La riforma della
curia è un lavoro lungo che richiede molto tempo, aveva
detto Papa Francesco domenica nella lunga intervista
concessa alla Stampa. Nel frattempo, si può mettere mano
all’organizzazione dei vari dicasteri. E’ quanto accaduto
lunedì con la potente congregazione per i Vescovi, quella
che sovrintende alla scelta dei pastori da inviare a guida
delle diocesi. “La più importante di tutte”, ha detto al
New York Times il gesuita Thomas Reese, già direttore del
periodico liberal della Compagnia, America. Depennamenti
eccellenti e ingressi che indicano chiaramente quale sia
la missione che Francesco intende dare alla congregazione.
Fuori il cardinale Mauro Piacenza, conservatore formato
alla scuola genovese di Giuseppe Siri. Per lui, dopo il
trasferimento dello scorso settembre dalla congregazione
per il Clero al ruolo di Penitenziere maggiore (una
diminutio palese, visto che a quell’incarico solitamente
venivano designati prelati ormai prossimi alla pensione),
si tratta di un ulteriore ridimensionamento. Sostituito
anche Angelo Bagnasco, presidente della Cei. Al suo posto,
entra Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia che della
Conferenza episcopale italiana è vicepresidente. Dentro
anche l’arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, Paolo
Rabitti, vicino all’Azione cattolica e d’orientamento
opposto a quello di Bagnasco e Piacenza.
Ma la rimozione che fa più rumore è quella del cardinale
americano Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura
apostolica. Dall’America arriva invece il cardinale Donald
Wuerl, arcivescovo di Washington, ben lontano dalle
posizioni conservatrici e vicine ai tradizionalisti di
Burke. Da tempo quest’ultimo, eminente canonista, è in
rotta con la linea portata avanti da Francesco. Punto di
rottura, l’invito papale a non fare dei cosiddetti
princìpi non negoziabili il cardine dell’agenda pastorale.
Di temi come l’aborto, l’eutanasia, le nozze omosessuali
se ne deve parlare solo all’interno di un determinato
contesto, non serve ripetere ogni giorno qual è la
posizione della chiesa, diceva Bergoglio. Indispensabile,
aggiungeva il Pontefice nelle sue interviste, non
ossessionare con richiami alla battaglia in difesa della
vita umana. Già nel cuore dell’estate, conversando con un
mensile cattolico di Minneapolis, Burke spiegava quanto
fosse necessaria “un’attenzione molto più radicale alla
catechesi” per evitare la “distruzione della famiglia e
dell’individuo” portata avanti da chi si macchia di
“azioni immorali”. Contestava, il porporato americano,
quel “falso senso del dialogo che si è insinuato nella
chiesa” e che “riconosce pubblicamente chi sostiene aperte
violazioni della legge morale”.
Qualche giorno fa, poi, parlando al network americano
Ewtn, Burke rincarava la dose. Interpellato sulla
esortazione Evangelii Gaudium, il cardinale diceva che
quel documento “non può essere considerato insegnamento
ufficiale della chiesa”. Ascoltando il Papa, aggiungeva,
“uno ha l’impressione che lui pensi che stiamo parlando
troppo di aborto, dell’integrità del matrimonio tra uomo e
donna. Ma noi non potremmo mai parlare abbastanza di
questo. Siamo letteralmente in presenza di un massacro di
non nati”. Vicinissimo a Benedetto XVI, Raymond Burke era
molto ascoltato da Ratzinger soprattutto in relazione alle
nomine dei presuli americani: da Charles Chaput a
Philadelphia, fino a William Lori a Baltimora, la sua mano
era più che evidente. Il vaticanista John Thavis, a lungo
caporedattore dell’ufficio romano del Catholic News
Service, ha definito “inconsueta” la scelta di sostituire
Burke, anche perché l’alto prelato ha solo 65 anni e da
poco era entrato nella congregazione per i Vescovi. John
Allen, vaticanista del National Catholic Reporter, spiega
che la rimozione del prefetto della Segnatura e la
contemporanea promozione di Wuerl è il chiaro segnale del
tipo di vescovo che Francesco intende per la chiesa
americana: più moderato e flessibile, nonché meno incline
a battaglie pubbliche dai pulpiti delle cattedrali.
© - FOGLIO QUOTIDIANO - di Matteo Matzuzzi - 18-12-2013 |