Templari: Il dramma della
soppressione
di Raffaella Risuleo
INTRODUZIONE
La caduta di Acri (1291) segnò la fine
degli Stati Latini d’Oriente: la responsabilità della
perdita dei luoghi santi saranno addebitate agli Ordini
militari accusati di non aver saputo difendere la Terra
Santa a causa delle loro rivalità. I sopravvissuti
trovarono rifugio a Cipro, che diventerà sede centrale
dell’Ordine Templare: il nuovo Maestro Jacques de Molay fu
eletto sull’isola. Egli resterà a Cipro fino alla fine del
1306, poi nel 1307, chiamato dal Papa, si recherà a
Poitiers.
La decisione del Gran Maestro de Molay di
lasciare Cipro portando con sé il tesoro dell'Ordine a
Parigi, appare oggi una scelta infelice che risulterà
fatale all'Ordine. I Templari erano ora una sorta di
esercito di stanza a Parigi al comando del proprio
generale. E' anche vero che Filippo non aveva motivo di
lagnarsi: nella lotta contro Bonifacio VIII i Templari
avevano preso posizione a favore del re. Ma una tale forza
militare senza uno scopo avrebbe potuto un giorno divenire
un pericolo. Il Papa informò de Molay delle calunnie che
andavano diffondendosi sul suo Ordine ed egli stesso
richiese l’apertura di una inchiesta per appurare la
verità e ristabilire la giustizia. Clemente V deliberò
l’inchiesta il 24 agosto 1307: i consiglieri del re la
riterranno pericolosa, e, conoscendo bene il Papa
temettero che non si sarebbe mai schierato contro il
potente Ordine.
Occorreva pertanto prevenire una possibile
assoluzione: fu Guglielmo Imbert, teologo e giurista,
consigliere e confessore del re che trovò la soluzione
adatta. Egli distinse astutamente le due questioni: il
Papa poteva procedere nella sua inchiesta sull’Ordine, ma
questo non impediva in alcun modo a lui, Grande
Inquisitore, di procedere contro i singoli membri
dell’Ordine, giacché chi era sospettato di eresia
soggiaceva alla sua diretta giurisdizione anche se
appartenente ad un “Ordine esente”. Il re fu ben lieto di
trovare nel reticolo del Canone un varco per attuare il
suo piano. Il 14 Settembre lettere erano state inviate ai
rappresentanti del re in tutta la Francia che ordinavano
su richiesta di frate Guillaume, l’arresto simultaneo di
tutti i templari per il giorno 13 Ottobre e il sequestro
dei loro beni. Il 20 Settembre Guillaume aveva inviato
lettere a inquisitori, priori e sotto - priori e lettori
domenicani dando loro mandato per agire ed elencando i
crimini dei Templari. Egli dopo aver esaminato le
testimonianze di accusa aveva chiesto l’assistenza del re
secondo la prassi ; il re aveva inviato istruzioni precise
sul modo di procedere agli arresti, sul modo di condurre
l'inchiesta, preceduta dalla richiesta di assistenza
fattagli dall’Inquisitore e l’elenco delle accuse. Pochi
riuscirono a fuggire, quei pochi che si sottrassero
all’arresto fuggirono il giorno stesso degli arresti. La
politica del fatto compiuto non fu però apprezzata fuori
dal regno. E' opinione unanime che i giudici ecclesiastici
e il Papa non furono che strumenti del sovrano. I Templari
prigionieri rimasero sotto la giurisdizione del re anche
quando si asseriva fossero sotto l'egida del Pontefice.
Per via di questo concorso di circostanze, che fu fatale
per i Templari, le fasi del processo furono fin dal
principio unificate e, nel complesso, storicamente questo
processo non può che venire valutato una farsa .
La storiografia recente cita quattro fattori che
avrebbero portato o, almeno accelerato la fine dei
Templari:
• esisteva da parte della corona di Francia un fortissimo
interesse a sbarazzarsi del potere dei Templari. Sono di
quest'avviso Burrows e Maria Bulst-Thiele :
• la debolezza mostrata durante la cosiddetta cattività di
Avignone dei papi residenti in Francia nei confronti del
sovrano francese fu un fenomeno eclatante;
• l'opinione pubblica era molto avversa ai Templari, e, in
questo suo giudizio il popolo fu confermato e manipolato
dalla propaganda del re Filippo e di Nogaret;
• l'azione della politica francese colpì l’Ordine, che
dopo il ritiro della Terra Santa vedeva la propria forza
interiore intaccata dai dubbi.
Nel valutare i singoli personaggi gli storici moderni si
mostrano concordi: da un lato Filippo, abile calcolatore,
disposto a sacrificare quasi tutto alla ragione di stato e
a perseguire i propri scopi senza farsi scrupoli morali.
Seppe circondarsi di consiglieri anch'essi senza scrupoli
che eseguivano il suo volere senza porvi freno, cercando
di spingere l'opinione pubblica versi i progetti del re:
la propaganda e l'uso del terrore furono mezzi efficaci.
Dall'altro lato Clemente V, Papa che non merita certo il
titolo di avversario. "Egli era un uomo debole ed emotivo,
limitato: pensava in primo luogo ai suoi parenti e si
seppe mostrare ostinato solo con pochi potenti. Nei
confronti di Filippo il Bello, poi fu accondiscendente
come raramente un Papa verso un signore temporale".
Rifiutandosi di tornare a Roma Clemente aveva scelto
volutamente di vivere nella sfera di Filippo ed era
conscio della sua dipendenza. Era un uomo infermo, le cui
energie erano paralizzate da una salute estremamente
cagionevole. Non è facile stabilire se Clemente era o meno
consapevole dell'innocenza dei Templari. Resta il dubbio
anche sul fatto se abbia deciso da solo, di sua spontanea
volontà, di sciogliere l'Ordine. Filippo, si era mostrato
amico, aveva elogiato spesso i Templari e aveva chiesto
addirittura di venire accettato nell’Ordine. Alla morte di
Papa Bonifacio (1303), la nomina di Clemente V portò a un
radicale mutamento della situazione. Il pontefice,
risiedendo in Francia, non era più considerato un pericolo
da Filippo. Una modesta forza militare poteva farlo
prigioniero anche senza l'aiuto dell'Ordine che era dunque
divenuto superfluo, anche se non rappresentava ancora un
pericolo .
I Templari, tuttavia, non mostravano interesse per la
politica e per i piani della Francia: non c'è prova di
sentimenti ostili dei Templari per cui l'unica ragione di
procedere sembra solo il saccheggio della loro ricchezza.
Tuttavia Filippo non era così sciocco da annientare un
Ordine senza addurre motivazioni serie per l'opinione
pubblica. Nogaret, suo consigliere, che ad Anagni aveva
tenuto prigioniero Bonifacio VIII, contribuendo alla sua
precoce morte, non era uomo da avere inibizioni; Marigny
suo ministro delle finanze era un uomo senza scrupoli
religiosi . Eresia ed immoralità sembrarono le accuse
migliori per annientare l'Ordine, i ministri la
prospettarono e il re si lasciò allettare. Col processo ai
Templari Filippo aveva dinanzi il caso ideale: una difesa
della fede che al tempo stesso riusciva conveniente allo
stato. Annientando i Templari si sarebbe sbarazzato di uno
scomodo potere militare che non rispondeva ai suoi ordini
e avrebbe salvato le proprie dissestate finanze con i beni
e il tesoro della casa del Tempio di Parigi .Nogaret,
inoltre, aveva in Guglielmo Imbert, Grande Inquisitore di
Francia, domenicano, confessore del re, un grande aiuto.
Filippo, inoltre, non intraprendeva mai nulla senza
consultare il suo ministro Enguerrand de Marigny, ministro
delle finanze e delle opere architettoniche.
A quell'epoca i cantieri per l'erezione di Notre - Dame e
del palazzo reale erano fermi e la moneta era stata già
svalutata più volte. La distruzione dei Templari e la
confisca delle loro ricchezze apriva prospettive positive
per la corona. Clemente, d'altra parte era circondato da
collaboratori poco accorti, si contornava di parenti che,
nonostante le ricche prebende di cui li colmava erano
sempre pieni di debiti. Inoltre conduceva una vita che non
si addiceva al suo stato, aveva una concubina, la bella
Mèlisenda del Perigord, figlia del conte di Foix che gli
costava moltissimo. Se il Papa avesse fatto difficoltà
Filippo avrebbero potuto minacciarlo di farlo destituire
per comportamento indegno, appellandosi al Concilio, visto
che non mancavano motivi plausibili. Nogaret, proveniva
dall'esperienza contro Bonifacio VIII a cui aveva
attribuito i più fantasiosi crimini: simonia, raggiri,
assassinio, magia, ateismo professo. Questa massa di
menzogne e calunnie fungeranno da freno contro Clemente:
se egli avesse intralciato i suoi piani lo avrebbe potuto
minacciare di un processo postumo al suo predecessore e il
Papa non avrebbe voluto esporsi a una tale onta. Il
successo dell'impresa contro i Templari dipendeva
essenzialmente dal grado di benevolenza di Clemente: i
tribunali dell'inquisizione, erano sotto il controllo del
Papa. Perché Filippo potesse godere della confisca dei
beni che si riprometteva in Francia era necessario che
misure simili contro il Tempio fossero prese in tutta
Europa e, per fare questo, era indispensabile la
cooperazione del Papa.
La Chiesa non contò quasi nulla in questo
processo, che essa stessa condannò, e se fosse dipeso da
lei l'Inquisizione non si sarebbe mai occupata dei
Templari, tuttavia tutte le calunnie, tutti i
comportamenti disumani degli sgherri del re non sarebbero
stati possibili se Papa Clemente non avesse mostrato una
tale debolezza, e non avesse accettato con rassegnazione
addirittura anormale le atrocità che avvenivano. Alcuni
autori sottolineano la strategia usata contro l'Ordine,
una vera e propria propaganda, messa in piedi dai geniali
strateghi di Filippo, Nogaret e Pierre Dubois. pur
essendone a conoscenza perché utilizzata dallo stesso
Nogaret contro Papa Bonifacio, la sottovalutò. E' anche
probabile che se i Templari fossero stati ancora allo
zenith della loro potenza avrebbero potuto tenersi
maggiormente al corrente delle abili manovre politiche di
Filippo e della curia. Essi si dimostrarono ciechi anche
nei confronti del nuovo potere politico che si andava
diffondendo sotto Filippo il Bello, quel nuovo ceto di
giuristi medio - borghesi, che miravano a sostituire il
diritto feudale con quello romano: i "legisti". Essi
miravano soprattutto a rafforzare il potere monarchico,
infrangendo i privilegi della Chiesa e degli
aristocratici. Con loro la tortura fece ingresso
nell'accertamento del diritto, considerata mezzo valido e
appropriato. I ministri e i consiglieri di Filippo erano
legisti: è probabile che i Templari, aristocratici d'alto
lignaggio, guerrieri, guardassero con disprezzo questo
gruppo di civilisti che usavano la penna e non la spada. I
legisti sotto il regno di Filippo il Bello avranno un
ruolo importante a livello organizzativo per le nuove
strutture giuridico - amministrative del regno di Francia.
Tuttavia non furono i soli a determinare
la trasformazione dello stato: altri elementi vi
contribuirono, quali la creazione di nuovi organismi di
potere quali il Consiglio (a cui parteciperanno “Borghesi”
e “Lombardi”) e l'Assemblea degli Stati Generali. Tra
banchieri italiani e borghesia francese il re troverà
"tecnici" dei commerci e delle finanze, inesistenti nella
nobiltà francese. Accanto a mercanti e banchieri sedevano
avvocati e giureconsulti: i legisti saranno una presenza
fondamentale nel Consiglio. Come consiglieri del re ognuno
di loro seppe farsi portavoce di esigenze politiche ben
definite: Pierre Flotte sarà portavoce di una politica
difensiva della regalità contro le intromissioni della
Chiesa, il Nogaret si ergerà difensore della cattolicità
contro un Papa "usurpatore" ed "eretico" e contro la
pretesa eresia dell'Ordine del Tempio, il de Marigny
indirizzerà la politica del regno verso i problemi
finanziari dello Stato. Anche l’altro nuovo potere dello
stato di Filippo "la Gens du Roi", un piccolo ma potente
reparto di polizia, era quasi ignorato dai cavalieri. I
Templari trascurarono di studiare la strategia della
polizia di Filippo che aveva dato già ottime prove di sé:
col suo aiuto e grazie alla sua segretezza era stato
possibile in un sol giorno imprigionare tutti gli Ebrei
del regno per poterli poi depredare.
Coi Templari andò in modo analogo. La
polizia di re Filippo agì in modo mirato e con segretezza:
gli strateghi del Tempio non capirono che nello stato di
Filippo, strutturato secondo una nuova concezione, non
erano necessarie le armi dei cavalieri, bensì buoni
poliziotti. Il 27 ottobre il Papa scriverà al re
deplorando il suo comportamento impulsivo che è un insulto
contro di lui e contro la Chiesa. Clemente è certo un Papa
debole, malato e indeciso, ma sa certamente che in questa
faccenda è l'autorità pontificia ad essere la vera posta,
non il Tempio . A fine Ottobre arrivarono le prime
confessioni dei Templari; nel corso di Novembre e Dicembre
il Papa e i sovrani europei cambiarono atteggiamento. Il
Papa decise di bloccare la procedura sommaria messa in
atto da Filippo e di riprendere l'iniziativa: la nuova
procedura doveva essere pubblica e sotto il controllo
della Chiesa. Con la bolla “Pastoralis praeminentia” egli
ordinò, il 22 novembre, l'arresto di tutti i Templari e la
messa sotto tutela dei loro beni. Anche i sovrani che non
avevano creduto nelle accuse o avevano espressi dubbi
saranno costretti a procedere agli arresti, poi la
successiva bolla dell'agosto 1308 “Faciens misericordiam”
completerà l'opera.
Negli stati o nelle altre regioni
l'atteggiamento dell'autorità dipenderà soprattutto dai
legami con la corona di Francia: verranno effettuati
arresti in Inghilterra, Irlanda e isole britanniche (135
Templari); in Navarra i Templari verranno imprigionati a
Pamplona, in Aragona nel regno di Valenzia, in Castiglia e
Portogallo gli arresti avverranno solo dopo l'agosto 1308.
Il conte di Provenza e il re di Napoli imitarono Filippo ,
a Tolone il vescovo avvertì i Templari e 7 fuggirono,
nelle Fiandre l'ordine d'arresto, pubblicato il 13
novembre 1307, non ebbe effetti immediati e fu rinnovato
perciò nel marzo del 1308. In Bretagna gli arresti
portarono allo scontro, in Germania vi furono arresti
nell'estate del 1308, in Austria, Polonia e Ungheria non
si hanno notizie, in Italia, alcuni fuggirono e buona
parte fu assolta dai tribunali ecclesiastici. A differenza
dell’Arcivescovo di Firenze e di Pisa che si piegarono
alle richieste del Pontefice e fecero torturare i
Templari, quello di Ravenna, Rinaldo da Concorrezzo si
occupò personalmente di presiedere la commissione
pontificia incaricata di giudicare l’Ordine del Tempio
nella provincia ecclesiastica posta sotto la sua
giurisdizione. Egli adottò un atteggiamento e seguì una
procedura opposta a quella francese: non aveva pregiudizi
circa la colpevolezza dei Templari che comparirono al
processo liberi e rifiutò di riconoscere la validità delle
confessioni ottenute la tortura. La commissione riconobbe
i Templari innocenti, obbligandoli a sottomettersi a una
semplice penitenza. Richiamato dal pontefice che gli
ordinava di riaprire il processo e applicare la tortura,
si rifiutò.
A Cipro la resistenza fu accanita: solo
l'1 giugno 1308 il Maresciallo dell'Ordine depose le armi
e i Templari furono arrestati.
Dopo le prime confessioni in Francia le accuse contro i
Templari si aggravarono. Nell'agosto 1308, quando il
papato prenderà in mano il processo, le accuse erano state
puntualizzate in 127 articoli che fungeranno da punto di
partenza per gli interrogatori .
Malcom Barber raggruppa questi articoli in 7 categorie:
1. i Templari rinnegano Cristo, che definiscono falso
profeta e che è stato crocifisso per le sue colpe e non
per riscattare l'umanità;
2. sputano sulla croce, la calpestano, vi urinano sopra
nel corso delle loro cerimonie.dorano idoli: gatti e teste
a tre facce, che sostituiscono al Salvatore;
3. non credono ai sacramenti e i sacerdoti dell'Ordine
"dimenticano" la formula di consacrazione durante la
messa;
4. i maestri e i dignitari dell'Ordine, anche se laici,
assolvono i peccati dei confratelli;
5. esercitano pratiche oscene di omosessualità;
6. hanno il dovere di contribuire all'arricchimento
dell'Ordine con ogni mezzo;
7. si riuniscono segretamente la notte; ogni rivelazione
fatta all'esterno sui capitoli tenuti è severamente punita
talvolta anche con la morte.
Fin dal 15 ottobre 1307 Nogaret attingerà
a un simile apparato per giustificare l'arresto; gli
agenti del re prima, gli inquisitori poi strapparono ai
Templari le necessarie confessioni per sostenere tali
accuse . Dallo studio fatto da Malcom Barber sugli arresti
tra ottobre e novembre a Parigi (138 deposizioni) e in
provincia (94 deposizioni), si apprende che si tratta di
persone la cui media età era 42 anni: alcuni erano
conversi o frati lavoratori. Ben 134 su 138 confermarono
le accuse avanzate contro l'Ordine, solo pochi negarono.
Tutti ammisero qualcosa ma è evidente che le confessioni
dei dignitari dell'Ordine furono decisive per la
prosecuzione della vicenda. Non c'è nulla da obiettare da
un punto di vista formale sulla procedura seguita a
Parigi: furono gli inquisitori Guglielmo di Parigi e
Nicola D'Ennezat a condurre gli interrogatori. In
provincia i Templari passarono nelle mani degli agenti
regi prima di essere portati davanti alla giurisdizione
inquisitoriale. Spesso le sole minacce di tortura
bastarono a far confessare; le condizioni di detenzione:
segreta, pane ed acqua per molti giorni, maltrattamenti ed
umiliazioni avevano già fiaccato le loro volontà. Quelli
più forti che esitavano o si opponevano, venivano
sottoposti alla tortura fino alla confessione.
Le accuse formulate, anche se appaiono
enormi, non erano certo nuove: il Nogaret e i suoi agenti
le avevano ripescate dal vecchio apparato anti - eretico.
Non era la prima volta che venivano usate: nel 1301 ne
farà le spese il vescovo di Pomiers, Bernard Saisset, nel
1303 lo stesso Papa Bonifacio VIII. In tutti questi casi
lo stile del Nogaret è inconfondibile: il metodo
consisteva nel trasformare l'avversario, chiunque esso
fosse, in eretico, anche nel caso dello stesso papa. Le
imputazioni cercarono di assimilare le pratiche
dell'Ordine a quelle degli eretici, in particolare dei
Catari e di portare prove della sua perversione a opera
dell'Islam. "Collegando stregoneria e magia, Nogaret
poteva sperare di sfruttare a proprio vantaggio
contemporaneamente sia la tradizione popolare sia le idee
diffuse nel mondo degli intellettuali nella seconda metà
del XIII secolo". I gravi sospetti di Filippo erano
supportati da numerose confessioni convergenti, tuttavia
il caso si trascinava e il meccanismo finirà per
incepparsi con la Bolla ”Pastoralis Praeminentiae” con cui
il Papa ha ripreso l'iniziativa: poiché Filippo non può
apporvisi , sarà costretto a manovrare per concedere al
Papa il minor spazio possibile.
Clemente V approfittò della posizione
vantaggiosa per il papato, data dalla ritrattazione delle
confessioni fatte da de Molay e alti dignitari davanti ai
cardinali inviati a Parigi, per sospendere l'azione degli
inquisitori nel Febbraio 1308. Filippo aumentò le
pressioni nei confronti del Papa e mobilitò l'opinione
pubblica del regno, come già era stato fatto contro Papa
Bonifacio VIII. Chiese ai professori dell'Università di
Parigi opinione sulla legittimità della sua azione ponendo
sette quesiti. La risposta consegnata il 25 Marzo 1308
era sfavorevole alle iniziative regie: difendeva la
giurisdizione ecclesiastica ed affermava che il Tempio era
un Ordine religioso anche se vi era grave sospetto che,
date le confessioni, i membri dell'Ordine fossero eretici
o fautori di eresia. Ciò basterà a far biasimare l'Ordine
e a giustificare l'operato del re.
Contro il Papa la corona usò la
diffamazione: Clemente sarà accusato di nepotismo da
libelli anonimi; ma il nepotismo è una cosa innegabile nel
caso di Clemente V. Sarà inoltre accusato di favorire
l'eresia, tutto accompagnato da minacce e richiami alle
sventure di Bonifacio VIII. Il governo regio convocò gli
Stati del Regno a Tours dove i rappresentanti della
comunità: clero, nobiltà e borghesia, verranno edotti sui
crimini dei Templari. Alcuni rappresentanti dei tre stati
accompagneranno il re dal Papa a Poitiers. Tra giugno e
luglio "Filippo, Nogaret e Guglielmo di Plaisions
eserciteranno una pressione continua su Clemente V". Il
Plaisions chiederà nel concistoro tenuto il 23 maggio il
ripristino degli Inquisitori e poi il 14 giugno minaccerà
un intervento diretto del potere laico e del popolo perché
"tutti coloro che sono colpiti da questa vicenda sono
chiamati a difendere la fede", chiederà la continuazione
dell'inchiesta in ogni diocesi, il ripristino degli
inquisitori e la soppressione dell'Ordine. Per dare
maggior peso alle pressioni saranno presentati al Papa 72
Templari scelti con cura tra i rinnegati dell'Ordine e fra
quelli sottoposti alla tortura. Intanto Filippo aveva
rinchiuso a Chinon i dignitari dell'Ordine dandoli per
malati affinché il Papa non potesse interrogarli. Il 5
luglio Clemente cederà: gli inquisitori saranno richiamati
e agiranno con i vescovi nell'ambito delle diocesi.
Il 12 agosto 1308 con la Bolla “Faciens
Misericordiam” egli espliciterà la sua posizione affidando
ai Concili provinciali l'incarico di giudicare, su
rapporto delle commissioni diocesane, i Templari come
singoli individui e nominando una commissione apostolica
di otto membri per indagare sull'Ordine. Un concilio
generale convocato a Vienne, con la bolla “Regnans in
Coelis”, avrebbe giudicato, all'inizio del 1310, la
soppressione del Tempio. Il Pontefice si era riservato di
giudicare i dignitari dell'Ordine, e di destinare i beni
di quest'ultimo al servizio della crociata. Nel frattempo
tali beni erano rimasti sotto il controllo del re che, su
richiesta della Chiesa, aveva la sorveglianza dei
prigionieri. In apparenza la vittoria di Filippo era
completa, in realtà il Papa si era riservato una libertà
di movimento che gli consentiva di dilazionare e
rallentare il procedimento. La commissione episcopale
sarà convocata per la prima volta nel Novembre 1309. I
vescovi non erano persuasi della colpevolezza dei
Templari, il Papa non appare particolarmente zelante,
Filippo, da parte sua, non aveva facilitato la nomina
della commissione per timore di una ritrattazione dei
Templari. Le inchieste episcopali iniziarono in Francia
alla metà del 1309, in Inghilterra, in Spagna e in Italia
nel 1310 iniziarono invece i primi interrogatori. La
tortura verrà applicata dappertutto salvo casi particolari
come in Castiglia, in Portogallo e in Italia, a Ravenna,
dove verranno assolti (a Pisa e Firenze furono invece
torturati) e a Venezia dove resteranno nelle proprie sedi
perché l'Inquisizione era nelle mani dello stato e non
molestava i Templari, I processi francesi sono
caratterizzati dall'assenza di testimoni non appartenenti
all'Ordine: solo 6 deposizioni su 231 raccolte tra il 1309
e il 1310, sono di esterni.
Fuori Francia furono numerose le
testimonianze sia a favore che contro i Templari. Queste
per lo più si limiteranno a riferire pettegolezzi o voci:
i testi religiosi prevalgono rispetto ai laici. Alla fine
del 1309 de Molay taceva, i Templari non si erano
presentati davanti agli otto a difendere l'Ordine:
sembrava che Filippo avesse trionfato. Il 3 Febbraio 1310
la commissione riprenderà i lavori con la comparizione di
16 Templari di Macon: 15 dichiareranno di voler
testimoniare in favore dell'Ordine. Inizierà così una vera
ondata, che col tempo sorpasserà il numero di 600. I
Templari decisero di far esporre la loro difesa da 4 di
loro formatisi allo studio del diritto: la difesa sarà
salda e circostanziata. Il Papa rimanderà il Concilio
generale al 1312, e, Filippo, preoccupato, ripiegherà sul
parere di un teologo di Parigi la cui opinione,
minoritaria rispetto agli altri dottori, reputava che ai
Templari non dovesse essere concessa alcuna difesa perché
difendere l'Ordine avrebbe voluto dire che poteva non
essere colpevole: ma esso era colpevole, dunque non vi era
motivo di difenderlo. Tale affermazione è molto
discutibile. Filippo riuscì ad ottenere dal Papa che
Filippo di Marigny fratello di Enguerrand, fosse nominato
vescovo di Sens. La devozione del nuovo arcivescovo per
Filippo era assoluta: poiché il vescovado di Parigi
dipendeva dalla provincia di Sens, spettava proprio a
Filippo di Marigny chiudere con un concilio le inchieste
diocesane sui singoli Templari, nella sua provincia. Il 10
maggio l'arcivescovo convocò tale concilio e: “confondendo
in mala fede la procedura impiegata davanti alla
commissione apostolica degli otto e quella impiegata
davanti alle commissioni diocesane, fa condannare al rogo
54 Templari di Sens che avevano confessato nel 1307 i
propri crimini, ma che, poi, difendendo l'Ordine davanti
alla commissione degli otto erano ricaduti nell'errore".
Ritrattando le confessioni furono considerati recidivi: i
condannati furono arsi vivi alla porta S. Antonio, fuori
Parigi il 12 maggio. Altri roghi arsero nei giorni
successivi spezzando la resistenza degli altri Templari.
Solo pochi compariranno davanti alla commissione, di quei
pochi alcuni si confusero e tennero discorsi incoerenti. I
due principali difensori dell'Ordine sparirono rapiti o
assassinati: i Templari rinunciarono quindi a difendere
l'Ordine. Col consenso del Papa e del re la commissione
concluse le udienze il 26 maggio 1311. Il voluminoso
dossier ricavato servirà da punto di partenza per il
Concilio. Il 16 ottobre 1311 sarà dichiarato aperto il
Concilio con tre punti di discussione: il Tempio, la
crociata e la riforma della Chiesa. Il Papa non riuscirà a
mantenere il controllo dell'assemblea: la maggior parte
dei padri conciliari vorrebbero giudicare e ascoltare la
difesa, alcuni esorteranno invece il papa a sopprimere
l’Ordine.
Il re di Francia esasperato nel marzo 1312
aveva convocato gli stati generali a Lione: dopo incontri
segreti fra Nogaret, rappresentanti del re e il Papa, il
20 marzo Filippo annuncierà il suo arrivo a Vienne per il
Concilio. Andrà con un esercito perciò il Papa, di sua
iniziativa, il 22 marzo con la Bolla “Vox in Excelso”
abolirà l'Ordine con un atto amministrativo. Il 3 aprile
il Papa seduto tra Filippo il Bello e il Figlio di lui
Luigi di Navarra pronuncerà in pubblico la sentenza. Il
concilio si prolungherà fino al 6 maggio 1312 per il
problema della devoluzione dei beni. A tale data l'Ordine
non esisterà più, resterà solo il caso dei singoli
individui disciplinati dalla Bolla “Considerantes dudum”
del 6 maggio 1312.
Pur avendo riservato a sé il giudizio dei
quattro dignitari del Tempio imprigionati a Parigi,
Clemente il 22 dicembre 1313 nominerà una commissione di
tre cardinali destinata a giudicare in suo nome: vi farà
parte anche Niccolò di Frèauville, uomo di paglia del re.
Il 18 marzo 1314 de Molay compare davanti alle stesse
persone con le quali si era rifiutato di parlare, non per
essere giudicato ed ascoltato ma solo per assistere alla
sentenza in un Concilio presieduto da Filippo di Marigny
che li condannerà al carcere perpetuo e severo. Ma il de
Molay e il de Charney opponendosi allo stesso arcivescovo
di Sens ritrattarono le confessioni: il re immediatamente
informato quello stesso giorno, li farà giustiziare su
un'isoletta della Senna.
Per i posteri le ultime parole del Maestro
de Molay e dell’Istitutore dell’Ordine de Charnay restano
una prova toccante della loro innocenza e dell'innocenza
dell’Ordine: ritrattare significava morte sicura; il Gran
Maestro aveva in ultimo trovato quella statura morale
propria del suo ufficio e della sua dignità.
Il Papa non prese posizioni perché forse
era già allo stadio terminale di un tumore allo stomaco e
all'intestino, sperava di poter alleviare gli ultimi
giorni di sofferenze con un cambiamento d'aria nella sua
terra natale: morì a Roquemure il 20 aprile senza giungere
a destinazione. Tragica fu la fine dell'eredità del
pontefice più discutibile della storia della chiesa
medioevale: il denaro che aveva arraffato con tenacia e
suscitando scandalo in tutta la cristianità fu poco utile
alla Chiesa , fu saccheggiato dai suoi familiari e dal
nipote visconte Bernard de Lomagne. Solo 70.000 fiorini
su 1.040.000 posseduti da Clemente, furono ereditati dalla
Chiesa pertanto il vero erede dei beni del Tempio fu
Filippo. Egli presentò al Papa il conto delle spese
sostenute per il mantenimento dei Templari durante la
prigionia: i Gerosolomitani per entrare in possesso dei
beni ereditati dovettero pagare forti somme, forse queste
superarono il valore dei beni ereditati con la bolla
pontificia. Nella realtà i beni dei Templari caddero tutti
in mani estranee: i castelli andarono ai gerosolimitani se
già non erano stati sequestrati da principi o re, il resto
del patrimonio compreso i tesori delle chiese sparirono
nei forzieri del re in modo legittimo e definitivo. Il re
di Castiglia addirittura ne vendette una parte ai suoi
nobili.
Solo il re dom Diniz di Portogallo li
amministrò in modo degno e, il 5 maggio 1319 fondò
l'Ordine di Cristo e consegnò alla nuova istituzione le
proprietà dell'Ordine templare intatte e fiorenti.
In Francia, Filippo non poté amministrare
il bottino sottratto come gli sarebbe stato necessario e
nel 1313 fece di nuovo bancarotta; nello stesso anno, in
autunno Filippo morì per una ferita di caccia. Clemente V
ritenne inopportuno fondare un nuovo Ordine perché temeva
che Filippo avrebbe richiesto per lui o per uno dei figli
la carica di Gran Maestro e che i beni Templari assegnati
al nuovo Ordine sarebbero, per vie traverse, finiti nelle
mani della corona di Francia .
ANALISI DEL PROCESSO
La soppressione dell'Ordine Templare da parte di Papa
Clemente fu conforme, almeno nella forma ai principi
giuridici del caso. Ma la motivazione da lui addotta per
quest'atto amministrativo fu tutt'altro che convincente.
Il processo che s'era svolto, contravveniva a tutte le
norme del diritto canonico, i Templari ricevettero un
trattamento così disumano, le loro confessioni furono
estorte con mezzi e modi violenti.
Per il Beck il processo fu illegale
totalmente perché illegittimi furono l’arresto, la
detenzione e il primo interrogatorio dei templari da parte
della polizia regia che costituì la base della successiva
condanna: secondo il diritto del tempo queste procedure
erano infatti pertinenza della Chiesa. Illegittima fu
l'ingerenza della polizia regia nel procedimento
ecclesiastico; Papa Clemente si comportò illegittimamente
richiamando all'ordine e destituendo troppo tardi un
Grand'Inquisitore che travalicava in modo tanto palese
l'ambito delle proprie competenze; illegittimo fu che il
pontefice tollerasse la condotta di Nogaret, uno
scomunicato estromesso dalla Chiesa, a cui fu concesso, a
nome proprio della Chiesa, di arrestare il Maestro d'un
Ordine con l'accusa di eresia. Illegittimo ed iniquo fu il
comportamento di Papa Clemente che non procedette mai
personalmente all'interrogatorio di de Molay; Illegittima
fu la violazione dei diritti degli accusati a vedersi
concedere dei giudici imparziali; sostanzialmente
illegittima fu la condanna dei 54 Templari emessa
dall'arcivescovo di Sens; Illegittimo fu lo stesso
tribunale pontificio a Parigi perché limitò la sua
inchiesta alla sola Francia benché dovesse stabilire la
colpevolezza di tutto l'Ordine. Illegittima fu l'ingerenza
dei funzionari del re nell'inchiesta pontificia;
Illegittima fu la repressione di ogni tentativo di difesa
nel contesto del concilio di Vienne, nonché l'arresto dei
sette Templari che si presentarono nella cattedrale per
patrocinare l'Ordine; Illegittimo fu che l'affare dei
Templari venisse associato con la minaccia di un
procedimento contro il precedente Pontefice, Bonifacio
VIII.; Illegittima fu la maniera in cui si procedette per
quanto riguarda i beni dei Templari. La donazione poi di
centomila lire tornesi che il re fece al pontefice, a
vicenda conclusa, per l'incomodo sostenuto equivale, in
pratica a corruzione. Lo stesso dicasi per la somma che il
Papa riscosse dai Gerosolomitani; Infine fu illegittima
nella forma e nella sostanza la condanna del Maestro de
Molay da parte del regio consiglio della corona. Come
poteva un tribunale dello stato mettere a morte il massimo
esponente di un Ordine esente?. Davanti alle suddette tesi
viene da chiedersi cosa vi fosse di legale, in questo
processo, prescindendo dal diritto formale del Papa a
sopprimere l'Ordine. I rappresentanti del Clero,
soprattutto Papa Clemente e i suoi cardinali, vescovi e
inquisitori francesi, si macchiarono di grandissime
ingiustizie nel processo ai Templari. (Secondo Beck fu il
più grande assassinio giudiziario del medioevo, un crimine
perpetuato ai danni di migliaia di innocenti).
INNOCENZA O COLPEVOLEZZA
Nel 1914 Victor Carrière, uno dei più validi storici
dell'Ordine del Tempio affermava: "E' oggi un fatto
definitivamente acquisito: il Tempio, in quanto tale, é
innocente dei crimini di cui lo si é accusato così a
lungo".
Da allora numerosi studi, hanno
confermato, ma anche moderato quest'affermazione. Malcom
Barber, Peter Partner, Forey (sull'Aragona), di Carovita
(sull'Italia) e, infine, quelli di Riley-Smith hanno
portato contributi interessanti. Occorre innanzitutto
tenere presente che di solito la data di nascita dello
stato moderno viene collocata alla fine del XIII secolo, e
quindi, in Francia al regno di Filippo il Bello (in realtà
si dovrebbe risalire a S. Luigi): si mettono in rilievo
l'idea di sovranità, l'amministrazione, la fiscalità,
l'efficienza, l'accentramento nazionale, che lo stato
moderno implica ma, spesso si tralasciano le vicende
oscure di cui quella dei Templari fu senz'altro la più
clamorosa.
Il processo ai Templari non è un processo
criminale consueto: "é quello che oggi si chiamerebbe un
processo politico, condotto con una procedura eccezionale,
la procedura dell'Inquisizione ". Essa non mira a "rendere
palese la verità ma a fare di un sospetto un colpevole",
come scriverà nel Febbraio 1308 un Templare inglese. I
Templari si trovano posti di fronte a questo dilemma: i
commissari “prometteranno loro il perdono se essi
confesseranno la verità, tornando alla fede della Santa
Chiesa, o, in caso contrario, saranno condannati a morte".
Questo è il quadro stabilito da Filippo il Bello e dai
suoi consiglieri, e l'Inquisizione che, in Francia, é
controllata da loro. La credibilità delle accuse deve
essere esaminata tenendo conto di questo contesto. Alcune
imputazioni si riferiscono al comportamento degli
individui: dissolutezza, omosessualità, avarizia,
superbia. L'accusa di sodomia è uno stereotipo usato prima
e dopo il processo al Tempio, ogni volta che si vorrà
provare l'eresia di colui che si accusava. La stessa cosa
si può dire per l'accusa di avarizia e brama di guadagno:
alcuni Templari fecero ricorso alla violenza al fine di
derubare altri. Ma anche in tal caso questa imputazione,
come quella relativa al rifiuto delle elemosine,
appartiene al vecchio repertorio dell'anticlericalismo
medioevale. Per tutti questi aspetti si trovano anche
testimonianze contrarie: alcuni Templari distribuiscono
generose elemosine ed è evidente che non tutti i Templari
sono sodomiti. Questi fatti isolatamente non dimostrano
nulla.
Le accuse rivolte contro le pratiche
religiose sembrano più serie. In genere i Templari e lo
stesso de Molay lo aveva ammesso con il re poco prima del
suo arresto hanno riconosciuto la pratica della
assoluzione dei peccati da parte dei laici. Il Maestro
dell'Ordine, i precettori delle provincie, quelli di
alcune commende importanti assolvevano i frati Templari
che si recavano da loro a confessarsi nonostante che
fossero dei laici: lo riconosce il precettore di Denney
(Cambridge), e Guglielmo Middleton, templare scozzese.
Quest'errore, che gli accusatori hanno trasformato in
crimine, era causato dall'ignoranza di alcuni Templari che
confondevano il perdono che il precettore concedeva ai
fratelli colpevoli alla fine del capitolo domenicale, nel
quale si portavano alla luce, si discutevano e punivano
colpe, con la assoluzione che solo il sacerdote può dare.
Gli Inquisitori inglesi hanno sottolineato
quindi alcune affermazioni eretiche relative alla
negazione dell'immortalità dell'anima. Gli accusatori
hanno approntato le loro domande sulla questione dell'aver
rinnegato il Cristo e sputato sulla croce. La maggior
parte dei Templari ha ammesso di essere stata costretta a
commettere tali gesti ma di averlo fatto contro il proprio
volere . Una iniziazione goliardica esisteva sicuramente
ed era seguita anche dagli Ospitalieri di Acri. Dopo il
1270 tale pratica venne vietata. A sostegno di questa
interpretazione si può citare la domanda fatta da un
Inquisitore a un Templare: "era forse un modo per
mettervi alla prova? Se vi foste rifiutati non vi
avrebbero mandato più in fretta in Terra Santa?" . Scherzo
di dubbio gusto o rito iniziatico? Si tratta probabilmente
di un rituale simbolico il cui senso é andato perduto,
forse un ricordo di S. Pietro che rinnegò Cristo. Le
affinità col Catarismo, poi, vengono di solito spiegate in
base a contatti con l'Oriente. Il Catarismo com'è noto,
trae origine dal manicheismo orientale e talvolta si
accusano i crociati di essere responsabili della sua
introduzione in Occidente. Ma nel mezzogiorno cataro i
Templari sostennero più i crociati del nord che gli
eretici: Nogaret odiava il Tempio perché il nonno di
questo "patarino" era morto sul rogo eretico, a causa dei
Templari. Uno studio recente ha dimostrato che l'eresia
combattuta accanitamente per settant'anni, non solo non
era del tutto scomparsa dalla Linguadoca ma si era diffusa
tra alcune famiglie della nobiltà crociata, quelle
famiglie di baroni del Nord giunti con Simone di Montfort
e che aveva messo radici nel mezzogiorno. Se vi fu
un'influenza Catara, é meglio spiegarla col fatto che il
Tempio reclutava i suoi membri soprattutto nella piccola e
media nobiltà: in Linguadoca entrambe erano state aperte
al Catarismo e ciò può aver potuto “infettare" il Tempio
ma anche altri Ordini: i Templari non hanno
caratteristiche esclusive. Insomma non si possono
escludere singoli casi di eresia, ma l'Ordine nel suo
insieme non fu eretico: neppure Clemente V lo pensava
realmente. Gli errori dei Templari in materia di fede
riguardano tutt’al più la condotta, non la dottrina. I
cinquantaquattro cavalieri arsi vivi nel 1310, de Molay e
Charney, sono morti per la fede cattolica.
Per quanto riguarda l’accusa di idolatria,
tutta basata sull'adorazione di una testa magica, desta
diffidenza: il culto delle reliquie, infatti, era ancora
molto sentito, e, anche i Templari ne possedevano.
Restano i contatti con l'Islam che sarebbe inutile negare.
E' facile capire come l'accusa abbia potuto servirsi del
fastidio che suscitavano queste relazioni per far pensare
a un legame ancor più saldo con l'islam o addirittura a
una conversione segreta".
Prese singolarmente nessuna delle accuse
rivolte all'Ordine era falsa: si troveranno senza
difficoltà un Templare sodomita, un Templare avaro, un
Templare violento, uno che in un momento di collera abbia
tenuto discorsi imprudenti sulla fede. Del resto molti
articoli della regola sono dedicati alla repressione di
queste colpe e delitti: e ciò ne dimostra l'esistenza. Si
viene a conoscenza che piccole manie dei Templari erano
conosciute da tutti da 20 o 30 anni e forse più. Prese
singolarmente queste accuse non hanno significato: perché
fossero efficaci era necessario che una volontà politica
la raggruppasse in un sistema coerente, che si adattasse,
all'opinione corrente con successive deformazioni,
aggiunte o menzogne. E' l'opera di Nogaret e degli agenti
per conto della corona francese .
LE RAGIONI DEL RE
Per molto tempo si è affermato che fu l'interesse
materiale a muovere l'azione di Filippo contro i Templari.
La storiografia recente tende ad attribuire a tale fattore
scarsa importanza. Per altri autori é difficile ammettere
che uno dei grandi re che fecero la Francia abbia potuto
commettere azioni così basse per mettere le mani su un
tesoro. A ragione dunque gli storici hanno cercato altre
spiegazioni: una vicenda di tale portata doveva avere
assai più complesse motivazioni. Può darsi che l'azione
del re non sia stata dettata solo dall'attrattiva del
guadagno, può darsi che egli abbia commesso qualche errore
di calcolo nel gestire beni posti sotto sequestro : ciò
non toglie che la questione dei beni dei Templari sia
stata sollevata subito dopo l'arresto.
Malcom Barber mette l'accento
sull'importanza dei movimenti finanziari, pur senza farne
un movente unico. L'attacco al Tempio deve essere
collocato nel contesto dei metodi impiegati dal governo
regio per risolvere i propri problemi, soprattutto il
problema del potere e dei mezzi. Il Barber inoltre
paragona la posizione dei Templari a quella di altri
gruppi minoritari quali Lombardi, Ebrei, usurai, ricchi ed
impopolari, ugualmente coinvolti nel funzionamento delle
finanze regie. Si stenta a credere che un re che cercava
con tanto accanimento del denaro potesse esitare davanti
alla miniera rappresentata dai Templari. Nell'ottobre 1307
il re ordinò di "trattenere con la massima decisione" i
beni sequestrati dai suoi agenti. Aveva intenzione di
prenderli? E' stato detto di no. Eppure la sesta domanda
posta all'università nel febbraio 1308 chiede se i beni
che i Templari possedevano in comune debbano essere
confiscati a vantaggio del principe nella cui
giurisdizione essi si trovano o se debbano essere
attribuiti alla chiesa o alla Terra Santa. A tale domanda
l'università risponderà che i beni devono essere
attribuiti alla Terra Santa. La domanda é esplicita ed
eloquente, il fatto stesso che Filippo abbia posto la
domanda non lascia dubbi d'interpretazione. Filippo per
tutto il periodo del suo regno avrà problemi a reperire
denaro. Non si può considerare, però, un falsario, secondo
il Demurger egli ha usufruito del diritto sovrano di
operare cambiamenti monetari. Ha utilizzato ogni mezzo, ha
fatto pressioni di tutti i generi per imporre tasse,
decime al clero e per spremere Ebrei, Lombardi e usurai.
Perché quindi non i Templari, visto che le denuncie di
Esquien di Floyran gli davano l'occasione di impadronirsi
delle loro ricchezze? I risultati furono deludenti. La
maggior parte dei fondi propri del Tempio si trovava a
Cipro, le case dell'Ordine non possedevano una ricchezza
particolare se si controllano gli inventari. Il re
tuttavia ha sfruttato le rendite dei Templari a suo
vantaggio e ciò é indubbio: Filippo ha emesso tratte sulle
loro proprietà. Inoltre il mercanteggiamento con
l'Ospedale gli procurò 200.000 franchi. Filippo, come i
suoi contemporanei si era illuso, secondo il Demurger,
sulla ricchezza dell'Ordine: ma, attaccandoli, si
procurava denaro e saldava i conti col papato. Se si
riprende la formula di Malcom Barber si può riflettere: il
re ha due problemi, il suo potere e i suoi mezzi
finanziari e il Tempio si trova al centro di entrambi.
Gli storici tendono sempre più a cercare
una spiegazione della vicenda nelle convinzioni, nella
fede di Filippo. Il re e i suoi consiglieri e l'intera
opinione pubblica erano convinti della colpevolezza dei
Templari. Filippo come Nogaret e l'Inquisitore Guglielmo
di Parigi si credevano campioni di Dio nella lotta contro
il demonio . Malcom Barber, partendo dai documenti ha
cercato di delineare la "visione del mondo" che Filippo il
Bello e coloro che lo circondavano, potevano avere: la
visione di un mondo unitario opera di Dio e cementata
dalla fede cattolica, organizzato secondo logica, ordinato
e gerarchizzato dalla ragione. In questo mondo coesistono
dei poteri: all'idea tradizionale dei due poteri posti
sotto l'autorità papale si sostituisce quello di una
cristianità che forma un corpo suddiviso in altri corpi
più piccoli. Lo stato monarchico di Francia é uno di
questi corpi retto dal "re cristianissimo". I crimini dei
Templari, la depravazione e l'eresia hanno spezzato
l'unità della creazione e l'Ordine dell'universo. Essi
hanno attaccano la fede, disprezzato la Creazione e
praticato atti contro natura: Dio è offeso dalle loro
riunioni segrete. I Templari hanno rinnegato la ragione,
hanno abbandonato il posto che occupano nella scala del
creato di cui hanno messo in dubbio la perfezione .
Filippo, uomo devoto, austero, è rigoroso in natura di
fede e morale, ha condiviso le idee del suo tempo . Ma
credeva a ciò che diceva? Non ha sfruttato le convinzioni
del suo tempo per raggiungere il proprio scopo?
Fawtier ritiene che Filippo il Bello abbia agito
precipuamente per motivi religiosi, avendo intuito, o
appreso, al di là di delazioni su episodi marginali e
piccoli scandali, l'esistenza, tra le file dell'Ordine di
una dottrina segreta, che, se effettivamente coltivata,
poteva solo essere eterodossa e che pertanto metteva in
discussione lo stesso principio monarchico. La distruzione
degli atti segreti del processo, per quanto si sa,
definitivamente perduti, lascia un'ombra di ambiguità
sull'intera vicenda: di certo ha fatto osservare Léo
Moulin, gli Ordini fusero l'elezione degli organi di
governo con l'esercizio del potere su basi carismatiche
che esprimevano, insomma, un modello politico del tutto
irriconducibile a quello della "monarchia nazionale" e del
papato non conciliare di cui furono bersaglio e, nel caso
dei Templari, vittime.
Demurger dubita fortemente della buona
fede di Filippo, non crede affatto nella sincerità di
Nogaret e del Plaisians: essi sono fanatici, ma non di Dio
e della sua religione, ma dello Stato.
Raimondo Lulli, nel suo “liber de Jure"
aveva proposto una fusione dei due Ordini Templare e
Ospitalieri sotto un Gran Maestro che sarebbe dovuto
essere un re non sposato, un "rex bellator" da eleggersi:
Filippo era vedovo e potrebbe essere che egli abbia
pensato di mettersi a capo di un tale Ordine per condurre
una crociata. Ciò segnava la condanna del Tempio.
Il Concilio di Vienne, in un modo o in un
altro, realizzò de facto l'unificazione degli Ordini.
Tuttavia Filippo pensava alla creazione di un nuovo Ordine
che egli avrebbe potuto controllare. I motivi
dell'atteggiamento di Filippo nei confronti del Tempio non
sono da cercarsi in probabili pericoli sotto il profilo
militare, il problema è di ordine ideologico e politico.
Filippo, Edoardo I, Edoardo II, Giacomo II hanno cercato
di ridurre i privilegi del Tempio e dell'Ospedale. Dopo la
perdita della Terra Santa gli Ordini furono ritenuti
colpevoli delle perdite e delle sconfitte: i re ne
approfittarono. Sia Filippo che Edoardo I, Edoardo II e
Giacomo II erano in contrasto col papato: Edoardo aveva
difficoltà a proposito delle decime imposte al clero,
Filippo attizzava dispute con Bonifacio VIII sulle decime
e sul problema della giurisdizione ecclesiastica. Gli
Ordini erano direttamente posti sotto l'autorità papale:
qualunque siano state le loro prese di posizione, i
Templari e gli Ospitalieri non cessavano di essere Ordini
indipendenti e potenti sotto l'autorità del pontefice. Le
monarchie centralizzate seguirono le orme di Filippo
perché compresero che era giunta l'occasione di ridurre
l'influenza del Tempio e degli Ordini militari nei loro
stati.
Gli Ordini militari internazionali,
infatti, costituivano un ostacolo per lo sviluppo delle
monarchie centralizzate. Essi non avevano collocazione
nello stato moderno: quindi avrebbero dovuto sottomettersi
o soccombere. I Templari quindi, furono eliminati e gli
Ospitalieri si riconvertirono. "Filippo e i suoi
consiglieri, per distruggere l'Ordine dei Templari hanno
messo in moto una macchina implacabile: Filippo mirava
forse ad uno stato totalitario? Non è forse lo stato
totalitario uno degli sviluppi possibili dello stato
moderno?".
CONCLUSIONI
Alcuni autori, mettono in risalto, nelle proprie opere
l’aspetto economico dell’Ordine e legano alla ricchezza
tutta la vicenda della distruzione dei Templari e della
soppressione dell’Ordine. Il denaro fu certamente la causa
scatenante, tuttavia anche l’Ordine degli Ospitalieri era
molto ricco, ma non per questo subì la stessa sorte.
Non mancano gli autori che danno maggior
peso all’aspetto politico della vicenda e incentrano su
Filippo il Bello e sulla sua visione dello stato tutto il
senso delle loro ricerche; essi cercano di dimostrare che
alla base della distruzione dell’Ordine dei Templari vi
erano ragioni politiche legate all’idea di stato
totalitario che sono attribuite al re di Francia e che i
Templari contrastavano, forse loro malgrado, a causa della
loro forza economica e della loro influenza politica.
Alcuni autori incentrano la loro ricerca
sulla querelle tra Filippo il Bello e il papa Bonifacio
VIII, per dimostrare che, la distruzione dell’Ordine va
vista nell’ottica di tale controversia: l’affermazione del
potere secolare su quello spirituale. Altri autori
sottolineano l’aspetto religioso dell’Ordine,
analizzandone l’ortodossia la loro possibile eresia e i
presunti aspetti esoterici della loro dottrina.
In una materia così controversa non è
possibile fare distinzioni nette su tali aspetti. E’
indubbio che in Francia una particolare contingenza
politica, alimentata dalle più radicali trasformazioni in
seno alla finanza e alla fiscalità del regno, voleva con
la soppressione di un ordine religioso come quello del
Tempio, rivendicare i diritti del potere civile ed
affermare la propria egemonia sulle vecchie strutture
clericali. La querelle esplosa tra Filippo il Bello e
Bonifacio VIII, non era terminata con la morte di
quest’ultimo, anzi era divenuta una controversia di idee
che accentuava l’importanza del problema e la gravità
degli interessi messi in gioco sia da una parte che
dall’altra. La persecuzione dell’Ordine del Tempio ne fu
la naturale continuazione. La Francia si dimostra disposta
a sostenere Filippo, la cui autorità coincide sempre di
più con la frontiere naturali del regno, mentre la
feudalità, era stata messa da parte da una potente
borghesia, a cui era ormai subordinata. A Filippo spetta
l’onore e il merito di essere stato il fautore di quel
rinnovamento che nato intorno al 1300 porterà al
costituirsi delle grandi monarchie europee. Era
inevitabile che i principi di tale radicale trasformazione
portasse forzatamente lo scontro ad un livello in cui gli
interessi della monarchia e della nobiltà, dello Stato e
della Chiesa, erano in conflitto e l’eliminazione del
Tempio rientrava in un’ottica “storica ineluttabile”, così
come era nella logica delle cose ridurre il peso della
nobiltà feudale.
Non possiamo quindi limitare l’esposizione
al carattere “finanziario” che ha motivato l’eliminazione
del Tempio. Se si trattasse solo di questioni economiche
legate al bisogno di rimpinguare le casse dello stato
perché rivolgere l’azione solo al Tempio quando l’Ordine
degli Ospitalieri era molto più ricco? Qualcuno sostiene
che quello era solo un primo atto e che forse anche gli
Ospitalieri erano nelle mire di Filippo. Tuttavia per lo
scalpore del lungo processo ai Templari o forse per la sua
morte precoce, la sua azione distruttiva rimarrà
circoscritta ai Templari. Certamente Filippo ebbe un ruolo
ambiguo e poco definibile nello ”affare” del Tempio,
sicuramente sono entrati a far parte del gioco sia aspetti
umani, sia politici.
I Templari erano cavalieri provenienti
dalla nobiltà feudale, orgogliosa del proprio lignaggio e
di difficile subordinazione. Si tratta essenzialmente di
una questione di potere: il timore che i Templari non si
sarebbero asserviti alla monarchia come egli la concepiva.
La controversia
contro Bonifacio VIII e poi quella contro i Templari aveva
uno scopo preciso: dimostrare che il re “era più cattolico
del papa”, solo in questo modo il potere civile avrebbe
avuto la meglio su quello religioso. L’Ordine cozzava
contro il principio di ereditarietà di cui solo si sentiva
investito e contro il suo potere di re. Filippo fu un
promulgatore dei nuovi principi del nazionalismo e della
laicità dello stato, intesa come forza libera da ogni
ingerenza spirituale. Sovrani e Chiesa temevano più del
potere economico, il potere politico dei Templari. Tutta
la vicenda può ascriversi al problema di spianare alla
monarchia la strada verso una politica assolutistica, di
rendere più debole il clero francese, al quale non era
difficile misurare la grande potenza del re sul papa e su
tutta la chiesa e quindi scegliere la via dell’obbedienza
che avrebbe potuto evitare il ripetersi di azioni
politiche e giudiziarie pericolose. Per questo il Processo
i Templari contribuì a consolidare il prestigio ma,
soprattutto il potere politico di Filippo il Bello
Saggio tratto dalla Conferenza: "Templari:
Il dramma della soppressione " di Raffaella Risuleo -
Certosa di Firenze 1997
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