Carissimi fratelli,
sorelle e amici,
salute, pace e gioia.
E' iniziato l'Avvento,
il Signore sta per
venire: occorre che ci
mettiamo alla sua
presenza per andargli
incontro con tutto lo
slancio della nostra
volontà.
Nell'Avvento, «
primavera » della
Chiesa, dobbiamo
destarci per dare
nuovi frutti di
santità; e fin da oggi
l'Apostolo Paolo ci
addita il grande
frutto dell'Avvento: «
gettiamo via l'opera
delle tenebre,
rivestiamo le armi
della luce...
rivestitevi del
Signore Gesù Cristo ».
Se le anime nostre si
fossero un poco
addormentate o
illanguidite nel
servizio del Signore,
ecco giunto il momento
di destarci a vita
nuova, di spogliarci
con generosità delle
nostre miserie e
debolezze onde «
rivestirci di Gesù
Cristo », ossia della
sua santità. Per
aiutarci a raggiungere
tale meta, Gesù ci
sollecita col ricordo
della sua dolce venuta
di Redentore e ci
viene incontro con la
sua grazia: è la
misericordia infinita
che si china su noi.
Per rendere fruttuoso
questo tempo, in
queste quattro
settimane, oltre ad
invitarvi tutti ad
essere uniti nelle
nostre attività e a
quelle delle Diocesi
in cui ci troviamo, vi
proporremo alcuni
spunti di riflessione
e di preparazione
utili per il nostro
cammino di fede e
templare.
LA
SPERANZA
Signore, accresci la
mia fiducia nel tuo
soccorso e fa' che in
questa fiducia trovi
sempre il coraggio per
ricominciare.
Ciò che maggiormente
sgomenta le anime di
buona volontà, anche
di chi intraprende il
nostro cammino
spirituale e, che
vuole applicarsi
seriamente alla vita
cavalleresca templare,
è proprio il
ritrovarsi tanto
spesso a terra,
malgrado i ripetuti e
sinceri propositi.
Quando si comincia il
cammino, tutti, in
genere, sono pieni di
coraggio e non
dubitano affatto della
riuscita; ma la loro
preparazione è ancora
inadeguata, la loro
azione non si è ancora
misurata con le
esigenze di una virtù
più profonda, né
conosce le lotte che
l'attendono su questa
via.
All’inizio del cammino
templare ci viene
detto che nulla
succede a caso, che
nulla è impossibile a
Dio e che senza di Lui
nulla ci è possibile.
Alla fine del periodo
di noviziato quando ci
sentiamo pronti e
siamo chiamati ad
indossare l’abito e la
croce, promettendo a
Dio di essere pronti a
servire Lui, la Chiesa
ed il Prossimo nella
Verità, pensiamo di
aver superato la prova
e che tutto ora sarà
piu’ facile.
Ma ecco l'insidia:
alla vestizione, oltre
al Signore ed ai suoi
Angeli è sempre
presente anche il
nemico: il Demonio.
Egli è pronto come
sempre ad ingannarci
per privarci, con il
nostro consenso,
dell’amore di Dio.
Ecco così che la forza
di questo mondo con le
sue difficoltà, le sue
lusinghe e le sue
sfide vengono a
mettere alla prova la
nostra buona fede. In
questo scontro spesso
si cade; ci si rialza
e si cade di nuovo; ci
si rialza ancora e
poco dopo ci si
ritrova a terra e così
via, finché ad un
certo punto si
affaccia la più
perniciosa delle
tentazioni: rinunciare
all'impresa che ormai
appare impossibile.
Quanti Cavalieri e
Dame di desiderio, che
avevano intrapreso con
fervore la salita del
monte della perfezione
cristiana, mediante i
carismi di questo
cammino, sfiduciate
per il loro continuo
cadere o il sentirsi
inadeguati, si sono
fermati a mezza
strada, anzi sono
tornati indietro
proprio perché non
hanno avuto il
coraggio di
ricominciare da capo
ogni giorno, ogni
momento la loro
battaglia spirituale.
Cari fratelli, per
avere il coraggio di
non scappare davanti
alla nostra miseria
occorre anzitutto
l’umiltà; ossia
bisogna essere
convinti che, pur
nutrendo alte
aspirazioni, siamo
uomini fallibili come
tutti gli altri. La
Sacra Scrittura
afferma che « il
giusto cadrà sette
volte e si rialzerà »
(Pro. 24, 16); come
dunque possiamo
pretendere di non
cadere noi, che giusti
non siamo?
Il vero male non sta
tanto nel cadere,
quanto nel non
risorgere. Ciò che
distingue le anime
fervorose e perfino i
santi non è l'assenza
di qualsiasi mancanza,
ma il pronto risorgere
dopo ognuna di esse.
Quella specie di
dispezzo che tante
anime provano nel
vedersi sempre a terra
non è frutto di
umiltà, ma di
orgoglio. Ciò
significa che non sono
ancora così convinte
della propria miseria
da voler contare
ancora troppo su se
stessi, e Dio, che ci
vuole condurre al
centro del nostro
nulla, per poter agire
in noi, ci lascia
cadere e ricadere.
Nel piano della divina
Provvidenza queste
cadute hanno proprio
la funzione di
persuaderci della
nostra miseria; se
vogliamo aderire al
piano divino non
abbiamo che un mezzo:
umiliarci; mentre se
invece ci scoraggiamo
e desistiamo
dall'impresa, non
facciamo che
allontanarci da esso,
con nostro danno
enorme.
Certi di noi
giustificano lo
scoraggiamento dicendo
che non possono
tollerare di offendere
Dio. Sta bene, perché
la prima condizione
richiesta per farci
santi è proprio quella
di detestare il
peccato e di essere
fermamente decisi ad
evitarlo anche nelle
forme più lievi ed a
costo di qualsiasi
sacrificio. Bisogna
però distinguere:
questa è la
disposizione sincera
che dobbiamo sempre
coltivare, per cui non
tollerare in noi la
minima offesa di Dio
significa non fare mai
pace con i difetti e
le mancanze che,
nonostante la nostra
buona volontà, ancora
ci sfuggono.
Anche quando malgrado
i nostri sforzi siamo
caduti, tale
disposizione non ci
autorizza affatto a
sgomentarci al punto
di non essere più
capaci di risorgere.
Proprio perché non
vogliamo tollerare in
noi alcuna cosa che
dispiace al Signore,
non ci arrenderemo mai
nella lotta, ma la
riprenderemo con
vigore appunto per
evitare nuove cadute.
In questo campo chi si
arrende è già vinto.
Infatti, se, pur
combattendo senza
tregua, siamo soggetti
a cadere, che cosa
avverrà quando
cederemo le armi? Sarà
sempre meglio lottare
zoppicando e con
qualche ferita che non
lottare affatto.
Noi sappiamo che le
difficoltà e gli
ostacoli, se messi
sotto l’azione
meravigliosa della
grazia, si trasforma
talvolta in aiuti e
cooperano
meravigliosamente al
bene. Siamo certi
dunque che nulla
succede a caso, che
nulla è impossibile a
Dio e che senza di lui
nulla possiamo fare di
buono. Come ci insegna
san Paolo: « …sono
sicuro che nessuna
creatura al mondo ha
il potere di
allontanarmi dal
cammino della santità
(verso la santità) ».
Nella misura che noi
sapremo essere docili
e fedeli alla grazia,
Dio ci purificherà, ci
affinerà, ci
santificherà proprio
attraverso le fatiche
del mantenere la
nostra parola data.
fra
Gianni Battini -
praeceptor
Per Mariam ad Iesum
|