DIMISSIONI DEL
PAPA: ECCO
L'OPINIONE DI
RATZINGER
Oggi Benedetto XVI è
il solo faro
dell'umanità in un
frangente molto
buio: speriamo che
non ci abbandoni
nella tempesta
Per ora è una voce
(un'ipotesi personale
di Joseph Ratzinger) e
spero che non diventi
mai una notizia. Ma
poiché circola nelle
più importanti stanze
del Vaticano merita
molta attenzione.
In breve: il Papa non
scarta la possibilità
di dimettersi allo
scoccare dei suoi 85
anni, ovvero
nell'aprile del
prossimo anno.
Che Ratzinger ritenga
possibile questa
scelta è noto almeno
dal 2002, quando si
dovette studiare
l'eventualità con
l'aggravarsi della
malattia di Giovanni
Paolo II.
Ma Ratzinger è tornato
sull'argomento anche
da Papa. Nel libro
intervista "Luce del
mondo", uscito nel
2010, interpellato dal
giornalista Peter
Seewald, ha
dichiarato: "Quando un
Papa giunge alla
chiara consapevolezza
di non essere più in
grado fisicamente,
psicologicamente e
mentalmente di
svolgere l'incarico
affidatogli, allora ha
il diritto ed in
alcune circostanze
anche il dovere di
dimettersi".
Oggi papa Benedetto
sembra veramente in
forma, eppure si pone
il problema della sua
età e delle sue
energie: "a volte sono
preoccupato" ha
confidato a Seewald "e
mi chiedo se riuscirò
a reggere il tutto
anche solo dal punto
di vista fisico".
Con l'enorme mole di
lavoro che sta facendo
per la Chiesa e
l'immenso carico di
responsabilità
spirituale che porta,
il Papa ha affermato
nel 2010 di sentire
tutto il peso dei suoi
83 anni: "confido nel
fatto che il buon Dio
mi dà la forza di cui
ho bisogno per fare
quello che è
necessario. Però mi
accorgo anche che le
forze vanno
diminuendo".
Egli sa di essere "ai
limiti dell'umanamente
possibile a
quell'età".
E' in questo contesto
che è nata in lui
l'ipotesi (per ora
solo un'ipotesi) di
cogliere il passaggio
degli 85 anni per
passare la mano.
Tuttavia lui stesso
aveva dichiarato un
problema morale.
A Seewald infatti –
che l'aveva
interpellato durante
la terribile tempesta
legata allo scandalo
della pedofilia – il
papa aveva spiegato:
"Quando il pericolo è
grande non si può
scappare. Ecco perché
questo sicuramente non
è il momento di
dimettersi. E' proprio
in momenti come questo
che bisogna resistere
e superare la
situazione difficile.
Ci si può dimettere in
un momento di
serenità, o quando
semplicemente non ce
la si fa più. Ma non
si può scappare
proprio nel momento
del pericolo e dire
'se ne occupi un
altro' ".
Oggi quella terribile
tempesta, che
Benedetto XVI ha
definito "la peggiore
persecuzione", ormai
sembra sia stata
superata dalla Chiesa
proprio grazie alla
guida limpida e santa
di questo pontefice
che ha saputo chiedere
perdono e insegnare
umanità e umiltà (a
Malta, un
rappresentante delle
vittime di abusi,
Joseph Magro, dopo
l'incontro col Santo
Padre, ha dichiarato:
"Il Papa ha pianto
insieme a me, pur non
avendo alcuna colpa
per ciò che mi è
accaduto").
Tuttavia il momento
della Chiesa è sempre
duro e c'è un
accanimento
particolare proprio
nei confronti di
questo pontefice. Il
filosofo ebreo
francese Bernard Henri
Lévy ha denunciato che
tutte le volte in cui
si parla di Papa
Ratzinger "la
discussione è dominata
da pregiudizi, da
insincerità fino alla
più completa
disinformazione".
Quanto più si conosce
questo uomo di Dio
come un padre mite,
sapiente, umano, tanto
più sembra scatenarsi
la corsa a
demonizzarlo o
umiliarlo.
Basta scorrere le
cronache delle ultime
settimane: il 13
settembre c'è chi
addirittura vuole
trascinarlo davanti al
tribunale dell'Aja con
la surreale accusa di
"crimini contro
l'umanità", intanto
dalla Germania
arrivavano voci ostili
al viaggio pontificio,
il 20 settembre
Umberto Eco lancia la
sua ridicola
bocciatura del papa
come teologo
sostenendo che perfino
"uno studente della
scuola dell'obbligo"
argomenterebbe meglio
di lui.
In questi giorni in
Germania è stato
accolto da varie
manifestazioni ostili
e secondo un sondaggio
due terzi dei
cattolici tedeschi
(allo sbando per
decenni di guida
progressista della
chiesa teutonica)
hanno definito "per
niente o poco
importante" per sé la
visita del Papa.
Mentre cento
parlamentari si sono
assentati
polemicamente quando
lui doveva parlare al
Bundestag.
Tanta intolleranza e
tanti pregiudizi
risultano ancor più
immotivati vista
l'ammirazione generale
che poi ha suscitato
il discorso del
Pontefice al
parlamento tedesco (è
sempre così: anche con
il viaggio in Gran
Bretagna i gelidi
inglesi finirono con
l'innamorarsi di
questo Pontefice
sapiente e umile).
Giuliano Ferrara – che
è uomo colto e
consapevole – dopo il
discorso al Bundestag
ha manifestato il suo
entusiasmo, ha
pubblicato per intero
il testo sul "Foglio",
ha aggiunto un suo
filosofico commento
dove si è definito "ratzingeriano"
e – pur da non
credente – è arrivato
ad affermare: "Solo un
Papa ci può salvare".
Ferrara che negli
ultimi tempi (secondo
me sbagliando) temeva
che il grande papa
Ratzinger ("il nostro
amato Papa") si fosse
impaurito (per le
virulente reazioni)
dopo il discorso di
Ratisbona e che lo
vedeva "immerso nelle
acque della sola
fede", da dove il
Pontefice "invitava a
pregare e a espiare le
colpe personali e
della chiesa", dedito
alla ricostruzione
interiore della fede
dei cristiani, ha
ritrovato colui che
considera l'unico
vero, grande leader
dell'umanità in questo
frangente storico:
"nello splendido
discorso tenuto al
Bundestag, il
Parlamento della sua
patria" ha scritto
Ferrara, "è riemerso
in chiara, mite e
fulgidissima luce – la
luce dell'intelligenza
e della ragione – quel
formidabile professor
Ratzinger che fu
eletto alla guida
della chiesa di Roma
su una piattaforma di
lotta intellettuale ed
etica alla deriva
relativista e
nichilista
dell'occidente
moderno. Che solo un
Papa può salvare.
Benedetto ha sorpreso
tutti. Niente afflato
pastorale minimalista,
niente catechesi
ordinaria, e invece un
energico, nitido e
straordinario richiamo
alla sostanza di ciò
che è politico,
pubblico, e alla
questione
filosofico-giuridica
di come si possa fare
la cosa giusta,
condurre una vita
giusta, reggere
governi e stati
giusti, fare leggi
giuste in un mondo che
non dipende più dalla
tradizione,
dall'autorevolezza
intrinseca della fede,
ma dalla democrazia
maggioritaria".
E' stata – aggiunge
Ferrara – "una grande
lezione filosofica,
storica e teologica
sui fondamenti, anzi
sulla fondazione
politica, della nostra
cultura e della nostra
idea di libertà, di
umanità, di natura e
di ragione. I giganti
usano parole semplici
e concetti alla
portata di tutti, non
sono esoterici,
parlano al centro
forte e realista
dell'intelligenza
umana. E così ha fatto
il Papa (…). Non è un
discorso
intercettabile dalle
polemiche e dai
sofismi. Se siamo
liberi, se siamo in un
mondo laico, se siamo
padroni del nostro
destino è perché siamo
cristiani. Il
cristianesimo non ha
imposto come legge la
Rivelazione, non è la
sharia, non è uno
spazio mitico per
litigiosi dei. Alla
base dei diritti
umani, delle conquiste
dell'Illuminismo,
dell'idea stessa
moderna di coscienza,
sta la scelta
cristiana e cattolica
in favore del diritto
di natura e della
legge di ragione".
Ferrara lo spiega
benissimo. Ma è
davanti agli occhi di
tutti la grandezza e
l'umiltà di quest'uomo
di Dio, che voleva
lavorare per il Regno
di Dio con lo studio e
i libri, che non
voleva essere nominato
vescovo, né prefetto
dell'ex S. Uffizio,
che da lì aveva
provato due volte a
dimettersi e che –
mentre lo stavano
eleggendo Papa, nella
Sistina – pregava
così: "Signore, non
farmi questo".
Il popolo cristiano –
come mostrano i due
milioni di giovani
accorsi a Madrid in
agosto – sa che questo
Papa arriva al cuore e
all'intelligenza come
nessun altro e le
menti più limpide
della cultura laica
sanno che oggi
Benedetto XVI è il
solo faro dell'umanità
in un frangente molto
buio. Tutti speriamo
che non ci abbandoni
nella tempesta, che
non lasci mai il suo
ministero di padre di
tutti.
Perché non tutti i
papi sono uguali. San
Vincenzo di Lérins
diceva che "Dio alcuni
papi li dona, altri li
tollera, altri ancora
li infligge".
Benedetto XVI è un
dono a cui non
possiamo rinunciare.
Fonte: Libero,
25/09/2011