953; id., La Collection
éthiopienne des miracles de s. Georges, in Atti del
Convegno internazionale di. Studi Etiopici..., Acc. Naz.
dei Lincei, quad. 48, Roma 1960, pp. 273-84).
A Magonza, secondo le
testimonianze di Venanzio Fortunato, il quale in cinque
distici celebra le gesta del martire orientale, largamente
venerato sub occiduo cardine, gli era stata dedicata una
basilica a metà del sec. VI (Carm., II, 16, in PL,
LXXXVIII, col. 107) ed a Bamberga, Enrico II fondò una
chiesa in suo onore.
Anche in Italia il culto a s.
Giorgio fu assai diffuso. A Roma, Belisario (ca. 527)
affidò alla protezione del santo la porta di S. Sebastiano
e ai due santi insieme è dedicata la chiesa del Velabro,
dove venne trasferito il cranio di Giorgio trovato nel
patriarchio lateranense da papa Zaccaria (Lib. pont., I,
p. 434).
A Ravenna fin dal sec. VI esisteva
una chiesa a lui dedicata nel campo «Coriandro», presso il
sepolcro di Teodorico, come ci attesta la biografia del
vescovo Agnello (m. 570): "similiter et ecclesiam beati
Georgii reconciliavit temporibus Basilii juniores" (Codex
pontificalis Ecclesiae Ravennatis, in RIS, II, 3, p. 217;
cf. anche p. 118). Altra chiesa dedicata al santo, S.
Georgii de porticibus, si trovava nella Regio Caesarum.
Dalla capitale bizantina il culto si estese ben presto a
Ferrara (ca. 657) dove fu scelto quale patrono della città
primitiva ed in seguito della nuova, dopo la traslazione
di reliquie nella nuova cattedrale (1110-35).
A Cornate (Milano) il re Cuniberto
(678-688) dedicava una chiesa a s. Giorgio (C. Marcora, Il
messale di Civate, Civate 1958, p. 38) e a Napoli, agli
inizi del sec. V, il vescovo Severo fondava la basilica di
S. Giorgio Maggiore (Mallardo, p. 577). Nei paesi
bizantini fu venerato, unito a s. Demetrio, con
l'appellativo di «Dioscuri cristiani» (cf. A. Stylianon,
The pointed churches of Cyprus, Cipro 1964, p. 145, fig.
68).
Agli inizi del sec. VI Clodoveo,
re dei Franchi, dedicò un monastero al santo e s. Germano
di Parigi (m. 576) ne diffuse il culto.
In Inghilterra, la fama del
martire palestinese era già ampiamente diffusa sin
dall'epoca anglosassone, ma il suo culto assunse ancora
maggiore sviluppo dopo la conquista normanna (sec. XI)
quando in tutto il paese gli furono dedicate numerose
chiese.
Le invasioni musulmane,
interrompendo il flusso dei pellegrinaggi verso l'Oriente,
parvero far decadere il culto di Giorgio; ma le Crociate
ne segnano una nuova fase ed esso si riaccende con
maggiore intensità quando i Crociati furono da lui
assistiti mentre stavano per essere sconfitti dai Saraceni
ad Antiochia nel 1089. Conquistata Giaffa e la vicina
Lydda i Crociati ricostruirono la basilica cimiteriale
incendiata dal califfo Hakõm ottant'anni prima. E' di
questo periodo la diffusione in Occidente dell'episodio
della fanciulla liberata dal dragone per intervento di
Giorgio. Tale racconto, accreditato da Giacomo di Varazze
nella Legenda aurea, non si trova, ovviamente, nelle fonti
più antiche.
Per tutto il Medio Evo, si
rinsalda in Inghilterra il culto già nel passato tributato
a Giorgio; Riccardo I durante la III Crociata disse di
aver visto il santo con lucente armatura guidare le truppe
cristiane alla vittoria; al tempo di Enrico III, la festa
di Giorgio fu considerata festa d'obbligo; Edoardo III
introdusse il famoso grido di battaglia St. George for
England, e fondò nel 1348 l'Ordine di S. Giorgio, detto
«della Giarrettiera»; al tempo di Enrico V l'arcivescovo
di Ganterbury prescriveva per la festa del santo la stessa
solennità del Natale. Ancora oggi gli Anglicani hanno
conservato il nome di Giorgio nel loro calendario e la
rossa croce di S. Giorgio in campo bianco campeggia sulla
bandiera inglese.
I paesi che hanno il santo martire
palestinese come patrono sono innumerevoli: prime fra
tutte le città marinare di Genova, Venezia e Barcellona da
cui, coi Crociati, partivano i commercianti per l'Oriente.
Tra i molti Ordini religiosi e cavallereschi, oltre ai
Benedettini a lui devoti, ricordiamo l'Ordine Teutonico,
il già citato «Ordine della Giarrettiera», l'Ordine
militare di Calatrava di Aragona, a cui Bonifacio IX
concesse di portare in guerra vexilla sancti Georgii (Reg.
Aven. 305, f. 289v.), ed il "Sacro militare Ord.
Costantiniano di S. Giorgio", la cui fondazione, senza
peraltro solide basi storiche, è da alcuni attribuita a
Costantino e da altri ad Angelo Comneno nel 1190. Nel
1690, Andrea Flavio, l'ultimo dei Comneni, cedette i suoi
diritti a Gianfrancesco Farnese duca di Parma, che, a sua
volta, li cedette all'Infante di Spagna divenuto re di
Napoli, il quale diede all'Ordine il nome attuale, oltre
che una nuova costituzione. Gli ultimi statuti risalgono
al 1934; l'Ordine è riconosciuto dalla S. Sede. L'insegna
è una croce gigliata, smaltata di porpora, con al centro
il monogramma; negli angoli della croce le lettere I H S V
(in hoc signo vinces).
Giorgio è inoltre protettore, con
s. Sebastiano e s. Maurizio, dei cavalieri e dei soldati,
degli arcieri e degli alabardieri, degli armaioli, dei
piumaroli (elmo) e dei sellai; infine era invocato contro
i serpenti velenosi, contro la peste, la lebbra e la
sifilide e, nei paesi slavi, contro le streghe.
La
celebrazione liturgica
I calendari orientali riportano la
commemorazione di Giorgio al 23 aprile recensendone le
gesta secondo le passiones conosciute (J. M. Fiey, Le
Sanctoral syrien oriental d'après les Evangéliaires et
Bréviaires du XI au XIII siècle, in L'Orient syrien, VIII
[1963], p. 37), alla stessa data lo commemora il
Calendario marmoreo di Napoli del sec. IX, di spiccata
influenza bizantina (D. Mallardo, Il Calendario marmoreo
di Napoli, in Ephemerides liturgicae, XVIII [1947], pp.
149-50).
Anche i calendari delle Chiese
occidentali fissano la commemorazione anniversaria del
martirio di s. Giorgio al 23 aprile (W. H. Frere, Studies
in early Roman Liturgy [ = Alcuin club collections, XXVIII],
Oxford 1930, pp. 100-101; v. anche P. Perdrizet, Le
calendrier parisien à la in du moyen-age, Parigi 1933, pp.
123-24; cf. p. 149) e solo le chiese dell'Italia
settentrionale riportano la celebrazione al giorno
seguente (24), come si ha da un calendario modenese del
sec. XI (ed. B. Bacchini, in Rerum ital. script., II
[1718], p. 145), dai Messali e Breviari ferraresi e
dall'uso milanese che forse ha influenzato le diocesi
dell'Emilia altra volta sue suffraganee (E. Cattaneo,
L'evoluzione delle feste di precetto dal sec. XIV al XX,
Milano 1956, pp. 74, 136, per gli anni 1396 e 1498; per
Pavia cf.: L. Valle, Le reliquie di s. Giorgio, Pavia
1903, p. 15, n. 1). Nel Martirologio Geronimiano figura al
15, 23, 24, 25 apr. e al 7 maggio, ma solo in codd.
tardivi.
Il Sacramentario Leoniano del V
sec. (ed. L. C. Mohlberg, p. 16) contiene i testi della
Messa di s. Giorgio martire e non di s. Gregorio (Frere,
loc. cit.) che venivano letti nella stazione che si teneva
al Velabro "eius passio contulit hodiernum in tua virtute
conventum"; mentre il più tardivo (secc. VII-VIII)
Sacramentario Gregoriano (ed. H. A. Wilson, p. 27) sembra
essere influenzato dalle fantastiche passiones (diversa
supplicia sustinuit) cosí come gli antichi testi liturgici
«propri», mentre l'orazione del Messale attuale era già in
uso nei Sacramentari e Messali latini dal sec. IX (P.
Bruylants, Les oraisons du Missel romain, II, in Etudes
liturgiques, I, Lovanio 1952, n. 401).
I1 sinodo provinciale di Colonia
del 1308 (Kellner, p. 22) elencava la festa di s. Giorgio
tra quelle di precetto ed il De Officiis palatii di
Giorgio Codino indicava il giorno di s. Giorgio tra quelli
in cui l'imperatore, al tempo dei Paleologi, partecipava
solennemente alle celebrazioni religiose in Costantinopoli
(ed. J. Goar, Bonn 1839, p. 81; cf. anche indice).
Fino a qualche decennio fa la
festa di Giorgio era di precetto in diverse diocesi di cui
era patrono (ad es. Ferrara, Gnesen), ma, mutate
condizioni sociali, suggerirono la soppressione del
precetto religioso, mentre ultimamente la S. Congregazione
dei Riti ha ridotto di grado (e non soppressa come
erroneamente fu scritto) tale festa per mancanza di
notizie biografiche sicure da inserire nella liturgia (AAS,
LII [1960], pp. 690, 706).
Reliquie
Grande venerazione riscosse il
sepolcro del martire e le sue reliquie furono trasferite
probabilmente durante l'invasione persiana all'inizio del
sec. VII o poco dopo, all'arrivo dei musulmani.
S. Gregorio, vescovo di Tours (m.
594), nell'opera Miracolorum liber, I, CI (ed. T. Ruinart,
in PL, LXXI, coll. 792-93) ricorda la traslazione di
reliquie a Limoges ed a Le Mans. A Roma il cranio del
martire riscosse venerazione nella basilica di S. Giorgio
in Velabro fin dal sec. VIII; nel 1600 ne fu trasferita
una parte a Ferrara. Nell'852 Pietro della Marca spagnola
ricorda la traslazione in Spagna di reliquie di s. Giorgio
e di s. Aurelio (Marca Hispanica, Parigi 1688, col. 357).
I1 conte Roberto di Fiandra, nel 1110 portò a Ferrara un
braccio di s. Giorgio, donandolo alla contessa Matilde la
quale, a sua volta, lo donò alla nuova cattedrale della
città che venne dedicata al santo nel 1135, come ci
attesta la prima iscrizione poetica italiana (G. Bertoni,
La fondazione della cattedrale di Ferrara e l'iscrizione
del 1135, in La cattedrale di Ferrara, Verona 1937, pp.
129-37; v. anche: G. Pistarino, Le iscrizioni ferraresi
del 1135, in Studi medievali, sez. III, V, Spoleto 1964,
pp. 66-160):
«Il mille cento trenta cenque nato
fo questo templo a san Giorgio donato
da Glielmo ciptadin per so amore
et ne fo l'opra Nicolao scolptore».
La stessa reliquia, nel 1388, fu
racchiusa dal vescovo Marcapesi in un artistico
reliquiario d'argento (M. A. Guarini, Compendio historico
delle chiese di Ferrara, Ferrara 1621, pp. 14-15). Nel
1462, al tempo dell'abate di S. Giorgio Maggiore, Teofilo
Beacqui da Milano, con grande pompa un altro braccio di
Giorgio fu accolto a Venezia (G. Damerini, L'isola e il
cenobio di S. Giorgio Maggiore, Venezia 1956, pp. 95 sgg.,
136).
IV.
FOLKLORE
La leggenda di Giorgio, patrimonio
della cultura religiosa popolare, ebbe nuovo impulso e più
ampia diffusione con la Legenda aurea di Giacomo da
Varazze (m. 1395). Una Istoria di santo Giorgio cavaliero
si trova nel ms. italiano Canonici 58 della Biblioteca
Bodleiana di Oxford, (ed. A. Mortara, Oxford 1864, p.58;
cf. pp. 204, 211) intitolato Libro dillettevole da legiere
et da imparare a scrivere qual si contengono dieci
instorie; questo testo, trascritto da Agostino di Cipriano
verso la metà del sec. XVI, ebbe in seguito varie edd. a
stampa.
Le leggende agiografiche e
moraleggianti, come spesso accade, ispirarono la poesia
religiosa e i canti popolari creando anche intorno a
questo martire una letteratura che sembra gareggiare con
quella dei cavalieri dei cicli brettone e carolingio. Il
coraggio indomito nella professione della fede, la tutela
generosa della giovane indifesa, l'uccisione del drago che
seminava stragi umane furono motivi di esaltazione
dell'eroica figura.
Nella tradizione islamica a
Giorgio è dato il titolo di «profeta», ed il racconto
delle sue gesta, risalente a Wahb ibn Munabbih (m. ca.
728-33), riproduce quasi alla lettera la versione siriaca
della redazione più antica della leggenda, la quale,
peraltro, «ignora l'aspetto guerriero della figura del
santo e la localizzazione della sua battaglia contro il
drago a Lydda o a Beryto, di cui, invece, la devozione
popolare islamica ha conservato memoria fino ai nostri
giorni» (G. Levi della Vida, cit. in bibl., p. 143).
Giorgio fa parte, inoltre, in
Occidente, del gruppo dei santi Ausiliatori, cioè di quei
santi la cui intercessione, secondo una tradizione
popolare che si fa risalire al sec. XIV, è particolarmente
efficace in determinate necessità.
Assai spesso, ed in tutte le
epoche, Giorgio fu celebrato con panegirici e biografie
romanzate: basti citare, fra gli scrittori più antichi
Gregorio di Tours (m. 594) e Venanzio Fortunato (m. ca.
600), ricordando il panegirico di Andrea di Creta (m.
767), il sermone (sec. XI) del vescovo Zaccaria (B. Pez,
Thesaurus anecdotorum novissimus, Vienna 1723, coll.
15-24) e quello (sec. XI) di s. Pier Damiani (PL, CXLIV,
coll. 567-72; cf. anche coll. 145, 1032); il trovatore
Wace (ca. 1170), Giacomo da Varazze (m. 1293) e Giacomo
Stefaneschi (BHL, Suppl., n. 3401b) fissano l'immagine del
santo nella sua leggendaria lotta col drago (cf. la
scultura nella lunetta della porta maggiore del duomo di
Ferrara, sec. XII-[XIII]) che sarà fonte d'ispirazione per
l'arte figurativa dei secoli successivi.
Numerosi sono inoltre i «sacri
misteri» che celebrano il martire; nel sec. XV era in
grande voga il Ludus draconis, che venne in seguito
imitato dai «giuochi» delle corti rinascimentali.
In Inghilterra numerose locande
portano il nome di S. Giorgio, come ricorda anche
Shakespeare in Re Giovanni (atto II, 288); una filastrocca
recitata dai bambini dell'Inghilterra settentrionale canta
s. Giorgio come cavaliere coraggioso (M. F. Bulley, St.
George for Merrie England, Londra 1908, p. 30).
In Germania sono a lui dedicate
molte acque ritenute miracolose; mentre nei paesi slavi si
conservano consuetudini di origine pagana in riferimento
all'inizio della primavera.
Da ultimo giova ricordare che
l'epopea cavalleresca fiorita alla corte estense intorno
all'Orlando furioso di Ludovico Ariosto, simboleggia,
probabilmente, nei due personaggi di Ruggero e Angelica,
le figure di Giorgio e della principessa.
BIBLIOGRAFIA.: oltre alle opere
citt. nel corso del testo, v.: Lippomano, Sanctorum
priscorum patrum Vitae, Venezia 1559, pp. 100-104, 123-27;
Acta SS. Aprilis, III, ibid. 1738, pp. 101-65, N. Nilles,
Kalendarium manuale utriusque Ecclesiae, I, Innsbruck
1896, pp. 143-44; Synax. Constantinop., coll. 623-26, S.
Borelli, II Megalomartire S. Giorgio, Napoli 1902 (si
tratta di un tipico caso di «involuzione storica», e di
assenza totale della critica storica più elementare, ma
raccoglie un materiale immenso che può costituire una
larga base per ulteriori indagini intorno alla diffusione
del culto prestato a Giorgio; inoltre elenca tutti gli
scrittori che si sono occupati del santo), H. Delehaye,
Les légendes greques des saints militaires, Parigi 1909,
pp. 45-76, K. Krumbacher - A. Ehrhard. Der heilige Georg
in der griechischen Uberlieterung, Monaco 1911, BHL,
Suppl., nn. 3363-401d, Comm. Martyr. Hieron. pp. 205-209;
G. Antonucci, La leggenda di S. Giorgio e del drago, in
Emporium, LXXVI (1932), pp. 79-89; Delehaye, Origines,
passim; F. Cumont, Les plus anciennes légendes de saint
Georges, in Revue de l'histoire des religions, CXIV
(1936), estratto; Comm. Martyr. Rom., p. 132; Vies des
Saints, IV, pp. 591-95, BHG, I, pp. 212-23 nn. 669v-691v;
C. Giannelli, Epigrammi di Teodoro Prodromo in onore dei
santi megalomartiri Teodoro, Giorgio e Demetrio, in Studi
in onore di Luigi Castiglioni, Firenze 1960, pp. 333-71,
O. Grosso, San Giorgio nell'arte e nel cuore dei popoli,
Milano 1962; L. Santucci, Leggende cristiane, ibid. 1963,
pp. 84-85 (riporta la Legenda aurea); P. Toschi, La
leggenda di s. Giorgio nei canti popolari italiani,
Firenze 1964, M. del Donno, Poesia popolare religiosa.
Studi e testi di leggende agiografiche e moraleggianti del
Sannio beneventano, in Biblioteca di « Lares » XIII, ibid.
1964, p. 76; G. Levi della Vida, Leggende agiografiche
cristiane dell'Islam, in L'Oriente cristiano nella storia
della civiltà, Roma 1964, p. 143.
Autore: Dante Balboni
V.
ICONOGRAFIA
Sarebbe compito difficile, per non
dire impossibile, elencare tutte le rappresentazioni
relative alla leggenda di Giorgio, perché in questo
cavaliere crociato, vincitore del drago, si assommano
innumerevoli elementi che hanno radici nelle più antiche
mitologie e che, dalle primitive tradizioni cristiane,
traggono l'eterna suggestione del male combattuto e vinto
e della fede testimoniata col martirio. Per questo appunto
sono facili, nella iconografia di Giorgio, le
contaminazioni con altri personaggi, sacri o storici,
come, ad esempio il Santiago degli spagnoli (s. Giacomo il
Maggiore), s. Maurizio, s. Martino e l'imperatore
Costantino. Ciò, inoltre, spiega più che a sufficienza
l'abbondanza dell'iconografia stessa, la quale, volta a
volta rispecchia il culto tributato ininterrottamente in
Oriente a Giorgio, la sua assunzione in Occidente a
simbolo di intrepida virtù, l'ispirazione fornita all'arte
e alle rappresentazioni popolari, nonché ai poemi
cavallereschi.
Sebbene generalmente si affermi
che nel sec. XVI, tramontando in Occidente il mito della
cavalleria, il culto - e, quindi, l'iconografia - di
Giorgio siano stati trasferiti essenzialmente in Oriente,
dove avevano avuto origine, non vi è forse stato artista
europeo che, dopo quella data, non abbia subito il fascino
del tema eroico del guerriero di Dio in lotta con il
mostro.
Prima di tentare quello che non
potrà essere che un giro d'orizzonte sul complesso
argomento della iconografia di Giorgio, occorre ricordare
come la sua immagine, oltre che nelle raffigurazioni di
schietta ispirazione religiose, divenne simbolo frequente
negli stemmi, nei suggelli, nelle bandiere e negli
stendardi di città e nazioni che ne riconobbero il
patronato, di ordini cavallereschi e di associazioni
d'arma o di mestiere. Tra le città ricorderemo Genova e
Barcellona, non dimenticando Venezia che a Giorgio dedicò
ben tre chiese.
Tra le nazioni si può notare tra
tutte l'Inghilterra che fatto suo lo stendardo crociato di
Giorgio, dedicandogli il patronato dell'Ordine della
Giarrettiera, così come in Germania sono stati posti sotto
la sua protezione gli appartenenti all'Ordine teutonico.
Numerosissime sono poi le associazioni che in passato, e
ancora al presente, hanno assunto come simbolo l'immagine
di Giorgio, protettore dei cavalieri, degli armaioli,
degli arceri, ecc.
Passando all'iconografia religiosa
noteremo che molte raffigurazioni, tra le più antiche,
rappresentano generalmente Giorgio isolato, a piedi e con
il capo nudo dai lunghi e giovanili capelli. Gli attributi
sono sempre la corazza, la spada, la lancia (che in certi
casi appare spezzata), talvolta lo stendardo crociato.
L'immagine del santo a cavallo fa, invece, il più delle
volte, parte della scena della lotta contro il drago e
compare con maggiore frequenza nelle opere d'arte che
illustrano i cicli e i fatti della vita. Il cavallo è
prevalentemente bianco.
Iniziando un elenco, più che altro
- come si è detto - indicativo delle une e delle altre
raffigurazioni, si possono citare numerose sculture: del
sec. XIII il bassorilievo della porta di S. Giorgio a
Firenze, la statua del portico della cattedrale di
Chartres, del sec. XIV la statua nella torre della
cattedrale di Friburgo e quella di legno dorato, custodita
nel Museo di Digione. Eccelle fra tutte la statua sulla
facciata di Orsammichele a Firenze, opera di Donatello
(sec. XV), mentre al sec. XVI appartengono la statua sulla
facciata di S. Giorgio Maggiore a Venezia e quella bronzea
nell'interno della stessa chiesa, opera di Nicolò
Roccatagliata (1593), e infine, sempre in detta chiesa, la
pala lignea intagliata e colorita attribuita a Pietro da
Salò (sec. XVI). Pure opera di Pietro da Salò è il rilievo
sul portale di S. Giorgio degli Schiavoni, sempre a
Venezia, dove Giorgio è anche presente in un bassorilievo
della facciata di S. Marco. Restando ancora nel campo
della scultura, ritroviamo la scena della lotta con il
drago nei bassorilievi della tomba dei cardinali d'Amboise
(1520) nella cattedrale di Rouen.
Passando alle opere pittoriche che
arricchiscono l'iconografia di Giorgio, particolare
attenzione meritano le innumerevoli figurazioni bizantine,
che portano l'impronta della persistente vitalità della
leggenda nei luoghi stessi dove essa ebbe origine. Gli
affreschi nei conventi del Monte Athos e, in particolare,
del Protaton, della laura Catholicon (in cui Giorgio
appare con s. Demetrio), del Xenophon (in cui, cosa rara,
il santo è cefaloforo) ci rimandano tutti una immagine
presso a poco simile: un giovane guerriero dai capelli
ricciuti, dalla corazza romana, con spada, lancia e scudo.
Nella scena del martirio di s. Autonomos, del Dyonision
Trapeza, Giorgio è raffigurato su un cavallo bianco. Ma le
immagini piú caratteristiche e fantasiose ce le hanno date
i pittori di icone. Nella pittura russa il santo ha un
posto del tutto speciale: va ricordata in modo particolare
quella icona della scuola di Novgorod (sec. XVI), che
riassume in tutti i loro elementi le componenti della
leggenda: Giorgio a cavallo contro il drago, la fanciulla
in pericolo, il popolo affacciato alle torri della città,
che attende l'esito della prova. Una scena simile è
riproposta in una icona, ora nel Museo di Oradea
(Romania), in cui compare, però, un altro giovane che
cavalca sullo stesso destriero del santo, elemento che
qualche volta si ritrova anche altrove. Ancora
rappresentativi della iconografia orientale sono gli
affreschi del Monastero di Staro Magoricino in Serbia
(1318) e, infine, gli affreschi della chiesa di Sucevitza
(Bucovina), del sec. XVII. In occidente la pittura ha dato
un essenziale contributo alla iconografia di Giorgio e tra
gli artisti, meritano il primo posto i pittori italiani
Vogliamo ricordare tra i primi il dipinto attribuito dal
Berenson a Paolo Ucello, ora nella National Gallery di
Londra, per il suo carattere quasi surrealista, in cui
all'enorme drago dalle grandi ali ocellate, fa contrasto
una esilissima vergine e al massiccio cavallo bianco si
oppone un Giorgio adolescente, con un volto quasi
infantile. Nel 1462 il Mantegna in un dipinto, ora
all'Accademia di Venezia, ha rappresentato il santo in
armi, ma con la lancia spezzata e Cosmè Tura, nel 1469, lo
ha egualmente raffigurato in una tempera, già portello
d'organo, nella cattedrale di Ferrara. Nello stesso secolo
il Correggio dipinse Giorgio accanto alla Vergine per la
chiesa dei Domenicani di Modena (ora nella Galleria di
Dresda), mentre Carlo Crivelli, in una formella della pala
d'altare detta Madonna della rondine (Nat. Gall. di
Londra) presenta un Giorgio dalla pesante ed
elaboratissima armatura, la spada levata contro il mostro.
Nel sec. XV il Pisanello ritraeva
Giorgio, che si accinge ad affrontare la lotta, per la
chiesa di S. Anastasia a Verona, e il Carpaccio trattava
lo stesso tema in una serie famosa di dipinti (1501-1503)
nella scuola di S. Giorgio degli Schiavoni a Venezia,
unitamente alle storie dei santi Girolamo e Trifone. Altri
episodi della leggenda sono stati affrescati da Altichiero
Altichieri e Iacopo Avanzi nell'oratorio di S. Giorgio a
Padova (sec. XIV). Anche Raffaello non si sottrasse al
fascino del personaggio dipingendo in età giovanile, nel
1504, su ordinazione di Guidobaldo da Urbino, una
tavoletta in cui Giorgio appare a cavallo, con elmo e
corazza, e alza la spada sul drago, mentre a terra giace
la lancia spezzata. Nel numero delle opere che hanno
proposto interi cicli della leggenda, ancora a Venezia,
nel sec. XVI, il Veronese dipinse il martirio di Giorgio
per la chiesa di S. Giorgio Maggiore. Va fatto, infine,
cenno alle numerose miniature sia dei mss. orientali sia
dei Libri d'Ore e Breviari occidentali. Per ricordarne
alcuni: citiamo quella del Libro d'Ore del maresciallo di
Boucicault (Museo Jacquemart-André di Parigi, sec. XIV) e
quella del Breviaro del Duca di Bedford (Parigi, Gal. Naz.).
Non si esaurisce certo con questi
cenni il fitto elenco di immagini relative a Giorgio
Quanto in questa sede è stato esposto può dare tuttavia
un'idea della ricchezza iconografica a lui dedicata in
Oriente e in Occidente.
BIBLIOGRAFIA: Kunstle, pp. 263-79,
G. Millet, Monuments de l'Art Byzantin, V, Monuments de l'Athos,
Parigi 1927 pp. 176 186, 211, P. M. Kondakov, The Russian
Icon Oxford i927, pp. 25, 38, 42, tav. XXV, 126, 128, 131
sgg., tav. XXI, F. Nimitz, Die Kunst Russlands, II,
Berlino 1940 p. 39; Braun, coll. 283-89; B. Berenson, I
pittori italiani del Rinascimento, Milano 19483, tavv. 192
195, 203, 237; P. Deschamps, La légende de St. G. et ies
combats des Croisés dans les peintures murales du
Moyen-age, in Monuments et memoires, XLIV (1950), pp.
109-23 tavv. 12-15; Réau, III, pp. 257-78; M. Salini,
Cosmè Turá, (s.l.) 1956, pp. 24-26, fig. 8, tavv. X-XI; D.
Otto, The Church of san Marco in Venice, Washington 1960,
taw. 41, 105; Ch. Amiranachili, Smalti della Georgia,
Milano 1963, taw. XLVII-VIII; [D. T.], Byzantinische Kunst,
Monaco 1964, fig. 213.
Autore: Maria Chiara Celletti
- da Santiebeati.it
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