La
Chiesa cattolica?
Un’entità capace di
formare «soltanto esseri
inutili, se non
perniciosi all’umanità».
Il Papato? «Peste nera…
idra sacerdotale…
pericolo perenne
dell’Italia e della
civiltà».
Il
clero? «Una turba di
ipocriti che recitano
preci, proferiscono
bestemmie… nemico
naturale, astuto e
crudele… infami lenoni,
genia abietta e codarda…
Quando cesserete di
ammorbare col vostro
lezzo l’Italia?». Così
si leggeva tra 1889 e
1890 non su qualche
foglietto anarchico, ma
sulla prestigiosa
Rivista della Massoneria
Italiana, come ricorda
il giornalista Valerio
Pierantozzi ne La
Lunga Lotta. Storia dei
rapporti tra Chiesa
cattolica e massoneria
in Italia (Il
Cerchio, pp. 148, euro
16).
Un
libro che ripercorre le
vicende di uno scontro
epocale e un po’
dimenticato nella sua
virulenza (ben 2046,
secondo il conteggio di
Rosario Esposito, furono
i documenti papali di
condanna nei confronti
delle società segrete e
della massoneria
regnante Leone XIII, tra
cui due encicliche
chiave come la Humanum
Genus e l’Inimica Vis)
rinfrescando anche la
memoria sul ruolo che i
«figli della vedova»
ebbero in passaggi
cruciali della storia
italiana, come il
Risorgimento, e che
alcuni storici anche
recentemente cercano di
ridimensionare. «Nel
popolo italiano,
nell’Ottocento, c’è
sempre stata una
coscienza viva del ruolo
della massoneria e delle
associazioni segrete
nell’unificazione del
Paese – spiega
Pierantozzi –. Una serie
di studiosi, in
particolare Alessandro
Luzio, ha poi cercato di
sminuire il ruolo della
libera muratoria.
Una tendenza che è stata
accentuata da Mussolini;
il duce era un
irredentista,
legatissimo al mito
risorgimentale. Essendo
però anche ostile alla
massoneria – pur se il
rapporto tra fascismo e
massoneria è stato
complesso e quest’ultima
è riuscita ugualmente a
svolgere un ruolo di
primo piano nel
Ventennio – ha cercato
di separare
ulteriormente l’immagine
del Risorgimento da
quella delle logge.
Certo, non si può
parlare dell’unità
d’Italia come opera tout
court della massoneria.
Ma il fatto che i 'padri
della Patria', da Cavour
a Garibaldini a Mazzini
– per costui la cosa è
più discussa – fossero
massoni non può essere
considerata una
coincidenza. Né fu una
coincidenza che la
spedizione dei Mille
fosse finanziata dalla
Loggia Ausonia di
Torino, con navi fornite
da un 'fratello', e che
fosse folta di massoni.
Negarlo sarebbe
ridicolo».
Ma
può anche far sorridere,
alla luce della storia,
l’accusa di ingerenza
delle gerarchie
ecclesiastiche negli
affari dello Stato
italiano, ossessione
spesso ribadita (anche
di recente) dai 'liberi
muratori'. «Negli ultimi
vent’anni dell’800 –
continua Pierantozzi –
la massoneria formò una
sorta di superpartito in
grado di manovrare le
leve del potere. Un
deputato di allora, il
fratello Renato Imbriani,
descrisse il governo
come 'un conclave di
33'. Ludovico Frapolli,
altro 33, creò la Loggia
Universo, formata quasi
esclusivamente da
deputati e senatori e
che 'mirava a prendere
sotto tutela i lavori
parlamentari e, loro
tramite, il
funzionamento dello
Stato', come ha scritto
uno storico autorevole
quale Aldo Mola.
Sul modello della Loggia
Universo, il Gran
Maestro Giuseppe Mazzoni
creò la Propaganda
massonica, antesignana
della P2 di Gelli,
riservata solo a
politici e persone
influenti nella vita
pubblica. Il potere di
questa loggia era tale
che le riunioni
'volanti' dei suoi
membri avvenivano
direttamente alla Camera
dei deputati. E Adriano
Lemmi, Gran Maestro del
Grande Oriente, scriveva
nel 1892 con estrema
chiarezza: 'Noi dobbiamo
essere sicuri che gli
uomini portati dalle
Logge ai pubblici uffici
adoperino la nuova
autorità ad applicare
nelle leggi civili i
principi e le
aspirazioni'». Una
storia relegata nel
passato? «La presenza
massonica nei gangli
dello Stato è stata
sempre costante. Se a
fine ’800 era evidente,
alla luce del sole, oggi
la cosa è semplicemente
più nascosta, anche per
il discredito che ha
investito la massoneria
negli anni ’80 e ’90 e
che ha reso la qualifica
muratoria spesso
negativa agli occhi
dell’opinione pubblica.
Il risultato è che –
mentre un parlamentare
cattolico viene
facilmente accusato di
lavorare per il Vaticano
– è molto più raro che
un onorevole sia
tacciato di fare gli
interessi della
massoneria».
Forse non ce ne saranno
poi molti di 'fratelli'
tra i banchi di
Montecitorio e di
Palazzo Madama o fra i
ranghi della
magistratura.
«Basterebbe contare –
replica Pierantozzi –,
in occasione delle
riunioni di loggia
aperte al pubblico, i
messaggi di auguri che
arrivano da esponenti
istituzionali oppure i
parlamentari
direttamente presenti. I
quali, se interpellati,
ovviamente negano
un’appartenenza
diretta». Che sia più
conveniente, magari,
celarsi dietro le
estenuanti battaglie per
la laicità, nella sua
declinazione più
radicale? «La laicità è
sempre stata un cavallo
di battaglia massonico,
non c’è alcun dubbio – e
non stupisce che sia
sempre stato un
leitmotiv del partito
politico più vicino agli
ideali massonici, quello
dei Radicali –, a
partire dalla scuola,
che fu ritenuta già da
Lemmi un ambito
cruciale, tanto che uno
storico come Fulvio
Conti ha contato 9
massoni succedutisi alla
guida del dicastero
della Pubblica
istruzione nell’800; tra
cui Michele Coppino,
colui che arrivò a
togliere il crocifisso
dalle aule scolastiche.
Tutto questo perché,
come scriveva sempre la
Rivista della Massoneria
Italiana, 'l’unico mezzo
per atterrare la
superstizione del
confessionale è la
scuola'. Ma le campagne
per la laicità si
concentrarono fin dagli
albori dello Stato
italiano anche
sull’ambito della
famiglia, con il
tentativo di introdurre
il divorzio.
E
su ciò che atteneva alla
morte e ai suoi riti,
con la legalizzazione
della cremazione e uno
sforzo delle logge nel
promuovere i funerali
civili». Azioni
concentrate sulla
libertà di educazione,
la famiglia e la vita,
insomma. Proprio i tre
'principi non
negoziabili' richiamati
più volte anche da
Benedetto XVI. Almeno su
questo, nel ritenerli
temi di fondamentale
importanza, tra Chiesa e
massoneria c’è stata e
c’è un’assoluta
concordanza.
Andrea Galli - da
AVVENIRE
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