«Ricordo
dei
Santi
Sette
Dormienti
di
Efeso,
che,
come
si
narra,
consumato
il
martirio,
riposano
in
pace,
aspettando
il
giorno
della
resurrezione»:
così
il
nuovo
Martyrologium
Romanum
ricorda
il 27
luglio
questi
misteriosi
personaggi,
la cui
leggenda
è una
delle
più
fiabesche
nel
campo
dell’agiografia
cristiana.
Si
narra
che
l’imperatore
Decio,
grande
persecutore
dei
cristiani,
verso
il
250,
in
occasione
di un
suo
viaggio
in
Oriente,
chiamò
davanti
al
tribunale
sette
giovani
cristiani
di
Efeso,
città
un
tempo
famosa
per il
tempio
di
Diana,
una
delle
sette
meraviglie
del
mondo,
e poi
per la
devozione
alla
Madonna.
Tra un
interrogatorio
e
l’altro,
i
sette
riuscirono
a
fuggire
ed a
nascondersi
in una
grotta.
Furono
però
scoperti
e, per
ordine
dello
stesso
imperatore,
murati
vivi
al suo
interno.
Ai
ragazzi
allora,
non
restò
che
prepararsi
a
morire
in
grazia
di Dio
ed a
tal
fine
si
stesero
a
terra.
Caddero
però
inaspettatamente
in un
profondissimo
sonno.
Non
appena
si
svegliarono,
si
videro
attorniati
da
facce
stupite
che li
osservavano.
Il
muro
della
grotta
era
stato
abbattuto
da un
pastore
che
voleva
ricavarne
un
ricovero
per le
sue
bestie.
I
sette,
convinti
di
essersi
addormentati
il
giorno
prima,
si
informarono
se
fuori
ci
fosse
ancora
pericolo,
ma
dopo
qualche
battuta
si
giunse
a capo
del
madornale
equivoco:
avevano
dormito
per
ben
due
secoli
per
risvegliati
dunque
attorno
al 450
sotto
l’imperatore
Teodosio
II,
cristiano,
ma con
poca
fede
nella
resurrezione.
In
Occidente,
il
racconto
è
stato
tramandato
da
Gregorio,
vescovo
di
Tours
dal
573 al
594.
Era
tuttavia
già
noto
da
almeno
un
secolo
nel
Medio
Oriente,
come
testimoniato
da
antichi
manoscritti
in
greco,
latino,
siriaco,
aramaico
e
copto.
Quando
le
regioni
mediorientali
dell’impero
romano
furono
sottomesse
dagli
arabi,
il
racconto
si
diffuse
tra i
musulmani
e fu
raccolto
da
Maometto,
probabilmente
in un
viaggio
in
Siria.
Si
trova
infatti
citato
nel
Corano,
nella
sura
XVIII
intitolata
“al
Kahf”,
la
caverna,
la cui
ambiguità
indica
chiaramente
che il
racconto
non fu
rivelato
a
Maometto,
ma fu
questi
a
trasmettere
quanto
sapeva,
stabilendo
«una
corrispondenza
tra i
sette
dormienti
e gli
intercessori
degli
ultimi
tempi
(abdàl),
per la
cui
venuta
Abramo
aveva
supplicato
Dio a
Mamre.
Tale
venuta
precede
la
venuta
di
Gesù e
il
regno
dei
giusti
(mahdi)
in una
vera e
propria
“apocalisse”.
Ma
un’eco
dei
sette
dormienti
di
Efeso
secondo
alcuni
si
troverebbe
anche
in una
fiaba
popolare
europea
messa
per
iscritto
dai
fratelli
Grimm,
quella
di
Biancaneve.
Scriveva
tempo
fa
Roberto
Beretta
su
Avvenire:
“La
grotta/miniera;
il
sonno/morte
(anche
se qui
a
dormire
sono
sette
uomini
– ma
un
processo
di
inversione
del
genere
non è
così
infrequente
nei
miti)
seguito
dalla
resurrezione
e
dall’incontro
con un
principe/imperatore;
l’incorruttibilità
che
protegge
i
giovani
corpi;
il
simbolico
numero
sette...
Non
sono
poche
le
analogie,
e
suggestive.
Mancherebbe
solo
Biancaneve,
però a
ben
guardare
c’è
anche
lei:
Efeso
per la
tradizione
cristiana
è
infatti
la
città
della
Madonna,
che
proprio
lì
conobbe
la sua
dormitio
– non
morte,
ma
“addormentamento”.
Ancora
oggi,
per i
turisti,
la
grotta
dei
sette
dormienti
non è
lontana
dalla
casa
della
Vergine.
Nel
regno
delle
favole,
certo,
la
tentazione
del
lieto
fine
potrebbe
oscurare
il
giudizio.
Ma
intanto
Goethe
la
leggenda
dei
dormienti
la
conosceva
sul
serio,
anzi
la
cita
proprio
in
un’opera
dell’inizio
Ottocento.
E i
suoi
connazionali
fratelli
Grimm?».
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