Don Bux: “Sarà pure
messa antica. Ma con
una massa di giovani”
I vescovi che
disobbediscono al papa
non pretendano
d’essere poi obbediti
da clero e fedeli.
Negli episcopati: un
gallicanesimo
strisciante che si
crede autosufficiente.
La riforma litugica:
non era una delle
impellenze volute dal
concilio.
L’esclusivismo di chi
si professa ecumenico.
a cura di
Francesco Mastromatteo
Una inarrestabile
crescita di consensi,
specie presso i
giovani. Non ha dubbi
don Nicola Bux circa
l’avanzata della
Tradizione cattolica
soprattutto tra le
giovani generazioni in
seguito al Motu
Proprio con cui
Benedetto XVI ha
“liberalizzato” il
rito antico ormai
quattro anni fa.
Abbiamo chiesto a don
Nicola, professore
dell’università
Lateranense, insigne
teologo e studioso di
liturgia molto vicino
a Papa Ratzinger, un
bilancio della
situazione, dal punto
di vista privilegiato
di uno dei massimi
cultori della materia
liturgica. Lo abbiamo
incontrato nel corso
di un dibattito
politico a margine del
quale non ha lesinato
critiche apertis
verbis a un
sottosegretario
dell’attuale governo,
la cui dichiarata fede
cattolica e vicinanza
ai movimenti pro-vita
non ha impedito di
votare un
finanziamento a Radio
Radicale, come del
resto hanno fatto
altri parlamentari
cattolici.
Don Bux, persino
l’inserto di un
quotidiano non certo
filo cattolico come
Repubblica
ha dovuto riservare un
servizio alla
diffusione della messa
in latino secondo il
Messale del 1962.
Qualcosa sta
cambiando?
Il bilancio è
senz’altro positivo:
c’è un crescendo di
tale opportunità data
dal Papa a tutta la
Chiesa. Essa si è
diffusa senza
imposizioni, dopo che
il Motu Proprio del
2007 ha aperto una
breccia. Si è ormai
fatta strada l’idea
che il rito antico non
è mai stato abolito, e
che la riforma
liturgica non era una
delle necessità
impellenti volute dal
Concilio. L’ostilità
verso la messa in
latino era sostenuta
attraverso tesi
infondate, come quella
per cui nei primi
secoli il sacerdote
celebrasse rivolto
verso il popolo,
mentre dopo avrebbe
dato le spalle al
popolo: espressione
fasulla, visto che il
sacerdote era rivolto
verso il Signore.
Una Messa antica ma
amata dai giovani: non
è un paradosso?
Basta andare in giro
come faccio io per
celebrazioni e
conferenze: non solo
in Italia ma
all’estero il rito
antico si diffonde
sempre più proprio tra
i più giovani. A mio
parere ciò è dovuto al
fatto che i ragazzi si
approcciano alla fede
ricercando il senso
del Mistero, e lo
trovano in maniera
evidente nella Messa
celebrata in forma
straordinaria. Il
ritorno al rito
tradizionale non è
secondario per la
fede: esso favorisce
in una dimensione
verticale l’incontro
con Dio in un mondo
contemporaneo in cui
lo sguardo dell’uomo è
ripiegato su se stesso
e sulla dimensione
materiale
dell’esistenza. In
questo senso ha
favorito una sorta di
“contagio” spirituale
benefico.
Qualche mese fa la
Pontificia Commissione
Ecclesia Dei
ha emanato un
documento,
l’istruzione
sull’applicazione del
Motu Proprio.
C’è chi ha parlato di
una sorta di richiamo
ai vescovi a venire
incontro alle
richieste dei fedeli…
È una traduzione in
indicazioni concrete
del
Motu Proprio.
La media dei vescovi,
che all’inizio erano
perplessi, ora può
cominciare a muoversi
nella direzione
giusta. Questa
istruzione incoraggia
i vescovi ad esaudire
le richieste dei
fedeli sensibili alla
messa antica, che deve
essere considerata da
tutti una ricchezza
della liturgia romana.
Non è un mistero che
parecchi episcopati
non abbiano apprezzato
questa scelta, e
cerchino in tutti i
modi di ostacolarla,
comportandosi da veri
e propri ribelli verso
il Papa…
Esiste senz’altro una
forma di
neogallicanesimo
strisciante, per cui
alcuni settori della
Chiesa pensano di
essere autosufficienti
da Roma. Ma chi
ragiona in questi
termini non è
cattolico. I vescovi
che disobbediscono al
Papa si mettono nelle
condizioni di non
essere a loro volta
obbediti da parroci e
fedeli.
Nella Chiesa si è
sempre detto:
lex orandi lex
credendi.
La liturgia è
saldamente legata alla
teologia. Papa
Benedetto XVI ha
fissato come bussola
del suo Magistero la
continuità con la
Tradizione e un gesto
forte è stato quello
di togliere la
scomunica ai
lefebvriani. Cosa ne
pensa?
Penso sia stato un
gesto di grande
carità. Rompere la
comunione è facile, il
difficile è ricucire,
ma Cristo ha voluto
che fossimo tutti una
sola cosa e questo per
noi deve essere un
imperativo. L’opera
meritoria del Papa
evidenzia la sua
grande pazienza, ma
d’altronde se così non
fosse assisteremmo ad
un paradosso: mentre
si postula tanto il
dialogo con i non
cattolici e
addirittura con i non
cristiani, come si può
essere
pregiudizialmente
ostili all’idea di
riunirsi con chi ha la
stessa fede? Lo stesso
Benedetto XVI in
quell’occasione citò
opportunamente la
lettera di San Paolo
ai Galati: “Se vi
mordete e divorate a
vicenda, badate almeno
di non distruggervi
del tutto gli uni gli
altri”. Il dramma
attuale della Chiesa è
l’esclusivismo da
parte di chi si
professa ecumenico.
In questa occasione si
parlava di politica e
valori. “Questione
morale” è
un’espressione di cui
molti esponenti di
partito si riempiono
la bocca…
Sento parlare molto in
giro della necessità
di “codici etici” per
i partiti, ma di
un’etica non meglio
precisata. Può mai
derivare dall’uomo la
fonte di ciò che è
bene o male?
Bisognerebbe tornare
ai Dieci Comandamenti,
le uniche vere tavole
etiche che derivano da
Dio.
(foto del blog
cattolico
Portodimarebis di
Taranto) |