Se si legge con attenzione l’enciclica …
C’è un personaggio inquietante e apocalittico che
Benedetto XVI evoca, a sorpresa, nella recente enciclica
“Spe salvi”: l’Anticristo. Per la verità il papa non cita
direttamente questo oscuro soggetto che è drammaticamente
preannunciato fin dal Nuovo Testamento, ma lo chiama in
causa attraverso una citazione di Immanuel Kant che fa una
certa impressione rileggere in questi tempi in cui
l’Europa sembra in guerra contro la Chiesa, spesso
strumentalizzando alcuni gruppi sociali (come gli
immigrati musulmani o le donne o gli omosessuali) per
sradicare le radici cristiane e per limitare la libertà
dei cattolici e della Chiesa. Scriveva Kant: “Se il
cristianesimo un giorno dovesse arrivare a non essere più
degno di amore (…) allora il pensiero dominante degli
uomini dovrebbe diventare quello di un rifiuto e di
un’opposizione contro di esso; e l’anticristo (…)
inaugurerebbe il suo, pur breve, regime (fondato
presumibilmente sulla paura e sull’egoismo). In seguito,
però, poiché il cristianesimo, pur essendo stato destinato
ad essere la religione universale, di fatto non sarebbe
stato aiutato dal destino a diventarlo, potrebbe
verificarsi, sotto l’aspetto morale, la fine (perversa) di
tutte le cose”.
Il Papa sottolinea proprio questa possibilità apocalititca
che viene affacciata da Kant secondo cui l’abbandono del
cristianesimo e la guerra al cristianesimo potrebbero
portare a una fine non naturale, “perversa”, dell’umanità,
a una sorta di autodistruzione planetaria, sia in senso
morale che in senso materiale (e un tale orrore, peraltro,
è oggi nelle possibilità teniche dell’umanità). Essendo
l’enciclica un testo molto rigoroso e ponderato, è da
escludere che Benedetto XVI abbia evocato l’Anticristo e
la “fine dell’umanità” a caso.
Il suo pensiero peraltro
è del tutto lontano da suggestioni millenaristiche, c’è
dunque da credere che se richiama questi temi scorga
veramente nel nostro tempo un confronto drammatico e
mortale fra Bene e Male. Oltretutto già in un’altra
recente occasione è stata evocata e ben meditata, in
Vaticano, la figura dell’Anticristo. E’ accaduto
quest’anno, il 27 febbraio, negli esercizi spirituali
predicati al Papa dal cardinale Biffi (immagino che i temi
siano stati concordati): si è meditato proprio sulla
profezia dell’Anticristo (vedi “Le cose di lassù”, ed.
Cantagalli). Biffi ha citato infatti il “Racconto
dell’Anticristo” di Vladimir Solovev scritto nella
primavera 1900, come avvertimento al XX secolo che era
agli albori. In quelle pagine il personaggio apocalittico
veniva eletto “Presidente degli Stati Uniti d’Europa” e
poi acclamato imperatore romano.
“Dove l’esposizione di Solovev si dimostra
particolarmente originale e sorprendente e merita più
approfondita riflessione” spiega Biffi “è
nell’attribuzione all’Anticristo delle qualifiche di
pacifista, di ecologista, di ecumenista”. Praticamente un
campione perfetto del politically correct. Ecco le parole
di Solovev: “Il nuovo padrone della terra era anzitutto un
filantropo, pieno di compassione, non solo amico degli
uomini, ma anche amico degli animali. Personalmente era
vegetariano… Era un convinto spiritualista”, credeva nel
bene e perfino in Dio, “ma non amava che se stesso”.
In sostanza questa figura – l’antagonista di Gesù
Cristo – si presenterebbe, secondo un’antica tradizione,
con gli aspetti più seducenti, una contraffazione dei
“valori cristiani”, in realtà rovesciati contro Gesù
Cristo, quelli che oggi carezzano il senso comune.
L’Anticristo di questo racconto infatti tuona: “Popoli
della terra! Io vi ho promesso la pace e io ve l’ho data.
Il Cristo ha portato la spada, io porterò la pace”. Parole
in cui molti sentono echeggiare quell’accusa al
cristianesimo (che sarebbe causa di intolleranza e
conflitti) oggi tanto diffusa. Tuttavia si sbaglierebbe a
ritenere che il Papa stigmatizzi solo e semplicemente
l’anticristianesimo dilagante a causa del laicismo,
sebbene così aggressivo e pericoloso. C’è molto di più nei
suoi pensieri. Proprio Ratzinger, da cardinale, in una
memorabile conferenza a New York, il 27 gennaio 1988,
davanti a un uditorio ecumenico, soprattutto di teologi,
citò lo stesso racconto di Solovev esordendo così: “Nel
‘Racconto dell’Anticristo’ di Vladimir Solovev, il nemico
escatologico del Redentore raccomandava se stesso ai
credenti, tra le altre cose per il fatto di aver
conseguito il dottorato in teologia a Tubinga e di aver
scritto un lavoro esegetico che era stato riconosciuto
come pionieristico in quel campo. L’Anticristo un famoso
esegeta!”.
Questo discorso fu ripetuto dal cardinale anche a Roma,
davanti a una platea di teologi cattolici. Molti, in
quelle platee, trovarono sicuramente “provocatoria” questa
citazione, sia pure espressa con la pacatezza tipica di
Ratzinger che esorta tutti, sempre, a riflettere. Essa
però esprime la consapevolezza dell’attuale pontefice – e
prima di lui di Paolo VI e di Giovanni Paolo II – che il
pericolo non viene solo dall’esterno, da una cultura
avversa e da forze anticristiane, ma anche dall’interno,
da “un pensiero non cattolico” che dilaga nella stessa
cristianità, come denunciò con parole drammatiche Paolo VI
quando arrivò a parlare del “fumo di Satana” dentro il
tempio di Dio.
Che nella Chiesa, specialmente negli ultimi pontefici,
sia diffusa la sensazione di vivere tempi apocalittici
(non necessariamente “la fine dei tempi”, ma forse i tempi
dell’Anticristo) appare evidente da tanti loro
pronunciamenti. Inoltre fa riflettere, anche in Vaticano,
la gran quantità di “avvertimenti” soprannaturali, che
vanno in tal senso, contenuti in “rivelazioni private” a
santi e mistici e in apparizioni di quesi decenni: in
qualcuna di esse si afferma addirittura che l’Anticristo
sarebbe un ecclesiastico di questo tempo (un “pastore
idolo” che sconvolgerà la vita della Chiesa), ma è
un’immagine che molti interpretano come riferita a un
“pensiero non cattolico” dentro la Chiesa, fenomeno che in
effetti è ben disastrosamente visibile. Dà un quadro
ragionato e illuminante di tutto questo padre Livio
Fanzaga nel volume, appena uscito, “Profezie
sull’Anticristo” (Sugarco). Un quadro prezioso per
comprendere il senso e la preoccupazione di tanti
interventi pontifici. Angosciati sia per le sorti della
fede che per le sorti dell’umanità.
La particolare attenzione della Santa Sede all’Italia è
dovuta al fatto che qui il peso dei cattolici ha dato –
come ha sottolineato il Papa stesso – il segnale di una
inversione di tendenza rispetto alle devastazioni
anticristiane e nichiliste del resto d’Europa. La Chiesa
cioè scommette sull’Italia per riportare l’Europa alle sue
radici cristiane e alla fede. Per questo allarma
fortemente che in questi giorni, nel Palazzo della
politica, si tenti di soppiatto – con la connivenza di
alcuni cattolici – di reintrodurre un “reato di opinione
riferito alla tendenza sessuale” (come lo definisce
“Avvenire”) che apre la strada alla “demoralizzazione” del
Paese e domani potrebbe fortemente minacciare la stessa
libertà della Chiesa di insegnare la sua morale.
Oltretutto tale limitazione alla libertà di pensiero e di
parola viene pretesa in nome di un’ideologia libertaria,
paradosso che fa riflettere amaramente oltretevere, dove
questi scricchiolii sono percepiti come pericolosi
avvertimenti prima di un possibile crollo.
Antonio Socci
Da “Libero, 8 dicembre 2007 |