23/10/2012
All'udienza generale dello scorso 3 ottobre, Benedetto XVI
ha voluto sottolineare la centralità della liturgia, e ha
insegnato che essa "non è una specie di
'auto-manifestazione' di una comunità", ma "implica
universalità e questo carattere universale deve entrare
sempre di nuovo nella consapevolezza di tutti. La liturgia
cristiana è il culto del tempio universale che è Cristo
Risorto, le cui braccia sono distese sulla croce per
attirare tutti nell’abbraccio dell’amore eterno di Dio. E’
il culto del cielo aperto". È estremamente significativo
che un discorso così denso sia stato pronunciato proprio
nell'imminenza dell'apertura dell'Anno della Fede: ciò
testimonia del ruolo fondamentale che Benedetto XVI
assegna alla liturgia nel suo magistero e anche nella
nuova evangelizzazione. A cinque anni dall'entrata in
vigore del Motu Proprio e in vista dell'ormai imminente
pellegrinaggio "Una cum Papa nostro", che porterà a Roma
il "popolo del Summorum Pontificum", abbiamo chiesto a uno
dei più profondi conoscitori del pensiero liturgico del
Papa, don Nicola Bux, di fare il punto sullo status
quaestionis. Autore del best-seller "La riforma di
Benedetto XVI. La liturgia tra innovazione e tradizione",
Don Nicola è, fra l'altro, Consultore dell'Ufficio per le
celebrazioni liturgiche del Santo Padre e della
Congregazione per il Culto Divino.
1) Don Nicola, 49 anni dopo la sua
promulgazione, la costituzione apostolica Sacrosanctum
Concilium sembra ancora essere lettera morta in tante
diocesi del mondo. Per non parlare della riforma della
riforma di Papa Benedetto, della quale lei è un ardente
promotore, che fatica ad arrivare nelle nostre parrocchie:
in Italia come in Francia, pochi altari e santuari sono
stati ripristinati per rispondere all'invito pontificio a
una maggiore solennità del culto liturgico. Come spiega
questa distanza tra gli orientamenti liturgici romani e la
realtà delle messe domenicali?
NB: La Chiesa, lo sappiamo dalla sua storia, si
sviluppa mediante riforme e non rivoluzioni, diversamente
dal mondo.Perchè sono i suoi uomini a dover cambiare il
cuore e la mente, e poi ciò influisce positivamente sul
cambiamento delle strutture: un cambiamento che è come lo
sviluppo organico del corpo, senza abnormità o sussulti.
Così avviene per la sacra liturgia: si sviluppa in modo
quasi impercettibile da forme preesistenti; se invece ce
se ne accorgesse bruscamente, vorrebbe dire che non è
avvenuto un 'aggiornamento' ma un cambiamento da una cosa
ad un'altra, per cui la norma della preghiera (lex orandi)
non corrisponde alla norma del credo(lex credendi). Si è
caduti in errore e persino in eresia.
Dell'opera di riforma di papa Benedetto XVI, non solo
della liturgia ma della Chiesa, visto lo stretto rapporto
tra le due, ci si accorge che non è altro che l'attuazione
della Costituzione liturgica del Vaticano II, solo se
interviene la osservazione appena indicata. Il problema
pertanto non è innanzitutto di ripristinare l'altare in
modo che si possa celebrare nelle due forme del rito
romano, ma di favorire la rinascita del sacro nei cuori,
ossia la percezione che Dio è presente tra noi e quindi il
culto è divino, la liturgia è sacra se riconosce la Sua
presenza, cioè la adora, e implica gli atteggiamenti
conseguenti: inginocchiarsi, raccogliersi, far silenzio,
ascoltare ecc.
Quanto alla distanza tra la liturgia papale e quelle
locali, c'è da riflettere: siamo cattolici se riconosciamo
il primato del Successore di Pietro, ossia la
responsabilità personale datagli dal Signore sulla Chiesa
universale; ora, se nella Chiesa universale vi sono
diversi riti in specie orientali, a capo dei quali stanno
i patriarchi, a capo di quello romano c'è il Vescovo di
Roma che, celebrando in san Pietro o nei viaggi
apostolici, opera la salvaguardia dell'unità sostanziale
del rito romano nelle diversità locali (cfr SC 38). Per
queste ragioni, la liturgia celebrata dal Vescovo di Roma,
non solo è esemplare ma typica, ovvero normativa, in
quanto attua le prescrizioni dei libri liturgici, come
tutti sono tenuti a fare ovunque, se sono cattolici.
2) Si sa bene ormai che il Santo
Padre propone e non impone. Così sembra fare il Culto
divino che pubblica molti documenti ma senza ricorrere a
misure normative, pensiamo in particolare alla questione
della comunione in mano che è emblematica di un abuso
divenuto legge. Da due anni, lei è consultore della
Congregazione per il Culto Divino: qual è il potere reale
della congregazione in materia?
NB: Il Santo Padre non propone sue idee sulla
liturgia, ma custodisce e innova quanto la Chiesa riceve
dalla tradizione apostolica e da Gesù stesso. Nè una
proposta nè una imposizione, bensì l'obbedienza a Qualcosa
che viene sempre prima di noi e che da noi è ricevuto. I
documenti dei dicasteri della Curia romana devono solo
tradurre in atto tutto ciò, incluse le misure normative e
le sanzioni previste dal diritto canonico.Un esempio:
l'Istruzione Redemptionis Sacramentum su alcune cose che
si devono osservare ed evitare nella SS.Eucaristia. Chi è
al corrente, per esempio, della differenza tra legge e
indulto? Perciò non sa risolvere la questione del modo di
fare la S.Comunione.
Il punto è che oggi va ricompreso
nella liturgia non solo, ma nella Chiesa, il diritto di
Dio, il suo primato e le conseguenze che ha sull'etica
come sul culto a lui dovuto. Possiamo noi inventarci la
legge morale? Nemmeno dunque potremmo inventarci il culto
senza cadere nel peccato di farci un dio a modo nostro,
ossia l'idolatria. Su questa questione per fortuna proprio
Joseph Ratzinger aprì il dibattito con il noto testo
Introduzione allo spirito della liturgia; raccolto
esemplarmente dal cardinal Raymond Leo Burke ne: La Danza
vuota intorno al Vitello d'Oro, ed.Lindau, e recentemente
dal libro di Daniele Nigro, I diritti di Dio. La liturgia
dopo il Vaticano II, ed.Sugraco.
3) Nella lettera ai vescovi che
accompagna il Summorum Pontificum, il Santo Padre invitava
all'arricchimento mutuo delle due forme dell’unico rito
romano ma per arrivare a quest'arricchimento ci deve prima
essere un incontro fra le due liturgie. Come si fa se la
forma straordinaria rimane fuori dalle parrocchie: non è
la messa parrocchiale il luogo naturale per
quest'incontro?
NB: Il Santo Padre ha ripristinato il rito romano
celebrato fino al Vaticano II, definendolo 'forma
extraordinaria' rispetto a quella ordinaria uscita dalla
riforma post-conciliare. Lo ha fatto perchè consapevole a
motivo degli studi fatti e dei rapporti con insigni
studiosi della liturgia, alcuni dei quali periti
conciliari, che non erano soddisfatti di quanto si era
riformato, ma nemmeno dello stato precedente: si pensi a
Joseph Andreas Jungmann, autore di Missarum Sollemnia. Di
qui la ragione innanzitutto dell'arricchimento mutuo tra
le due forme, da perseguire con avvedutezza e pazienza,
cosa che avviene celebrandole entrambe come sta già
avvenendo dappertutto.
Non è vero che il Papa ha pubblicato il Motu proprio per
fare un piacere alla Fraternità Sacerdotale San Pio X: è
del tutto alieno dal suo stile e dal suo pensiero. E' vero
invece che deve portare la pace in tutta la Chiesa, dopo
decenni di abusi e teoremi, resistenze e indulti.
L'incontro tra le due forme avviene semplicemente
celebrandole da parte del medesimo sacerdote e offrendole
ai fedeli. Ma ci vorrà tempo per prepararsi, perchè molti
ecclesiastici non conoscono più il latino; e si devono
preparare anche i fedeli all'attuazione piena dei n 36 e
54 della Costituzione liturgica che prevedono
l'affiancamento delle lingue correnti al latino, lingua
dell'unità della Chiesa universale.
Domando: è più giusto che in un santuario come Lourdes si
celebri la Messa 'internazionale', in più lingue, sicchè
ogni gruppo ne capisca la quinta parte? Oppure una
Liturgia cattolica, nella lingua latina che fa sentire
tutti membri dell'Una Santa Cattolica e Apostolica? Per
mettere i fedeli in condizione di capire, è necessario
cominciare con sussidi bilingue, e in ogni cattedrale e
parrocchia si arrivi a celebrare la Messa secondo il
dettato del n 36, come sta facendo il Papa ovunque vada.
Questo si può fare anche col Messale di Paolo VI editio
typica latina. Perchè la Chiesa universale deve ricorrere
all'inglese, quando ha la sua koinè nella veneranda lingua
latina?
4) A inizio settembre, ha partecipato
a un incontro in Brasile sul Summorum Pontificum, promosso
da alcuni vescovi: può dirci che cos'ha visto e imparato
da questo viaggio?
NB: Ho imparato ancora una volta come sia vero ciò
che dice il Signore nell'Apocalisse: "Ecco io faccio nuove
tutte le cose"(21,5). Dove primeggiava la teologia della
liberazione, si va affermando la Messa in forma
extraordinaria, in molte città del Brasile. Vescovi,
sacerdoti, religiosi e fedeli laici in modo sereno e
costruttivo attuano l'insegnamento di Benedetto XVI, si
celebra nelle due forme del rito romano e si affronta il
dibattito secondo il metodo suggerito da san Pietro:
Adorate nei vostri cuori il Signore Cristo, sempre pronti
a rendere ragione della speranza che è in voi, con
dolcezza, rispetto e buona coscienza(cfr 1 Pt 3,15-16).
5) Infine, sabato 3 novembre, in
basilica vaticana, il cardinale Cañizares, Prefetto del
Culto divino, celebrerà la forma straordinaria in chiusura
del pellegrinaggio del popolo Summorum Pontificum a Roma.
Che cosa le suggerisce questa notizia: possiamo vedere in
questo gesto di colui che è il custode della liturgia per
il Santo Padre un esempio dello spirito autentico della
comunione ecclesiale che è tanto mancata nel tormentato
post-concilio?
NB: Il gesto del Prefetto della Congregazione per
il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti vuole
dimostrare una voltà di più che nessuno è di troppo nella
Chiesa, come disse il Papa ai Vescovi francesi nel suo
viaggio in Francia nel 2008. La sacra liturgia si
differenzia dalle devozioni private per il fatto che è il
culto pubblico della Chiesa e non la devozione di singoli,
di gruppi o di movimenti. A questi possono essere stati
concessi alcuni adattamenti, ma nella salvaguardia
dell'unità del rito romano nelle sue due forme ordinaria e
extraordinaria. Non sono ammesse altre forme per gruppi
particolari. Tuttavia ritengo che per il Papa l'urgenza
grande è che il rito romano innanzitutto nella forma
ordinaria sia celebrato con fede, dignità e osservando le
prescrizioni dei libri liturgici.
In tal modo, la Messa in forma extraordinaria promossa dal
Coetus Internationalis Summorum Pontificum deve
rappresentare un segno di obbedienza e comunione col Papa.
Senza la comunione affettiva ed effettiva col Sommo
Pontefice e i Vescovi uniti con lui, non si può dire
d'essere cattolici. Chiederemo istantemente al Signore
l'unità - viene da unus cioè stare insieme intorno ad Uno
- e la pace, sinonimo della comunione - viene da
cum-munera - mettere insieme i carismi di ciascuno. E
speriamo che cessino le rivalità e l'autoaffermazione, e
si promuova la fraternità tra tutti nella carità di
Cristo, a cominciare dal proprio ambiente, regione e
nazione.
da "Paix Liturgique" |