Santo
Stefano
primo
martire
26 dicembre
† Gerusalemme, 33 o 34 ca
Primo martire cristiano, e
proprio per questo viene
celebrato subito dopo la
nascita di Gesù. Fu
arrestato nel periodo dopo
la Pentecoste, e morì
lapidato. In lui si
realizza in modo esemplare
la figura del martire come
imitatore di Cristo; egli
contempla la gloria del
Risorto, ne proclama la
divinità, gli affida il
suo spirito, perdona ai
suoi uccisori. Saulo
testimone della sua
lapidazione ne raccoglierà
l'eredità spirituale
diventando Apostolo delle
genti. (Mess. Rom.)
Patronato: Diaconi,
Fornaciai, Mal di testa
Etimologia: Stefano =
corona, incoronato, dal
greco
Emblema: Palma, Pietre
Martirologio Romano: Festa
di santo Stefano,
protomartire, uomo pieno
di fede e di Spirito
Santo, che, primo dei
sette diaconi scelti dagli
Apostoli come loro
collaboratori nel
ministero, fu anche il
primo tra i discepoli del
Signore a versare il suo
sangue a Gerusalemme,
dove, lapidato mentre
pregava per i suoi
persecutori, rese la sua
testimonianza di fede in
Cristo Gesù, affermando di
vederlo seduto nella
gloria alla destra del
Padre.
La
celebrazione liturgica di
s. Stefano è stata da
sempre fissata al 26
dicembre, subito dopo il
Natale, perché nei giorni
seguenti alla
manifestazione del Figlio
di Dio, furono posti i
“comites Christi”, cioè i
più vicini nel suo
percorso terreno e primi a
renderne testimonianza con
il martirio.
Così al 26 dicembre c’è s.
Stefano primo martire
della cristianità, segue
al 27 s. Giovanni
Evangelista, il prediletto
da Gesù, autore del
Vangelo dell’amore, poi il
28 i ss. Innocenti,
bambini uccisi da Erode
con la speranza di
eliminare anche il Bambino
di Betlemme; secoli
addietro anche la
celebrazione di s. Pietro
e s. Paolo apostoli,
capitava nella settimana
dopo il Natale, venendo
poi trasferita al 29
giugno.
Del grande e veneratissimo
martire s. Stefano, si
ignora la provenienza, si
suppone che fosse greco,
in quel tempo Gerusalemme
era un crocevia di tante
popolazioni, con lingue,
costumi e religioni
diverse; il nome Stefano
in greco ha il significato
di “coronato”.
Si è pensato anche che
fosse un ebreo educato
nella cultura ellenistica;
certamente fu uno dei
primi giudei a diventare
cristiani e che prese a
seguire gli Apostoli e
visto la sua cultura,
saggezza e fede genuina,
divenne anche il primo dei
diaconi di Gerusalemme.
Gli Atti degli Apostoli,
ai capitoli 6 e 7 narrano
gli ultimi suoi giorni;
qualche tempo dopo la
Pentecoste, il numero dei
discepoli andò sempre più
aumentando e sorsero anche
dei dissidi fra gli ebrei
di lingua greca e quelli
di lingua ebraica, perché
secondo i primi,
nell’assistenza
quotidiana, le loro vedove
venivano trascurate.
Allora i dodici Apostoli,
riunirono i discepoli
dicendo loro che non era
giusto che essi
disperdessero il loro
tempo nel “servizio delle
mense”, trascurando così
la predicazione della
Parola di Dio e la
preghiera, pertanto questo
compito doveva essere
affidato ad un gruppo di
sette di loro, così gli
Apostoli potevano
dedicarsi di più alla
preghiera e al ministero.
La proposta fu accettata e
vennero eletti, Stefano
uomo pieno di fede e
Spirito Santo, Filippo,
Procoro, Nicanore, Timone,
Parmenas, Nicola di
Antiochia; a tutti, gli
Apostoli imposero le mani;
la Chiesa ha visto in
questo atto l’istituzione
del ministero diaconale.
Nell’espletamento di
questo compito, Stefano
pieno di grazie e di
fortezza, compiva grandi
prodigi tra il popolo, non
limitandosi al lavoro
amministrativo ma attivo
anche nella predicazione,
soprattutto fra gli ebrei
della diaspora, che
passavano per la città
santa di Gerusalemme e che
egli convertiva alla fede
in Gesù crocifisso e
risorto.
Nel 33 o 34 ca., gli ebrei
ellenistici vedendo il
gran numero di convertiti,
sobillarono il popolo e
accusarono Stefano di
“pronunziare espressioni
blasfeme contro Mosè e
contro Dio”.
Gli anziani e gli scribi
lo catturarono
trascinandolo davanti al
Sinedrio e con falsi
testimoni fu accusato:
“Costui non cessa di
proferire parole contro
questo luogo sacro e
contro la legge. Lo
abbiamo udito dichiarare
che Gesù il Nazareno,
distruggerà questo luogo e
cambierà le usanze che
Mosè ci ha tramandato”.
E alla domanda del Sommo
Sacerdote “Le cose stanno
proprio così?”, il diacono
Stefano pronunziò un lungo
discorso, il più lungo
degli ‘Atti degli
Apostoli’, in cui
ripercorse la Sacra
Scrittura dove si
testimoniava che il
Signore aveva preparato
per mezzo dei patriarchi e
profeti, l’avvento del
Giusto, ma gli Ebrei
avevano risposto sempre
con durezza di cuore.
Rivolto direttamente ai
sacerdoti del Sinedrio
concluse: “O gente
testarda e pagana nel
cuore e negli orecchi, voi
sempre opponete resistenza
allo Spirito Santo; come i
vostri padri, così anche
voi. Quale dei profeti i
vostri padri non hanno
perseguitato? Essi
uccisero quelli che
preannunciavano la venuta
del Giusto, del quale voi
ora siete divenuti
traditori e uccisori; voi
che avete ricevuto la
Legge per mano degli
angeli e non l’avete
osservata”.
Mentre l’odio e il rancore
dei presenti aumentava
contro di lui, Stefano
ispirato dallo Spirito,
alzò gli occhi al cielo e
disse: “Ecco, io contemplo
i cieli aperti e il Figlio
dell’uomo, che sta alla
destra di Dio”.
Fu il colmo, elevando
grida altissime e
turandosi gli orecchi, i
presenti si scagliarono su
di lui e a strattoni lo
trascinarono fuori dalle
mura della città e presero
a lapidarlo con pietre, i
loro mantelli furono
deposti ai piedi di un
giovane di nome Saulo (il
futuro Apostolo delle
Genti, s. Paolo), che
assisteva all’esecuzione.
In realtà non fu
un’esecuzione, in quanto
il Sinedrio non aveva la
facoltà di emettere
condanne a morte, ma non
fu in grado nemmeno di
emettere una sentenza in
quanto Stefano fu
trascinato fuori dal
furore del popolo, quindi
si trattò di un linciaggio
incontrollato.
Mentre il giovane diacono
protomartire crollava
insanguinato sotto i colpi
degli sfrenati aguzzini,
pregava e diceva: “Signore
Gesù, accogli il mio
spirito”, “Signore non
imputare loro questo
peccato”.
Gli Atti degli Apostoli
dicono che persone pie lo
seppellirono, non
lasciandolo in preda alle
bestie selvagge, com’era
consuetudine allora;
mentre nella città di
Gerusalemme si scatenò una
violenta persecuzione
contro i cristiani,
comandata da Saulo.
Tra la nascente Chiesa e
la sinagoga ebraica, il
distacco si fece sempre
più evidente fino alla
definitiva separazione; la
Sinagoga si chiudeva in se
stessa per difendere e
portare avanti i propri
valori tradizionali; la
Chiesa, sempre più
inserita nel mondo
greco-romano, si espandeva
iniziando la straordinaria
opera di inculturazione
del Vangelo.
Dopo la morte di Stefano,
la storia delle sue
reliquie entrò nella
leggenda; il 3 dicembre
415 un sacerdote di nome
Luciano di Kefar-Gamba,
ebbe in sogno
l’apparizione di un
venerabile vecchio in
abiti liturgici, con una
lunga barba bianca e con
in mano una bacchetta
d’oro con la quale lo
toccò chiamandolo tre
volte per nome.
Gli svelò che lui e i suoi
compagni erano dispiaciuti
perché sepolti senza
onore, che volevano essere
sistemati in un luogo più
decoroso e dato un culto
alle loro reliquie e
certamente Dio avrebbe
salvato il mondo destinato
alla distruzione per i
troppi peccati commessi
dagli uomini.
Il prete Luciano domandò
chi fosse e il vecchio
rispose di essere il dotto
Gamaliele che istruì s.
Paolo, i compagni erano il
protomartire s. Stefano
che lui aveva seppellito
nel suo giardino, san
Nicodemo suo discepolo,
seppellito accanto a s.
Stefano e s. Abiba suo
figlio seppellito vicino a
Nicodemo; anche lui si
trovava seppellito nel
giardino vicino ai tre
santi, come da suo
desiderio testamentario.
Infine indicò il luogo
della sepoltura
collettiva; con l’accordo
del vescovo di
Gerusalemme, si iniziò lo
scavo con il ritrovamento
delle reliquie. La notizia
destò stupore nel mondo
cristiano, ormai in piena
affermazione, dopo la
libertà di culto sancita
dall’imperatore Costantino
un secolo prima.
Da qui iniziò la
diffusione delle reliquie
di s. Stefano per il mondo
conosciuto di allora, una
piccola parte fu lasciata
al prete Luciano, che a
sua volta le regalò a vari
amici, il resto fu
traslato il 26 dicembre
415 nella chiesa di Sion a
Gerusalemme.
Molti miracoli avvennero
con il solo toccarle,
addirittura con la polvere
della sua tomba; poi la
maggior parte delle
reliquie furono razziate
dai crociati nel XIII
secolo, cosicché ne
arrivarono effettivamente
parecchie in Europa,
sebbene non si sia
riusciti a identificarle
dai tanti falsi
proliferati nel tempo, a
Venezia, Costantinopoli,
Napoli, Besançon, Ancona,
Ravenna, ma soprattutto a
Roma, dove si pensi, nel
XVIII secolo si veneravano
il cranio nella Basilica
di S. Paolo fuori le Mura,
un braccio a S. Ivo alla
Sapienza, un secondo
braccio a S. Luigi dei
Francesi, un terzo braccio
a Santa Cecilia; inoltre
quasi un corpo intero
nella basilica di S.
Loernzo fuori le Mura.
La proliferazione delle
reliquie, testimonia il
grande culto tributato in
tutta la cristianità al
protomartire santo
Stefano, già veneratissimo
prima ancora del
ritrovamento delle
reliquie nel 415.
Chiese, basiliche e
cappelle in suo onore
sorsero dappertutto, solo
a Roma se ne contavano una
trentina, delle quali la
più celebre è quella di S.
Stefano Rotondo al Celio,
costruita nel V secolo da
papa Simplicio.
Ancora oggi in Italia vi
sono ben 14 Comuni che
portano il suo nome;
nell’arte è stato sempre
raffigurato indossando la
‘dalmatica’ la veste
liturgica dei diaconi; suo
attributo sono le pietre
della lapidazione, per
questo è invocato contro
il mal di pietra, cioè i
calcoli ed è il patrono
dei tagliapietre e
muratori.
Autore:
Antonio Borrelli
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