Fu buona e salutare cosa per il popolo cristiano che il
Nostro Predecessore d’immortale memoria Pio IX decretasse
il castissimo Sposo della Vergine Madre di Dio e Custode
del Verbo Incarnato, Giuseppe, Patrono della Chiesa
Cattolica, e poiché nel prossimo dicembre ricorrerà il
cinquantesimo anniversario del fausto avvenimento,
riteniamo assai utile che esso venga celebrato in modo
solenne da tutto il mondo.
Se Noi diamo uno sguardo a questo periodo, si presenta ai
nostri occhi una lunga serie di pie istituzioni le quali
attestano che il culto del santissimo Patriarca è venuto
via via crescendo fino ad ora presso i fedeli di Cristo.
Se poi consideriamo le calamità dalle quali è oggi
afflitto il genere umano, appare ancora più necessario che
tale culto venga assai accresciuto fra i popoli e
maggiormente diffuso ovunque.
Infatti, dopo la tensione tanto grave della guerra,
abbiamo indicato nella Nostra recente
Enciclica
« intorno alla riconciliazione della pace cristiana » che
cosa mancasse per ristabilire dovunque la tranquillità
dell’ordine, considerando particolarmente le relazioni che
intercorrono fra popolo e popolo, e tra individuo e
individuo nel campo civile. Ora è necessario considerare
un’altra causa di perturbazione, molto più profonda, che
si annida proprio nelle intime viscere dell’umana società.
Cioè, allora si abbatté sulle umane genti il flagello
della guerra, quando esse già erano profondamente infette
di naturalismo, quella gran peste del secolo che, dove
attecchisce, attenua il desiderio dei beni celesti, spegne
la fiamma della divina carità e sottrae l’uomo alla grazia
di Cristo che risana ed eleva e — toltogli infine il lume
della Fede e lasciategli soltanto le corrotte forze della
natura — lo abbandona in balìa delle più sfrenate
passioni. Così avvenne che moltissimi si diedero soltanto
alla conquista dei beni terreni; e mentre già s’era acuita
la contesa tra proletari e padroni, quest’odio di classe
si accrebbe ancor più con la durata e l’atrocità della
guerra; la quale, se da un lato cagionò alle masse un
disagio economico intollerabile, dall’altro fece affluire
favolose fortune nella mano di pochissimi.
S’aggiunga, che la santità della fede coniugale e il
rispetto della paterna autorità sono stati da molti non
poco vulnerati per causa della guerra; sia perché la
lontananza di uno dei coniugi ha rallentato nell’altro il
vincolo del dovere, sia perché l’assenza di un occhio
vigile ha fornito l’occasione alla inconsideratezza,
specialmente femminile, di vivere a proprio talento e
troppo liberamente. Perciò dobbiamo riscontrare con vero
dolore che ora i pubblici costumi sono assai più depravati
e corrotti di prima, e che quindi la così detta «
questione sociale » si è andata aggravando a tal punto
da ingenerare la minaccia di irreparabili rovine. S’è
infatti maturato nei voti e nell’aspettazione dei più
sediziosi l’avvento di una certa repubblica universale, la
quale sia fondata sulla uguaglianza assoluta degli uomini
e sulla comunione dei beni, e nella quale non vi sia più
distinzione alcuna di nazionalità, non si riconosca
l’autorità del padre sui figli, né del potere pubblico sui
cittadini, né di Dio sugli uomini riuniti in civile
consorzio. Cose tutte che, se fossero attuate, darebbero
luogo a tremende convulsioni sociali, come quella che ora
sta desolando una non piccola parte d’Europa. E appunto
per creare anche tra gli altri popoli una simile
condizione di cose, noi vediamo che le plebi sono eccitate
dal furore e dall’impudenza di pochi, e qua e là si
verificano ripetutamente delle sommosse.
Noi pertanto, preoccupati più di tutto dal corso di questi
avvenimenti, non abbiamo tralasciato, quando se n’è
offerta l’occasione, di ricordare ai figli della Chiesa il
loro dovere, come abbiamo fatto recentemente con la
lettera indirizzata al Vescovo di Bergamo ed ai Vescovi
della regione veneta. Ed ora per lo stesso motivo, per
ricordare cioè il dovere agli uomini della nostra parte,
quanti essi sono e dovunque, che si guadagnano il pane col
lavoro, per conservarli immuni dal contagio del
socialismo, il nemico acerrimo dei princìpi cristiani, Noi
con grande sollecitudine proponiamo loro in modo
particolare San Giuseppe, perché lo seguano come speciale
loro guida e lo onorino quale celeste Patrono.
Egli infatti visse una vita simile alla loro, tanto è vero
che Gesù Dio, pur essendo l’Unigenito dell’eterno Padre,
volle esser chiamato « il Figlio del fabbro ». Ma
quella umile e povera sua condizione di quali e quanto
eccelse virtù egli seppe adornare! Soprattutto di quelle
virtù che dovevano risplendere nello sposo di Maria
Immacolata, e nel padre putativo del Signore Gesù. Perciò,
alla scuola di Giuseppe, imparino tutti a considerare le
cose presenti, che passano, alla luce delle future che
durano eterne; e consolando gl’inevitabili disagi della
condizione umana con la speranza dei beni celesti, a
questi aspirino ubbidendo al divino volere, vivendo
sobriamente, secondo i dettami della giustizia e della
pietà. Per quanto riguarda specialmente gli operai, Ci
piace qui riportare le parole che proclamò in una analoga
circostanza il Nostro Predecessore di felice memoria Leone
XIII, poiché esse sono tali che a Nostro parere nulla
potrebbe essere detto meglio in proposito: « Di fronte
a queste considerazioni, i poveri e quanti si guadagnano
la vita col lavoro delle mani debbono sollevare l’animo, e
rettamente pensare. A coloro ai quali, se è vero che la
giustizia consente di potere affrancarsi dalla indigenza e
levarsi a migliore condizione, tuttavia né la ragione né
la giustizia permettono di sconvolgere l’ordine stabilito
dalla provvidenza di Dio. Anzi, il trascendere alla
violenza e compiere aggressioni in genere e tumulti è un
folle sistema che spesso aggrava gli stessi mali che si
vorrebbero alleggerire. Quindi i proletari, se hanno buon
senso, non confidino nelle promesse di gente sediziosa, ma
negli esempi e nel patrocinio del beato Giuseppe, e nella
materna carità della Chiesa, la quale si prende ogni
giorno grande cura del loro stato » (1).
Così, col fiorire della devozione dei fedeli verso San
Giuseppe, aumenterà contemporaneamente per conseguenza il
loro culto verso la Sacra Famiglia di Nazareth, della
quale fu l’augusto Capo, sgorgando spontaneamente le due
devozioni l’una dall’altra. Infatti, attraverso Giuseppe
noi andiamo direttamente a Maria, e, attraverso Maria,
all’origine di ogni santità, Gesù, il quale consacrò le
virtù domestiche con la sua obbedienza a Giuseppe e a
Maria. Noi quindi desideriamo che le famiglie cristiane si
ispirino totalmente a questi meravigliosi esempi di virtù,
e si adeguino. In tal modo, poiché la famiglia è il fulcro
e la base dell’umano consorzio, rafforzando la società
domestica col presidio della santa purezza, della
concordia e della fedeltà, con ciò stesso un nuovo vigore
e, diremmo quasi, un nuovo sangue circolerà per le vene
della società umana, ad opera della virtù di Cristo; e ne
seguirà non solo un miglioramento dei costumi privati, ma
anche della disciplina della vita comunitaria e civile.
Pertanto, Noi, pieni di fiducia nel patrocinio di colui,
alla cui provvida vigilanza Iddio si compiacque di
affidare la custodia del suo Incarnato Unigenito e della
Vergine Madre di Dio, vivamente esortiamo tutti i Vescovi
dell’orbe cattolico affinché, in tempi così burrascosi per
la cristianità, inducano i fedeli a implorare con maggiore
impegno il valido aiuto di San Giuseppe. E poiché parecchi
sono i modi approvati da questa Sede Apostolica con cui si
può venerare il Santo Patriarca, specialmente in tutti i
mercoledì dell’anno e nell’intero mese a Lui consacrato,
Noi vogliamo che, ad istanza di ciascun Vescovo, tutte
queste devozioni, per quanto si può, siano in ogni diocesi
praticate. Ma in modo particolare, poiché Egli è
meritamente ritenuto come il più efficace protettore dei
moribondi, essendo spirato con l’assistenza di Gesù e di
Maria, sarà cura dei sacri Pastori di inculcare e favorire
con tutto il prestigio della loro autorità quei pii
sodalizi che sono stati istituiti per supplicare Giuseppe
a favore dei moribondi, come quelli « della Buona Morte
», del «Transito di San Giuseppe » e « per gli
Agonizzanti ».
Per commemorare poi il suddetto Decreto Pontificio,
ordiniamo e ingiungiamo che entro un anno, a cominciare
dall’8 dicembre p.v., in tutto il mondo cattolico si
celebri, in onore di San Giuseppe, Sposo della Beata Maria
Vergine, Patrono della Chiesa Cattolica, una solenne
funzione, come e quando crederà opportuno ciascun Vescovo:
ed a tutti quelli che vi assisteranno, Noi concediamo fin
d’ora, alle consuete condizioni, l’Indulgenza Plenaria.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 luglio, festa di San
Giacomo Apostolo, 1920, nell’anno sesto del Nostro
Pontificato.
BENEDICTUS PP. XV
(1) Epist. Encycl. Quamquam pluries. 374
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