Storia
Nel
tempo
in cui
incomincia
a
determinarsi
l'esigenza
di un
periodo
di
preparazione
alle
feste
della
manifestazione
del
Signore,
la
Chiesa
aveva
già
fissato
le
modalità
di
preparazione
alle
feste
pasquali.
Nel IV
secolo
il
tempo
pasquale
e
quaresimale
avevano
già
assunto
una
configurazione
vicinissima
a
quella
attuale.
L'origine
del
tempo
di
Avvento
è più
tardiva,
infatti
viene
individuata
tra il
IV e
il VI
secolo.
La
prima
celebrazione
del
Natale
a Roma
è del
336,
ed è
proprio
verso
la
fine
del IV
secolo
che si
riscontra
in
Gallia
e in
Spagna
un
periodo
di
preparazione
alla
festa
del
Natale.
Per
quanto
la
prima
festa
di
Natale
sia
stata
celebrata
a
Roma,
qui si
verifica
un
tempo
di
preparazione
solo a
partire
dal VI
secolo.
Senz'altro
non
desta
meraviglia
il
fatto
che
l'Avvento
nasca
con
una
configurazione
simile
alla
quaresima,
infatti
la
celebrazione
del
Natale
fin
dalle
origini
venne
concepita
come
la
celebrazione
della
risurrezione
di
Cristo
nel
giorno
in cui
si fa
memoria
della
sua
nascita.
Nel
380 il
concilio
di
Saragozza
impose
la
partecipazione
continua
dei
fedeli
agli
incontri
comunitari
compresi
tra il
17
dicembre
e il 6
gennaio.
In
seguito
verranno
dedicate
sei
settimane
di
preparazione
alle
celebrazioni
natalizie.
In
questo
periodo,
come
in
quaresima,
alcuni
giorni
vengono
caratterizzati
dal
digiuno.
Tale
arco
di
tempo
fu
chiamato
"quaresima
di s.
Martino",
poiché
il
digiuno
iniziava
l'11
novembre.
Di ciò
è
testimone
s.
Gregorio
di
Tours,
intorno
al VI
secolo.
Significato
teologico
La
teologia
dell'Avvento
ruota
attorno
a due
prospettive
principali.
Da una
parte
con il
termine
"adventus"
(=
venuta,
arrivo)
si è
inteso
indicare
l'anniversario
della
prima
venuta
del
Signore;
d'altra
parte
designa
la
seconda
venuta
alla
fine
dei
tempi.
Il
Tempo
di
Avvento
ha
quindi
una
doppia
caratteristica:
è
tempo
di
preparazione
alla
solennità
del
Natale,
in cui
si
ricorda
la
prima
venuta
del
Figlio
di Dio
fra
gli
uomini,
e
contemporaneamente
è il
tempo
in
cui,
attraverso
tale
ricordo,
lo
spirito
viene
guidato
all'attesa
della
seconda
venuta
del
Cristo
alla
fine
dei
tempi.
Attuale
celebrazione
Il
Tempo
di
Avvento
comincia
dai
primi
Vespri
della
domenica
che
capita
il 30
novembre
o è la
più
vicina
a
questa
data,
e
termina
prima
dei
primi
Vespri
di
Natale.
E'
caratterizzato
da un
duplice
itinerario
-
domenicale
e
feriale
-
scandito
dalla
proclamazione
della
parola
di
Dio.
1. Le
domeniche
Le
letture
del
Vangelo
hanno
nelle
singole
domeniche
una
loro
caratteristica
propria:
si
riferiscono
alla
venuta
del
Signore
alla
fine
dei
tempi
(I
domenica),
a
Giovanni
Battista
(Il e
III
domenica);
agli
antefatti
immediati
della
nascita
del
Signore
(IV
domenica).
Le
letture
dell'Antico
Testamento
sono
profezie
sul
Messia
e sul
tempo
messianico,
tratte
soprattutto
dal
libro
di
Isaia.
Le
letture
dell'Apostolo
contengono
esortazioni
e
annunzi,
in
armonia
con le
caratteristiche
di
questo
tempo.
2. Le
ferie
Si ha
una
duplice
serie
di
letture:
una
dall'inizio
dell'Avvento
fino
al 16
dicembre,
l'altra
dal 17
al 24.
Nella
prima
parte
dell'Avvento
si
legge
il
libro
di
Isaia,
secondo
l'ordine
del
libro
stesso,
non
esclusi
i
testi
di
maggior
rilievo,
che
ricorrono
anche
in
domenica.
La
scelta
dei
Vangeli
di
questi
giorni
è
stata
fatta
in
riferimento
alla
prima
lettura.
Dal
giovedì
della
seconda
settimana
cominciano
le
letture
del
Vangelo
su
Giovanni
Battista;
la
prima
lettura
è
invece
o
continuazione
del
libro
di
Isaia,
o un
altro
testo,
scelto
in
riferimento
al
Vangelo.
Nell'ultima
settimana
prima
del
Natale,
si
leggono
brani
del
Vangelo
di
Matteo
(cap.
1) e
di
Luca
(cap.
1) che
propongono
il
racconto
degli
eventi
che
precedettero
immediatamente
la
nascita
del
Signore.
Per la
prima
lettura
sono
stati
scelti,
in
riferimento
al
Vangelo,
testi
vari
dell'Antico
Testamento,
tra
cui
alcune
profezie
messianiche
di
notevole
importanza.
Novena
di
Natale
Come
si è
appena
visto,
il
tempo
di
Avvento
guida
il
cristiano
attraverso
un
duplice
itinerario:
"È
tempo
di
preparazione
alla
solennità
del
Natale,
in cui
si
ricorda
la
prima
venuta
del
Figlio
di Dio
fra
gli
uomini,
e
contemporaneamente
è il
tempo
in
cui,
attraverso
tale
ricordo,
lo
spirito
viene
guidato
all'attesa
della
seconda
venuta
del
Cristo
alla
fine
dei
tempi"
(Norme
per
l'anno
liturgico
e il
calendario,
39:
Messale
p.
LVI).
Nella
liturgia
delle
prime
tre
domeniche
e
nelle
ferie
sino
al 16
dicembre
si può
notare
l'insistenza
sul
tema
della
seconda
venuta
di
Gesù
alla
fine
dei
tempi,
mentre
nei
giorni
compresi
tra il
17 e
il 24
tutta
la
liturgia
è
ormai
tesa
verso
la
celebrazione
della
nascita
del
Figlio
di
Dio.
La
novena
di
Natale
cade
pienamente
nel
secondo
periodo
dell'Avvento.
Le
novene
sono
celebrazioni
popolari
che
nell'arco
dei
secoli
hanno
affiancato
le
"liturgie
ufficiali".
Esse
sono
annoverate
nel
grande
elenco
dei
"pii
esercizi".
"I pii
esercizi
-
afferma
J.
Castellano
- si
sono
sviluppati
nella
pietà
occidentale
del
medioevo
e
dell'epoca
moderna
per
coltivare
il
senso
della
fede e
della
devozione
verso
il
Signore,
la
Vergine,
i
santi,
in un
momento
in cui
il
popolo
rimaneva
lontano
dalle
sorgenti
della
bibbia
e
della
liturgia
o in
cui,
comunque,
queste
sorgenti
rimanevano
chiuse
e non
nutrivano
la
vita
del
popolo
cristiano".
La
novena
di
Natale,
pur
non
essendo
"preghiera
ufficiale"
della
Chiesa,
costituisce
un
momento
molto
significativo
nella
vita
delle
nostre
comunità
cristiane.
Proprio
perché
non è
una
preghiera
ufficiale
essa
può
essere
realizzata
secondo
diverse
usanze,
ma un
indiscusso
"primato"
spetta
alla
novena
tradizionale,
nella
notissima
melodia
gregoriana
nata
sul
testo
latino
ma
diffusa
anche
nella
versione
italiana
curata
dai
monaci
benedettini
di
Subiaco.
La
domanda
che
ogni
operatore
pastorale
dovrebbe
porsi
di
anno
in
anno
è:
"come
posso
valorizzare
la
novena
di
Natale
per il
cammino
di
fede
della
mia
comunità?".
Può
infatti
capitare
che
tale
novena
continui
a
conservare
intatta
la
caratteristica
di
"popolarità"
venendo
però a
mancare
la
dimensione
ecclesiale,
celebrativa
e
spirituale.
Tali
dimensioni
vanno
recuperate
e
valorizzate
per
non
far
scadere
la
novena
in
"fervorino
pre-natalizio".
1.
Recupero
della
dimensione
ecclesiale-assembleare
Pur
non
essendo
- come
si è
detto
- una
preghiera
ufficiale
della
Chiesa,
la
novena
può
costituire
un
momento
ecclesiale
molto
significativo.
Molti
vi
partecipano
perché
"attratti"
dalla
"novena
in
latino"
(le
chiese
in cui
la si
canta
in
"lingua
ufficiale"
sono
gremite!)
e vi
si
recano
per
una
forma
di
godimento
personale
che
pone
radici
nella
nostalgia
dei
tempi
passati
e non
nel
desiderio
di
condividere
un
momento
di
approfondimento
della
propria
fede.
È bene
che i
partecipanti
prendano
coscienza
che
sono
radunati
per
una
celebrazione
che ha
lo
scopo
di
preparare
il
cuore
del
cristiano
a
vivere
degnamente
la
celebrazione
del
Natale.
2.
Recupero
della
dimensione
celebrativa
La
novena
di
Natale
è
molto
vicina
alla
celebrazione
dei
vespri.
Va
pertanto
realizzata
attraverso
una
saggia
utilizzazione
dei
simboli
della
preghiera
serale:
la
luce e
l'incenso.
È bene
che vi
sia
una
proclamazione
della
parola
e una
breve
riflessione.
L'intervento
in
canto
dell'assemblea
va
preparato
e
guidato.
È
utile
ricordare
che
l'esposizione
del
SS.
Sacramento
col
solo
scopo
di
impartire
la
benedizione
eucaristica
-
usanza
frequente
nelle
novene
di
Natale
- è
vietata
(Rito
del
culto
eucaristico
n.
97).
3.
Recupero
della
dimensione
spirituale
La
novena
di
natale
è una
"antologia
biblica"
ricca
di
nutrimento
per lo
spirito.
È
quindi
l'occasione
per
proporre
non
una
spiritualità
devozionale
ma
ispirata
profondamente
dalla
Parola
di
Dio.
Non è
l'occasione
per
fare
"bel
canto"
ma per
lasciarsi
coinvolgere
esistenzialmente
dalla
Parola
di Dio
cantata.
Enrico
Beraudo
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