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La Congregazione - CAPITOLO di PRIMAVERA 2010 |
Ubi caritas et
amor Deus ibi est
IL DONO DELLA
COMUNIONE E DELLA COMUNITÀ
Prima di essere
una costruzione umana, la comunità è un dono dello Spirito.
Infatti è dall'amore di Dio diffuso nei cuori per mezzo dello
Spirito che la comunità trae origine e da esso viene costruita
come una vera famiglia radunata nel nome del Signore. Non si può
comprendere quindi la comunità senza partire dal suo essere dono
dall'Alto, dal suo mistero, dal suo radicarsi nel cuore stesso
della Trinità santa e santificante, che la vuole parte del mistero
della Chiesa, per la vita del mondo.
ALCUNI PRINCIPI
GENERALI: LA CHIESA COME COMUNIONE
Creando l'essere
umano a propria immagine e somiglianza, Dio lo ha creato per la
comunione. Il Dio creatore che si è rivelato come Amore, Trinità,
comunione, ha chiamato l'uomo a entrare in intimo rapporto con Lui
e alla comunione interpersonale, cioè alla fraternità universale.
Questa è la più alta vocazione dell'uomo: entrare in comunione con
Dio e con gli altri uomini suoi fratelli. Questo disegno di Dio è
stato compromesso dal peccato che ha frantumato ogni tipo di
rapporto: tra il genere umano e Dio, tra l'uomo e la donna, tra
fratello e fratello, tra i popoli, tra l'umanità e il creato. Nel
suo grande amore il Padre ha mandato il Figlio suo perché, nuovo
Adamo, ricostituisse e portasse tutto il creato alla piena unità.
Egli venuto tra noi ha costituito l'inizio del nuovo popolo di Dio
chiamando attorno a sé apostoli e discepoli, uomini e donne, segno
della famiglia umana radunata in unità. A loro ha annunciato la
fraternità universale nel Padre, il quale ci ha fatto suoi
familiari, figli suoi e fratelli tra di noi. Così ha insegnato
l'uguaglianza nella fraternità e la riconciliazione nel perdono.
Ha capovolto i rapporti di potere e di dominio dando lui stesso
l'esempio di come servire e porsi all'ultimo posto. Durante
l'ultima cena, ha affidato loro il comandamento nuovo dell'amore
reciproco: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli
altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli
altri" (Gv 13,34; cfr. 15,12); ha istituito l'Eucarestia
che, facendoci comunicare all'unico pane e all'unico calice,
alimenta l'amore reciproco. Si è quindi rivolto al Padre
chiedendo, come sintesi dei suoi desideri, l'unità di tutti
modellata sull'unità trinitaria: "Come tu, Padre, sei in me ed io
in te, siano anch'essi in noi una cosa sola" (Gv 17,21).
Affidandosi poi alla volontà del Padre, nel mistero pasquale ha
compiuto quell'unità che aveva insegnato a vivere ai discepoli e
che aveva chiesto al Padre. Con la sua morte di croce ha distrutto
il muro di separazione tra i popoli, riconciliando tutti
nell'unità (cfr. Ef 2, 14-16), insegnandoci così che la
comunione e l'unità sono il frutto della condivisione del suo
mistero di morte. La venuta dello Spirito santo, primo dono ai
credenti, ha realizzato l'unità voluta da Cristo. Effuso sui
discepoli riuniti nel cenacolo con Maria, ha dato visibilità alla
Chiesa, che fin dal primo momento si caratterizza come fraternità
e comunione nell'unità di un solo cuore e di un'anima sola (cfr.
At 4,32). Questa comunione è il vincolo della carità che
unisce tra loro tutti i membri dello stesso Corpo di Cristo, e il
Corpo con il suo Capo. La stessa presenza vivificante dello
Spirito Santo costruisce in Cristo la coesione: Egli unifica la
Chiesa nella comunione e nel ministero, la coordina e la dirige
con diversi doni gerarchici e carismatici che si completano tra
loro e l'abbellisce dei suoi frutti.
LA NOSTRA
COMUNITÀ: ESPRESSIONE DELLA COMUNIONE ECCLESIALE
La Chiesa
nascente, instaurata da Cristo, ha un cuore solo e un anima sola.
Essa trova il suo modello e ciò che la spinge all’unità nella vita
di unità delle Persone della SS. Trinità. Nei secoli seguenti sono
sorte molteplici forme di comunità sotto l'azione carismatica
dello Spirito. Egli, che scruta il cuore umano gli si fa incontro
e risponde alle sue necessità. Suscita così uomini e donne che,
illuminati con la luce del Vangelo e sensibili ai segni dei tempi,
danno vita a nuove famiglie religiose e laicali e quindi a nuove
modalità di attuare l'unica comunione nella diversità dei
ministeri e delle comunità.
La vita fraterna
in comune è sempre apparsa come una forte espressione del comune
spirito fraterno che unisce tutti i cristiani. La comunità,
quindi, dovrebbe rendere visibile la comunione che fonda la Chiesa
e dovrebbe essere allo stesso tempo profezia dell'unità alla quale
tende come sua meta finale. "Esperti di comunione, i fratelli di
una comunità, sono chiamati ad essere, nella Chiesa e nel mondo,
testimoni e artefici di quel progetto di comunione che sta al
vertice della storia dell'uomo secondo Dio. Inoltre testimoniano,
in un mondo spesso così profondamente diviso e di fronte a tutti,
la capacità di comunione, dell'affetto fraterno, del progetto di
vita cristiana, che loro proviene dall'aver accolto l'invito a
seguire sinceramente Cristo Signore, inviato dal Padre affinché,
primogenito tra molti fratelli, istituisse, nel dono del suo
Spirito, una nuova comunione fraterna".
Ciò sarà tanto
più visibile quanto più essi non solo sentono con e dentro la
Chiesa, ma anche sentono la Chiesa, identificandosi con essa in
piena comunione con la sua dottrina, la sua vita, i suoi pastori,
i suoi fedeli, la sua missione nel mondo.
LA COMUNITÀ LUOGO
DOVE SI DIVENTA FRATELLI
Dal dono della
comunione scaturisce il compito della costruzione della
fraternità, cioè del diventare fratelli e sorelle in una data
comunità dove si è chiamati a vivere assieme. Nell'accettazione
ammirata e grata della realtà della comunione divina che viene
partecipata a delle povere creature, proviene la convinzione
dell'impegno necessario per renderla sempre meglio visibile
attraverso la costruzione di comunità "piene di gioia e di Spirito
Santo" (At 13,52 ).
SPIRITUALITÀ E
PREGHIERA COMUNE
La comunità è
prima di tutto un mistero che va contemplato e accolto con cuore
riconoscente in una limpida dimensione di fede. Quando si
dimentica questa dimensione che mette in contatto con il mistero
della comunione divina presente e comunicata alla comunità, allora
si giunge irrimediabilmente a dimenticare anche le ragioni
profonde del "fare comunità", della paziente costruzione della
vita fraterna. Essa può talora apparire superiore alle forze
umane, oltre che sembrare un inutile spreco di energie, specie per
persone intensamente impegnate nell'azione e condizionate da una
cultura attivista e individualistica. In questi casi è bene
ricordarsi che è lo stesso Cristo che chiama, convoca ogni giorno
i suoi fratelli e le sue sorelle per parlare con loro e per unirli
a sé e tra di loro nell'Eucaristia, per renderli sempre più suo
Corpo vivo e visibile, animato dallo Spirito, in cammino verso il
Padre. Inoltre non ci si dimentichi che, nelle difficoltà, la
preghiera in comune, è sempre la base di ogni vita comunitaria sia
essa pienamente vissuta o in crisi.
Come una risposta
all'ammonimento del Signore: "Vegliate e pregate" (Lc
21,36), la comunità deve essere vigilante e prendersi il tempo
necessario per aver cura della qualità della sua vita. La
preghiera va intesa anche come tempo per stare con il Signore
perchè possa operare in noi, e tra le distrazioni e le fatiche,
possa invadere la vita, confortarla e guidarla. Perché, alla fine,
tutta l'esistenza possa realmente appartenergli. Una delle forme
di preghiera più preziose è la riscoperta della preghiera
liturgica. La celebrazione in comune, se possibile, della
Liturgia delle Ore, o almeno di alcune parti, ha rivitalizzato
la preghiera di non poche comunità, che sono state portate ad un
contatto più vivo con la Parola di Dio e con la preghiera della
Chiesa. Non deve venir meno in nessuno la convinzione che la
comunità si costruisce a partire dalla Liturgia, soprattutto dalla
celebrazione dell'Eucaristia e di altri Sacramenti. Tra questi
merita una rinnovata attenzione il Sacramento della
Riconciliazione, attraverso il quale il Signore ravviva l'unione
con sé e con i fratelli. A imitazione della prima comunità di
Gerusalemme (cfr. At 2,42), la Parola, l'Eucaristia, la
preghiera comune, l'assiduità e la fedeltà all'insegnamento degli
Apostoli e dei loro successori, mettono a contatto con le grandi
opere di Dio che, in questo contesto, diventano luminose e
generano lode, ringraziamento, letizia, unione dei cuori, sostegno
nelle comuni difficoltà della convivenza, reciproco rafforzamento
nella fede. Purtroppo la diminuzione dei presbiteri può rendere,
qua o là, impossibile la partecipazione quotidiana alla S. Messa.
Nonostante ciò, ci si deve preoccupare di una sempre più profonda
comprensione del grande dono dell'Eucaristia e a porre al centro
della vita il Santo Mistero del Corpo e Sangue del Signore, vivo e
presente nella comunità per sostenerla e animarla nel suo cammino
verso il Padre. Da qui viene la necessità, ove possibile, di
alimentare la spiritualità eucaristica, attraverso la preghiera e
l'adorazione. E' infatti attorno all'Eucarestia, celebrata o
adorata, "vertice e fonte" di tutta l'attività della chiesa, che
si costruisce la comunione degli animi, premessa per ogni crescita
nella fraternità. "E' qui che deve trovare la sua origine ogni
tipo di educazione allo spirito di comunità".
La preghiera in
comune raggiunge tutta la sua efficacia quando è intimamente
connessa a quella personale. Preghiera comune e preghiera
personale, infatti, sono in stretta relazione e sono tra loro
complementari.
La preghiera in
comune è stata arricchita in questi anni da diverse forme di
espressione e di partecipazione. Particolarmente fruttuosa per
molte comunità è stata la condivisione della Lectio divina
e delle riflessioni sulla Parola di Dio, come pure la
comunicazione delle proprie esperienze di fede e delle
preoccupazioni apostoliche. La differenza di età, di formazione,
di carattere consigliano di essere prudenti nel richiederla
indistintamente a tutta la comunità. E' bene ricordare che non si
possono affrettare i tempi di realizzazione. Là dove è praticata
con spontaneità e con il comune consenso, tale condivisione nutre
la fede e la speranza, così come la stima e la fiducia reciproca,
favorisce la riconciliazione e alimenta la solidarietà fraterna
nella preghiera.
Tuttavia la
preghiera in comune ha i suoi ritmi la cui frequenza (quotidiana,
settimanale, mensile, annua) va fissata dalle regole e
costituzioni proprie dell’aggregazione. La preghiera in comune,
che domanda fedeltà a un impegno, richiede anche e soprattutto la
perseveranza. La fedeltà e la perseveranza aiuteranno anche a
superare creativamente e saggiamente alcune difficoltà, tipiche di
alcune comunità, quali la diversità di impegni e quindi di orario,
il superlavoro assorbente, le stanchezze varie.
La orazione alla
Beata Vergine Maria, animata dall'amore verso di lei, che ci
conduce ad imitarla, fa sì che la sua presenza esemplare e materna
sia di grande sostegno nella quotidiana fedeltà alla preghiera
(cfr. At 1,14), divenendo vincolo di comunione per la
comunità. La Madre del Signore contribuirà a configurare la
comunità al modello della "sua" famiglia, la Famiglia di Nazareth,
luogo al quale la comunità deve spesso spiritualmente recarsi,
perché là il Vangelo della comunione e della fraternità è stato
vissuto in modo ammirabile.
Anche lo slancio
apostolico viene sostenuto e alimentato dalla preghiera comune. Le
comunità più apostoliche e più evangelicamente vive - siano
contemplative o attive - sono quelle che hanno una ricca
esperienza di preghiera.
In un momento
come il nostro, in cui si assiste ad un certo risveglio della
ricerca del trascendente, la nostra comunità può diventare luogo
privilegiato dove si sperimentano le vie che conducono a Dio.
"Come famiglia unita nel nome del Signore, la comunità è il luogo
dove l'esperienza di Dio deve potersi raggiungere e comunicare
agli altri": prima di tutto ai propri fratelli di comunità.
LIBERTÀ PERSONALE
E COSTRUZIONE DELLA FRATERNITÀ
"Portate i pesi
gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo" (Gal
6,2). Cristo, nel suo mistero pasquale, rimane il modello di come
si costruisce l'unità. Il comando dell'amore reciproco ha infatti
in Lui la sorgente, il modello e la misura: dobbiamo amarci come
Lui ci ha amato. E Lui ci ha amati fino a dar la vita. La nostra
vita è partecipazione alla carità di Cristo, al suo amore per il
Padre e per i fratelli, un amore dimentico di sé. Ma tutto ciò non
è secondo la natura “dell'uomo vecchio”, il quale desidera sì la
comunione e l'unità, ma non intende e non si sente di pagarne il
prezzo, in termini di impegno e di dedizione personale. Il cammino
che va dall'uomo vecchio, che tende a chiudersi in sé, all'uomo
nuovo, che si dona agli altri, è lungo e faticoso. I santi
fondatori di varie congregazioni hanno insistito realisticamente
sulle difficoltà e sulle insidie di questo passaggio, consci
com'erano che la comunità non la si improvvisa. Essa non è cosa
spontanea né realizzazione che richieda breve tempo. Per vivere da
fratelli e da sorelle è necessario un vero cammino di liberazione
interiore. Come Israele, liberato dall'Egitto, è diventato Popolo
di Dio dopo aver camminato a lungo nel deserto sotto la guida di
Mosè, così la comunità inserita nella Chiesa popolo di Dio, viene
costruita da persone che Cristo ha liberato e ha rese capaci di
amare alla maniera sua, attraverso il dono del suo Amore liberante
e l'accettazione cordiale delle sue guide. L'amore di Cristo
diffuso nei nostri cuori spinge ad amare i fratelli e le sorelle
fino ad assumerci le loro debolezze, i loro problemi, le loro
difficoltà. In una parola: fino a donare noi stessi.
Cristo dà alla
persona due fondamentali certezze: di essere stata infinitamente
amata e di poter amare senza limiti. Nulla come la croce di Cristo
può dare in modo pieno e definitivo queste certezze e la libertà
che ne deriva. Grazie ad esse la persona si libera
progressivamente dal bisogno di mettersi al centro di tutto e di
possedere l'altro, e dalla paura di donarsi ai fratelli; impara
piuttosto ad amare come Cristo l'ha amata, con quell'amore che ora
è effuso nel suo cuore e la rende capace di dimenticarsi e di
donarsi come ha fatto il suo Signore. In forza di quest'amore
nasce la comunità come un insieme di persone libere e liberate
dalla croce di Cristo.
Tale cammino di
liberazione che conduce alla piena comunione e alla libertà dei
figli di Dio chiede però il coraggio della rinuncia a se stessi
nell' accettazione e accoglienza dell'altro con i suoi limiti, a
partire dall'autorità. Questo, di solito, costituisce uno dei
punti deboli. Si sono accresciute le conoscenze, si sono indagati
diversi aspetti della vita comune, ma si è badato meno all'impegno
ascetico necessario e insostituibile per ogni liberazione capace
di fare di un gruppo di persone una fraternità cristiana. La
comunione è un dono offerto che richiede anche una risposta, un
paziente tirocinio e un combattimento, per superare lo
spontaneismo e la mutevolezza dei desideri. L'altissimo ideale
comunitario, comporta necessariamente la conversione da ogni
atteggiamento che ostacolerebbe la comunione. La comunità senza
mistica non ha anima, ma senza ascesi non ha corpo. Si richiede
"sinergia" tra il dono di Dio e l'impegno personale per costruire
una comunione incarnata, per dare cioè carne e concretezza alla
grazia e al dono della comunione fraterna.
Bisogna ammettere
che tale discorso fa problema oggi sia presso i giovani che presso
gli adulti. Spesso i giovani provengono da una cultura che
apprezza eccessivamente la soggettività e la ricerca della
realizzazione personale, mentre a volte gli adulti o sono ancorati
a strutture del passato. Se è vero che la comunione non esiste
senza la oblatività di ognuno, è necessario allora che si tolgano
fin dall'inizio le illusioni che tutto deve venire dagli altri, e
che si aiuti a scoprire con gratitudine quanto già si è ricevuto e
si sta di fatto ricevendo dagli altri. E' bene preparare fin
dall'inizio ad essere costruttori e non solo consumatori di
comunità, ad essere responsabili l'uno della crescita dell'altro
come pure ad essere aperti e disponibili a ricevere l'uno il dono
dell'altro, capaci d'aiutare ed essere aiutati, di sostituire ed
essere sostituiti. Una vita comune fraterna e condivisa ha un
naturale fascino sui giovani, ma poi il perseverare nelle reali
condizioni di vita può diventare un pesante fardello. La
formazione iniziale deve allora condurre anche ad una presa di
coscienza dei sacrifici richiesti dal vivere in comunità, ad una
loro accettazione in vista di una relazione gioiosa e veramente
fraterna e a tutti gli altri atteggiamenti tipici di un uomo
interiormente libero. Perchè quando ci si perde per i fratelli, si
ritrova sé stessi.
E' necessario
inoltre ricordare sempre che la realizzazione spirituale personale
passa attraverso la comunità. Chi cerca di viverla
indipendentemente, staccata dalla comunità, non ha certamente
imboccato la via sicura per formarsi secondo il carisma della
aggregazione. Mentre la società occidentale applaude la persona
indipendente, che sa realizzarsi da sé, l'individualista sicuro di
sé, il Vangelo richiede persone che, come il chicco di grano,
sanno morire a sé stesse perchè rinasca la vita fraterna. Così la
comunità diventa una "Schola Amoris", per giovani e adulti.
Una scuola ove si impara ad amare Dio, ad amare i fratelli e le
sorelle con cui si vive, ad amare l'umanità bisognosa della
misericordia di Dio e della solidarietà fraterna.
L'ideale
comunitario non deve far dimenticare che ogni realtà cristiana si
edifica sulla debolezza umana. La "comunità ideale" perfetta non
esiste ancora: la perfetta comunione dei santi è meta nella
Gerusalemme celeste. Il nostro è il tempo della edificazione e
della costruzione continua: sempre è possibile migliorare e
camminare assieme verso la comunità che sa vivere il perdono e
l'amore. La comunità infatti non può evitare tutti i conflitti.
L'unità che i fratelli devono costruire è un'unità che si
stabilisce al prezzo della riconciliazione. La situazione di
imperfezione della comunità non deve scoraggiare. La comunità
infatti riprende quotidianamente il cammino, sorretta
dall'insegnamento degli Apostoli: "amatevi gli uni gli altri con
affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda" (Rm
12,10); "abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri" (Rm
12,16); "accoglietevi perciò gli uni gli altri come Cristo accolse
voi" (Rm 15,7); "correggetevi l'un l'altro" (Rm
15,14); "aspettatevi gli uni gli altri" (1 Cor 11,33);
"mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri" (Gal
5,13); "confortatevi a vicenda" (1 Tess 5,11);
"sopportandovi a vicenda con amore" (Ef 4,2); "siate invece
benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a
vicenda" (Ef 4,32); "siate sottomessi gli uni agli altri
nel timore di Cristo" (Ef 5,21); "pregate gli uni per gli
altri" (Gc 5,16); "rivestitevi tutti di umiltà gli uni
verso gli altri" (1 Pt 5,5); "siamo in comunione gli uni
con gli altri" (1 Gv 1,7); "non stanchiamoci di fare il
bene a tutti, soprattutto ai nostri fratelli nella fede" (Gal
6,9-10).
Per favorire la
comunione degli spiriti e dei cuori di coloro che sono chiamati a
vivere assieme in una comunità sembra utile richiamare la
necessità di coltivare le qualità richieste in tutte le relazioni
umane: educazione, gentilezza, sincerità, controllo di sé,
delicatezza, senso dell'umorismo e spirito di condivisione. I
documenti del Magistero di questi anni sono ricchi di suggerimenti
e segnalazioni utili alla convivenza comunitaria, quali: la lieta
semplicità, la chiarezza e la fiducia reciproca, la capacità di
dialogo, l'adesione sincera ad una benefica disciplina
comunitaria.
La gioia di
vivere in spirito di comunione pur in mezzo alle difficoltà del
cammino umano e spirituale e alle noie quotidiane, fa parte già
del Regno. Questa gioia è frutto dello Spirito e abbraccia la
semplicità dell'esistenza e il tessuto monotono del quotidiano.
Una fraternità senza gioia è una fraternità che si spegne. Ben
presto i membri saranno tentati di cercare altrove ciò che non
possono trovare a casa loro. Una fraternità ricca di gioia è un
vero dono dell'Alto ai fratelli che sanno chiederlo e che sanno
accettarsi impegnandosi nella vita fraterna con fiducia
nell'azione dello Spirito. Si realizzano così le parole del Salmo:
"Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano
insieme... Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre"
(Sal 133, 1-3), "perché quando vivono insieme
fraternamente, si riuniscono nell'assemblea della Chiesa, si
sentono concordi nella carità e in un solo volere". Tale
testimonianza di gioia costituisce una grandissima attrazione
verso la vita di fede, una fonte di nuove adesioni e un sostegno
alla perseveranza. E' molto importante coltivare questa gioia
nella comunità: il superlavoro la può spegnere, lo zelo eccessivo
per alcune cause la può far dimenticare, il continuo interrogarsi
sulla propria identità e sul proprio futuro la può annebbiare. Ma
il saper fare festa insieme, il concedersi momenti di distensione
personali e comunitari, il prendere le distanze di quando in
quando dal proprio lavoro, il gioire delle gioie del fratello,
l'attenzione premurosa alle necessità dei fratelli e sorelle,
l'impegno fiducioso nel lavoro apostolico, l'affrontare con
misericordia le situazioni, l'andare incontro al domani con la
speranza d'incontrare sempre e comunque il Signore: tutto ciò
alimenta la serenità, la pace, la gioia. E diventa forza
nell'azione apostolica. La gioia è una splendida testimonianza
dell'evangelicità di una comunità, punto di arrivo di un cammino
non privo di tribolazione, ma possibile perchè sorretto dalla
preghiera: "Lieti nella speranza, forti nella tribolazione,
perseveranti nella preghiera" (Rom 12,12).
COMUNICARE PER
CRESCERE INSIEME
La comunicazione
è uno dei fattori umani che acquistano crescente rilevanza per la
vita della comunità. La più sentita esigenza di incrementare la
vita fraterna di una comunità porta con sé la corrispondente
domanda di una più ampia e più intensa comunicazione. Per
diventare fratelli e sorelle è necessario conoscersi. Per
conoscersi è importante comunicare in forma più ampia e profonda.
Tale comunicazione ampia, crea normalmente relazioni più strette,
alimenta lo spirito di famiglia e la partecipazione alle vicende
dell'intero gruppo, sensibilizza ai problemi generali, stringe le
persone attorno alla comune missione.
Anche a livello
comunitario si è dimostrato altamente positivo l'aver tenuto
regolarmente, degli incontri ove i fratelli e le sorelle
condividono problemi della comunità, dell’aggregazione, della
Chiesa e sui principali documenti della medesima. Sono momenti
utili anche per ascoltare gli altri, partecipare i propri
pensieri, rivedere e valutare il percorso compiuto, pensare e
programmare assieme. La vita fraterna, specie nelle comunità più
ampie, ha bisogno di questi momenti per crescere. Sono momenti che
vanno tenuti liberi da ogni altro impegno, momenti di
comunicazione importanti anche per la corresponsabilizzazione e
per collocare il proprio lavoro nel contesto più ampio della vita
di fede, ecclesiale e del mondo cui si è inviati in missione,
oltre che della vita comunitaria. E' un cammino che va continuato
in tutte le comunità, adattandone i ritmi e le modalità alle
dimensioni delle comunità e ai suoi impegni. La mancanza e la
povertà di comunicazione genera di solito l'indebolimento della
fraternità, per la non conoscenza del vissuto altrui che rende
estraneo il confratello e anonimo il rapporto, oltre che creare
vere e proprie situazioni di isolamento e di solitudine. In alcune
comunità si lamenta la scarsa qualità della fondamentale
comunicazione dei beni spirituali: si comunica su temi e problemi
marginali, ma raramente si condivide ciò che è vitale e centrale.
Le conseguenze possono essere dolorose, perchè l'esperienza
spirituale acquista insensibilmente connotazioni individualiste.
Viene inoltre favorita la mentalità di autogestione unita
all'insensibilità per l'altro, mentre lentamente si vanno
ricercando rapporti significativi al di fuori della comunità. Il
problema va affrontato esplicitamente: con tatto e attenzione,
senz'alcuna forzatura; ma anche con coraggio e creatività,
cercando forme e strumenti che possano consentire a tutti
d'imparare progressivamente a condividere, in semplicità e
fraternità, i doni dello Spirito perchè diventino davvero di tutti
e servano per l'edificazione di tutti (cfr. 1 Cor 12,7). La
comunione nasce proprio dalla condivisione dei beni dello Spirito,
una condivisione della fede e nella fede, ove il vincolo di
fraternità è tanto più forte quanto più centrale e vitale è ciò
che si mette in comune. Tale comunicazione è utile anche per
apprendere lo stile della condivisione, che poi, nell'apostolato,
consentirà al singolo di "confessare la sua fede" in termini
facili e semplici, perché tutti la possano capire e gustare.
Le forme assunte
dalla comunicazione dei doni spirituali possono essere diverse.
Oltre alla condivisione della Parola e dell'esperienza di Dio,
discernimento comunitario, progetto comunitario, si possono
ricordare anche la correzione fraterna, la revisione di vita e
altre forme tipiche della tradizione. Sono modi concreti di porre
al servizio degli altri e di far riversare nella comunità i doni
che lo Spirito abbondantemente elargisce per la sua edificazione e
per la sua missione nel mondo. Senza dialogo e ascolto, c'è il
rischio di condurre esistenze giustapposte o parallele, il che è
ben lontano dall'ideale di fraternità.
Per tutti è
necessario avere a cuore il bene del fratello coltivando la
capacità evangelica di ricevere dagli altri tutto quello che essi
desiderano dare e comunicare, e di fatto comunicano con la loro
stessa esistenza. "Abbiate gli stessi sentimenti e un medesimo
amore. Siate cordiali e unanimi. Con grande umiltà stimate gli
altri migliori di voi. Badate agli interessi degli altri e non
soltanto ai vostri. I vostri rapporti reciproci siano fondati sul
fatto che siete uniti a Cristo Gesù" (Fil. 2,2-5). E' in
questo clima che le modalità e tecniche di comunicazione
compatibili con la vita comunitaria, possono raggiungere i
risultati di favorire la crescita della fraternità.
COMUNITÀ E
MATURAZIONE DELLA PERSONA
La comunità, per
il fatto di essere una "Schola Amoris" che aiuta a crescere
nell'amore verso Dio e i fratelli, diventa anche luogo di crescita
umana. Il percorso è esigente, ma non impossibile. L’unione a
Cristo "non si oppone al vero progresso della persona umana, ma
per sua natura gli è di grandissimo giovamento".
DALL'IO AL NOI
Il rispetto per
la persona, ha un influsso positivo nella prassi comunitaria.
Contemporaneamente però si è diffuso anche l'individualismo, sotto
le più diverse forme, quali il bisogno di protagonismo e la
insistenza esagerata sul proprio benessere fisico, psichico e
professionale, la preferenza per il lavoro prestigioso e firmato,
la priorità assoluta data alle proprie aspirazioni personali e al
proprio cammino individuale senza badare agli altri e senza
riferimenti alla comunità. D'altra parte è necessario perseguire
il giusto equilibrio non sempre facile da raggiungere tra il
rispetto della persona e il bene comune, tra le esigenze e le
necessità dei singoli e quelle della comunità, tra i carismi
personali e il progetto della comunità. E ciò lontano tanto
dall'individualismo disgregante quanto dal comunitarismo
livellante. La comunità è il luogo ove avviene il quotidiano
paziente passaggio dall'"io" al "noi", dal mio impegno all'impegno
affidato alla comunità, dalla ricerca delle "mie cose" alla
ricerca delle "cose di Cristo". La comunità diventa allora il
luogo dove si impara quotidianamente ad assumere quella mentalità
rinnovata che permette di vivere la comunione fraterna attraverso
la ricchezza dei diversi doni e, nello stesso tempo, sospinge
questi doni a convergere verso la fraternità e verso la
corresponsabilità nel progetto dell’aggregazione.
Per raggiungere
tale "sinfonia" comunitaria e apostolica, è necessario:
a)
Promuovere un atteggiamento contemplativo di fronte alla sapienza
di Dio, che ha inviato determinati fratelli alla comunità perché
siano un dono gli uni per gli altri. LodarLo per ciò che ogni
fratello trasmette della presenza e della parola di Cristo.
b)
Coltivare il rispetto reciproco con il quale si accetta il cammino
lento dei più deboli e nello stesso tempo non si soffoca lo
sbocciare di personalità più ricche. Un rispetto che favorisce la
creatività, ma che sa fare anche appello alla responsabilità verso
gli altri e alla solidarietà.
c)
Orientare verso la comune missione: la comunità ha la sua missione
alla quale ciascuno deve collaborare secondo i propri doni.
e)
Considerare che i singoli quando ricevono missioni personali si
devono considerare inviati dalla comunità. Durante il tempo di
formazione, può succedere che, nonostante la buona volontà, riesca
impossibile far convergere i doni personali di una persona nella
fraternità e nella comune missione. E' allora il caso di porsi la
domanda: "I doni di Dio in questa persona (...) producono unità e
approfondiscono la comunione? Se sì, possono essere ben accolti.
In caso contrario, quantunque buoni possano apparire in se stessi,
quantunque desiderabili possano sembrare ad alcuni membri, essi
non sono adatti per il nostro particolare gruppo. Non è saggio
infatti tollerare linee di sviluppo molto divergenti che non
offrono un saldo fondamento di unità per la comunità".
In questi anni,
sono aumentate le comunità in cui si accolgono persone per motivi
discutibili, quali le affinità di gusti o di mentalità. In questo
caso è facile che la comunità si chiuda e possa arrivare a
selezionare i suoi componenti, accettando o meno un fratello
inviato per motivi secondari. L'omogeneità elettiva oltre che
indebolire, fa perdere forza alla comunità e svuota della sua
forza di testimonianza la realtà spirituale che la regge. Lo
sforzo di accettazione reciproca e l'impegno nel superamento delle
difficoltà, tipico delle comunità eterogenee, dimostrano la
trascendenza del motivo che le ha fatte sorgere, cioè "la potenza
di Dio che si manifesta nelle povertà dell'uomo" (2 Cor 12,9-10).
Nella comunità si sta assieme non perchè ci si è eletti, ma perchè
si è stati eletti dal Signore.
ESSERE UNA
COMUNITÀ IN CONTINUA FORMAZIONE
La formazione
permanente è considerata di vitale importanza per il futuro. Una
delle finalità è di formare comunità mature, evangeliche,
fraterne, capaci di continuare la formazione permanente nel
quotidiano. La comunità è l'ambiente naturale del processo di
crescita di tutti, ove ognuno diviene corresponsabile della
crescita dell'altro. La comunità è il luogo ove, giorno per
giorno, ci si aiuta a rispondere da persone portatrici di un
comune carisma, alle necessità degli ultimi e alle sfide della
nuova società. Non è infrequente che, nei confronti dei problemi
da affrontare, le risposte siano diverse, con evidenti conseguenze
sulla vita comunitaria. Da qui la constatazione che uno degli
obiettivi particolarmente sentito oggi è quello di integrare
persone segnate da diversa formazione e da diverse visioni
apostoliche, in una stessa vita comunitaria ove le differenze non
siano tanto occasioni di contrasto quanto momenti di reciproco
arricchimento. In questo contesto diversificato e mutevole,
diventa sempre più importante il ruolo unificante dei responsabili
di comunità, per i quali è opportuno prevedere specifici sostegni
da parte della formazione permanente, in vista del loro compito di
animazione della vita fraterna e apostolica.
IL CARISMA
Il carisma è
l’aspetto privilegiato nella formazione permanente in vista della
crescita della vita fraterna. Il riferimento al proprio fondatore
e al carisma da lui vissuto e comunicato e poi custodito,
approfondito e sviluppato lungo tutto l'arco della vita
dell'aggregazione, appare come una componente fondamentale per
l'unità della comunità. Vivere in comunità infatti è vivere tutti
insieme la volontà di Dio, secondo l'orientamento del dono
carismatico che il fondatore ha ricevuto da Dio e che lui ha
trasmesso ai suoi discepoli e continuatori.
La comunità, va
percepita come portatrice di un medesimo dono dello Spirito, da
condividere con i fratelli e con il quale è possibile arricchire
la Chiesa "per la vita del mondo". Per questo sono assai proficui
quei programmi di formazione che comprendono corsi periodici di
studio e di riflessione orante sul fondatore, sul carisma e sulle
costituzioni. L'approfondita comprensione del carisma conduce ad
una chiara visione della propria identità, attorno alla quale è
più agevole creare unità e comunione. Essa permette inoltre un
adattamento creativo alle nuove situazioni e ciò offre prospettive
positive per il futuro di un’aggregazione. La mancanza di tale
chiarezza può facilmente ingenerare incertezza negli obiettivi e
vulnerabilità nei confronti dei condizionamenti ambientali, delle
correnti culturali e persino dei vari bisogni personali, oltre che
incapacità ad adattarsi e rinnovarsi.
E' necessario,
quindi, coltivare l'identità carismatica, anche per evitare il
genericismo che costituisce un vero pericolo per la vitalità
della comunità. Il genericismo che riduce la vita religiosa a un
minimo sbiadito comune denominatore, porta a cancellare la
bellezza e la fecondità della molteplicità dei carismi suscitati
dallo Spirito.
L'AUTORITÀ AL
SERVIZIO DELLA FRATERNITÀ
Il desiderio di
una comunione più profonda tra i membri, la reazione verso
strutture sentite come troppo autoritarie e rigide, ha condotto a
non comprendere in tutta la sua portata il ruolo dell'autorità che
viene così da alcuni considerata addirittura non necessaria per la
vita della comunità e da altri ridimensionata al mero compito di
coordinare le iniziative dei membri. Tutto ciò porta con sé il
pericolo non solo ipotetico, di frantumazione della vita
comunitaria, che tende inevitabilmente a privilegiare i percorsi
individuali e contemporaneamente ad oscurare il ruolo
dell'autorità, ruolo necessario anche per la crescita della vita
fraterna nella comunità, oltre che per il cammino spirituale dei
suoi membri.
Se il diffuso
clima democratico ha favorito la crescita della corresponsabilità
e della partecipazione di tutti al processo decisionale, non si
può dimenticare che la fraternità non è solo frutto dello sforzo
umano, ma è anche e soprattutto dono di Dio. E' dono che viene
dall'obbedienza alla Parola di Dio e, nella Chiesa, anche
all'autorità che ricorda tale Parola e la collega alle singole
situazioni, secondo lo spirito del gruppo. "Vi preghiamo fratelli
di aver riguardo per quelli che faticano tra di voi, che vi sono
preposti nel Signore e vi ammoniscono; trattateli con molto
rispetto e carità, a motivo del loro lavoro" (1 Tess
5,12-13). La comunità cristiana non è infatti un collettivo
anonimo, ma è dotata, fin dall'inizio, dei suoi capi, per i quali
l'Apostolo chiede considerazione, rispetto, carità. Nelle comunità
l'autorità, alla quale si deve attenzione e rispetto, è posta al
servizio della fraternità, della sua costruzione, del
raggiungimento delle sue finalità spirituali ed apostoliche.
Ogni comunità poi
ha una sua missione da svolgere. Il servizio dell'autorità è
rivolto quindi ad una comunità che deve svolgere una missione
particolare, ricevuta e qualificata e dal suo carisma. Sempre
l'autorità è evangelicamente un servizio.
Alcuni aspetti
dell'autorità.
a) Un'autorità
spirituale
L'autorità ha il
compito primario di costruire assieme ai fratelli e alle sorelle
delle "comunità fraterne nelle quali si cerchi Dio e lo si ami
sopra ogni cosa". E' necessario quindi che sia prima di tutto
persona spirituale, convinta del primato dello spirituale sia per
quanto attiene alla vita personale che per la costruzione della
vita fraterna, conscia cioè che quanto più l'amore di Dio cresce
nei cuori, tanto più i cuori si uniscono tra di loro. Suo compito
prioritario sarà dunque l'animazione spirituale, comunitaria ed
apostolica della sua comunità.
b) Un'autorità
operatrice di unità
Un'autorità
operatrice di unità è quella che si preoccupa di creare il clima
favorevole per la condivisione e la corresponsabilità, che suscita
l'apporto di tutti alle cose di tutti, che incoraggia i fratelli
ad assumersi le responsabilità e le sa rispettare, che ascolta
volentieri i fratelli, promuovendo la loro concorde collaborazione
per il bene dell'aggregazione e della Chiesa, che pratica il
dialogo e offre opportuni momenti di incontro, che sa infondere
coraggio e speranza nei momenti difficili, che sa guardare avanti
per indicare nuovi orizzonti alla missione. E ancora: un'autorità
che cerca di mantenere l'equilibrio dei diversi aspetti della vita
comunitaria. Equilibrio tra preghiera e lavoro, tra apostolato e
formazione, tra impegni e riposo.
c) Un'autorità
che sa prendere la decisione finale e ne assicura l'esecuzione
Il
discernimento comunitario è un procedimento assai utile, anche
se non facile né automatico, perché coinvolge competenza umana,
sapienza spirituale e distacco personale. Là dove è praticato con
fede e serietà può offrire all'autorità le migliori condizioni per
prendere le necessarie decisioni in vista del bene della vita
fraterna e della missione. Una volta presa una decisione, secondo
le modalità fissate dalle regole e dalle costituzioni proprie, si
richiede costanza e fortezza da parte dell’autorità, perché quanto
deciso non resti solo sulla carta.
Anche i "progetti
comunitari", che possono aiutare la partecipazione alla vita
comunitaria e alla sua missione nei diversi contesti, dovrebbero
avere la preoccupazione di ben definire il ruolo e la competenza
dell'autorità, sempre nel rispetto delle costituzioni.
LA FRATERNITÀ
COME SEGNO
Per qualcuno "il
fare comunità" è sentito come un ostacolo, quasi un perdere tempo
in questioni piuttosto secondarie. E' necessario ricordare a tutti
che la comunione fraterna, in quanto tale, è già apostolato,
contribuisce cioè direttamente all'opera di evangelizzazione. Il
segno per eccellenza lasciato dal Signore è infatti quello della
fraternità vissuta: "Da questo tutti sapranno che siete miei
discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv
13,35). Accanto alla missione di annunciare, secondo il proprio
stato di vita e il proprio carisma, il Vangelo ad ogni creatura
(cfr. Mt 28, 19-20) il Signore ha inviato i suoi discepoli
a vivere uniti, "perchè il mondo creda" che Gesù è l'inviato del
Padre al quale si deve dare il pieno assenso di fede (cfr. Gv
17,21). Il segno della fraternità è quindi di grandissima
importanza, perchè è il segno che mostra l'origine divina del
messaggio cristiano e possiede la forza di aprire i cuori alla
fede. Per questo la fecondità della aggregazione dipende dalla
qualità della vita fraterna in comune. Più intenso è l'amore
fraterno, maggiore è la credibilità del messaggio annunciato,
maggiormente percepibile è il cuore del mistero della Chiesa
sacramento, dell'unione degli uomini con Dio e degli uomini tra di
loro. L'attività dei membri deve essere attività di persone che
informano di spirito comunitario il loro agire, che tendono a
diffondere lo spirito fraterno con la parola, l'azione, l'esempio.
Inoltre in mezzo
alle diverse società del nostro pianeta, percorse da passioni e da
interessi contrastanti che le dividono, desiderose di unità ma
incerte sulle vie da prendere, la presenza di comunità ove si
incontrano come fratelli o sorelle persone di differenti età,
lingue e culture, e che rimangono unite nonostante gli inevitabili
conflitti e difficoltà che una vita in comune comporta, è già un
segno che attesta qualche cosa di più elevato che fa guardare più
in alto. "Le comunità che annunziano con la loro vita la gioia e
il valore umano e soprannaturale della fraternità cristiana,
dicono alla nostra società con l'eloquenza dei fatti la forza
trasformatrice della Buona Novella". "Al di sopra di tutto poi vi
sia sempre la carità, che è il vincolo di perfezione" (Col
3,14). Tale amore che unisce è lo stesso che spinge a comunicare
anche agli altri l'esperienza di comunione con Dio e con i
fratelli. Crea cioè gli apostoli spingendo le comunità sulla via
della missione. L'amore di Dio vuole invadere il mondo: così la
comunità fraterna diventa missionaria di questo amore e segno
concreto della sua forza unificante.
La qualità della
vita fraterna ha una forte incidenza anche sulla perseveranza dei
singoli. Come la scarsa qualità della vita fraterna è
frequentemente addotta quale motivazione di non pochi abbandoni,
così la fraternità vissuta costituisce un valido sostegno alla
perseveranza di molti. In una comunità veramente fraterna,
ciascuno si sente corresponsabile della fedeltà dell'altro;
ciascuno dà il suo contributo per un clima sereno di condivisione
di vita, di comprensione, di aiuto reciproco; ciascuno è attento
ai momenti di stanchezza, di sofferenza, di isolamento, di
demotivazione del fratello, ciascuno offre il suo sostegno a chi è
rattristato dalle difficoltà e dalle prove. Così la comunità che
sorregge la perseveranza dei suoi componenti, acquista anche la
forza di segno della perenne fedeltà di Dio e quindi di sostegno
alla fede e alla fedeltà dei cristiani, immersi nelle vicende di
questo mondo, che sempre meno sembra conoscere le vie della
fedeltà.
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