Templari di San Bernardo
Congregazione laicale cattolico cavalleresca di ispirazione templare
 
 
 
  La Congregazione
 

 

31 ottobre e 1 - 2 - 3 - 4 novembre 2012

 

Capitolo Generale

di Tutti i Santi

 
Monastero di San Sosio Martire
Falvaterra - Frosinone

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San Bernardo e l'Anno della Fede

 

Nell'Anno della Fede Benedetto XVI col Motu Proprio “Porta fidei”, ha rivolto a ciascuno di noi il chiaro invito a metterci in cammino, a ricercare, a tendere a Dio, affinché “nessuno diventi pigro nella fede”, richiamandoci anzi al dovere della “testimonianza credibile”.

San Bernardo di Chiaravalle già nel Sermone n. 52[1], quello sull'Acquedotto, nella ricorrenza della Natività della Beata Vergine, formulò lo stesso accorato appello: “Quelli che camminano nella fede -scrisse- devono essere esortati a non tacere ed a non rispondere con il silenzio”, fino a quando Nostro Signore “non avrà ristabilito la lode di Gerusalemme sulla terra[2].

Qui si ricorre ad un plurale, “quelli”, ad indicare non un singolo, non un individuo, ma una comunità. Conferma il Pontefice in “Porta fidei”: “Il cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto privato”, comporta anzi una “responsabilità sociale”, nonostante le “varie prove” che inevitabilmente siamo chiamati ad affrontare, sull'esempio dei martiri; prove, da viversi “ricolmi di gioia”, puntando alla “salvezza delle anime”[3].

Come aspirare tanto in alto? Il Salmo dice: “Confidate nel Signore, perché Egli è buono[4]. Ed anche il Santo Padre ha ribadito nel suo Motu Proprio: “Credere in Gesù Cristo è la via per poter giungere in modo definitivo alla salvezza”. Ma la salvezza “costa”... Non in termini materiali, bensì -di più- spirituali: “L'anima che ha fede -scrisse San Bernardo[5]- da principio mangia il suo pane, ma, ahimé, col sudore della sua fronte. Rimanendo nella carne riesce ancora a camminare in forza della fede, che deve porre in pratica per mezzo dell'amore, perché, se non lo fa, è condannata a morte”. Cioè occorre che il credente, che ogni credente si ponga nell'ottica di non sedersi, di rimboccarsi sempre le maniche, di sporcarsele lavorando la dura ed a volte avara terra del proprio sé, per dissodarla, per vivificarla, per renderla feconda testimonianza, esprimendo così il suo amore per Dio nel prossimo. Ma, proprio per riuscirvi, deve costantemente nutrirsi, ancora una volta non può avere l'empia pretesa di riuscire da solo: “Il mio cibo è che io faccia la volontà del Padre mio[6]. Il che è stato ribadito, con parole diverse ma eguale sostanza, anche dal Santo Padre nel “Porta fidei”: “Solo credendo, la fede cresce e si rafforza”. L'alternativa consiste nel perdere l'anima.

Chi è, infatti, l'uomo, che possa anche solo immaginare di bastare a sé stesso? Ammonisce San Bernardo: “Pensa a ciò che eri, un po' di fango; a ciò che sei, un vaso di immondezza; a ciò che sarai, cibo di vermi[7]. Non è la materia, la cifra specifica dell'uomo. E' lo spirito. La prima va mantenuta, il secondo va vivificato. Per la prima basta il pane della terra, per il secondo urge il pane di vita eterna.

Ecco perché è necessario, come scrive il Sommo Pontefice per questo Anno della Fede, “abbandonarsi, in un crescendo continuo, nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più grande, perché ha la sua origine in Dio”. Ma non siamo soli, né abbandonati a noi stessi, in questo sforzo, che altrimenti ci parrebbe a ragione sovrumano. Siamo in compagnia dei Santi! Di cui -ricorda ancora San Bernardo- “non soltanto dobbiamo desiderare la compagnia”, ma anche aspirare a “possederne la felicità”. Anzi, proprio perché “la speranza di una felicità così incomparabile abbia a diventare realtà, è necessario il soccorso dei Santi[8].

Se si pone attenzione alle parole sin qui usate, Benedetto XVI ha parlato di “gioia”, San Bernardo di “felicità”,... la tristezza -quella che tanto frequentemente ritroviamo sui grigi volti di coloro che durante la giornata incontriamo e spesso, ahimé, anche sul nostro-, la tristezza, dicevo, non appartiene all'uomo di fede. Pur nelle umiliazioni, pur nelle cadute, pur negli inciampi, pur nel dolore, pur nelle sofferenze, pur nelle difficoltà,...: “Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte”, dice San Paolo[9]. Perché è allora che, volente o nolente, annullo il mio essere, anniento il mio io, per fare davvero spazio all'Amore con la “A” maiuscola, all'Assoluto, a Dio, alla Sua sovranità piena, alla Sua maestà.

Un richiamo, quello fattoci dal Sommo Pontefice, motivato dai fatti: infatti, “capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune”, presupposto che “non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato”.

Ma l'Anno della Fede, aggiunge ancora Papa Benedetto, “sarà anche un'occasione propizia per intensificare la testimonianza della carità”. Del resto, la carità, scrisse San Bernardo, “converte le anime, perché introduce in esse la volontà del bene[10]”. Ma donde nasce la carità? Secondo San Bernardo, “da un cuore puro e da una buona coscienza e da una fede non posticcia, da riconoscere come atta a guidare i nostri passi, in base alla quale amiamo il bene del prossimo alla pari del nostro”[11].

Con una piccola, ma importante glossa, che ci giunge ancora da San Bernardo: “Qualunque cosa tu ti prepari ad offrire, ricordati di affidarla a Maria, affinché la grazia ritorni alla sua sorgente per lo stesso canale che la fece giungere a noi”. Ad Iesum per Mariam...

Buon Anno della Fede a tutti!

fra' Mauro Faverzani


[1]           S. Bernardi, Opera, Editions Cistercienses, vol. V, (1968), pp. 275-288; vol. VI, t. I, (1976), pp. 274-277.

[2]           Is 62, 6-7.

[3]           Cfr. I Pt 1, 6-9.

[4]           Sal 117 (118), 1.

[5]              S. Bernardo, Trattato “Il dovere di amare Dio”, XI, 30 – XI, 33.

[6]           Gv 4, 34.

[7]              San Bernardo (inter opera), Meditationes piissimae de cognitione humanae conditionis, c. 3, n. 8, PL 184, 490.

[8]           San Bernardo, Disc. 2, Opera omnia, ed. Cisterc., 5 (1968), cfr. pp. 364-368.

[9]           II Cor 12, 10.

[10]            S. Bernardo, Trattato “Il dovere di amare Dio”, XII, 34 – XV, 40.

[11]            S. Bernardo, ibidem.


La Comunione dei Santi
 
di Padre Angel Peňa
 

La comunione dei santi è una verità così sublime e bella che, per quanto ci riflettiamo, non lo faremo mai a sufficienza. È una fonte immensa di Grazia e di benedizioni del Signore. Tutti i fratelli che un giorno vissero sulla terra e che oggi si trovano già beati a godere della piena felicità di Dio in cielo, continuano ad essere nostri fratelli, ci amano di amore ineguagliabile e si preoccupano della nostra felicità e della nostra salvezza.

Molte benedizioni ci sono concesse da Dio per intercessione dei nostri fratelli santi, che possono anche venire da noi, come Mosè ed Elia si accostarono a Gesù nel giorno della Trasfigurazione.

Vi è un’unione molto stretta fra la Chiesa militante, purgante e trionfante, cioè tra noi che viviamo sulla terra, i fratelli del Purgatorio e gli angeli e i santi del cielo. Tutti siamo uniti dal medesimo amore di Dio e, in Cristo, formiamo un solo Corpo Mistico. Come cattolici: “Noi crediamo alla comunione di tutti i fedeli di Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati del cielo, tutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che in questa comunione l’amore misericordioso di Dio e dei suoi santi ascolta costantemente le nostre preghiere”.

In Ebrei 12,1, si parla di un nugolo di testimoni che sta intorno a noi, alludendo ai santi che si prendono cura di noi. Il testo più importante è quello di 2 Maccabei 15, 11, dove si dice che Giuda Maccabeo vede nel cielo Geremia profeta e Onia, che era stato sommo sacerdote che intercedevano per gli ebrei. In Tobia 12,12, l’angelo Raffaele dice a Tobia: “Io presentavo l’attestato della vostra preghiera davanti alla Gloria del Signore”. In Giobbe 33,23, si parla di un angelo mediatore davanti a Dio. E in moltissimi passi della Scrittura vediamo angeli che vengono sulla terra a portare messaggi o ad aiutare gli uomini. In Esodo 23, 20, si afferma: “Ecco io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato”. In Esodo 32, 13, Mosè, nella sua preghiera, si rivolge a Dio chiedendogli che si ricordi di Abramo, Isacco e Giacobbe per ottener più facilmente quello che chiede.

Non possiamo tralasciare di citare l’Apocalisse 5, 8, dove si parla dei 24 anziani che hanno coppe d’oro pieni di profumi, che sono le preghiere dei santi. La stessa cosa viene detta in Apocalisse, 8, 3, e cioè di un angelo che aveva molti profumi da offrire sull’altare d’oro collocato davanti al trono di Dio, con le preghiere dei santi.

Di conseguenza gli angeli offrono le orazioni degli uomini buoni della terra e non possono fare a meno di sostenerle con le loro intercessioni.

In realtà, l’invocazione ai santi non può andar contro la mediazione di Cristo che, secondo 1 Timoteo 2, 5, è l’unico mediatore fra Dio e gli uomini. Cristo è unico mediatore, centrale, l’unico veramente necessario, ma questo non toglie nulla agli altri mediatori secondari che presentano la loro intercessione a Cristo affinché Lui la presenti al Padre. Fra questi mediatori abbiamo, in primo luogo, la nostra Madre, la Vergine Maria. Lei pose la sua intercessione davanti a suo Figlio alle nozze di Cana e ottenne il miracolo. Lei continua ad ottenere un’infinità di miracoli da Gesù per noi, come è comprovato quasi ogni giorno nei grandi santuari del mondo come Fatima, Lourdes, Gaudalupe…e lo stesso possiamo dire dell’intercessione dei santi che sempre hanno ottenuto e continuano ad ottenere da Dio miracoli per i loro devoti. La Stessa Chiesa lo conferma, quando esige due miracoli per la loro beatificazione e canonizzazione. Sulle stesse iscrizioni dei sepolcri dei martiri, fin dal primo secolo del Cristianesimo, appaiono invocazioni ai martiri affinché intercedano per noi. Nel Martirio di S. Policarpo (anno 156) si legge: “Adoriamo Cristo perché è Figlio di Dio e amiamo e invochiamo i martiri come discepoli e imitatori del Signore”.

D’altra parte, tante apparizioni della Vergine (Fatima, Lourdes, etc. ) e dei santi ci indicano che il cielo non é un luogo di riposo assoluto, ma un luogo di amore e felicità, dove non si può fare a meno di amare anche i fratelli della terra che hanno bisogno di tanto aiuto.

È interessante la testimonianza della grande santa Teresina del Bambin Gesù che, prima di morire, con visione profetica diceva: “Voglio passare il mio paradiso facendo del bene sulla terra. Spargerò sul mondo una pioggia di rose”. Su questa comunione di santi o comunione d’amore che esiste fra i santi e gli angeli del cielo, le anime del purgatorio e le persone buone della terra c’è un’infinità di testimonianze di santi che hanno avuto esperienze mistiche e rivelazioni a riguardo: santa Teresa di Gesù, santa Margherita Maria de Alacoque, santa Gemma Galgani, santa Caterina da Siena, santa Caterina da Genova, san Giovanni Bosco, san Giovanni della Croce, santa Rosa da Lima…

Se i nostri fratelli defunti ci amavano sulla terra, non ci ameranno forse adesso dal cielo? Non cercheranno di aiutarci se lo avrebbero fatto restando sulla terra? Se gli angeli scendono sulla terra per aiutare gli uomini, non possono scendere anche i santi? Perché allora alla morte di Gesù, secondo Matteo 27, 52, molti corpi di santi defunti risuscitarono e apparvero a molti? E perché nella trasfigurazione appaiono Elia e Mosè?

Non dimentichiamoci degli angeli. San Michele, principe degli eserciti angelici, significa: Chi è come Dio? Gabriele, Fortezza di Dio, messaggero celeste nell’Annuncio a Maria; Raffaele, Medicina di Dio, che guarì Tobia dalla sua cecità. Invochiamo anche i nostri angeli custodi ogni giorno con la preghiera: Angelo mio custode, dolce compagnia, non mi abbandonare né di notte né nel dì.

Viviamo questo dogma meraviglioso della comunione dei santi. Tutti noi formiamo un solo Corpo in Cristo. Il Padre celeste costituì Cristo Capo Supremo della Chiesa. il piano di Dio è “ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra”. Pertanto, persino le cose materiale formano una unità in Cristo, perché “Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui”. Anche quelli che sono morti in grazia di Dio, siano essi ancora in Purgatorio o in Paradiso, sono uniti in Cristo, perché “Cristo è tutto in tutti”. “Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito”, affinché “ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre”. Lui è anche il capo degli angeli.

Per questa ragione, se tutti gli esseri dell’universo, sia gli angeli, sia gli uomini, sia le cose materiali hanno Cristo per capo e tutti siamo uniti in Cristo, è esagerato dire che tutti ci amiamo in Cristo? E se ci amiamo, non possiamo aiutarci gli uni gli altri? E perché allora, parlando dell’unione che formiamo tutti nel corpo di Cristo, ci viene detto che Dio vuole che “non vi sia disunione nel corpo, ma anzi le varie membra abbaino cure le une delle altre”.

Per concludere, siamo tutti fratelli in Cristo, color che sono in cielo e quelli sulla terra; tutti ci amiamo in Cristo e dobbiamo preoccuparci gli uni degli altri, aiutandoci vicendevolmente. L’invocazione ai santi del cielo per chiedere loto grazie, la preghiera per le anime del Purgatorio per aiutarle nelle loro sofferenze, così come la preghiera per tutti coloro che sono pellegrini su questa terra, non solo è possibile, ma anzi utile e voluta da Dio in virtù della Comunione dei Santi, per fare parte tutti del Corpo di Cristo. Per la precisione, fin dagli inizi del quinto secolo appare già nelle formule del Credo: credo nella Chiesa cattolica e nella Comunione dei Santi.

 
tratto da: Gesù e Maria.it

Scudetto della Congregazione T.S.B.

 

 
   

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