SINODO DEI VESCOVI
XII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
LA PAROLA DI DIO
NELLA VITA E NELLA MISSIONE
DELLA CHIESA
INSTRUMENTUM LABORIS
Città del Vaticano
2008
INDICE
PREFAZIONE
INTRODUZIONE
I. Un
annuncio atteso e bene accolto
Dodicesima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo
II.
L’Instrumentum laboris e il suo uso
Punti di riferimento
Attese comuni
Lo scopo del Sinodo
PREMESSA: Itinerario storico
Una buona stagione
di frutti
Incertezze e domande
Una condizione di fede varia ed esigente
La struttura dell’Instrumemtum laboris
PARTE PRIMA
IL MISTERO DI DIO CHE CI PARLA
CAPITOLO
PRIMO
A. Dio
Colui che ci parla. Identità della Parola di Dio
La
Parola di Dio come canto a più voci
Incidenze pastorali
B. Al
centro, il mistero di Cristo e della Chiesa
Nel
cuore della Parola di Dio, il mistero di Cristo
Nel cuore della Parola di Dio, il mistero della
Chiesa
Incidenze pastorali
CAPITOLO
SECONDO
A. La
Bibbia come Parola di Dio ispirata e la sua verità
Le
domande
La Sacra Scrittura, Parola di Dio ispirata
Tradizione, Scrittura e Magistero
Antico e Nuovo Testamento,
una sola economia della salvezza
Incidenze pastorali
B. Come
interpretare la Bibbia secondo la fede della
Chiesa
Il
problema ermeneutico in prospettiva pastorale
In ascolto dell’esperienza
Il senso della Parola di Dio e la via per trovarlo
Incidenze pastorali
CAPITOLO
TERZO
Atteggiamento
richiesto a chi ascolta la Parola
Una
parola efficace
Il credente: colui che ascolta la Parola di Dio
nella fede
Maria modello di accoglienza della Parola per il
credente
Incidenze pastorali
PARTE SECONDA
LA PAROLA DI DIO NELLA VITA DELLA CHIESA
CAPITOLO
QUARTO
La Parola
di Dio vivifica la Chiesa
La
Chiesa nasce e vive della Parola di Dio
La Parola di Dio sostiene la Chiesa lungo tutta la
sua storia
La Parola di Dio permea e anima, nella potenza
dello Spirito Santo, tutta la vita della Chiesa
Incidenze pastorali
CAPITOLO
QUINTO
La Parola di Dio
nei molteplici servizi della Chiesa
Ministero della Parola
L’esperienza nella liturgia e nella preghiera
La motivazione teologico-pastorale:
Parola, Spirito, Liturgia, Chiesa
Parola di Dio ed Eucaristia
Parola ed economia sacramentale
Incidenze pastorali
La Lectio Divina
La Parola di Dio ed il servizio di carità
L’esegesi della Sacra Scrittura e la teologia
La Parola di Dio nella vita del credente
PARTE TERZA
LA PAROLA DI DIO NELLA MISSIONE DELLA CHIESA
La missione
della Chiesa
CAPITOLO
SESTO
Per un «largo
accesso alla Sacra Scrittura» (DV 22)
La
missione della Chiesa è proclamare la Parola
e costruire il Regno di Dio
La missione della Chiesa si compie
nell’evangelizzazione e nella catechesi
CAPITOLO
SETTIMO
La Parola di Dio
nei servizi e nella formazione
del popolo di Dio
La fame
e sete della Parola di Dio (cf. Am 8, 11):
attenzione ai bisogni del popolo di Dio
«Nella Sacra Scrittura si manifesta l’ammirabile
condiscendenza dell’eterna Sapienza» (DV 13)
I Vescovi nel ministero della Parola
Il compito dei presbiteri e dei diaconi
I vari ministri della Parola di Dio
Il compito dei laici
Il servizio delle persone consacrate
La Parola di Dio deve essere a disposizione
di tutti in ogni tempo
CAPITOLO
OTTAVO
La Parola di Dio
grazia di comunione
La
Parola di Dio vincolo ecumenico
La Parola di Dio fonte del dialogo tra cristiani
ed ebrei
Il dialogo interreligioso
La Parola di Dio fermento delle moderne culture
La Parola di Dio e la storia degli uomini
CONCLUSIONE
La Parola di Dio dono alla Chiesa
PREFAZIONE
La Parola di
Dio per eccellenza è Gesù Cristo, uomo e Dio. Il
Figlio eterno è la Parola che da sempre esiste in
Dio, perché essa stessa è Dio:
«In principio era il Verbo e il Verbo era presso
Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1, 1). La Parola
rivela il mistero di Dio Uno e Trino. Da sempre
pronunciata da Dio Padre nell’amore dello Spirito
Santo, la Parola significa il dialogo, descrive la
comunione, introduce nella profondità della vita
beata della Santissima Trinità. In Gesù Cristo,
Verbo eterno, Dio ci ha scelti prima della
creazione del mondo, predestinandoci a essere suoi
figli adottivi (cf. Ef 1, 4-5). Mentre lo
Spirito aleggiava sulle acque e le tenebre
ricoprivano l’abisso (cf. Gen 1, 2), Dio
Padre decise di creare il cielo e la terra tramite
la Parola, per mezzo della quale è stato fatto
tutto ciò che esiste (cf. Gv 1, 3).
Pertanto, le tracce della Parola si trovano anche
nel mondo creato: «i cieli narrano la gloria
di Dio e l’opera delle sue mani annunzia il
firmamento» (Sal 18, 2). Il capolavoro della
creazione è l’uomo, fatto a immagine e somiglianza
di Dio (cf. Gen 1, 26-27), in grado di
entrare in dialogo con il Creatore come pure di
percepire nella creazione il sigillo del suo
Autore, il Verbo creatore, e per mezzo dello
Spirito vivere nella comunione con colui che è (cf.
Es 3, 14), con il Dio vivente e vero (cf.
Ger 10, 10).
Tale
amicizia fu interrotta con il peccato dei
progenitori (cf.
Gen 3, 1-24)
che offuscò pure l’accesso a Dio per mezzo della
creazione. Dio, clemente e misericordioso (cf. 2
Cr 30, 9), nella sua bontà non abbandonò
gli uomini. Scelse un popolo in favore di tutte le
nazioni (cf. Gen 22, 18) e continuò a
parlargli durante i secoli per mezzo dei
patriarchi e dei profeti, uomini prescelti per
mantenere viva la speranza che offriva
consolazione anche negli eventi drammatici della
storia della salvezza. Le loro parole ispirate
sono raccolte nei libri dell’Antico Testamento.
Esse hanno mantenuta viva l’attesa della venuta
del Messia, figlio di Davide (cf. Mt 22,
42), virgulto dalla radice di Iesse (cf. Is
11, 1).
Quando poi
nella pienezza del tempo (cf.
Gal 4, 4) Dio volle svelare agli uomini il
mistero della sua vita, nascosto da secoli e da
generazioni (cf. Col 1, 26), il Figlio
Unigenito di Dio si incarnò, «il Verbo si fece
carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,
14). In tutto simile a noi eccetto nel peccato (cf.
Eb 2, 17; 4, 15), il Verbo di Dio dovette
esprimersi in modo umano tramite parole e gesti
che sono narrati nel Nuovo Testamento e specie nei
Vangeli. Si tratta di un linguaggio in tutto
simile a quello degli uomini, eccetto nell’errore.
Con gli occhi della fede, nella fragilità della
natura umana di Gesù Cristo, il credente scopre lo
splendore della sua gloria «come di unigenito
dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Gv 1,
14). Analogicamente, per mezzo delle parole della
Sacra Scrittura, il cristiano è invitato a
scoprire la Parola di Dio, lo splendore del
glorioso vangelo di Cristo che è immagine di Dio (cf.
2 Cor 4, 4). Si tratta di un processo esigente,
paziente e costante che presuppone uno studio
storico e critico (anche diacronico) e
l’applicazione di tutti i possibili metodi
scientifici e letterari (tesi alla comprensione
sincronica) a cui è sottoposta ogni ricerca sulle
scritture degli uomini. Illuminati dallo Spirito
Santo, dono del Signore risorto, e sotto la guida
del Magistero, i fedeli scrutano le Scritture e si
avvicinano al loro pieno significato incontrando
la Parola di Dio, la persona del Signore Gesù,
colui che ha parole di vita eterna (cf. Gv
6, 68).
Pertanto il
tema della XII Assemblea Generale Ordinaria del
Sinodo dei Vescovi La Parola di Dio nella vita e nella missione Chiesa potrebbe essere
inteso in senso cristologico: Gesù Cristo
nella vita e nella missione della Chiesa.
L’approccio cristologico è necessariamente
accompagnato da quello pneumatologico i quali
insieme portano alla scoperta della dimensione
trinitaria della rivelazione. Tale lettura
assicura, da una parte, l’unità della rivelazione
in quanto il Signore Gesù, Parola di Dio, riunisce
tutte le parole e i gesti riportati nella Sacra
Scrittura da autori ispirati e fedelmente
custoditi nella Tradizione. Ciò vale non solamente
per il Nuovo Testamento che narra e proclama il
mistero della morte, della resurrezione e della
presenza del Signore Gesù in mezzo alla Chiesa,
comunità dei suoi discepoli convocati a celebrare
i santi misteri. Essi, permettendo alla grazia di
distruggere il peccato (cf. Rm 6, 6)
cercano di conformarsi al loro Maestro affinché in
ognuno di essi possa vivere Cristo (cf. Gal
2, 20). Simile lettura riguarda anche l’Antico
Testamento che pure, secondo la parola di Gesù,
gli rende testimonianza (cf. Gv 5, 39;
Lc 24, 27). Dall’altra parte, la lettura
cristologica della Scrittura, insieme con quella
pneumatologica, permette l’ascesa dalla lettera
allo spirito, dalle parole alla Parola di Dio.
Infatti, le parole non poche volte nascondono il
vero significato, proprio dei generi letterari,
della cultura degli scrittori ispirati, del modo
di concepire il mondo e le sue leggi. Pertanto, è
necessario riscoprire nella moltiplicità delle
parole l’unità della Parola di Dio che dopo tale
dovuto e impegnativo percorso risplende con uno
splendore inatteso che supera di molto la fatica
della ricerca.
Tale doppio
e complementare accesso alla Parola di Dio è
raccolto nell’Instrumentum
laboris, documento di lavoro della prossima
Assemblea sinodale. Esso è il risultato delle
risposte ai Lineamenta, documento di
riflessione da parte dei Sinodi delle Chiese
Orientali Cattoliche sui iuris, delle
Conferenze Episcopali, dei Dicasteri della Curia
Romana, dell’Unione dei Superiori Generali, come
pure di persone che hanno voluto apportare il loro
contributo alla riflessione ecclesiale su tale
importante argomento. La riflessione è stata
guidata dal Santo Padre Benedetto XVI, Pastore
universale della Chiesa, che si è riferito in
numerosi interventi al tema dell’assise sinodale,
auspicando, tra l’altro, che dalla riscoperta
della Parola di Dio, la quale è sempre attuale e
mai invecchia, la Chiesa possa ringiovanire e
conoscere una nuova primavera. In tale modo potrà
svolgere con rinnovato dinamismo la sua missione
di evangelizzazione e di promozione umana nel
mondo contemporaneo che ha sete di Dio e della sua
parola di fede, di speranza e di carità.
Il testo
dell’Instrumentum
laboris contiene un mosaico in cui prevalgono
aspetti positivi per quanto riguarda la coscienza
diffusa dell’importanza della Parola di Dio nella
vita e nella missione della Chiesa. Vi sono
segnalati anche aspetti che dovrebbero essere
migliorati e integrati, soprattutto per quanto
riguarda un maggiore accesso alla Scrittura e una
sua migliore intelligenza ecclesiale, che non
potranno non sbocciare in un rinnovato zelo
apostolico e pastorale, nell’annunzio della Buona
Notizia ai vicini e ai lontani e nell’animazione
delle realtà terrene, contribuendo alla
costruzione di un mondo più giusto e pacifico.
È da sperare
che l’Instrumentum
laboris, redatto dall’XI Consiglio Ordinario
della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi,
con l’aiuto di alcuni esperti, possa rappresentare
un valido documento di riflessione sinodale. Esso
potrà guidare i padri sinodali sulla via
discendente ed ascendente nella riscoperta della
Parola di Dio cioè di Gesù Cristo, uomo e Dio. Ciò
accade in modo particolare nelle celebrazioni
liturgiche che raggiungono il culmine
nell’Eucaristia ove la parola dimostra la sua
miracolosa efficacia. Infatti, per espressa
volontà di Gesù Cristo «fate questo in memoria
di me» (Lc 22, 19), le parole
pronunciate dal sacerdote in persona Christi
capitis: «prendete, questo è il mio corpo» (Mc
14, 22), «questo è il mio sangue» (Mc 14,
24) trasformano, per l’azione dello Spirito Santo,
donato dal Padre, il pane nel corpo e il vino nel
sangue del Signore risorto. Da questa perpetua
fonte di grazia e di carità, la Chiesa trae
costantemente la linfa vitale e lo slancio per la
sua missione nel mondo contemporaneo i cui
abitanti sono chiamati a scoprire nella persona di
Gesù Cristo la Parola di Dio che è «la via, la
verità e la vita» (Gv 14, 6) per ognuno e per
tutta l’umanità.
+ Nikola Eterović
Arcivescovo titolare di Sisak
Segretario Generale
Vaticano,
nella Solennità di Pentecoste, 11 maggio 2008
INTRODUZIONE
«Ciò che era
fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò
che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che
noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani
hanno toccato, ossia il Verbo della vita, poiché
la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta
e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la
vita eterna, che era presso il Padre e si è resa
visibile a noi, quello che abbiamo veduto e udito,
noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi
siate in comunione con noi. La nostra comunione è
col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste
cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia
perfetta»
(1 Gv 1, 1-4).
I. Un annuncio
atteso e bene accolto
Dodicesima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo
1. La prossima
XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei
Vescovi, che si terrà dal 5 al 26 ottobre 2008, ha
per tema La Parola di Dio nella vita e nella
missione della Chiesa. L’argomento scelto da
Sua Santità Benedetto XVI il 6 ottobre 2006, è
stato accolto con largo consenso da parte
dell’Episcopato e del popolo di Dio. Ad orientare
la preparazione specifica sono stati approntati i
Lineamenta, con l’intento di riflettere,
alla luce del Concilio Ecumenico Vaticano II,
sull’esperienza che della Parola fa oggi la Chiesa
nella varietà delle tradizioni e dei riti,
richiamando le motivazioni della fede e stimolando
una riflessione articolata su diversi aspetti
dell’incontro con la Parola di Dio.
Ai
Lineamenta e al relativo Questionario
sono pervenute risposte dalle Chiese Orientali
Cattoliche sui iuris, dalle Conferenze Episcopali,
dai Dicasteri della Curia Romana e dall’Unione dei
Superiori Generali, e osservazioni da parte di
Vescovi, sacerdoti, persone consacrate, teologi e
fedeli laici. Si può affermare che la
partecipazione è stata grande ed accurata da parte
delle Chiese particolari in tutti i continenti,
testimoniando che veramente la Parola di Dio si
estende in tutto il mondo. I diversi pareri sono
stati raccolti e opportunamente sintetizzati in
questo Instrumentum laboris.
II. L’
Instrumentum laboris e il suo uso
Punti di
riferimento
2. L’ascolto
obbediente alla Parola di Dio viene riaffermato in
comunione con tutta la Tradizione della Chiesa, in
modo particolare con il Concilio Vaticano II, e
più precisamente con la Costituzione Dogmatica
sulla Divina Rivelazione
Dei Verbum (DV), in sintonia con gli altri
documenti conciliari, segnatamente con le
Costituzioni Dogmatiche sulla Sacra Liturgia
Sacrosanctum Concilium (SC) e sulla Chiesa
Lumen gentium (LG), e con la Costituzione
pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo
Gaudium et spes (GS)(1). Attinenti
direttamente al tema sinodale sono le due Note
della Pontificia Commissione Biblica,
L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa e
Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture
nella Bibbia cristiana. Si accompagnano, con
la propria autorevolezza, il
Catechismo della Chiesa Cattolica e il
Compendio del medesimo, come pure il
Direttorio generale per la catechesi.
Specifica
attenzione va data al magistero sulla Parola di
Dio da parte dei Papi Pio XII, Paolo VI, Giovanni
Paolo II e Benedetto XVI, come pure ai documenti
di Dicasteri della Curia Romana in questo
quarantennio postconciliare. Vi sono poi i testi
sulla Parola di Dio nelle Chiese particolari e in
altri organismi ecclesiali continentali, regionali
e nazionali. Ma il Sinodo ha due altri punti di
riferimento. Il primo è dato dal precedente
Sinodo sull’Eucaristia, cui la Parola di Dio
si coniuga costituendo un’unica mensa del Pane di
vita (cf. DV 21).Vi è poi un altro importante
evento di grazia da cui il Sinodo è animato nei
suoi lavori: esso si svolge durante l’Anno
Paolino, nella viva memoria dell’Apostolo che
della Parola di Dio fu testimone ed annunciatore
esemplare, maestro permanente nella Chiesa.
Attese
comuni
3. Dai
contributi dei Pastori si notano molti punti in
comune che esprimono ciò che si attende dal
Sinodo. Tra i richiami comuni emergono:
- la necessità
del primato da dare alla Parola di Dio nella vita
e nella missione della Chiesa, ma insieme si
richiede il coraggio e la creatività di una
pedagogia della comunicazione adatta ai tempi
(cultura, contesti di vita attuali,
comunicazione);
- l’invito a
riconoscere che la Parola di Dio è Gesù Cristo e
questo comporta una lettura dell’intera Bibbia
considerata nel suo mistero in modo privilegiato
nella celebrazione liturgica, in particolare
nell’Eucaristia domenicale;
- la
proclamazione che lo Spirito Santo conduce alla
comprensione completa della Parola di Dio,
dandocene l’intelligenza e animando la lettura
della Bibbia nella Chiesa, nella sua vivente
Tradizione di annuncio e di carità, sicché
l’ascolto della Parola di Dio e ogni lettura della
Bibbia richiedono l’appartenenza alla comunità
della Chiesa con atteggiamento di comunione e di
servizio;
- la certezza
che la Bibbia è rivelazione della Parola di Dio,
pur con le tante difficoltà per la sua
comprensione, specie nell’Antico Testamento;
- il grande
desiderio dei fedeli di ascoltare la Parola di
Dio, cui si risponde con notevoli iniziative
pastorali, ma si avverte anche il bisogno urgente
di superare indifferenza, ignoranza e confusione
sulle verità della fede circa la Parola di Dio,
impreparazione, carenza di sussidi biblici;
- la necessità
di una pastorale biblica, ma anche un’animazione
biblica dell’intera pastorale, che comprenda
l’insegnamento di tutte le verità della fede;
- la necessaria
comunione nella fede e pratica della Parola di
Dio, ma insieme si chiede che le singole Chiese
particolari assumano il compito di accogliere la
Parola in relazione alla loro peculiare
situazione;
- i differenti
approcci alla Bibbia nella Tradizione latina e
nella Tradizione orientale, rilevando che vanno
opportunamente fatte conoscere e considerate come
ricchezza;
- la competenza
e responsabilità dei Pastori nei confronti
dell’annuncio della Parola di Dio, che richiede un
loro continuo aggiornamento formativo;
- l’urgenza che
il laicato non sia solo soggetto passivo, ma
diventi tanto uditore della Parola di Dio quanto
annunciatore debitamente preparato, sostenuto
dalla comunità;
- la certezza che Dio rivolge la sua Parola di
salvezza ad ogni uomo, a partire dai più poveri, e
quindi egli vuole che la sua Parola sia portata
nella missione, sia cioè fatta conoscere a tutti i
popoli come Buona Notizia di liberazione, di
consolazione e di salvezza, cercando il dialogo
all’interno delle Chiese e comunità cristiane e
con le altre religioni, ancora più con le tante
culture, non dimenticando i molti semi di verità
deposti in esse dalla provvidenza di Dio.
Lo scopo
del Sinodo
4. Scopo
primario del Sinodo è dedicarsi al tema della
Parola con la quale «Dio invisibile (cf. Col
1, 15; 1 Tim 1, 17) nel suo grande amore
parla agli uomini come ad amici (cf. Es 33,
11; Gv 15, 14-15) e si intrattiene
con essi (cf. Bar 3, 38), per invitarli ed
ammetterli alla comunione con sé» (DV 2). Ciò
comporta l’ascolto e l’amore della Parola del
Signore che è in consonanza con la vita concreta
delle persone del nostro tempo. La Parola di Dio
determina una chiamata, crea comunione, manda in
missione, perché sia dono per gli altri ciò che si
è ricevuto per sé. È dunque uno scopo
eminentemente pastorale e missionario:
approfondire le ragioni dottrinali e lasciarsi
illuminare da esse significa estendere e
rafforzare la pratica di incontro con la Parola di
Dio come fonte di vita nei diversi ambiti
dell’esperienza e così, attraverso vie giuste e
agevoli, poter ascoltare Dio e parlare con Lui.
a.
Concretamente, il Sinodo si propone, tra i
suoi obiettivi, di aiutare a chiarire maggiormente
quegli aspetti fondamentali della verità sulla
Rivelazione, quali: Parola di Dio, fede,
Tradizione, Bibbia, Magistero, che motivano e
garantiscono un valido ed efficace cammino di
fede; di stimolare l’amore profondo per la Sacra
Scrittura, affinché «i fedeli abbiano largo
accesso» ad essa (cf. DV 22), rilevando
l’unità tra il pane della Parola e del Corpo di
Cristo, per nutrire pienamente la vita dei
cristiani(2). Inoltre è necessario richiamare
l’indissolubile circolarità tra Parola di Dio e
liturgia; sollecitare ovunque l’esercizio della
Lectio Divina, debitamente adattata alle varie
circostanze; offrire al mondo dei poveri una
parola di consolazione e di speranza. Questo
Sinodo, quindi, mira a cooperare per un corretto
esercizio ermeneutico della Scrittura, orientando
bene il necessario processo di evangelizzazione ed
inculturazione; intende incoraggiare il dialogo
ecumenico, strettamente vincolato all’ascolto
della Parola di Dio; vuole favorire il dialogo
ebraico-cristiano, più ampiamente il dialogo
interreligioso ed interculturale.
b. Un desiderio di
molti Pastori è che il contributo finale del
Sinodo non sia solo informativo, ma tocchi la
vita, provochi partecipazione, per cui la Parola
di Dio appaia viva, efficace, penetrante (cf.
Eb 4, 12) attraverso un linguaggio
essenziale e comprensibile alla gente. E a questo
proposito conviene rammentare che i termini
Bibbia, Sacra Scrittura, Libro Sacro hanno lo
stesso significato e dal contesto si comprenderà
quando anche l’espressione “Parola di Dio” assuma
il senso di “Sacra Scrittura”.
PREMESSA
Itinerario storico
“Segni dei tempi”.
Ad un quarantennio dal Concilio
«La Parola del Signore si diffonda e sia
glorificata» (2 Ts 3, 1)
Una buona
stagione di frutti
5. La Parola di
Dio ha prodotto vari risultati positivi
nella comunità cristiana. Sul piano oggettivo e
generale emergono questi aspetti:
- il
sostanziale rinnovamento biblico in ambito
liturgico, catechistico e, più a monte, esegetico
e teologico;
- la pratica
incipiente ma fruttuosa della Lectio Divina
con modalità diverse;
- la diffusione
del Libro Sacro tramite l’apostolato biblico e lo
slancio di comunità, gruppi e movimenti
ecclesiali;
- il numero
sempre maggiore di nuovi lettori e ministri della
Parola di Dio;
- la
disponibilità crescente di strumenti e sussidi
dell’odierna comunicazione;
- l’interesse
per la Bibbia in ambito culturale.
Incertezze e domande
6. Ma altri
aspetti rimangono ancora aperti e problematici.
Sempre restando su un piano oggettivo di dati si
registrano un po’ ovunque nelle Chiese locali
queste lacune:
- la
Dei Verbum come tale è poco conosciuta;
- si constata
una maggiore familiarità con la Bibbia, ma una non
sufficiente conoscenza dell’intero deposito di
fede cui appartiene la Bibbia;
- quanto all’Antico Testamento è diffusa la
difficoltà di comprensione e di accoglienza con il
rischio di un uso non corretto;
- l’approccio
liturgico alla Parola di Dio nella Messa lascia
sovente a desiderare;
- un nodo
delicato e sofferto riguarda il rapporto tra
Bibbia e scienza nell’interpretazione del mondo e
della vita umana;
- in ogni caso
resta un certo distacco dei fedeli dalla Bibbia,
la cui frequentazione non si può dire esperienza
generalizzata;
- si richiama
la necessità di considerare lo stretto legame tra
insegnamenti morali e Sacra Scrittura, nella sua
pienezza, facendo riferimento in particolare ai
Dieci Comandamenti, al precetto dell’amore di Dio
e del prossimo, come pure al discorso della
Montagna, all’insegnamento paolino sulla vita
nello Spirito.
- si deve
aggiungere, infine, una duplice povertà quanto ai
mezzi materiali nel diffondere la Bibbia e quanto
alle forme di comunicazione che appaiono sovente
inadeguate.
Una
condizione di fede varia ed esigente
7. Dando uno
sguardo alla condizione di fede dentro
questo quadro di luci e ombre, dai contributi dei
Pastori si evidenziano notevoli punti di
riflessione, che si possono raccogliere in tre
livelli: personale, comunitario e sociale.
a. A livello
delle persone. Bisogna tenere conto del fatto
che troppi fedeli esitano ad aprire la Bibbia per
varie ragioni, specialmente per la sensazione che
sia un Libro troppo difficile da comprendere. In
tanti cristiani il desiderio intenso di
ascoltare la Parola di Dio si realizza in una
esperienza più emotiva che convinta, a causa della
scarsa conoscenza della dottrina. Questa frattura
tra verità di fede ed esperienza di vita si
avverte soprattutto nell’incontro liturgico con la
Parola di Dio. Si aggiunga a ciò una certa
separazione degli studiosi dai Pastori e dalla
gente semplice delle comunità cristiane. In
secondo luogo si deve riconoscere che il rapporto
diretto con la Scrittura è vissuto da tanti in
maniera iniziale. A questo proposito peculiare
testimonianza viene data dai movimenti, mentre un
ruolo trainante va riconosciuto alle persone
consacrate.
b. A livello
comunitario. Non va dimenticato che, se la
Parola di Dio ha ascoltatori appassionati in tutto
il mondo, significative sono le differenze
all’interno della Chiesa. Si potrebbe
affermare che nelle Chiese locali di origine più
recente o in situazione di minoranza numerica
l’uso della Bibbia tra i fedeli è più ampio che
altrove. Diverse sono poi le forme di approccio
secondo i contesti, sicché oggi possiamo parlare
di un approccio biblico differenziato in Europa,
in Africa, in Asia, in America, in Oceania. Resta
poi sempre la differenza complementare dell’uso
della Parola di Dio nelle Chiese latina e
orientali e in rapporto alle altre Chiese e
comunità ecclesiali.
c. A livello
sociale. Il processo di globalizzazione,
estendendosi rapidamente, coinvolge anche la
Chiesa. Tre fattori, ampiamente richiamati nelle
risposte, fanno da contesto all’incontro con la
Sacra Scrittura:
- la
secolarizzazione che determina una condizione
di vita facilmente esposta alla deriva del
secolarismo consumistico, al relativismo e alla
indifferenza religiosa, specialmente nelle giovani
generazioni;
- il
pluralismo religioso e culturale con
l’insorgenza di forme gnostiche ed esoteriche
nell’interpretazione della Sacra Scrittura e di
gruppi religiosi a sé stanti all’interno della
Chiesa cattolica. Si sviluppano, inoltre,
confronti non facili e conflitti dolorosi, specie
per minoranze cristiane in ambito non cristiano a
proposito dell’uso della Bibbia;
- l’aspirazione
assai sentita ad esprimere la Parola di Dio
come liberazione della persona da condizioni
disumane e come conforto concreto per i poveri e i
sofferenti.
Nel quadro
della nuova evangelizzazione, la trasmissione
della fede deve coniugarsi con la scoperta in
profondità della Parola di Dio. È augurabile che
la Parola di Dio sia presentata come sostegno
della fede della Chiesa lungo i secoli.
La
struttura dell’Instrumentum laboris
8. La struttura
si articola in tre parti:
la prima parte mette a fuoco l’identità
della Parola di Dio secondo la fede della Chiesa;
la seconda parte considera la Parola di
Dio nella vita della Chiesa;
la terza parte riflette sulla Parola di
Dio nella missione della Chiesa.
Ogni parte è
suddivisa in capitoli che rendono più sciolta e
chiara la lettura. In sintesi, questo mistero
grande della Parola di Dio, suo dono supremo, il
Sinodo intende meditare, proporre e per esso
rendere grazie.
PARTE PRIMA
IL MISTERO DI DIO
CHE CI PARLA
«Dio, che
aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e
in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti,
ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi
per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di
tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche
il mondo»
(Eb 1, 1-2).
Dai contributi
dei Pastori sono richiamati alcuni temi teologici
più significativi per l’azione pastorale, quali
l’identità della Parola di Dio; il mistero di
Cristo e della Chiesa centro della Parola di Dio;
la Bibbia come Parola ispirata e la sua verità;
l’interpretazione della Bibbia secondo la fede
della Chiesa; il giusto atteggiamento di ascolto
della Parola di Dio.
CAPITOLO PRIMO
A. Dio Colui che
ci parla. Identità della Parola di Dio
«Dio parla agli uomini come ad amici» (DV
2)
La
Dei Verbum propone una teologia dialogica
della rivelazione. In tale dialogo, tre aspetti
sono strettamente congiunti: l’ampiezza di
significato che nella Rivelazione divina assume il
termine “Parola di Dio”; il mistero di Cristo
espressione piena e perfetta della Parola di Dio;
il mistero della Chiesa, sacramento della Parola
di Dio.
La Parola
di Dio come canto a più voci
9. La Parola di
Dio è come un canto a più voci, in quanto Dio la
pronuncia in molte forme e in diversi modi (cf.
Eb 1, 1), entro una lunga storia e con
diversità di annunciatori, ma dove appare una
gerarchia di significati e di funzioni.
a. La Parola di
Dio ha per patria la Trinità, da cui proviene, da
cui è sorretta e a cui ritorna, testimonianza
permanente dell’amore del Padre, dell’opera di
salvezza del Figlio Gesù Cristo, dell’azione
feconda dello Spirito Santo. Alla luce della
Rivelazione, la Parola è il Verbo eterno di Dio,
la seconda persona della Santissima Trinità, il
Figlio del Padre, fondamento della comunicazione
intratrinitaria e ad extra: «In principio era
il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era
Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è
stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui
niente è stato fatto di tutto ciò che esiste»
(Gv 1, 1-3; cf. Col 1, 16).
b. Perciò il
mondo creato narra la gloria di Dio (cf.
Sal 19, 1). All’inizio del tempo, con la sua
Parola Dio crea il cosmo (cf. Gn 1, 1),
ponendo nella creazione il sigillo della sua
sapienza, per cui tutto è sua voce (cf. Sir
46, 17; Sal 68, 34). È la persona umana
in particolare, perché creata ad immagine e
somiglianza di Dio (cf. Gn 1, 26), che resta per
sempre segno inviolabile ed interprete
intelligente della sua Parola. Dalla Parola di
Dio, infatti, la persona riceve la capacità per
entrare in dialogo con Lui e con la creazione.
Sicché Dio ha reso l’intera creazione, e la
persona in primis, «una testimonianza
perenne di sé» (DV 3). Dato che «tutte le cose
sono state create per mezzo di lui (Cristo) e in
vista di lui [...] e tutte sussistono in lui» (Col
1, 16-17), «“germi del Verbo” (AG 11.15), “raggi
della verità che illumina tutti gli uomini” (NA 2)
[...] si trovano nelle persone e nelle tradizioni
religiose dell’umanità»(3).
c. «Il Verbo
si fece carne» (Gv 1, 14): Parola di
Dio, ultima e definitiva è Gesù Cristo, la
sua persona, la sua missione, la sua storia,
intimamente unite, secondo il piano del Padre, che
culmina nella Pasqua ed ha il suo compimento
quando Gesù consegnerà il Regno al Padre (cf. 1
Cor 15, 24). Egli è il Vangelo di Dio ad ogni
persona umana (cf. Mc 1, 1).
d. In vista
della Parola di Dio che è il Figlio incarnato, il
Padre ha parlato nei tempi antichi per mezzo dei
profeti (cf. Eb 1, 1) e in forza dello
Spirito gli Apostoli continuano l’annuncio di Gesù
e del suo Vangelo. Così, la Parola di Dio è
espressa con parole umane nell’annuncio dei
profeti e degli Apostoli.
e. La Sacra
Scrittura, fissando per divina ispirazione i
contenuti rivelati, attesta, in maniera autentica,
di essere veramente Parola di Dio (cf. DV 24), del
tutto orientata a Gesù, perché «sono proprio
esse (le Scritture) che mi rendono
testimonianza» (Gv 5, 39). Per il
carisma dell’ispirazione i libri della Sacra
Scrittura hanno una forza di appello diretto e
concreto, che non hanno altri testi o interventi
umani.
f. Ma la Parola
di Dio non resta chiusa nello scritto. Se,
infatti, la Rivelazione si è conclusa con la morte
dell’ultimo apostolo (cf. DV 4), la Parola
rivelata continua ad essere annunciata ed
ascoltata nella storia della Chiesa, che si
impegna a proclamarla al mondo intero per
rispondere al suo bisogno di salvezza. Così la
Parola continua la sua corsa nella predicazione
viva, che abbraccia le diverse forme di
evangelizzazione, in cui eccellono l’annuncio e
la catechesi, la celebrazione liturgica e il
servizio della carità. La predicazione, nel
senso ora detto, sotto la potenza dello Spirito
Santo, è Parola del Dio vivo comunicata a persone
vive.
g. Entrano
nell’ambito della Parola di Dio, come frutto dalle
radici, le verità di fede della Chiesa in campo
dogmatico e morale.
Da questo
quadro si può comprendere che quando si annuncia
nella fede la rivelazione di Dio si compie un
evento rivelatorio che si può chiamare veramente
Parola di Dio nella Chiesa.
Incidenze
pastorali
10. Qui sono
richiamate le tante incidenze pastorali,
cui si collegano molte risposte provenienti dalle
Chiese particolari.
- Alla Parola
di Dio vanno riconosciute tutte le qualità di una
vera comunicazione interpersonale, dalla Bibbia
spesso designata come dialogo di alleanza, per cui
Dio e la persona si parlano come membri della
stessa famiglia.
- In questa
prospettiva la religione cristiana non si può
definire “religione del Libro” in termini
assoluti, in quanto il Libro ispirato appartiene
vitalmente all’intero corpo della Rivelazione (4).
- Il mondo
creato è manifestazione della Parola di Dio e la
vita e la storia umana la contengono come in
germe. In quest’ottica emergono questioni oggi
rilevanti, richiamate da molti contributi dei
Pastori sulla legge naturale, sulla origine del
mondo, sulla questione ecologica.
- Conviene
certamente riprendere la bella nozione di “storia
della salvezza” (historia salutis), così
cara ai Padri della Chiesa e diventata
tradizionalmente “Storia sacra”. Occorre far
percepire tutto ciò che implica la “religione del
Verbo incarnato”, cioè la Parola di Dio che non è
cristallizzata in formule astratte e statiche, ma
conosce una storia dinamica fatta di persone e di
eventi, di parole e di azioni, di sviluppi e
tensioni, come appare chiaramente nella Bibbia. La
historia salutis, conclusa per quanto
riguarda la fase costitutiva, continua la sua
efficacia ora nel tempo della Chiesa.
- La totalità
della Parola di Dio è assicurata da tutti gli atti
che la esprimono, secondo il ruolo di ciascuno.
Viene subito alla mente, per la sua forza, il
fatto che la Sacra Scrittura è l’ambito vitale
della Chiesa. E d’altra parte è necessario che
tutti i momenti del ministero della Parola di Dio
siano in reciproca e armonica interazione. Tra
questi segni hanno un ruolo fondamentale
l’annuncio, la catechesi, la liturgia e la
diaconia.
- Sarà compito
dei Pastori aiutare i fedeli ad avere questa
visione armonica della Parola, evitando forme
erronee o riduttive o ambigue di comprensione e
abilitandoli a diventare attenti uditori della
Parola ovunque risuoni e a gustare anche le più
semplici parole della Bibbia.
B. Al centro, il
mistero di Cristo e della Chiesa
«Nei giorni nostri, Dio ha parlato a noi per
mezzo del Figlio» (Eb 1, 2)
Nel cuore
della Parola di Dio, il mistero di Cristo
11. I cristiani
per lo più avvertono la centralità della persona
di Gesù Cristo nella Rivelazione di Dio. Ma non
sempre sanno cogliere le ragioni di tale
importanza, né capiscono in che senso Gesù è il
cuore della Parola di Dio e, quindi, anche della
Bibbia faticano a fare una lettura cristiana. Di
questo parlano quasi tutte le risposte degli
Organismi consultati, sollecitati dalla doppia
preoccupazione di evitare gli equivoci di una
lettura superficiale e frammentata della
Scrittura, ma soprattutto di indicare la strada
sicura per entrare nel Regno di Dio ed ereditare
la vita eterna. Infatti «questa è la vita
eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e
colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv
17, 3). Questo rapporto sostanziale tra la Parola
di Dio e il mistero di Cristo si configura così
nella Rivelazione come annuncio e poi nella storia
della Chiesa come approfondimento inesauribile.
Di tale
rapporto si citano qui soltanto alcuni riferimenti
teologici essenziali di evidente incidenza
pastorale.
- Sempre alla
luce della
Dei Verbum, si ricorderà che Dio ha
realizzato un piano del tutto gratuito: «mandò suo
Figlio [...] affinché dimorasse tra gli uomini e
ad essi spiegasse i segreti di Dio (cf. Gv
1, 1-18). Gesù Cristo, dunque, Verbo fatto carne,
[...] “proferisce le parole di Dio” (Gv
3, 34) e porta a compimento l’opera di salvezza
affidatagli dal Padre (cf. Gv 5, 36; 17,
4)» (DV 4). Sicché Gesù nella sua vita terrena e
ora celeste assume e realizza tutto il fine, il
senso, la storia e il progetto della Parola di Dio
perché, come recita Sant’Ireneo, Cristo «ci ha
recato ogni novità portandoci se stesso»(5).
- Il progetto
di Dio prevede una storia nella rivelazione. Come
afferma l’autore della Lettera agli Ebrei: «Dio,
che aveva già parlato nei tempi antichi molte
volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei
profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato
a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,
1-2). Vuol dire che in Gesù la Parola di Dio
assume i significati che egli ha dato alla sua
missione: ha per scopo di far entrare nel Regno di
Dio (cf. Mt 13, 1-9); si manifesta nelle
sue parole ed opere; esprime la sua potenza nei
miracoli; ha il compito di animare la missione dei
discepoli, sostenendoli nell’amore a Dio e al
prossimo e nella cura dei poveri; rivela la sua
piena verità nel mistero pasquale, in attesa dello
svelamento totale; ed ora guida la vita della
Chiesa nel tempo.
- Ma è anche
vero che la Parola di Gesù deve essere compresa,
come lui stesso diceva, secondo le Scritture (cf.
Lc 24, 44-49), ossia nella storia del
popolo di Dio dell’Antico Testamento, che lo ha
atteso come Messia, e ora nella storia della
comunità cristiana, che lo annuncia con la
predicazione, lo medita con la Bibbia, ne
sperimenta l’amicizia e la guida. San Bernardo
afferma che sul piano dell’Incarnazione della
Parola, Cristo è il centro di tutte le Scritture.
La Parola di Dio, già udibile nella prima
alleanza, è diventata visibile in Cristo(6).
- Non si può
dimenticare che «tutte le cose sono state
create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col
1, 16). Gesù assume una centralità cosmica, è il
re dell’universo, colui che dona senso ultimo a
tutta la realtà. Se la Parola di Dio è come un
canto a più voci, la sua chiave interpretativa,
per l’ispirazione dello Spirito Santo, è Cristo
nella globalità del suo mistero. «La Parola di
Dio, che era in principio presso Dio, non è, nella
sua pienezza, una molteplicità di parole; essa non
è molte parole, ma una sola Parola che abbraccia
un gran numero di idee di cui ciascuna è una parte
della Parola nella sua totalità [...]. E se il
Cristo ci rimanda alle “Scritture”, come quelle
che gli rendono testimonianza, considera i libri
della Scrittura un unico rotolo, perché tutto ciò
che è stato scritto di lui è ricapitolato in un
solo tutto»(7).
Nel cuore
della Parola di Dio, il mistero della Chiesa
12. La Chiesa
nel suo essere mistero del Corpo di Gesù si trova
ad avere nella Parola l’annuncio della sua
identità, la grazia della sua conversione, il
mandato della sua missione, la fonte della sua
profezia e la ragione della sua speranza. Essa è
costituita intimamente dal dialogo con lo Sposo e
resa destinataria e testimone privilegiata della
Parola amorosa e salvifica di Dio. Appartenere
sempre di più a questo “mistero” che fa la Chiesa
è l’esito giusto dell’ascolto della Parola di Dio,
perciò l’incontro continuo con essa è causa del
suo rinnovamento e sorgente di «una nuova
primavera spirituale»(8).
D’altra parte
la viva coscienza di appartenere alla Chiesa,
Corpo di Cristo, sarà effettiva nella misura in
cui si potranno articolare in maniera coerente i
diversi rapporti con la Parola di Dio: una Parola
annunciata, una Parola meditata e studiata, una
Parola pregata e celebrata, una Parola vissuta e
propagata. Per questa ragione nella Chiesa la
Parola di Dio non è deposito inerte, ma diventa
regola suprema della fede e potenza di vita,
progredisce con l’assistenza dello Spirito Santo e
cresce con la riflessione e lo studio dei
credenti, l’esperienza personale di vita
spirituale e la predicazione dei Vescovi (cf. DV
8; 21). Lo testimoniano, in particolare, gli
uomini di Dio, che hanno abitato la Parola(9). È
evidente che la prima missione della Chiesa è
quella di trasmettere la Parola divina a tutti gli
uomini. La storia attesta che ciò è avvenuto e
continua ad avvenire oggi, dopo tanti secoli, tra
diversi ostacoli, ma anche con feconda vitalità.
Oggetto di
permanente riflessione e di fedele attuazione sono
le parole iniziali della
Dei Verbum: «In religioso ascolto della
Parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia» (DV
1). Esse riassumono in sé l’essenza della Chiesa
nella sua duplice dimensione di ascolto e di
proclamazione della Parola di Dio. Non vi è nessun
dubbio: alla Parola di Dio spetta il primo posto.
Soltanto per suo tramite possiamo comprendere la
Chiesa. Essa si definisce come Chiesa che ascolta.
È nella misura in cui ascolta che essa può anche
essere una Chiesa che proclama. Afferma il Santo
Padre Benedetto XVI: «la Chiesa non trae la sua
vita da se stessa, ma dal Vangelo ed è a partire
dal Vangelo che essa non cessa di orientarsi nel
suo peregrinare»(10).
Incidenze
pastorali
13. Dalla
Parola di Dio la comunità cristiana si sente
generata e rinnovata a scoprire il volto di
Cristo. Chiara e perentoria è l’affermazione di
San Girolamo: «Ignoratio enim Scripturarum,
ignoratio Christi est»(11) (chi non conosce le
Scritture non conosce Cristo). Vengono qui
ricordate alcune urgenze pastorali emerse dalle
risposte ai
Lineamenta:
- sviluppare
linee organiche di riflessione sul rapporto di
Gesù con la Sacra Scrittura, su come egli la legge
e come essa aiuta a comprenderlo;
- presentare in
maniera semplice i criteri di lettura cristiana
della Bibbia, risolvendo in tale luce elementi
difficili dell’Antico Testamento;
- aiutare i
fedeli a riconoscere la Chiesa, guidata dal
Magistero, come il luogo vitale e continuo di
annuncio della Parola di Dio;
- istruire quei
cristiani che dicono di non leggere la Bibbia
perché preferiscono stabilire con Gesù un rapporto
diretto e personale;
- grazie alla
realtà di Gesù, Signore risorto e presente nei
segni sacramentali, la liturgia va considerata
come luogo primario dell’incontro con la Parola di
Dio;
- nella
comunicazione catechistica, infine, non
dimenticare che i Vangeli vanno scelti come
lettura prioritaria, ma insieme vanno letti in
collegamento con gli altri libri dell’Antico
Testamento e del Nuovo Testamento e con i
documenti del Magistero della Chiesa.
CAPITOLO SECONDO
A. La Bibbia come
Parola di Dio ispirata e la sua verità
«La Chiesa ha sempre venerato le divine
Scritture come ha fatto per il corpo di Cristo»
(DV 21)
Le
domande
14. Uno dei
problemi più sentiti dai Pastori è il rapporto
della Sacra Scrittura con la Parola di Dio, in
particolare la sua ispirazione e la sua verità. Si
distinguono tre livelli di domande:
- alcune
questioni sono relative alla natura della Bibbia:
cosa si intende per ispirazione o per canone,
quale tipo di verità spetta alla Scrittura e come
va intesa la sua storicità;
- altre domande
riguardano il rapporto della Scrittura con la
Tradizione e il Magistero;
- altre
questioni toccano le pagine difficili della
Bibbia, specie dell’Antico Testamento. A queste
ultime questioni si farà cenno trattando della
Parola di Dio nella catechesi.
La Sacra
Scrittura, Parola di Dio ispirata
15. Molte
risposte ai
Lineamenta sollevano questioni circa il
modo di spiegare ai fedeli il carisma
dell’ispirazione e della verità delle Scritture. A
questo proposito è necessario prima di tutto
fissare il rapporto tra Bibbia e Parola di Dio;
chiarire l’azione dello Spirito Santo; specificare
alcuni punti circa l’identità della Bibbia.
a. Va
riconosciuta la relazione di distinzione e
comunione tra Bibbia e Parola di Dio. È la
Bibbia stessa che attesta la non coincidenza
materiale fra Parola di Dio e Scrittura. La Parola
di Dio è realtà vivente, efficace (cf.
Eb 4, 12-13), eterna (cf. Is 40,
8), «onnipotente» (Sap 18, 15),
creatrice (cf. Gn 1, 3ss.) e instauratrice di
storia. Per il Nuovo Testamento questa Parola è il
Figlio stesso di Dio, il Verbo fatto carne (cf.
Gv 1, 1ss.; Eb 1, 2). La Scrittura,
invece, è attestazione di questa relazione tra Dio
e l’uomo, la illumina, la orienta in maniera
certa. La Parola di Dio, quindi, eccede il Libro,
e raggiunge l’uomo anche attraverso la via della
Chiesa, Tradizione vivente. Ciò comporta il
superamento di una interpretazione soggettiva e
chiusa della Scrittura per cui essa va letta
dentro un processo della Parola di Dio più ampio,
anzi inesauribile, come dimostra il fatto che la
Parola continua ad alimentare la vita di
generazioni in tempi sempre nuovi e diversi. La
comunità cristiana diviene, quindi, soggetto della
trasmissione della Parola di Dio, e allo stesso
tempo soggetto privilegiato per cogliere il senso
profondo della Sacra Scrittura, il progresso della
fede e quindi lo sviluppo del dogma. In forza di
questa sua prerogativa, la Chiesa, fin dall’inizio
ha sommamente venerato i libri biblici e ne ha
stabilito, per regola o canone della fede nella
rivelazione divina, un elenco certo e definitivo:
73 libri, di cui 46 dell’Antico Testamento e 27
del Nuovo Testamento(12).
b. Lo Spirito
dà respiro alla parola scritta e colloca il Libro
nel mistero più ampio, dell’incarnazione e della
Chiesa. Per cui, grazie allo Spirito, la Parola di
Dio è realtà liturgica e profetica, è annuncio (kerygma)
prima di essere libro, è la testimonianza dello
Spirito Santo sulla presenza di Cristo.
c. In sintesi
si può affermare che:
- il carisma
dell’ispirazione permette di affermare che Dio è
l’autore della Bibbia in un modo che non esclude
l’uomo come vero autore egli stesso. Infatti, a
differenza di una dettatura l’ispirazione non
toglie la libertà e le capacità personali dello
scrittore ma le illumina e le ispira;
- quantunque la
Sacra Scrittura sia ispirata in tutte le sue parti
la sua inerranza si riferisce solo alla «verità
che Dio per la nostra salvezza volle fosse
consegnata nelle sacre lettere» (DV 11);
- grazie al
carisma dell’ispirazione, lo Spirito Santo
costituisce i libri biblici come Parola di Dio e
li affida alla Chiesa, perché siano accolti
nell’obbedienza della fede;
- il Canone
nella sua completezza ed unità organica
costituisce criterio di interpretazione del Libro
Sacro;
- essendo la
Bibbia Parola di Dio in linguaggio umano, la sua
interpretazione avviene armonicamente con criteri
letterari, filosofici e teologici, sempre sotto la
forza unificante della fede e la guida del
Magistero(13).
Tradizione, Scrittura e Magistero
16. Il Concilio
Vaticano II insiste sull’unità di origine e sulle
molte connessioni tra Tradizione e Scrittura, che
la Chiesa accoglie «con pari sentimento di pietà e
riverenza» (DV 9). A questo proposito ricordiamo
che la Parola di Dio, divenuta in Cristo Evangelo
o Buona Notizia (cf. Rm 1,16) e, come tale,
consegnata alla predicazione apostolica, continua
la sua corsa attraverso:
- anzitutto il
flusso della Tradizione vivente manifestata da
«tutto ciò che essa [la Chiesa] è, tutto ciò che
essa crede» (DV 8), come culto, insegnamento,
carità, santità, martirio;
- poi
attraverso la Sacra Scrittura, che di questa
Tradizione vivente, per ispirazione dello Spirito
Santo, conserva appunto nella immutabilità dello
scritto gli elementi costitutivi e originari.
«Questa Sacra Tradizione dunque e la Scrittura
Sacra dell’uno e dell’altro Testamento sono come
uno specchio nel quale la Chiesa pellegrina in
terra contempla Dio, dal quale tutto riceve,
finché giunga a vederlo faccia a faccia, com’Egli
è (cf. 1 Gv 3, 2)» (DV 7).
Infine al
Magistero della Chiesa, che non è superiore alla
Parola di Dio, spetta «di interpretare
autenticamente la Parola di Dio scritta o
trasmessa», in quanto «piamente la ascolta,
santamente la custodisce e fedelmente la espone» (DV
10). In sintesi, una vera lettura della Scrittura
come Parola di Dio non può farsi che in
Ecclesia, secondo il suo insegnamento.
Antico e
Nuovo Testamento, una sola economia della salvezza
17. Un problema
vivo tra i cattolici riguarda la conoscenza
dell’Antico Testamento come Parola di Dio e in
particolare la sua relazione con il mistero di
Cristo e della Chiesa. A motivo anche di
difficoltà esegetiche non risolte, si assiste ad
una certa resistenza di fronte a pagine
dell’Antico Testamento che appaiono
incomprensibili, esposte quindi alla selezione
arbitraria, al rifiuto. Secondo la fede della
Chiesa, l’Antico Testamento va considerato come
parte dell’unica Bibbia dei cristiani, parte
costitutiva della Rivelazione e quindi della
Parola di Dio. Da tutto ciò deriva il bisogno di
una urgente formazione alla lettura cristiana
dell’Antico Testamento, riconoscendo il
rapporto che collega i due Testamenti e i valori
permanenti dell’Antico (cf. DV 15-16)(14). In
questo ci viene in aiuto la prassi liturgica, che
sempre proclama il Testo Sacro dell’Antico
Testamento come pagina essenziale per una
comprensione compiuta del Nuovo Testamento,
secondo l’attestazione di Gesù stesso
nell’episodio di Emmaus, in cui il Maestro «cominciando
da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte
le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc
24, 27). Precisa è l’affermazione agostiniana «Novum
in Vetere latet et in Novo Vetus patet»(15)
(il Nuovo Testamento è nascosto nell’Antico e
l’Antico è svelato nel Nuovo Testamento). Afferma
San Gregorio Magno: «Ciò che l’Antico Testamento
ha promesso, il Nuovo Testamento l’ha fatto
vedere; ciò che quello annunzia in maniera
occulta, questo proclama apertamente come
presente. Perciò l’Antico Testamento è profezia
del Nuovo Testamento; e il miglior commento
dell’Antico Testamento è il Nuovo Testamento»(16).
Le implicanze pratiche di questa dottrina sono
numerose e vitali.
Incidenze
pastorali
18. Si avverte
con sempre maggiore coscienza che non basta una
lettura superficiale della Bibbia. Si constata che
diversi gruppi biblici, partiti con entusiasmo
alla scoperta del Libro Sacro, poi
progressivamente si estinguono per la mancanza del
buon terreno, cioè della Parola di Dio percepita
nel suo mistero di grazia, come dice Gesù nella
parabola del seminatore (cf. Mt 13, 20-21).
In quest’ottica sono qui proposte delle implicanze:
a. Per il fatto
che la Scrittura è intimamente legata alla Chiesa,
questa svolge un ruolo essenziale per accedere
alla Parola nella sua genuinità fontale,
diventando così criterio per la retta comprensione
della Tradizione, poiché di fatto sia la liturgia
che la catechesi traggono alimento dalla Bibbia.
Come è già stato accennato, i libri della Sacra
Scrittura hanno una forza di appello diretto e
concreto che non hanno altri testi o interventi
ecclesiastici.
b. Va poi
considerata nei suoi effetti pratici, la
distinzione tra Tradizione apostolica costitutiva
e le tradizioni ecclesiali. Infatti, mentre la
prima proviene dagli apostoli e trasmette quanto
essi hanno appreso da Gesù e dallo stesso Spirito
Santo, le tradizioni ecclesiali sono nate nel
corso del tempo nelle Chiese locali e sono forme
di adattamento della «grande Tradizione»(17). Va
inoltre valutata la portata decisiva del
riconoscimento canonico che la Chiesa ha operato a
proposito delle Scritture garantendone
l’autenticità di fronte alla proliferazione di
libri inautentici o apocrifi. Le interpretazioni
gnostiche oggi volgarizzate circa la verità sulle
origini cristiane obbligano a spiegare che cosa è
il Canone dei Libri sacri e come sia sorto. Così
si orienta opportunamente la traduzione e
diffusione della Scrittura e si giustifica
l’indispensabile riconoscimento da parte della
Chiesa. Rimane da riprendere il confronto tra
Scrittura, Tradizione e i segni della Parola di
Dio nel mondo creato, specialmente con l’uomo e la
sua storia, infatti ogni creatura è parola di Dio,
poiché proclama Dio(18).
c. L’intento
del Magistero, quando dà orientamenti o proclama
delle definizioni, non è quello di limitare la
lettura personale della Scrittura. Offre, invece,
un quadro di riferimento sicuro in cui la ricerca
si esercita. Purtroppo, l’insegnamento del
Magistero e il valore dei diversi livelli di
pronunciamento non sono sempre ben conosciuti e
accettati. In occasione del Sinodo si riscopre la
Dei Verbum e i documenti pontifici
posteriori. In particolare, merita notare
l’indirizzo per la comprensione e l’uso della
Parola di Dio nella Bibbia dato dal Santo Padre
Benedetto XVI in diversi suoi interventi
magisteriali.
d. Nel solco
della Tradizione vivente, e dunque come servizio
genuino alla Parola di Dio, va anche considerato
lo strumento del Catechismo, iniziando dal
primo Simbolo della fede, nucleo di ogni
Catechismo, fino alle diverse esposizioni promosse
lungo i secoli nella Chiesa. Di esse sono
attestazione più recente il
Catechismo della Chiesa Cattolica e nelle
Chiese locali i rispettivi Catechismi.
e. A questo
punto diventa necessario ritenere una fondamentale
distinzione che avrà tante ripercussioni nella
prassi pastorale: vi è l’incontro con la Scrittura
nelle grandi azioni di Chiesa, come la liturgia e
la catechesi, dove cioè la Bibbia si colloca in un
contesto pubblico ministeriale; vi è anche
l’incontro immediato, come è la Lectio Divina,
il corso biblico, il gruppo biblico. Va promossa
oggi questa via a causa di una certa lontananza
del popolo di Dio dall’uso diretto e personale
della Scrittura.
f. Quanto poi
all’Antico Testamento esso va compreso come
una tappa nello sviluppo della fede e della
comprensione di Dio. Il suo carattere figurato, il
suo rapporto con la mentalità scientifica e
storica del nostro tempo hanno bisogno di essere
chiariti. Nello stesso tempo, numerosi passaggi di
esso custodiscono una forza spirituale,
sapienziale e culturale unica, permettono una
ricca catechesi sulle realtà umane e manifestano
le tappe del cammino di fede di un popolo. La
conoscenza e la lettura dei Vangeli non escludono
che l’approfondimento dell’Antico Testamento dia
alla lettura e all’intelligenza del Nuovo
Testamento una profondità sempre più grande.
g. Infine, in
ottica pastorale assai concreta, merita segnalare
alcune osservazioni che aiutano a discernere
meglio il rapporto dei fedeli con la dottrina
della fede. I fedeli, in generale, distinguono la
Bibbia da altri testi religiosi e la ritengono più
importante nella vita di fede, però non pochi in
pratica preferiscono testi spirituali più semplici
da capire, messaggi e scritti edificanti o diverse
manifestazioni della pietà popolare. Si potrebbe
dire che il popolo incontra la Parola di Dio per
via pratica, vivendola più che sapendone le
origini e le motivazioni. È una situazione di
positività ed insieme di fragilità. Bisogna saper
parlare alla gente riconoscendo il suo modo di
comprendere. Aiutare i fedeli a capire che cosa è
la Bibbia, perché c’è, cosa dona alla fede, come
si usa, diventa un compito necessario nelle
attività pastorali.
B. Come
interpretare la Bibbia secondo la fede della
Chiesa
«La parola di Dio è viva, efficace» (Eb
4, 12)
Il
problema ermeneutico in prospettiva pastorale
19. Il problema
ermeneutico, entro cui si collocano l’attualizzazione
della Parola di Dio ed insieme l’inculturazione(19),
è una questione delicata ed importante. Dio,
infatti, propone alla persona non qualche
informazione più o meno curiosa e nemmeno di
ordine puramente umano, scientifico, ma gli
comunica la sua Parola di verità e di salvezza e
questo richiede a chi ascolta una comprensione
intelligente, vitale, responsabile e quindi
attuale. Ciò comporta il doppio movimento di
riconoscere il senso vero della Parola detta o
scritta, così come la comunica il Signore tramite
gli autori sacri, ed insieme richiede che la
Parola sia significativa per chi l’ascolta anche
oggi.
In
ascolto dell’esperienza
20. Dalle
risposte dei Vescovi si evince che
l’interpretazione della Parola, nonostante le
apparenze contrarie, risulta accessibile. Tanti
cristiani, in comunità o singolarmente, scrutano
la Parola di Dio con la disponibilità a
comprendere ciò che Dio dice e attentamente
ubbidirvi. Ebbene questa disponibilità della fede
è per la Chiesa una preziosa possibilità per
abilitare ad una corretta comprensione e
attualizzazione del Testo Sacro. Oggi questa
opportunità (kairòs) vale, in certo modo
ancora di più, perché si apre un confronto nuovo
tra la Parola di Dio e le scienze dell’uomo, in
particolare nell’ambito della ricerca filosofica,
scientifica e storica. Grande ricchezza di verità
e di valori su Dio, sull’uomo, sulle cose proviene
da questo contatto tra Parola e cultura. La
ragione, pertanto, interpella la fede e da questa
viene coinvolta a collaborare per una verità e
vita consone alla Rivelazione di Dio e alle attese
dell’umanità.
Ma non mancano
anche i rischi di una interpretazione
arbitraria e riduttiva, dovuti anzitutto al
fondamentalismo, per cui, da una parte si
manifesta il desiderio di rimanere fedeli al
Testo, dall’altra si misconosce la natura stessa
dei testi, incorrendo in gravi errori e generando
anche inutili conflitti(20). Esistono pure le
cosiddette letture ideologiche della Bibbia,
secondo precomprensioni rigide di ordine
spirituale o sociale e politico, o semplicemente
umane, senza il supporto della fede (cf. 2 Pt
1, 19-20; 3, 16), fino a forme di contrapposizione
e di separazione tra la forma scritta, attestata
anzitutto nella Bibbia, la forma viva
dell’annuncio e l’esperienza di vita dei credenti.
In generale, si nota una scarsa o imprecisa
conoscenza delle regole ermeneutiche della Parola.
Il senso
della Parola di Dio e la via per trovarlo
21. Alla luce
del Concilio Vaticano II e del Magistero
successivo(21), alcuni aspetti sembrano oggi
bisognosi di attenzione e riflessione specifica,
in vista di una adeguata comunicazione pastorale:
la Bibbia, libro di Dio e dell’uomo, va letta
unificando correttamente il senso
storico-letterale e il senso teologico-spirituale,
o più semplicemente senso spirituale(22). La
Nota citata della Pontificia Commissione
Biblica ne dà questa definizione: «Come regola
generale possiamo definire il senso spirituale,
compreso secondo la fede cristiana, il senso
espresso dai testi biblici quando vengono letti
sotto l’influsso dello Spirito Santo nel contesto
del mistero pasquale di Cristo e della vita nuova
che ne risulta. Questo contesto esiste
effettivamente. Il Nuovo Testamento riconosce in
esso il compimento delle Scritture. È perciò
normale rileggere le Scritture alla luce di questo
nuovo contesto, quello della vita nello
Spirito»(23).
Questo
significa che il metodo storico-critico è
necessario per una corretta esegesi,
convenientemente arricchito con altre forme di
approccio(24), ma per giungere al senso totale
della Scrittura è necessario avvalersi dei criteri
teologici, riproposti dalla
Dei Verbum: «contenuto e unità di tutta la
Sacra Scrittura, viva Tradizione di tutta la
Chiesa, analogia della fede» (DV 12)(25). Oggi, su
questo punto, si avverte la necessità di una
approfondita riflessione teologica e pastorale per
formare le nostre comunità ad una intelligenza
retta e fruttuosa. Afferma il Papa Benedetto XVI:
«mi sta molto a cuore che i teologi imparino a
leggere e ad amare la Scrittura così come, secondo
la
Dei Verbum, il Concilio lo ha voluto: che
vedano l’unità interiore della Scrittura – una
cosa aiutata oggi dall’ “esegesi canonica” (che
senz’altro si trova ancora in un timido stadio
iniziale) – e che poi di essa facciano una lettura
spirituale, che non è una cosa esterna di
carattere edificante, ma invece un immergersi
interiormente nella presenza della Parola. Mi
sembra un compito molto importante fare qualcosa
in questo senso, contribuire affinché accanto, con
e nell’esegesi storico-critica sia data veramente
un’introduzione alla Scrittura viva come attuale
Parola di Dio»(26).
Incidenze
pastorali
22. Il popolo
di Dio va educato a scoprire questo grande
orizzonte della Parola di Dio, evitando di rendere
complicata la lettura della Bibbia. Vale la verità
che le cose più importanti nella Bibbia sono anche
le più direttamente collegate all’esistenza, come
è la vita di Gesù. Ricordiamo alcuni punti nodali
di una retta interpretazione del Libro sacro.
a. Innanzitutto
si ricorda l’interpretazione della Parola di Dio
che si compie ogni volta che la Chiesa si riunisce
per celebrare i divini misteri. Al riguardo
l’Introduzione al Lezionario, che viene proclamato
nell’Eucaristia, ricorda: «Poiché per volontà di
Cristo stesso il nuovo popolo di Dio è distinto
nella mirabile varietà delle sue membra, così
anche diversi sono i compiti e gli uffici che
spettano a ciascuno riguardo alla Parola di Dio:
ai fedeli spetta l’ascoltarla e il meditarla;
l’esporla invece spetta soltanto a coloro che in
forza della sacra ordinazione hanno il compito
magisteriale, o a coloro ai quali viene affidato
l’esercizio di questo ministero. Così nella
dottrina, nella vita e nel culto la Chiesa
perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto
ciò che essa stessa è e tutto ciò che crede, così
da tendere incessantemente, nel volgere dei
secoli, alla pienezza della verità divina, finché
si compia in essa la Parola di Dio»(27).
b. Conviene
precisare che «il senso spirituale non è da
confondere con le interpretazioni soggettive
dettate dall’immaginazione o dalla speculazione
intellettuale». Esso scaturisce da «tre livelli di
realtà: il testo biblico (nel suo senso
letterale), il mistero pasquale e le circostanze
presenti di vita nello Spirito»(28). Occorre
partire in ogni caso dal testo biblico come
primario e insostituibile anche nell’azione
pastorale.
c. Riconoscendo
che la Nota della Pontificia Commissione Biblica,
L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa,
non ha in genere superato la cerchia degli
esperti, bisognerà impegnarsi ad aiutare i lettori
credenti a conoscere le leggi elementari di un
approccio al testo biblico. Di grande valore sono
i sussidi pensati per questo scopo.
d. In tale
prospettiva vanno considerate, rettamente comprese
e ricuperate la straordinaria esegesi dei
Padri(29) e la grande intuizione medievale dei
“quattro sensi della Scrittura”, perché non hanno
perso il loro interesse; non vanno trascurate le
diverse risonanze e tradizioni che la Bibbia
suscita nella vita del popolo di Dio, nelle figure
dei santi, dei maestri spirituali, dei testimoni.
Come pure va considerato l’apporto delle scienze
teologiche e umane; la “storia degli effetti” (Wirkungsgeschichte),
specie nell’arte, può essere una feconda
testimonianza di lettura spirituale. Poiché oggi
la Bibbia è letta anche dai non credenti, che ne
mettono in luce il valore antropologico, può
essere arricchente una corretta interpretazione di
questo aspetto. La Sacra Scrittura va letta in
comunione con la Chiesa di tutti i luoghi e tempi,
con i grandi testimoni della Parola, dai primi
Padri fino ai santi e al Magistero di oggi(30).
e. È da
sottolineare la richiesta fatta al Sinodo non solo
di affrontare i classici problemi della Bibbia, ma
anche di mettere in rapporto con essa i problemi
attuali come la bioetica e l’inculturazione.
Possiamo dire questo con una espressione frequente
nei gruppi biblici: “Come si va dalla vita al
testo e dal testo alla vita”, o anche “come
leggere la Bibbia con la vita e la vita con la
Bibbia”?
f. Va segnalato,
dal punto di vista della comunicazione della fede,
un problema nuovo dell’ermeneutica biblica. Esso
non riguarda soltanto la comprensione del
linguaggio biblico, ma anche la conoscenza della
cultura attuale, che è sempre meno legata alla
parola orale o scritta, e più orientata verso una
cultura elettronica, per cui la proclamazione
tradizionale della parola può risuonare tediosa
agli uditori, inondati dalle tecniche
informatiche.
CAPITOLO TERZO
Atteggiamento
richiesto a chi ascolta la Parola
«Ascolta, popolo mio» (Sal 50, 7)
Dalle risposte
dei Vescovi ai
Lineamenta risulta che bisogna coltivare
nel popolo una relazione orante, personale e
comunitaria, con la Parola di Dio, la quale
suscita e nutre la risposta della fede.
Una
parola efficace
23. I soggetti
dell’evento della Parola sono Dio che l’annuncia e
il destinatario, persona singola o comunità. Dio
parla, ma senza l’ascolto del credente la Parola
si mostra detta, ma non accolta. Per questo si può
dire che la rivelazione biblica è l’incontro tra
Dio e il popolo nell’esperienza dell’unica Parola
e che entrambi fanno la Parola. La fede opera, la
Parola la crea.
Il testo di
Eb 4, 12-13, assieme a Is 55, 9-11 e a
tanti altri testi, afferma l’infallibile efficacia
della Parola di Dio. Come intendere tale
efficacia? La domanda si fa ancora più necessaria
per un fatto proposto da diversi contributi dei
Vescovi, secondo cui alcuni cristiani neofiti
danno alla lettura del Libro Sacro una valenza
quasi magica, senza un personale, specifico
impegno di responsabilità. In realtà, la Parola di
Dio dispiega la sua efficacia, come afferma la
parabola del seminatore (cf. Mc 4, 1-20),
quando vengono tolti gli ostacoli e poste le
condizioni perché il seme della Parola
fruttifichi.
Quanto poi al
tipo di efficacia proprio della Parola di Dio, è
illuminante un altro testo evangelico, che
utilizza l’immagine del seme che deve morire per
portare frutto: Cristo parla della necessità della
sua morte per adempiere il disegno di salvezza. La
croce è direttamente potenza e sapienza di Dio;
l’evangelo è la «parola della croce», scrive Paolo
ai cristiani di Corinto (1 Cor 1, 18).
L’efficacia della Parola è, dunque, dell’ordine
della croce. Parola e croce sono due realtà che si
collocano sullo stesso piano. La loro potenza è
tutta nel dinamismo dell’amore divino che le
attraversa: «Dio infatti ha tanto amato il
mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv
3, 16; cf. Rm 5, 8). Trova il frutto della
Parola chi crede all’amore di Dio che la
pronuncia. Allora la potenzialità della Parola di
Dio accade, si realizza, si fa veramente
personale.
Il
credente: colui che ascolta la Parola di Dio nella
fede
24. «A Dio che
rivela è dovuta l’obbedienza della fede». A Lui,
che parlando si dona, l’uomo ascoltando «si
abbandona [...] tutto intero liberamente» (DV 5).
L’uomo che, anche in forza dell’intima struttura
della persona è uditore della Parola, riceve da
Dio la grazia di rispondere nella fede. Ciò
comporta, da parte della comunità e di ogni
singolo credente, un atteggiamento di piena
adesione ad una proposta di totale comunione con
Dio e di affidamento alla sua volontà (cf. DV 2).
Questo atteggiamento di fede comunionale si
manifesterà per ogni incontro con la Parola di
Dio, nella predicazione viva e nella lettura della
Bibbia. Non a caso la
Dei Verbum applica al Libro Sacro quanto
afferma globalmente per la Parola di Dio: «Dio
parla agli uomini come ad amici per invitarli e
ammetterli alla comunione con sé» (DV 2). «Nei
Libri Sacri, il Padre che è nei cieli viene con
molta amorevolezza incontro ai suoi figli e
discorre con essi» (DV 21). Rivelazione è
comunione di amore, che la Scrittura sovente
esprime con il termine di alleanza. In sintesi, si
tratta di un atteggiamento di preghiera,
«colloquio tra Dio e l’uomo, poiché “gli parliamo
quando preghiamo e lo ascoltiamo quando leggiamo
gli oracoli divini” (31)» (DV 25).
La Parola di
Dio trasforma la vita di coloro che vi si
accostano con fede. La Parola non è mai esaurita,
è ogni giorno nuova. Ma perché questo avvenga
occorre una fede che ascolta. La Scrittura attesta
a più riprese che l’ascolto è ciò che rende
Israele popolo di Dio: «Se vorrete ascoltare la
mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete
per me la proprietà tra tutti i popoli» (Es
19, 5; cf. Ger 11, 4). L’ascolto crea
un’appartenenza, un legame, fa entrare
nell’alleanza. Nel Nuovo Testamento l’ascolto è
diretto alla persona di Gesù, il Figlio di Dio: «Questi
è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono
compiaciuto. Ascoltatelo» (Mt 17, 5 e
par.).
Il credente è
uno che ascolta. Chi ascolta confessa la presenza
di colui che parla e vuole coinvolgersi con lui;
chi ascolta scava in sé uno spazio all’inabitazione
dell’altro; chi ascolta si dispone con fiducia
all’altro che parla. Perciò i vangeli chiedono
discernimento su ciò che si ascolta (cf. Mc
4, 24) e su come si ascolta (cf. Lc 8, 18):
infatti, noi siamo ciò che ascoltiamo! La figura
antropologica che la Bibbia vuole costruire è
dunque quella di un uomo capace di ascoltare,
abitato da un cuore che ascolta (cf. 1 Re 3, 9).
Essendo questo ascolto non una mera audizione di
frasi bibliche ma discernimento pneumatico della
Parola di Dio, esso richiede la fede e deve
avvenire nello Spirito Santo.
Maria
modello di accoglienza della Parola per il
credente
25. Nella
storia della salvezza emergono grandi figure di
uditori e di evangelizzatori della Parola di Dio:
Abramo, Mosè, i profeti, i Santi Pietro e Paolo,
gli altri apostoli, gli evangelisti. Essi
ascoltando fedelmente la Parola del Signore e
comunicandola hanno fatto spazio al Regno di Dio.
In questa
prospettiva, ruolo centrale assume la figura della
Vergine Maria che ha vissuto in modo incomparabile
l’incontro con la Parola di Dio, che è lo stesso
Gesù. Per questo è costituita modello
provvidenziale di ogni ascolto ed annuncio. Già
educata alla familiarità con la Parola di Dio
nell’esperienza così intensa delle Scritture del
popolo cui appartiene, Maria di Nazaret, a partire
dall’evento dell’Annunciazione fino alla Croce,
anzi fino alla Pentecoste, accoglie nella fede,
medita, interiorizza e vive intensamente la Parola
(cf. Lc 1, 38; 2, 19.51; At 17, 11).
In forza del suo sì, primo e mai interrotto, alla
Parola di Dio, ella sa guardare attorno a sé e
vive le urgenze del quotidiano, consapevole che
ciò che riceve come dono dal Figlio è un dono per
tutti: nel servizio ad Elisabetta, a Cana e sotto
la croce (cf. Lc 1, 39; Gv 2, 1-12;
19, 25-27). Pertanto a lei si addice quanto detto
da Gesù in sua presenza: «Mia madre e i miei
fratelli sono coloro che ascoltano la parola di
Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,
21). «Essendo intimamente penetrata dalla Parola
di Dio può diventare madre della parola
incarnata»(32).
In particolare,
va considerato il suo modo di ascoltare la Parola.
Il testo evangelico «Maria, da parte sua,
serbava tutte queste cose meditandole nel suo
cuore» (Lc 2, 19) significa che ella
ascoltava e conosceva le Scritture, le meditava
nel cuore in una sorta di processo interiore di
maturazione, dove l’intelligenza non è separata
dal cuore. Maria ricercava il senso spirituale
della Scrittura e lo trovava collegandolo (symballousa)
alle parole, alla vita di Gesù e agli avvenimenti
che veniva scoprendo nella sua storia personale.
Maria è nostro modello tanto per accogliere la
fede, la Parola, quanto per studiarla. Non basta a
lei accoglierla, vi si ferma sopra. Non solamente
la possiede, ma nello stesso tempo la valorizza.
Le dona l’assenso, ma anche la sviluppa. Così
Maria si fa simbolo per noi, per la fede dei
semplici e per quella dei dottori della Chiesa che
cercano, soppesano, definiscono come professare il
Vangelo.
Ricevendo la
Buona Notizia, Maria si mostra tipo ideale
dell’obbedienza della fede, diventa icona vivente
della Chiesa nel servizio della Parola. Recita
Isacco della Stella: «Nelle Scritture divinamente
ispirate quello che è detto in generale della
vergine madre Chiesa si intende singolarmente
della vergine madre Maria [...]. Eredità del
Signore in modo universale è la Chiesa, in modo
speciale è Maria, in modo particolare ogni anima
fedele. Nel tabernacolo del grembo di Maria Cristo
dimorò nove mesi, nel tabernacolo della fede della
Chiesa sino alla fine del mondo, nella conoscenza
e nell’amore dell’anima fedele per
l’eternità»(33). Maria insegna a non rimanere
estranei spettatori di una Parola di vita, ma a
diventare partecipi, facendo proprio l’ “eccomi”
dei profeti (cf. Is 6, 8) lasciandoci
condurre dallo Spirito Santo che abita in noi.
Ella “magnifica” il Signore scoprendo nella sua
vita la misericordia di Dio, che la rende “beata”
perché «ha creduto nell’adempimento delle
parole del Signore» (Lc 1, 45). Dice
Sant’Ambrogio che ogni cristiano che crede
concepisce e genera il Verbo di Dio. Se c’è una
sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la
fede, invece, Cristo è il frutto di tutti(34).
Incidenze
pastorali
26. Notevoli
sono le incidenze pastorali riguardanti la fede
nella Parola di Dio.
a. Si può
leggere la Bibbia senza la fede, ma senza la fede
non si può ascoltare la Parola di Dio. Un gruppo
biblico è valido se mentre legge la Bibbia si
educa alla fede, conformando la vita cristiana
secondo le indicazioni che offre la Bibbia e
illuminando con la fede i momenti difficili.
b. All’uomo di
oggi si deve parlare in maniera positiva ed
incoraggiante, offrendo suggerimenti molteplici
per l’accostamento al testo, alla lettura
spirituale, alla preghiera, alla condivisione
della Parola. Si tratta anzitutto di accostare la
Parola, non tanto come deposito di riferimenti
dogmatici o pastorali, ma come fonte di acqua
viva, nella sorpresa gioiosa di ascoltare il
Signore nel proprio contesto di vita. Si tratta di
mettere in atto il cerchio ermeneutico completo:
credere per comprendere, comprendere per credere;
la fede cerca l’intelligenza, l’intelligenza si
apre alla fede. Il racconto di Emmaus è un modello
esemplare di incontro del credente con la stessa
Parola incarnata (cf. Lc 24, 13-35).
c. «Ascolta,
Israele», «Shemà Israel», è il
comandamento primario del popolo di Dio (Dt
6, 4). «Ascolta» è anche la prima parola della
Regola di San Benedetto. Dio invita il fedele ad
ascoltare con l’orecchio del cuore. Il cuore nella
Bibbia non è soltanto la sede dei sentimenti o
dell’emozione, ma il centro più profondo della
persona ove si prendono le decisioni. Per questo è
necessario il silenzio che si prolunga al di là
delle parole. Lo Spirito Santo fa intendere e
comprendere la Parola di Dio, unendosi
silenziosamente al nostro spirito (cf. Rm
8, 26-27).
d. Bisogna
ascoltare come Maria e con Maria, madre ed
educatrice della Parola di Dio. Vi è la forma
semplice e universale di ascolto orante della
Parola che sono i misteri del Rosario. Giovanni
Paolo II ha messo in luce la ricchezza biblica di
esso, definendolo «compendio del Vangelo», in cui
l’enunciazione del mistero «lascia parlare Dio»,
permette di «contemplare Cristo con Maria»(35).
Ancora di più, come la Vergine Maria, tempio dello
Spirito, in una vita silenziosa, umile e nascosta,
la Chiesa tutta va educata a testimoniare questo
rapporto stretto tra Parola e Silenzio, Parola e
Spirito di Dio. L’ascolto della Parola nella fede
diventa poi nel credente comprensione,
meditazione, comunione, condivisione, attuazione:
si intravedono qui i lineamenti della Lectio
Divina, come la via privilegiata
dell’accostamento credente alla Bibbia.
e. È giusto
ricordare che l’atteggiamento di fede riguarda la
Parola di Dio in tutti i suoi segni e linguaggi. È
una fede che riceve dalla Parola una comunicazione
di verità tramite il racconto o la formula
dottrinale; una fede che riconosce la Parola di
Dio come stimolo primario ad una conversione
efficace, luce per rispondere alle tante domande
del credente, guida ad un discernimento
sapienziale della realtà, sollecitazione a fare la
Parola (cf. Lc 8, 21), e non solo a
leggerla o dirla, e finalmente fonte permanente di
consolazione e di speranza. Ne consegue il compito
di riconoscere e assicurare il primato alla Parola
di Dio nella propria vita di credenti,
accogliendola così come la Chiesa l’annuncia, la
comprende, la spiega, la vive.
f. In fine per le
molte persone che non sanno leggere occorre
predisporre opportuni servizi di comunicazione
della Parola tradotta nelle lingue appropriate.
PARTE SECONDA
LA PAROLA DI DIO
NELLA VITA DELLA CHIESA
«Quanto il
cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie
sovrastano le vostre vie, i miei pensieri
sovrastano i vostri pensieri. Come infatti la
pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi
ritornano senza avere irrigato la terra, senza
averla fecondata e fatta germogliare, perché dia
il seme al seminatore e pane da mangiare, così
sarà della parola uscita dalla mia bocca: non
ritornerà a me senza effetto, senza aver operato
ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui
l’ho mandata» (Is 55, 9-11).
CAPITOLO QUARTO
La Parola di Dio
vivifica la Chiesa
«La lettera che Dio ha inviato agli uomini»
(36)
Quando lo
Spirito Santo inizia a muovere la vita del popolo,
uno dei primi e più forti segni è l’amore per la
Parola di Dio nella Scrittura e il desiderio di
conoscerla di più. Ciò avviene perché la Parola
della Scrittura è una parola che Dio indirizza a
ciascuno personalmente come una lettera nelle
concrete circostanze di vita. Ha una immediatezza
straordinaria e il potere di penetrare nel centro
dell’essere umano. Infatti:
- la Chiesa
nasce e vive della Parola di Dio;
- la Parola di Dio sostiene la Chiesa lungo tutta
la sua storia;
- la Parola di Dio permea e anima, nella potenza
dello Spirito Santo, tutta la vita della Chiesa.
La Chiesa
nasce e vive della Parola di Dio
27. Negli
Atti degli Apostoli si legge di Paolo e
Barnaba che ad Antiochia «non appena furono
arrivati, riunirono la comunità e riferirono tutto
quello che Dio aveva compiuto per mezzo loro e
come aveva aperto ai pagani la porta della fede»
(At 14, 27).
Il Sinodo è il
luogo in cui si potranno certamente sentire «i
miracoli e i prodigi» della Parola di Dio, come
già avvenne ad Antiochia e nell’assemblea di
Gerusalemme in ascolto di Barnaba e Paolo (cf.
At 15, 12). Infatti, in tutte le Chiese
particolari si fanno esperienze molteplici della
Parola di Dio: nell’Eucaristia, nella Lectio
Divina, comunitaria e personale, nella
giornata della Bibbia, nei corsi biblici, nei
gruppi del Vangelo o di ascolto della Parola di
Dio, nel cammino biblico diocesano, negli esercizi
spirituali, nei pellegrinaggi in Terra Santa,
nelle celebrazioni della Parola, nelle espressioni
della musica, delle arti plastiche, della
letteratura e del cinema.
Molteplici
costatazioni emergono dalle risposte ai
Lineamenta:
- Dopo il
Concilio Vaticano II, si legge di più la Parola di
Dio, soprattutto in riferimento con la liturgia
eucaristica. In molte Chiese si dà un posto
privilegiato alla Bibbia esponendola in modo
visibile a fianco dell’altare o sull’altare, come
avviene nelle Chiese orientali.
- Sta a monte
uno sforzo notevole da parte della Chiesa perché
l’accesso alla Sacra Scrittura sia un fatto di
popolo. Conferenze episcopali, diocesi,
parrocchie, comunità religiose, associazioni e
movimenti hanno intrapreso la via grande della
Parola di Dio in maniera del tutto nuova rispetto
a qualche decennio fa.
- Il desiderio
di essere introdotti al gusto della Parola di Dio,
per certuni prevale rispetto ad altre domande di
servizio pastorale. Esso comunque resta sempre
come bisogno di fondo della gente anche più
distratta, che si fa sensibile al Gesù dei
Vangeli.
- Ciò non
toglie che il grado di familiarità con la Parola
di Dio sia diversificato. Nel mondo di antica
cristianità la Bibbia si trova nelle case più che
in altri tempi, ma forse non sempre come Libro
veramente letto. Dati statistici in una parte del
mondo attestano che deve sensibilmente crescere
l’uso significativo della Bibbia, come pure deve
maturare la consapevolezza del ruolo fondante e
decisivo della Parola di Dio per una vita di fede.
- Diverso è il
dato di altre zone geografiche dove il problema è
piuttosto la scarsità di mezzi, in particolare di
traduzioni. È edificante ricordare le esperienze
che questi fratelli e sorelle spesso poveri fanno
a contatto con la Parola di Dio. Valga almeno come
attestazione autorevole quanto si legge nella
Nota della Pontificia Commissione Biblica: «È
motivo di gioia vedere la Bibbia presa in mano da
gente umile e povera, che può fornire alla sua
interpretazione e alla sua attualizzazione una
luce più penetrante, dal punto di vista spirituale
ed esistenziale, di quella che viene da una
scienza sicura di sé»(37).
- Si manifesta
un paradosso: alla fame della Parola di Dio non
sempre corrisponde una predicazione adeguata da
parte dei Pastori della Chiesa, per carenze nella
preparazione seminaristica o nell’esercizio
pastorale.
La Parola
di Dio sostiene la Chiesa lungo tutta la sua
storia
28. È un dato
costante nella vita del popolo di Dio attingere
forza dalla Parola, la quale quindi non è statica,
ma è Parola che corre (cf. 2 Ts 3, 1) e
scende, come una feconda pioggia dal cielo (cf.
Is 55, 10-11). Ciò avviene da quando parlavano
i profeti al popolo, Gesù alla folla e ai
discepoli, gli apostoli alla prima comunità, fino
ai nostri giorni. Possiamo ben dire che il
servizio della Parola di Dio caratterizza le
diverse epoche all’interno dello stesso mondo
biblico e poi nella storia della Chiesa.
Così nel tempo
dei Padri, la Scrittura è al centro come sorgente
donde attingere teologia, spiritualità,
orientamento pastorale. I Padri sono i maestri
insuperabili di quella lettura spirituale della
Scrittura che, quando è genuina, non è
dimenticanza della lettera, cioè del corretto
senso storico, ma è capacità di leggere la lettera
nello Spirito. Nel Medio Evo, la Sacra Pagina
costituisce la base della riflessione teologica;
per bene incontrarla si elabora la dottrina dei
quattro sensi: letterale, allegorico, tropologico,
anagogico(38). Nel periodo antico la Parola di Dio
nella Lectio Divina costituisce la forma
monastica della preghiera; fa da fonte
dell’ispirazione artistica; si trasmette al popolo
nelle tante forme della predicazione e della pietà
popolare. Nell’età moderna, l’insorgere dello
spirito critico, il progresso scientifico, la
divisione tra i cristiani e il conseguente impegno
ecumenico, stimolano, non senza difficoltà e
contrasti, un più corretto studio ed insieme una
migliore comprensione del mistero della Scrittura
nel seno della Tradizione. Nell’epoca
contemporanea si sviluppa il progetto di
rinnovamento basato sulla centralità della Parola
di Dio, che attraverso il Concilio Vaticano II
prosegue fino al presente Sinodo.
Nel quadro
della grande Tradizione, ogni Chiesa particolare
si sviluppa nel tempo con modi e caratteri propri.
Soprattutto, come insegna ancora la storia, è
possibile vedere connessioni, influenze e prestiti
reciproci. Intanto è necessario registrare una
duplice notizia: da una parte si può constatare
che la Parola di Dio si diffonde ed evangelizza le
diverse Chiese particolari dei cinque continenti:
in esse si incarna progressivamente, diventando
anima vivificante della fede di tanti popoli,
fondamentale fattore di comunione, fonte di
ispirazione e trasformazione delle culture e della
società; dall’altra parte, appare che la pastorale
biblica soffre per ragioni storiche, legate al
momento dell’evangelizzazione, ma anche per
problemi reali di fede nel diverso contesto di
vita o per carenze economiche.
La Parola
di Dio permea e anima, nella potenza dello Spirito
Santo,
tutta la vita della Chiesa
29. Esiste una
correlazione tra uso della Bibbia, concezione
della Chiesa e prassi pastorale. Il giusto
rapporto si realizza quando lo Spirito Santo crea
armonia tra Scrittura e Comunità.
Sarà dunque importante rispettare il bisogno
interiore che muove la comunità all’incontro con
la Parola di Dio, ma si baderà anche a controllare
quella sensibilità che esalta lo spontaneismo,
l’esperienza strettamente soggettiva e la sete del
prodigioso. Così pure si presterà attenzione a ciò
che dice il testo della Scrittura, cercando di
sostare su di esso per coglierne il senso
letterale, prima di farne applicazioni alla vita.
Non è cosa sempre facile. Si segnala il rischio
del fondamentalismo, fenomeno che ha
risvolti antropologici, sociologici e psicologici
estesi, ma che si applica in modo particolare alla
lettura biblica e alla conseguente interpretazione
del mondo. A livello di lettura biblica, il
fondamentalismo si rifugia nel letteralismo e
rifiuta di tener conto della dimensione storica
della rivelazione biblica e così non riesce ad
accettare pienamente la stessa Incarnazione.
«Questo genere di lettura trova sempre più
numerosi aderenti [...anche] tra i cattolici
[...]. Il fondamentalismo [...] esige un’adesione
ferma e sicura ad atteggiamenti dottrinali rigidi
e impone, come fonte unica d’insegnamento riguardo
alla vita cristiana e alla salvezza, una lettura
della Bibbia che rifiuti ogni tipo di
atteggiamento o ricerca critici»(39). La forma
estrema di questo tipo di tendenza è la setta.
Qui la Scrittura è sottratta all’azione dinamica e
vivificante dello Spirito e la comunità si
atrofizza come corpo non più vivente, ma gruppo
chiuso, che non ammette differenze e pluralità al
proprio interno e mostra un atteggiamento
aggressivo verso altri modi di pensare(40).
Invece urge
mantenere viva nella comunità la docilità allo
Spirito Santo, superando il rischio di spegnere lo
Spirito con l’eccessivo attivismo e l’esteriorità
della vita di fede, evitando il pericolo della
burocratizzazione della Chiesa, dell’azione
pastorale limitata ai suoi aspetti istituzionali e
della riduzione della lettura biblica a
un’attività tra le altre.
30. Bisogna
tener presente che, come afferma Gesù, lo Spirito
guida la Chiesa alla verità tutta intera (cf.
Gv 16, 13), quindi fa comprendere il vero
senso della Parola di Dio, portando finalmente
all’incontro con il Verbo stesso, il Figlio di
Dio, Gesù di Nazaret. Lo Spirito è l’anima e
l’esegeta della Sacra Scrittura. Perciò la
Scrittura, non soltanto va «letta e interpretata
con l’aiuto dello stesso Spirito con il quale è
stata scritta» (DV 12), ma di essa la Chiesa,
guidata dallo Spirito, cerca di raggiungere una
intelligenza sempre più profonda per nutrire i
suoi figli, avvalendosi in particolare dello
studio dei Padri di Oriente e di Occidente (cf. DV
23), della ricerca esegetica e teologica, della
vita dei testimoni e dei santi.
Preziosa al
riguardo è la linea tracciata nei Praenotanda
al Lezionario, dove si afferma: «Perché la Parola
di Dio operi davvero nei cuori ciò che fa
risuonare negli orecchi, si richiede l’azione
dello Spirito Santo; sotto la sua ispirazione e
con il suo aiuto la parola di Dio diventa
fondamento dell’azione liturgica, norma e sostegno
di tutta la vita. L’azione dello stesso Spirito
Santo non solo previene, accompagna e prosegue
tutta l’azione liturgica, ma a ciascuno suggerisce
nel cuore (cf. Gv 14, 15-17.25-26; 15, 26 -
16, 15) tutto ciò che nella proclamazione della
Parola di Dio viene detto per l’intera assemblea
dei fedeli e, mentre rinsalda l’unità di tutti,
favorisce anche la diversità dei carismi e ne
valorizza la molteplice azione»(41).
La comunità
cristiana, quindi, si costruisce ogni giorno
lasciandosi guidare dalla Parola di Dio, sotto
l’azione dello Spirito Santo, che dona
illuminazione, conversione e consolazione.
Infatti, «tutto ciò che è stato scritto prima
di noi, è stato scritto per nostra istruzione,
perché in virtù della perseveranza e della
consolazione che ci vengono dalle Scritture
teniamo viva la nostra speranza» (Rm
15, 4). Diventa compito primario dei Pastori
aiutare i fedeli a comprendere cosa significhi
incontrare la Parola di Dio sotto la guida dello
Spirito, come in particolare ciò avvenga nella
lettura spirituale della Bibbia,
nell’atteggiamento dell’ascolto e della preghiera.
A questo proposito afferma Pietro Damasceno:
«Colui che ha esperienza del senso spirituale
delle Scritture sa che il senso della più semplice
parola della Scrittura e di quella più
eccezionalmente sapiente sono una cosa sola e
hanno di mira la salvezza dell’uomo»(42).
Incidenze
pastorali
31. Se la
Parola di Dio è fonte di vita per la Chiesa,
diventa essenziale considerare la Sacra Scrittura
come alimento vitale. Ciò comporta:
a. Mantenere
una costante verifica sull’effettivo posto che la
Parola di Dio occupa nella vita della propria
comunità, sulle esperienze più costruttive e anche
sui rischi più ricorrenti.
b. Riconoscere
la storia e la diffusione della Parola di Dio
nella propria comunità, diocesi, nazione,
continente, nella Chiesa in generale, per
apprendere le grandi azioni di Dio (magnalia
Dei), percepire meglio i bisogni e le
iniziative da prendere e dare solidarietà alle
comunità povere di risorse materiali e spirituali.
c. Per attuare
in maniera incisiva una pastorale animata dalla
Parola di Dio è indispensabile riconoscere e
promuovere il ruolo insostituibile delle Chiese
particolari in comunione fra loro. È dalla loro
effettiva iniziativa come popolo di Dio unito con
il Vescovo che sorgono esperienze grandi e
piccole, si crea un flusso continuo della Parola
nelle diverse comunità.
CAPITOLO QUINTO
La Parola di Dio
nei molteplici servizi della Chiesa
«Il pane della vita dalla mensa sia della
Parola di Dio
che del Corpo di Cristo» (DV 21)
Ministero
della Parola
32. «È
necessario che la predicazione ecclesiastica come
la stessa religione cristiana sia nutrita e
regolata dalla Sacra Scrittura» (DV 21). Con
questa affermazione il Concilio Vaticano II
richiama impegni specifici che richiedono
interventi concreti.
Si noti che il
servizio della Parola nelle Chiese particolari si
sta realizzando nei diversi ambiti ed espressioni
di vita, con un programma che porta a riconoscere
al momento liturgico della Eucaristia e di ogni
sacramento l’aspetto primario di esperienza della
Parola di Dio. Si avverte la necessità di
considerare la lettura orante nella forma della
Lectio Divina, a livello comunitario e
personale, come la meta alta e comune e di
promuovere una catechesi che sia iniziazione alla
Sacra Scrittura, vivificando con essa i programmi
catechistici e i catechismi stessi, la
predicazione e la pietà popolare. Occorre inoltre
stimolare l’incontro con la Parola di Dio tramite
l’Apostolato biblico, curando la nascita e la
guida dei gruppi biblici e fare in modo che la
Parola, pane di vita, diventi anche pane
materiale, cioè porti ad aiutare i poveri e i
sofferenti. Si ritiene urgente valorizzare la
Parola anche con studi ed incontri che ne mettano
in rilievo le relazioni con la cultura e lo
spirito umano, in un confronto interreligioso e
interculturale. Per realizzare questi obiettivi,
si chiede fede attenta, dedizione apostolica, cura
pastorale intelligente, creativa e continua, in un
esercizio che favorisca lo spirito di comunione.
Mai come in questo ambito, emerge una esigenza di
una pastorale continuamente animata dalla Bibbia.
In questa
prospettiva di unità ed interazione, va
riconosciuto e assecondato pienamente il dinamismo
secondo cui la Parola di Dio incontra l’uomo,
dinamismo che sta alla base di tutta l’azione
pastorale della Chiesa: la Parola annunciata ed
ascoltata chiede di farsi Parola celebrata tramite
la Liturgia e i sacramenti, per entrare così a
motivare una vita secondo la Parola, tramite
l’esperienza della comunione, della carità e della
missione(43).
L’esperienza nella liturgia e nella preghiera
33.
Dall’esperienza delle Chiese particolari
emergono alcuni punti comuni: l’incontro con la
Parola di Dio avviene, per una forte maggioranza
dei cristiani in tutte le parti del mondo,
soltanto nella celebrazione eucaristica
domenicale; cresce la coscienza tra il popolo di
Dio circa l’importanza della liturgia della Parola
di Dio grazie anche al rinnovamento
dell’ordinamento di questa nel nuovo Lezionario;
alcuni auspicano però una revisione del Lezionario
per una migliore sintonia fra le tre letture,
oltre una migliore fedeltà ai testi originali;
circa l’omelia, si attende un netto miglioramento;
talvolta si configura la liturgia della Parola
come una forma di Lectio Divina; l’Ufficio
Divino, infine, non ha raggiunto una vasta
diffusione tra il popolo. D’altra parte si nota
che il popolo di Dio non è veramente introdotto
alla teologia della Parola di Dio nella liturgia,
la vive ancora passivamente, non avvertendone il
carattere sacramentale, ignorando le ricche
Introduzioni dei libri liturgici perché i
Pastori non sempre sembrano interessarsene; il
vasto mondo dei segni propri della liturgia della
Parola appare non di rado ridotto a formalità
rituali senza una comprensione interiore; il
rapporto tra Parola di Dio e sacramenti, in
particolare il sacramento della riconciliazione,
appare scarsamente valorizzato.
La
motivazione teologico-pastorale: Parola, Spirito,
Liturgia, Chiesa
34. A tutti i
livelli della vita ecclesiale occorre maturare la
comprensione della liturgia come luogo
privilegiato della Parola di Dio, che edifica
la Chiesa. È importante, pertanto, porre alcune
affermazioni basilari.
- La Bibbia
è il libro di un popolo e per un popolo. Essa
è un’eredità, un testamento consegnato a lettori,
perché attualizzino nella loro vita la storia di
salvezza testimoniata nello scritto. Vi è pertanto
un rapporto di reciproca vitale appartenenza tra
popolo e Libro: la Bibbia rimane un Libro vivo con
il popolo che la legge; il popolo non sussiste
senza il Libro, perché in esso trova la sua ragion
d'essere, la sua vocazione, la sua identità.
- Questa mutua
appartenenza fra popolo e Sacra Scrittura è
celebrata nell’assemblea liturgica, che è il luogo
in cui avviene l’opera di ricezione della Bibbia.
Il discorso di Gesù nella Sinagoga di Nazaret (cf.
Lc 4, 16-21) è significativo a questo
proposito. Quello che avviene là, avviene anche
ogni volta che vi è una proclamazione della Parola
di Dio in una liturgia.
- La
proclamazione della Parola di Dio contenuta nella
Scrittura è azione dello Spirito: come ha operato
perché la Parola diventasse Libro, ora, nella
liturgia trasforma il Libro in Parola. Nella
tradizione liturgica alessandrina vi è una doppia
epiclesi, cioè un’invocazione allo Spirito prima
della proclamazione delle letture e una seconda
dopo l’omelia(44): è lo Spirito che guida il
presidente nel compito profetico di comprendere,
proclamare e spiegare adeguatamente la Parola di
Dio all’assemblea e, parallelamente, a invocare
una giusta e degna ricezione della Parola da parte
della comunità radunata.
-
L’assemblea liturgica, grazie allo Spirito
Santo, ascolta Cristo, «giacché è Lui che parla
quando nella Chiesa si legge la Scrittura» (SC 7)
e accoglie l’alleanza che Dio rinnova con il suo
popolo. Scrittura e liturgia convergono, dunque,
nell’unico fine di portare il popolo al dialogo
con il Signore. La Parola uscita dalla bocca di
Dio e testimoniata nelle Scritture torna a Lui in
forma di risposta orante del popolo (cf. Is
55, 10-11).
- Nella
liturgia, e massimamente nell’assemblea
eucaristica, avviene la proclamazione della
Scrittura in Parola, caratterizzata da un
dinamismo dialogico profondo. Fin dall’inizio,
nella storia del popolo di Dio, sia nel tempo
biblico che in quello post-biblico, la Bibbia è
stato sempre il Libro destinato a reggere la
relazione tra Dio e il suo popolo; è cioè il libro
per il culto e la preghiera. Infatti, la liturgia
della Parola «non è tanto un momento di
meditazione e di catechesi, ma di dialogo di Dio
con il suo popolo, nel quale sono proclamate le
meraviglie della salvezza e proposte sempre di
nuovo le esigenze dell’alleanza»(45).
- Importante
per la Chiesa tutta, ma in particolare per la vita
consacrata è, all'interno del rapporto
Parola-liturgia, la preghiera dell’Ufficio
Divino. La Liturgia delle Ore va assunta come
luogo privilegiato di formazione alla preghiera,
soprattutto grazie ai Salmi, nei quali si
manifesta al meglio il carattere divino-umano
della Scrittura. I Salmi insegnano a
pregare conducendo chi li canta o recita ad
ascoltare, interiorizzare e interpretare la Parola
di Dio.
- Accogliere la
Parola di Dio nella preghiera liturgica, oltre che
nella preghiera personale e comunitaria, diventa
dunque uno scopo ineludibile per tutti i
cristiani, per cui essi sono chiamati ad avere una
nuova visione della Sacra Scrittura. Più che un
Libro scritto, va considerata come una
proclamazione e una testimonianza dello Spirito
Santo sulla persona di Cristo, secondo
l’affermazione conciliare, già citata, «Cristo è
presente nella sua parola, giacché è Lui che parla
quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura» (SC
7). Ne deriva che «massima è l’importanza della
Sacra Scrittura nella celebrazione liturgica» (SC
24).
Parola di
Dio ed Eucaristia
35. Mentre
nella prassi la liturgia della Parola appare non
di rado improvvisata e talvolta non
sufficientemente connessa con la Liturgia
Eucaristica, l’intima unità fra Parola ed
Eucaristia è radicata nella testimonianza
scritturistica (cf. Gv 6), attestata dai
Padri della Chiesa e riaffermata dal Concilio
Vaticano II (cf. SC 48.51.56; DV 21.26; AG 6.15;
PO 18; PC 6). Nella grande Tradizione della Chiesa
troviamo espressioni significative come: «Corpus
Christi intelligitur etiam. [...] Scriptura
Dei» (anche la Scrittura di Dio si considera
Corpo di Cristo)(46), «ego Corpus Iesu
Evangelium puto» (considero il Vangelo Corpo
di Gesù)(47).
L’accresciuta
consapevolezza della presenza di Cristo nella
Parola favorisce sia la preparazione immediata
alla celebrazione eucaristica sia l’unione con il
Signore nelle celebrazioni della Parola. Perciò
questo Sinodo si mette in continuità col
precedente sull’Eucaristia e richiede una
riflessione specifica sul rapporto tra Parola di
Dio ed Eucaristia(48). Afferma San Girolamo: «la
carne del Signore, vero cibo, e il suo sangue,
vera bevanda, è quello il vero bene che ci è
riservato nella vita presente, nutrirsi della sua
carne e bere il suo sangue, non solo
nell’Eucaristia, ma anche nella lettura della
Sacra Scrittura. È infatti vero cibo e vera
bevanda la parola di Dio che si attinge dalla
conoscenza delle Scritture»(49).
Parola ed
economia sacramentale
36. La Parola
deve essere vissuta nell’economia sacramentale,
come ricezione di potenza e di grazia, non solo
come comunicazione di verità, di dottrina e di
precetto etico. Essa suscita un incontro in chi
ascolta con fede, diventando celebrazione
dell’alleanza.
Eguale
attenzione andrà ad ogni forma di incontro con la
Parola nell’azione liturgica: nei sacramenti,
nella celebrazione dell’Anno Liturgico, nella
Liturgia delle Ore, nei sacramentali. In
particolare, va data attenzione alla Liturgia
della Parola nella celebrazione dei tre sacramenti
dell’Iniziazione cristiana: Battesimo,
Confermazione ed Eucaristia. Si richiede una nuova
coscienza circa l’annuncio della Parola di Dio
nella celebrazione, specialmente individuale, del
sacramento della Penitenza. La Parola di Dio va
anche valorizzata nelle variegate forme della
predicazione e della pietà popolare.
Incidenze
pastorali
37. Il primo
posto nell’attenzione pastorale spetta
all’Eucaristia, in quanto «mensa sia della parola
di Dio che del Corpo di Cristo» intimamente uniti
(DV 21), segnatamente nel Giorno del Signore.
L’Eucaristia «è il luogo privilegiato dove la
comunione è costantemente annunciata e
coltivata»(50). Tenendo anche conto che per la
maggioranza dei cristiani la Messa domenicale è
fino ad oggi l’unico momento d’incontro
sacramentale con il Signore, essa diventa dono e
compito da promuovere, con passione pastorale, con
celebrazioni autentiche e gioiose. L’Eucaristia
celebrata secondo questa intima fusione di Parola,
sacrificio e comunione costituisce un obiettivo
primario dell’annuncio e della vita cristiana.
Si metterà cura
ad uno svolgimento armonico delle diverse parti
della liturgia della Parola: annuncio delle
letture, omelia, professione di fede, preghiera
dei fedeli, richiamando la connessione intima con
la liturgia eucaristica(51). Colui di cui i testi
parlano si rende presente nel sacrificio totale di
sé al Padre.
Bisogna
valorizzare le Introduzioni, che spiegano
il contenuto della liturgia, in particolare i
Praenotanda del Messale Romano, le Anafore
orientali, l’Ordo Lectionum Missae, i
Lezionari, il Divino Ufficio e farne
oggetto di formazione liturgica dei Pastori e dei
fedeli, insieme alla Costituzione sulla Sacra
Liturgia del Concilio Vaticano II.
Anche sulla
traduzione si richiede minore frammentazione dei
brani e più fedeltà al testo originale. Ricordando
che nella liturgia, rito e parola devono restare
intimamente connessi (cf. SC 35), l’incontro con
la Parola di Dio va realizzato nella specificità
dei segni che competono nella celebrazione
liturgica. Tale, ad esempio è la collocazione
dell’ambone, la cura dei libri liturgici, uno
stile adeguato di lettura, la processione e l’incensazione
del Vangelo.
Inoltre, si
curerà massimamente la liturgia della Parola, con
la proclamazione chiara e comprensibile dei testi,
con l’omelia che della Parola si fa risonanza(52).
Questo comporta disporre di lettori capaci,
preparati. A questo scopo servono scuole, anche
diocesane, per la formazione dei lettori. In
questa ottica di migliore comprensione della
Parola di Dio nella Messa, appaiono utili delle
brevi monizioni che presentano il senso delle
letture da proclamare.
Sull’omelia si
attende un migliore impegno nella fedeltà alla
parola biblica e alla condizione dei fedeli,
aiutandoli ad interpretare gli eventi della vita e
della storia alla luce della fede. Essa non
dovrebbe essere limitata esclusivamente
all'aspetto biblico, ma sarebbe opportuno che
abbracciasse anche fondamentali temi dogmatici e
morali. A questo scopo diventa indispensabile
un’adeguata formazione dei futuri ministri. Si
raccomanda che la comunicazione della Parola di
Dio avvenga insieme con il canto e la musica,
valorizzando parole e silenzio; fuori della
liturgia sono possibili forme di drammatizzazione
della Parola di Dio con l’aiuto di scritte e
figure e anche di opere artisticamente decorose
come, ad esempio, il teatro sacro.
Si auspica che
le comunità religiose, specialmente monastiche,
aiutino le comunità parrocchiali a scoprire e
gustare la Parola di Dio nella celebrazione
liturgica. Circa il Divino Ufficio con la Liturgia
delle Ore, a cui il popolo è disposto a
partecipare, oggi è diventato indispensabile
riflettere sul modo di rendere pastoralmente più
adeguato e accessibile ai fedeli questo eccellente
canale della Parola di Dio.
La Lectio
Divina
38. L’incontro
orante con la Parola di Dio dispone di una
esperienza privilegiata, tradizionalmente chiamata
Lectio Divina. «La lectio divina è
una lettura individuale o comunitaria, di un passo
più o meno lungo della Scrittura accolta come
Parola di Dio e che si sviluppa sotto lo stimolo
dello Spirito in meditazione, preghiera e
contemplazione»(53).
Si può dire che
in tutte le Chiese si assiste ad una nuova,
specifica attenzione alla Lectio Divina. In
alcune parti è una tradizione secolare. In certe
diocesi, dopo il Concilio Vaticano II è andata
affermandosi progressivamente. In tante comunità
sta diventando una nuova forma di preghiera e di
spiritualità cristiana, con notevoli vantaggi
ecumenici. Si avverte, peraltro, il bisogno di un
adeguamento della forma classica alle diverse
situazioni, tenendo conto delle possibilità reali
dei fedeli, in modo da conservare l’essenza di
questa lettura orante, ma insieme favorendo la sua
qualità di cibo nutriente per la fede di tutti.
Giova qui
ricordare che la Lectio Divina è una
lettura della Bibbia, che risale alle origini
cristiane e che ha accompagnato la Chiesa nella
sua storia. Permane viva nell’esperienza
monastica, ma oggi lo Spirito, tramite il
Magistero, la propone come elemento pastoralmente
significativo e da valorizzare per la vita della
Chiesa in quanto tale, per l’educazione e la
formazione spirituale dei presbiteri, per la vita
quotidiana delle persone consacrate, per le
comunità parrocchiali, per le famiglie, per
associazioni e movimenti, per i semplici credenti,
adulti e giovani, che possono trovare in questa
forma di lettura un mezzo accessibile e
praticabile per accedere personalmente e
comunitariamente alla Parola di Dio (cf. OT
4)(54).
Scrive il Papa
Giovanni Paolo II: «È necessario che l’ascolto
della Parola diventi un incontro vitale,
nell’antica e sempre valida tradizione della
Lectio Divina, che fa cogliere nel testo
biblico la parola viva che interpella, orienta e
plasma l’esistenza»(55). Il Santo Padre Benedetto
XVI precisa che ciò avvenga «mediante l’utilizzo
anche dei nuovi metodi, attentamente ponderati, al
passo dei tempi»(56). In particolare il Santo
Padre ricorda ai giovani che «è sempre importante
leggere la Bibbia in modo molto personale, in un
colloquio personale con Dio, ma nello stesso tempo
è importante leggerla in una compagnia di persone
con cui si cammina»(57). Esorta «ad acquistare
dimestichezza con la Bibbia, a tenerla a portata
di mano, perché sia come una bussola che indica la
strada da seguire»(58). Che la diffusione della
Lectio Divina stia a cuore a Benedetto XVI e
sia da lui colta come il punto decisivo per un
rinnovamento della fede oggi appare dal messaggio
rivolto a diverse categorie di persone, specie ai
giovani, ai quali raccomanda: «Vorrei soprattutto
evocare e raccomandare l’antica tradizione della
Lectio Divina: la lettura assidua della
Scrittura santa, accompagnata dalla preghiera,
realizza il colloquio intimo con Dio, che noi
ascoltiamo quando leggiamo e a cui rispondiamo
nella preghiera con un cuore aperto e fiducioso (cf.
DV 25). Questa prassi, se efficacemente promossa,
apporterà alla Chiesa – ne sono convinto – una
nuova primavera spirituale. La pastorale biblica
deve dunque insistere particolarmente sulla
Lectio Divina e incoraggiarla grazie a metodi
nuovi, elaborati con cura e al passo con i nostri
tempi. Non dovremmo mai dimenticare che “lampada
per i miei passi è la tua parola, luce sul mio
cammino” (Sal 119, 105)»(59).
La novità della
Lectio Divina nel popolo di Dio richiede
una opportuna pedagogia di iniziazione, che faccia
capire bene di che cosa si tratta e contribuisca a
chiarire il senso dei diversi gradi e una loro
applicazione tanto fedele quanto saggiamente
creativa. Di fatto, esistono diversi procedimenti,
come quello detto dei Sette Passi (Seven Steps),
praticato presso molte Chiese particolari in
Africa. Si chiama così perché l’incontro con la
Bibbia è come un cammino costituito da sette
momenti: presenza di Dio, lettura, meditazione,
sosta, comunicazione, colloquio, preghiera comune.
Lo stesso nome di Lectio Divina viene in
diverse parti modificato, ad esempio, in Scuola
della Parola oppure Lettura orante.
Soprattutto, si
terrà presente che l’uditore/lettore di oggi è
diverso da quello del passato, vive una situazione
di rapidità e di frammentazione. Ciò domanda una
formazione illuminata, paziente e continua, tra i
presbiteri, le persone di vita consacrata e i
laici. Obiettivi utili già praticati, possono
essere la condivisione delle esperienze, motivate
dalla Parola ascoltata (collatio)(60), o le
decisioni pratiche soprattutto di carità (actio).
La Lectio
Divina deve poter diventare fonte che ispira
le varie pratiche della comunità, come esercizi
spirituali, ritiri, devozioni ed esperienze
religiose. Importante obiettivo è far maturare la
persona ad una lettura della Parola, capace di
discernimento sapienziale della realtà. La
Lectio Divina non è affatto una pratica da
riservare a qualche fedele molto impegnato o a un
gruppo di specialisti della preghiera. Essa è una
realtà senza la quale noi non saremmo cristiani
autentici in un mondo secolarizzato. Questo mondo
richiede personalità contemplative, attente,
critiche, coraggiose. Esso domanda di volta in
volta scelte nuove ed inedite. Richiederà
interventi particolari che non vengono dalla pura
abitudine né dall’opinione comune, bensì
dall’ascolto della Parola del Signore e dalla
percezione misteriosa dello Spirito Santo nei
cuori.
La Parola
di Dio ed il servizio di carità
39. La
diakonia o servizio della carità è vocazione
della Chiesa di Gesù Cristo, in corrispondenza
alla carità, che il Verbo di Dio ha manifestato
con le sue parole e le sue opere.
È necessario
che la Parola di Dio porti all’amore del prossimo.
In molte comunità si afferma che l’incontro con la
Parola non si chiude nell’ascolto e nella
celebrazione in se stessa, ma mira a diventare
impegno concreto, personale e comunitario, verso
il mondo dei poveri, in quanto segno della
presenza del Signore. In quest’ottica, si accenna
all’approccio liberazionista alla Bibbia, per il
cui sviluppo ulteriore e fecondità nella Chiesa
«un fattore decisivo sarà la precisazione dei suoi
presupposti ermeneutici, dei suoi metodi e della
sua coerenza con la fede e la Tradizione di tutta
la Chiesa»(61).
Urge mettere in
luce questo rapporto fra Parola di Dio e carità,
in quanto la carità, per credenti e non credenti,
reca un potente impulso all’incontro con la Parola
di Dio. Tale legame si trova affermato
nell’Enciclica del Santo Padre Benedetto XVI
Deus caritas est, che presenta uniti
insieme i tre elementi che costituiscono la natura
profonda della Chiesa: proclamazione della Parola
di Dio (kerygma-martyria), celebrazione dei
sacramenti (leitourgia) ed esercizio del
ministero della carità (diakonia). Scrive
Sua Santità: «La Chiesa non può trascurare il
servizio della carità così come non può trascurare
i sacramenti»(62). L’Enciclica
Spe salvi afferma che «il messaggio
cristiano non è solo “informativo”, ma
“performativo”. Ciò significa: il Vangelo non è
soltanto una comunicazione di cose che si possono
sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e
cambia la vita»(63). Chiaramente alla base di
questo rapporto tra Parola e carità sta la Parola
stessa fatta carne, Gesù di Nazaret che «passò
beneficando e risanando tutti coloro che stavano
sotto il potere del diavolo, perché Dio era con
lui» (At 10, 38).
Ricordando le
tante pagine della Sacra Scrittura che non solo
raccomandano, ma comandano il rispetto della
giustizia verso il prossimo (cf. Dt 24,
14-15; Am 2, 6-7; Ger 22, 13; Gc
5, 4) ci sarà fedeltà alla Parola di Dio quando la
prima forma di carità si realizza nel rispetto dei
diritti della persona umana, nella difesa degli
oppressi e di quanti soffrono. E a questo fine si
tenga presente l’importanza delle comunità di
fede, formate anche da poveri e animate dalla
lettura della Bibbia. Occorre dare consolazione e
speranza ai poveri del mondo. Il Signore, che ama
la vita, con la sua Parola intende illuminare,
guidare e confortare tutta la vita dei credenti in
ogni circostanza, nel lavoro e nella festa, nella
sofferenza, nel tempo libero, negli impegni
familiari e sociali, e in ogni vicenda della vita,
in modo che ognuno possa discernere ogni cosa e
tenere ciò che è buono (cf. 1 Tess 5, 21),
riconoscendo così la volontà di Dio e metterla in
pratica (cf. Mt 7, 21).
L’esegesi
della Sacra Scrittura e la teologia
40. «Sia dunque
lo studio delle sacre pagine come l’anima della
sacra teologia» (DV 24). Indubbiamente i frutti
raggiunti in questo ambito, a seguito del Concilio
Vaticano II, ci fanno lodare il Signore. Oggi
emerge come punto rilevante l’impegno di un grande
numero di esegeti e teologi che studiano e
spiegano le Scritture “secondo il senso della
Chiesa”, interpretando e proponendo la Parola
scritta della Bibbia nel contesto della viva
Tradizione, valorizzando in ciò l’eredità dei
Padri, confrontandosi con le indicazioni del
Magistero (cf. DV 12) e aiutando con dedizione il
servizio dei Pastori, meritando così una parola di
ringraziamento e di incoraggiamento(64).
D’altra parte,
avendo la Parola di Dio piantato la sua tenda in
mezzo a noi (cf. Gv 1, 14), è indubbio che
lo Spirito ci spinge a meditare sui nuovi
itinerari che essa intende compiere tra gli uomini
del nostro tempo e d’altra parte lo stesso Spirito
invita a raccogliere attese e sfide che l’umanità
di oggi pone alla Parola. Ne derivano alcuni
impegni nuovi a livello di studio, come pure di
servizio alla comunità.
Diventa
indispensabile impostare lo studio secondo le
indicazioni del Magistero, sia quanto alla
conoscenza e impiego del metodo di ricerca, sia
quanto al processo interpretativo che deve
sfociare nella pienezza data dal senso spirituale
del Testo sacro(65). Si richiede che sia superata
la distanza che si avverte tra ricerca esegetica
ed elaborazione teologica, per una reciproca
collaborazione: il teologo utilizzi il dato
biblico senza strumentalizzazione, mentre
l’esegeta non limiti la sua ricerca ai soli dati
letterali ma si impegni a riconoscere e comunicare
i contenuti teologici presenti nel testo ispirato.
In particolare, si chiede al teologo di farsi
carico di una teologia della Sacra Scrittura, che
aiuti a capire e valorizzare la verità della
Bibbia nella vita di fede e nel dialogo con le
culture, riflettendo sulle attuali tendenze
antropologiche, sulle istanze morali, sul rapporto
tra ragione e fede, sul dialogo con le grandi
religioni.
Tra i punti di
riferimento del lavoro esegetico e teologico vanno
valorizzati i testimoni della Sacra Tradizione,
come sono la liturgia e i Padri della Chiesa.
Dagli studiosi la comunità cristiana si aspetta “appropriati
sussidi”, che aiutino i ministri della divina
Parola ad offrire al popolo di Dio «l’alimento
delle Scritture, che illumini la mente, corrobori
la volontà, accenda il cuore degli uomini
all’amore di Dio» (DV 23). A questo scopo si
auspica un dialogo intenso e costruttivo tra
esegeti, teologi e pastori. Questo dialogo
permetterebbe di tradurre la riflessione teologica
in proposte di evangelizzazione più incisive. In
quest’ottica globale si richiama l’attenzione
sulle prospettive delineate a suo tempo dal
Decreto del Concilio Vaticano II
Optatam totius, a proposito
dell’insegnamento della teologia e dell’esegesi
biblica e di riflesso della metodologia da
approntare per formare futuri pastori. Le
prospettive ivi delineate attendono ancora di
essere in buona parte attuate.
La Parola
di Dio nella vita del credente
41. La
consapevolezza della Parola di Dio come
inestimabile dono ha determinato la responsabilità
dell’accoglienza della fede. E poiché l’ascolto
della Parola comanda – come dice Gesù – di fare la
Parola (cf. Mt 7, 21), la Chiesa ha sempre
proposto una condotta di vita corrispondente,
mirando alla formazione di una spiritualità
biblica.
Il tipo di
relazione con la Parola di Dio è chiaramente
determinato da una visione di fede. Dall’analisi
dell’esperienza si nota come la Bibbia rischia per
certuni di restare puro oggetto culturale, senza
incidenza nella vita, per altri invece essa rimane
un libro che amano, senza saperne il motivo. Vi è
infine, come i diversi terreni della parabola del
seminatore, chi porta frutto del trenta, chi del
sessanta, chi del cento per uno (cf. Mc 4,
20). È fondato affermare che con il progresso
catechistico, quello spirituale costituisce uno
degli aspetti più belli e promettenti
dell’incontro della Parola di Dio con il suo
popolo.
Le ragioni di
una relazione vitale con la Bibbia vengono
sintetizzate dalla
Dei Verbum secondo la quale è necessario
conservare un contatto continuo con le Scritture,
mediante la sacra lettura e lo studio accurato (cf.
DV 25), perché la Bibbia è la «sorgente pura e
perenne della vita spirituale» (DV 21). Per una
genuina spiritualità della Parola, va ricordato
che «la lettura della Sacra Scrittura deve essere
accompagnata dalla preghiera, affinché possa
svolgersi il colloquio tra Dio e l’uomo; poiché
“gli parliamo quando preghiamo e lo ascoltiamo
quando leggiamo gli oracoli divini” (66)» (DV 25).
Conferma Sant’Agostino: «La tua preghiera è la tua
parola rivolta a Dio(67). Quando leggi la Bibbia è
Dio che ti parla; quando preghi sei tu che parli a
Dio». Diventa necessario illuminare i fedeli su
ciò che apporta la lettura credente della Bibbia
nella vita del cristiano, quando egli stesso avrà
fatto del suo cuore una biblioteca della
Parola(68).
La Parola di
Dio contribuisce alla vita di fede, in quanto non
esprime al primo posto un compendio di questioni
dottrinali o una serie di principi etici, ma
l’amore di Dio che invita all’incontro personale
con lui e manifesta la sua inesprimibile grandezza
nell’evento pasquale. Essa propone un progetto
salvifico del Padre per ogni persona e per ciascun
popolo. Interpella, esorta, stimola ad un cammino
di discepolato e di sequela, dispone ad accettare
l’azione trasformatrice dello Spirito, favorisce
grandemente la fraternità creando vincoli
profondi, provoca un impegno evangelizzatore.
Tutto ciò vale in particolare per le persone
consacrate.
Ciò porta alla
cura attenta di alcuni atteggiamenti. Anzitutto la
Parola di Dio va incontrata con l’animo del
povero, interiormente ed anche esteriormente,
come «il Signore nostro Gesù Cristo, che, da
ricco che era, si è fatto povero perché voi
diventaste ricchi per mezzo della sua povertà»
(2 Cor 8, 9), con un modo di essere,
dunque, basato sullo quello di Gesù che ascolta la
Parola del Padre e l’annuncia ai poveri (cf. Lc
4, 18). Ci sono persone, in particolare donne, che
lavorano in condizioni talora pesanti,
custodiscono il focolare, si dedicano ai figli,
fanno molteplici servizi ai loro vicini con una
fede viva e un riferimento spontaneo ai salmi e ai
Vangeli. È la testimonianza della vita che dona
credibilità alla lettura della Bibbia.
I maestri di
spirito ricordano le condizioni, grazie a cui la
Parola nutre la vita del credente, generando la
spiritualità biblica: l’interiorizzazione
profonda della Parola; la perseveranza
nelle prove, suscitata dalla Parola; infine la
lotta spirituale contro parole, pensieri,
condotte false e ostili. Anche la Bibbia è sotto
il segno della croce, è dimora del Crocifisso.
Tali attitudini sono testimoniate dalle comunità
religiose e dai centri di spiritualità, che sono
di valido aiuto per una esperienza profonda della
Parola di Dio.
PARTE TERZA
LA PAROLA DI DIO
NELLA MISSIONE DELLA CHIESA
«Si recò a
Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò secondo
il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò
a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta
Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:
“Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo
mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato
per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per
proclamare ai prigionieri la liberazione e ai
ciechi la vista; per rimettere in libertà gli
oppressi, e predicare un anno di grazia del
Signore”. Poi arrotolò il volume, lo consegnò
all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti
nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora
cominciò a dire: “Oggi si è adempiuta questa
Scrittura che voi avete udita con i vostri
orecchi”» (Lc 4, 16-21).
La
missione della Chiesa
42.
Nell’annunciare la Buona Notizia la missione della
Chiesa è strettamente legata all’esperienza della
Parola di Dio nella vita. Alla scuola della stessa
Parola incarnata la Chiesa ha coscienza che la sua
frequentazione di Cristo è, per comando dello
stesso Signore, una parola, una esperienza di vita
da comunicare a tutti. Oggi la missione della
Chiesa, a servizio della Parola di Dio, è rivolta
ad ambiti diversi: popoli e gruppi umani, contesti
socio-culturali in cui Cristo e il suo Vangelo non
sono conosciuti o non ancora ben radicati; vi sono
comunità cristiane ferventi di fede e di vita; vi
è la situazione di interi gruppi di battezzati che
non si riconoscono più membri della Chiesa,
conducendo un’esistenza lontana da Cristo e dal
suo Vangelo(69). Diventa necessario, quindi,
riflettere in maniera adeguata su questo
diversificato dinamismo missionario della Parola
di Dio nella Chiesa.
CAPITOLO SESTO
Per un «largo
accesso alla Sacra Scrittura» (Dv 22)
La
missione della Chiesa è proclamare la Parola e
costruire il Regno di Dio
43. La missione
della Chiesa all’inizio di questo nuovo millennio
è nutrirsi della Parola, per essere serva della
Parola nell’impegno della evangelizzazione(70).
L’annuncio del
Vangelo è senza dubbio la ragion d’essere della
Chiesa e della sua missione. Ciò implica che essa
vive ciò che predica. Questa è la via decisiva
perché appaia credibile ciò che proclama,
nonostante le debolezze e povertà. Il popolo
d’Israele, quando rispondeva alla Parola di Dio,
diceva: «Quanto il Signore ha ordinato, noi lo
faremo e lo eseguiremo!» (Es 24, 7);
anche Gesù invitava a questa risposta i suoi
discepoli al termine del Discorso della Montagna (cf.
Mt 7, 21-27).
L’annuncio
della Parola di Dio, alla scuola di Gesù, ha per
intima forza e contenuto il Regno di Dio (cf.
Mc 1, 14-15). Il Regno di Dio è la stessa
Persona di Gesù, che con le parole e le opere
offre a tutti gli uomini la salvezza. Predicando
Gesù Cristo, la Chiesa partecipa, dunque, alla
costruzione del Regno di Dio, ne illumina la
dinamica di seme che germoglia (cf. Mc 4,
27) e invita tutti ad accoglierlo.
Il «guai a
me se non predicassi il Vangelo» (1 Cor
9, 16) di San Paolo risuona anche oggi nella
Chiesa con urgenza, diventando per tutti i
cristiani non una semplice informazione, ma
vocazione al servizio del Vangelo per il mondo.
Infatti, come dice Gesù, «la messe è molta»
(Mt 9, 37) e diversificata: vi sono tanti
che non hanno mai ascoltato il Vangelo e sono in
attesa del primo annuncio, specie nei continenti
di Africa e di Asia; vi sono anche diversi che
hanno dimenticato il Vangelo e attendono una nuova
evangelizzazione. Dare chiara e condivisa
testimonianza di una vita secondo la Parola di
Dio, attestata da Gesù, diventa indispensabile
criterio di verifica della missione della Chiesa.
In verità non
sono mancate né mancano delle difficoltà
che ostacolano il cammino nell’annuncio del
Vangelo e nell’ascolto del Signore. Vari sono i
motivi: la cultura attuale, portata per diversi
motivi al relativismo e al secolarismo; le
molteplici sollecitazioni del mondo e l’attivismo
di vita soffocano lo spirito, per cui si nota una
certa difficoltà all’interiorizzazione del
messaggio evangelico; la mancanza di sussidi
biblici non permette in tante regioni l’utilizzo
del Testo biblico, la sua traduzione e diffusione.
Si incontrano poi, in particolare, gli ostacoli
delle sette e del fondamentalismo per una corretta
interpretazione della Bibbia. Portare la Parola di
Dio è una missione forte che implica un sentire
profondo e convinto cum Ecclesia.
Uno dei primi
requisiti per un efficace annunzio evangelico è la
fiducia nella potenza trasformante della Parola
nel cuore di chi l’ascolta. Infatti, «la parola
di Dio è viva, efficace [...] scruta i
sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb
4, 12). Un secondo requisito, oggi particolarmente
avvertito e credibile, è annunciare la Parola di
Dio come sorgente di conversione, di giustizia, di
speranza, di fraternità, di pace. Altri requisiti
sono la franchezza, il coraggio, lo spirito di
povertà, l’umiltà, la coerenza, la cordialità di
chi serve la Parola di Dio. Scrive Sant’Agostino:
«È fondamentale comprendere che la pienezza della
Legge, come di tutte le Scritture divine, è
l’amore [...]. Chi dunque crede di aver compreso
le Scritture, o almeno una qualsiasi parte di
esse, senza impegnarsi a costruire, mediante la
loro intelligenza, questo duplice amore di Dio e
del prossimo, dimostra di non averle ancora
comprese»(71). In sintesi, come afferma il Santo
Padre Benedetto XVI, ricevendo la Parola di Dio,
che è amore, ne consegue che non si può veramente
annunciare il Signore senza una pratica di amore,
nell’esercizio della giustizia e della carità(72).
La
missione della Chiesa si compie
nell’evangelizzazione e nella catechesi
44. Da sempre
nella storia del popolo di Dio l’annuncio della
Parola avviene tramite l’evangelizzazione e la
catechesi. A partire dal Concilio Vaticano II,
appare che il rapporto tra Bibbia ed
evangelizzazione nelle sue diverse forme, dal
primo annuncio alla catechesi permanente, è molto
stretto. Dovunque, i Catechismi nazionali e i
Direttori che li ispirano sono biblicamente
qualificati e mostrano al primo posto la Parola di
Dio attinta dalla Scrittura. Si richiedono delle
chiarificazioni specie intorno ad un nodo
centrale: l’integrazione dell’intelligenza di fede
proposta dalla Tradizione e dal Magistero con il
Testo biblico.
In linea di
principio,
va ricordata nella sua nitidezza l’affermazione
conciliare: «Anche il ministero della Parola, cioè
la predicazione pastorale, la catechesi e ogni
tipo di istruzione cristiana, nella quale l’omelia
liturgica deve avere un posto privilegiato, si
nutre con profitto e santamente vigoreggia con la
parola della Scrittura» (DV 24). Il Papa Giovanni
Paolo II ha affermato che «l’opera
dell’evangelizzazione e della catechesi si sta
rivitalizzando proprio nell’attenzione della
Parola di Dio»(73). Il Direttorio generale per
la catechesi precisa il senso della “Parola di
Dio, fonte della catechesi” affermando: «La
catechesi attingerà sempre il suo contenuto alla
fonte viva della parola di Dio, trasmessa nella
Tradizione e nella Scrittura»(74).
È importante
raccomandare di non ridurre la Parola di Dio nella
catechesi a un oggetto da sapere come una materia
scolastica. Alla luce della Rivelazione si dovrà
ricordare di incontrare la Scrittura nella
catechesi come atto con cui Dio stesso si rivolge
alle persone, analogamente a ciò che avviene nella
celebrazione liturgica. Si tratta, grazie ai testi
biblici, di far provare la presenza fedele e
benevola di Dio che non cessa di manifestarsi agli
uomini. In questa prospettiva la catechesi è
strettamente legata alla Lectio Divina, in
quanto è esperienza di ascolto e di preghiera
della Parola di Dio, fin dalla giovinezza.
45. In linea
operativa, vanno tenute presenti le forme di
comunicazione della Parola di Dio ed insieme le
esigenze sempre nuove dei fedeli nelle diverse età
e condizioni spirituali, culturali e sociali, come
indicano il Direttorio generale per la
catechesi e i Direttori catechistici
delle diverse Chiese particolari(75).
L’evangelizzazione ha come canali privilegiati il
percorso dell’Anno liturgico, il cammino di
iniziazione cristiana, la formazione
permanente(76). La catechesi catecumenale e
mistagogica conduce ad una feconda mentalità
biblica, che permette anche di illuminare
efficacemente la religiosità popolare tramite la
Parola di Dio, da cui sovente essa attinge. Un
ruolo importante riveste l’incontro diretto con la
Sacra Scrittura. Esso è un obiettivo primario. La
catechesi «deve imbeversi e permearsi del
pensiero, dello spirito e degli atteggiamenti
biblici ed evangelici mediante un contatto assiduo
con i testi medesimi»(77).
Per il suo
particolare rilievo culturale va valorizzato
l’insegnamento della Bibbia nella scuola e
segnatamente nell’insegnamento della religione,
per proporre un percorso completo di scoperta sia
dei grandi testi biblici come dei metodi di
interpretazione adottati nella Chiesa. E a questo
fine il
Catechismo della Chiesa Cattolica è
«strumento valido e legittimo al servizio della
comunione ecclesiale come una norma sicura per
l’insegnamento della fede»(78). Non si intende con
esso sostituire la catechesi biblica, ma
integrarla nella più completa visione della
Chiesa.
Dati i forti
cambiamenti culturali e sociali avvenuti, diventa
necessaria una catechesi che aiuti a spiegare le
“pagine difficili” della Bibbia. Tali difficoltà
si rilevano nell’ordine della storia, della
scienza e della vita morale, in particolare,
riguardo a certi modi di rappresentazione di Dio e
di comportamento etico dell’uomo, specie
nell’Antico Testamento. La ricerca di una
soluzione ha bisogno di una riflessione organica
di carattere esegetico-teologico, ma anche
antropologico e pedagogico.
Infine, la
predicazione nelle forme più varie rimane uno dei
mezzi preminenti di comunicazione della fede nella
Chiesa, ma anche la forma forse più esposta al
giudizio dei fedeli. Occorre pensare ad un
progetto strategico di formazione alla
predicazione della Parola (cf. DV 25). Quanto al
processo di comunicazione l’Esortazione Apostolica
Evangelii nuntiandi del Papa Paolo VI,
conserva una piena attualità, in particolare
quando dichiara che va riconosciuto il primato da
dare alla testimonianza personale nell’annuncio
della Parola di Dio e alla sua trasmissione in
strutture familiari o negli ambienti abitualmente
frequentati da ciascuno.
CAPITOLO SETTIMO
La Parola di Dio
nei servizi e nella formazione
del popolo di Dio
Un
contatto continuo con le Scritture (cf.
DV 25)
Un impegno
pastorale essenziale riguarda la formazione dei
fedeli a ricevere e a donare la Parola di Dio. È
quanto si ricava chiaramente dalla
Dei Verbum che ricorda il molteplice
valore della Parola Dio e indica chiaramente i
compiti, i responsabili e il cammino formativo.
La fame e
sete della Parola di Dio (cf.
Am 8, 11):
attenzione ai bisogni
del popolo di Dio
46. Tali
bisogni si possono riconoscere come conoscenza,
comprensione, pratica della Parola. Quanto alla
conoscenza, essa riguarda la vera natura della
Parola e dei suoi canali, Scrittura e Tradizione,
con il servizio che il Magistero è chiamato a
prestare. Molto è stato fatto dopo il Concilio
Vaticano II, ma è veramente grande il bisogno di
chiarezza e di certezza su quanto la Rivelazione
offre. Quanto alla comprensione, resta
centrale il problema dell’interpretazione e dell’inculturazione
della Parola di Dio, come è stato detto in
precedenza. Difficoltà si riscontrano circa la
pratica della Bibbia. A tanti fedeli non è
ancora pervenuta in mano una traduzione del testo
biblico.
Oggi, si
prospettano altri nodi, che vanno tenuti presenti:
la difficoltà di leggere, in quanto persiste
l’analfabetismo in varie parti; l’apprendimento
per molti avviene perlopiù tramite canali visivi e
auditivi, quindi rapidi e frammentati; in certe
parti del mondo, infine, la cultura religiosa
dominante non ha per riferimento immediato il
Libro sacro.
«Nella
Sacra Scrittura si manifesta l’ammirabile
condiscendenza
dell’eterna Sapienza» (DV
13)
47. A questo
proposito sembra si possa dire che lo Spirito
suggerisce alle Chiese particolari di riprendere i
documenti del Concilio Vaticano II, specialmente
le quattro Costituzioni, con la
Dei Verbum al centro, e farne oggetto di
catechesi per l’intero popolo di Dio nelle
modalità più congrue alle persone. Teologia della
rivelazione, teologia della Scrittura, rapporto
fra Antico Testamento e Nuovo Testamento,
pedagogia di Dio sono temi sostanziali che solo
una catechesi organica e corsi biblici strutturati
possono illustrare.
Si terrà
presente anche la necessità di metodologie e
sussidi. Esistono molte possibilità di udire la
Parola di Dio. La difficoltà essenziale è che
possa toccare veramente i cuori e diventare una
Parola vivente e non soltanto una Parola ascoltata
o conosciuta. Per questo niente può rimpiazzare il
lavoro personale regolare e paziente nella
preghiera. Conviene incoraggiare, adottare sussidi
semplici, accessibili a tutti. Diversi movimenti,
tra cui l’Azione Cattolica, propongono dei mezzi
per unire vita e Parola di Dio. Oggi tecniche e
strumenti di contatto con la Bibbia sono
innumerevoli e generalmente ben fatti: commentari,
introduzioni alla Bibbia, Bibbie per bambini e per
ragazzi, libri spirituali, riviste scientifiche e
divulgative, senza considerare il vastissimo campo
dei media semplici e complessi a servizio della
comunicazione della Bibbia. È necessario farsi
capire e offrire a fratelli e sorelle nella fede
il pane della Parola. A questo scopo si avverte il
bisogno di una solidarietà sul piano anche
materiale tra le Chiese.
Qui si pone la
necessità di pensare in modo nuovo e più corretto
tutto ciò che riguarda la nuova forma della
comunicazione. La familiarità con la Sacra
Scrittura non è facile. Come il ministro della
regina di Etiopia, per capire ciò che dice il
testo occorre una pedagogia che partendo dalla
Scrittura apra alla comprensione e accettazione
della buona notizia di Gesù (cf. At 8,
26-40). Bisogna avviare il cammino e, soprattutto,
ispirare forme creative ed evangeliche per
attualizzare l’insegnamento della
Dei Verbum, che, a sua volta, permetta
l’accesso credente, in quantità e qualità, alla
Parola di Dio consegnata nelle Scritture.
I Vescovi
nel ministero della Parola
48. Il Concilio
Vaticano II insegna che «compete ai Sacri Presuli
[...] istruire opportunamente i fedeli loro
affidati circa il retto uso dei libri divini» (DV
25). Pertanto questo compito spetta ai Vescovi
direttamente in prima persona, sia come
ascoltatori della Parola, sia come servitori della
medesima, secondo il loro munus docendi(79).
Il Vescovo in un mondo di comunicazioni dev’essere
un comunicatore qualificato della sapienza
biblica, non tanto per la sua scienza, ma per
l’abituale consuetudine con i libri sacri,
divenendo così una guida per tutti coloro che
quotidianamente aprono la Bibbia. Facendo della
Parola di Dio e della Sacra Scrittura l’anima
della pastorale è in grado di portare i fedeli
all’incontro con Cristo, fonte viva. Il Santo
Padre Benedetto XVI ha rilevato il bisogno di
educare il popolo alla lettura e meditazione della
Parola di Dio come alimento spirituale, «affinché
per propria esperienza i fedeli vedano che le
parole di Gesù sono spirito e vita (cf. Gv
6, 63).[...] Dobbiamo basare il nostro impegno
missionario e tutta la nostra vita sulla roccia
della Parola di Dio e questo incoraggia i Pastori
a farla conoscere»(80). Perciò il modo migliore
per favorire il gusto della Sacra Scrittura è la
persona stessa del Vescovo plasmato dalla Parola
di Dio. Egli ha la possibilità continua di aiutare
i fedeli a gustare la Scrittura. Tutte le volte
che parla ai fedeli, e in particolare ai preti,
può dare qualche esempio e saggio di Lectio
Divina. Se egli ha imparato a farla
convenientemente e la presenta in maniera
semplice, i fedeli impareranno. Ecco un obiettivo
certo del ministero dei Pastori: la pratica della
Bibbia e tutte le iniziative che la promuovono
vanno considerate come cammino ecclesiale e base
di ogni devozione.
Il
compito dei presbiteri e dei diaconi
49. Anche per i
presbiteri e i diaconi la conoscenza e la
familiarità con la Parola di Dio riveste un
aspetto di primaria importanza in vista
dell’evangelizzazione, a cui sono chiamati nel
loro ministero. Il Concilio Vaticano II afferma
che necessariamente tutti i chierici, in primo
luogo i presbiteri e i diaconi, devono conservare
un contatto continuo con le Scritture, mediante la
sacra lettura assidua e lo studio accurato,
affinché non diventi vano predicatore della Parola
di Dio all’esterno colui che non l’ascolta di
dentro (cf. DV 25; PO 4). Corrisponde a questa
dottrina conciliare la disposizione canonica circa
il ministero della Parola di Dio affidato ai
presbiteri e ai diaconi come collaboratori del
Vescovo(81).
Dalla
frequentazione quotidiana della Parola essi
traggono la luce necessaria per non conformarsi
con la mentalità del mondo e per un sano
discernimento personale e comunitario, in modo da
guidare con zelo nell’azione apostolica il popolo
di Dio sulle vie del Signore. Tutto questo rende
necessaria una educazione e formazione pastorale
illuminata dalla Parola. Lo sviluppo delle scienze
bibliche e insieme la varietà dei bisogni e
l’evoluzione delle situazioni pastorali esigono un
aggiornamento permanente.
Il compito
dell’annuncio determina il ricorso ad iniziative
specifiche, come, ad esempio, la valorizzazione
piena della Bibbia nei progetti pastorali. In ogni
Diocesi un progetto di pastorale biblica,
sotto la guida del Vescovo, serve a portare la
Bibbia nelle grandi azioni della Chiesa,
nell’evangelizzazione e nella catechesi. Ciò
facendo si curerà che sulla Parola di Dio si basi
e si manifesti la comunione tra chierici e laici,
e quindi tra parrocchie, comunità di vita
consacrata, movimenti ecclesiali.
Nella
prospettiva del servizio presbiterale, la
formazione seminaristica richiede sempre più una
conoscenza vasta e aggiornata, in esegesi e in
teologia, una formazione non superficiale all’uso
pastorale della Bibbia, una iniziazione vera e
propria alla spiritualità biblica, mai trascurando
l’educazione ad una grande passione per la Parola
a servizio del popolo di Dio. È auspicabile perciò
che molti chierici si dedichino agli studi anche
accademici in Sacra Scrittura.
I vari
ministri della Parola di Dio
50. Il
rinnovamento biblico e liturgico ha rivelato la
necessità di servitori della Parola di Dio,
anzitutto nell’azione liturgica e poi in ogni
altra forma di comunicazione della Bibbia. Per
quanto riguarda il servizio liturgico, il
ministero della Parola di Dio si esplica sia
mediante la proclamazione delle letture, sia
soprattutto mediante l’omelia. L’omelia spetta
solo al ministro ordinato, la proclamazione nella
liturgia è ufficio proprio del lettore, che è un
ministero istituito, e in sua assenza è svolta da
laici, uomini e donne(82). In certi casi
canonicamente previsti i laici possono essere
ammessi a predicare in una chiesa o oratorio(83).
Tra i servitori
della Parola sono da considerare i catechisti, gli
animatori di gruppi biblici e quanti hanno un
ruolo formativo dei fedeli nella liturgia, nella
carità, nell’insegnamento religioso della scuola.
Il Direttorio generale per la catechesi
delinea le competenze richieste. Ma questa
attenzione ai cooperatori pastorali è viva in
tutte le Chiese particolari, perché si avverte, da
una parte l’attaccamento alla Scrittura e
dall’altra la difficoltà di prestare questo
servizio.
Il
compito dei laici
51. Fatti
membri della Chiesa per il battesimo e muniti
della funzione sacerdotale, profetica e regale di
Cristo, i fedeli laici condividono la missione
salvifica che il Padre ha affidato a suo Figlio
per la salvezza di tutte le genti (LG 34-36)(84).
Per esercitare la loro missione «sono resi
partecipi sia del senso di fede soprannaturale
della Chiesa che “non può sbagliarsi nel credere”
(LG 12), sia della grazia della Parola (cf. At
2, 17-18; Ap 19, 10); sono altresì chiamati
a far risplendere la novità e la forza del Vangelo
nella loro vita quotidiana, familiare e
sociale»(85). In tale modo essi danno il loro
contributo alla costruzione del Regno di Dio con
la fedeltà alla sua Parola.
Spetta ai
laici, per svolgere la loro missione nel mondo,
proclamare la Buona Notizia agli uomini nelle loro
situazioni di vita. Nello stile profetico di Gesù
di Nazaret, l’annuncio della Parola di Dio «deve
apparire ad ognuno come un’apertura ai propri
problemi, una risposta alle proprie domande, un
allargamento ai propri valori ed insieme una
soddisfazione alle proprie aspirazioni»(86).
Il laico nel
cammino con la Parola di Dio non sia soltanto un
ascoltatore passivo, ma partecipi attivamente, in
tutti i campi dove entra la Bibbia: nello studio
scientifico, nel servizio della Parola in ambito
liturgico o catechetico e nell’animazione biblica
nei diversi gruppi. Il servizio dei laici richiede
competenze diversificate che esigono una
formazione biblica specifica. Qui vengono
ricordati come compiti preferenziali: la Bibbia
nell’iniziazione cristiana dei piccoli; la Bibbia
per il mondo giovanile, per esempio nelle
Giornate Mondiali della Gioventù; la
Bibbia per i malati, per i soldati, per i
carcerati.
Un mezzo
privilegiato per l’incontro con Dio che ci parla è
la catechesi all’interno delle famiglie con
l’approfondimento di qualche pagina biblica e la
preparazione della liturgia domenicale. Resta
compito della famiglia iniziare i figli alla Sacra
Scrittura con la narrazione delle grandi storie
bibliche, specialmente della vita di Gesù, e con
la preghiera ispirata ai Salmi o ad altri libri
rivelati.
Anche ai
movimenti o ai gruppi, come associazioni,
aggregazioni, nuove comunità, va prestata grande
attenzione. Infatti, pur essendo molto diversi tra
loro per metodi e campi di impegno, essi hanno
come tratto comune la riscoperta della Parola di
Dio, la sua collocazione privilegiata nel progetto
spirituale-pedagogico per suscitare e nutrire la
loro vita spirituale. Dispongono di efficaci
percorsi formativi centrati sull’assimilazione
esistenziale della Parola di Dio. Insegnano a
vivere la liturgia e la preghiera personale con
grande attenzione alla Parola, privilegiando la
liturgia della Chiesa. Anche la preghiera dell’Ufficio
e la Lectio Divina sono praticati come
momenti di nutrimento spirituale.
È compito
doveroso verificare che in questo fervido incontro
con la Parola di Dio la comunione ecclesiale e la
carità verso i fedeli non appartenenti ad
aggregazioni possano essere sempre testimoniate.
Il
servizio delle persone consacrate
52. In questo
cammino della Parola di Dio nel popolo cristiano
un ruolo specifico hanno le persone di vita
consacrata. Esse, come sottolinea il Concilio
Vaticano II, «abbiano quotidianamente tra le mani
la Sacra Scrittura, affinché dalla lettura e dalla
meditazione dei Libri Sacri imparino “la
sovreminente scienza di Gesù Cristo” (Fil
3, 8)» (PC 6) e trovino rinnovato slancio nel loro
compito di educazione e di evangelizzazione specie
dei poveri, dei piccoli e degli ultimi, tramite
gli scritti del Nuovo Testamento «soprattutto i
Vangeli, che sono “il cuore di tutte le Scritture”
[...], promovendo nei modi consoni al proprio
carisma scuole di preghiera, di spiritualità e di
lettura orante della Scrittura»(87).
Per le persone
consacrate il Testo biblico deve diventare oggetto
di una quotidiana ruminatio e di confronto
per un discernimento personale e comunitario in
vista dell’evangelizzazione. Quando l’uomo inizia
a leggere le divine Scritture – riteneva Sant’Ambrogio
– Dio torna a passeggiare con lui nel paradiso
terrestre(88). La lettura orante della Parola,
fatta insieme ai giovani, è la strada per una
rinnovata crescita vocazionale e per un fecondo
ritorno al Vangelo e allo spirito dei fondatori,
tanto auspicato dal Concilio Vaticano II e
recentemente riproposto da Sua Santità Benedetto
XVI alle persone di vita consacrata(89). In
particolare, le persone consacrate valorizzino il
confronto comunitario con la Parola di Dio, che
recherà comunione fraterna, gioiosa condivisione
delle esperienze di Dio nella loro vita e
faciliterà loro una crescita nella vita
spirituale(90). Il Papa Giovanni Paolo II
affermava: «La Parola di Dio è la prima sorgente
di ogni spiritualità cristiana. Essa alimenta un
rapporto personale con il Dio vivente e con la sua
volontà salvifica e santificante. È per questo che
la Lectio Divina, fin dalla nascita degli
Istituti di vita consacrata, in particolar modo
nel monachesimo, ha ricevuto la più alta
considerazione. Grazie ad essa, la Parola di Dio
viene trasferita nella vita, sulla quale proietta
la luce della sapienza che è dono dello
Spirito»(91).
La Parola
di Dio deve essere a disposizione di tutti in ogni
tempo
53. La Chiesa
ritiene «necessario che i fedeli abbiano largo
accesso alla Sacra Scrittura» (DV 22)(92), perché
le persone hanno diritto di incontrare la
verità(93). Oggi è un requisito indispensabile per
la missione. Poiché non di rado l’incontro con la
Scrittura rischia di non essere un fatto di
Chiesa, ma esposto al soggettivismo e
all’arbitrarietà, diventa indispensabile una
promozione pastorale robusta e credibile della
Sacra Scrittura per annunciare, celebrare e
vivere la Parola nella comunità cristiana,
dialogando con le culture del nostro tempo,
mettendosi al servizio della verità e non delle
ideologie correnti e incrementando il dialogo che
Dio vuole avere con tutti gli uomini (cf. DV 21).
A questo scopo
è necessario diffondere la pratica biblica con
opportuni sussidi, suscitare il movimento biblico
tra i laici, curare la formazione degli animatori
dei gruppi, con particolare attenzione ai
giovani(94), proponendo la conoscenza della fede
attraverso la Parola di Dio anche agli immigrati e
a quanti sono in ricerca del senso della vita.
Poiché «il
primo areopago del tempo moderno è il mondo della
comunicazione che sta unificando l’umanità [...],
l’utilizzazione dei media è diventata essenziale
all’evangelizzazione e alla catechesi [...]. La
Chiesa si sentirebbe colpevole davanti al suo
Signore se non adoperasse questi potenti mezzi
[...]. In loro essa trova una versione moderna ed
efficace del pulpito. Grazie ad essi riesce a
parlare alle moltitudini»(95) (cf. IM 11). Va dato
perciò largo spazio, con sapiente equilibrio, ai
metodi e alle nuove forme di linguaggio
e comunicazione nella trasmissione della
Parola di Dio, come sono: radio, TV, teatro,
cinema, musica e canzoni, fino ai nuovi media,
come CD, DVD, internet, ecc. Non si dimentichi
però che il buon uso dei media richiede agli
operatori pastorali serio impegno e competenza.
Occorre integrare il messaggio stesso nella “nuova
cultura” creata dalla comunicazione moderna, con
nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi
atteggiamenti psicologici(96).
È doveroso infine
ricordare che dal 1968 esiste e opera la
Federazione Biblica Cattolica mondiale (CBF),
istituita dal Papa Paolo VI a servizio della
diffusione degli orientamenti del Concilio
Vaticano II sulla Parola di Dio.
CAPITOLO OTTAVO
La Parola di Dio,
grazia di comunione
La Parola
di Dio vincolo ecumenico
54. La piena e
visibile unità di tutti i discepoli di Gesù Cristo
è ritenuta dal Santo Padre Benedetto XVI una
questione di primaria importanza che incide sulla
testimonianza del Vangelo(97). Due sono le realtà
che uniscono i cristiani: la Parola di Dio e il
Battesimo. Accogliendo questi doni il cammino
ecumenico potrà trovare il suo compimento. Il
discorso di addio di Gesù nel cenacolo mette in
forte risalto che questa unità si manifesta nel
dare una comune testimonianza alla Parola del
Padre, donata dal Signore (cf. Gv 17, 8).
Afferma il Papa Benedetto XVI: «L’ascolto della
Parola di Dio è prioritario per il nostro impegno
ecumenico. Non siamo infatti noi a fare o ad
organizzare l’unità della Chiesa. La Chiesa non
fa se stessa e non vive di se stessa, ma della
Parola creatrice che viene dalla bocca di Dio.
Ascoltare insieme la Parola di Dio, praticare la
Lectio Divina della Bibbia, cioè la lettura
legata alla preghiera, lasciarsi sorprendere dalla
novità, che mai invecchia e mai si esaurisce,
della Parola di Dio, superare la nostra sordità
per quelle parole che non si accordano con i
nostri pregiudizi e le nostre opinioni, ascoltare
e studiare nella comunione dei credenti di tutti i
tempi: tutto ciò costituisce un cammino da
percorrere per raggiungere l’unità della fede,
come risposta all’ascolto della Parola»(98).
In generale, si
nota con soddisfazione che la Bibbia è oggi il
maggior punto di incontro per la preghiera e il
dialogo tra le Chiese e le comunità ecclesiali. Si
è presa coscienza che la fede che ci unisce e gli
accenti diversi nell’interpretazione della stessa
Parola sono un invito a riscoprire insieme le
motivazioni che hanno creato la divisione. Rimane,
tuttavia, la convinzione che i progressi fatti nel
dialogo ecumenico con la Parola di Dio possono
produrre altri effetti benefici. Un’esperienza
valida va sottolineata negli ultimi decenni, cioè
l’influsso positivo e riconosciuto della
Traduction oecuménique de la Bible (TOB), e la
collaborazione tra le diverse Associazioni
bibliche cristiane, che hanno favorito intesa e
dialogo con diverse confessioni. Ma il filo rosso
che lega il cammino ecumenico dall’inizio del
secolo scorso fino ai nostri giorni è la preghiera
comune di invocazione a Dio, sorretta dallo
Spirito Santo, che promuove tra i cristiani quell’ecumenismo
spirituale, di cui il Concilio Vaticano II
affermava: «La conversione del cuore e la santità
di vita insieme con le preghiere private e
pubbliche per l’unità dei cristiani si devono
ritenere come l’anima di tutto il movimento
ecumenico» (UR 8).
La Parola
di Dio fonte del dialogo tra cristiani ed ebrei
55. Una
peculiare attenzione va data alle relazioni con il
popolo ebraico. Cristiani ed ebrei sono insieme
figli di Abramo, radicati nella stessa alleanza,
giacché Dio, fedele alle sue promesse, non ha
revocato la prima alleanza (cf. Rm 9, 4;
11, 29)(99). Conferma il Papa Giovanni Paolo II:
«Questo popolo è invitato e guidato da Dio,
Creatore del cielo e della terra. La sua esistenza
non è dunque un puro fatto di natura o di cultura,
nel senso in cui, attraverso la cultura, l’uomo
utilizza le risorse della propria natura. Si
tratta bensì di un fatto soprannaturale. Questo
popolo persevera a dispetto di tutti perché è il
popolo dell’Alleanza e perché, nonostante le
infedeltà degli uomini, il Signore è fedele alla
sua Alleanza»(100). Cristiani ed ebrei condividono
tanta parte del canone biblico, quelle “Sacre
Scritture” (cf. Rm 1, 2) dai cristiani
chiamate Antico Testamento. Questa stretta
relazione biblicamente fondata dà al dialogo tra
cristiani ed ebrei un carattere singolare. A
riguardo l’importante documento della Pontificia
Commissione Biblica: Il popolo ebraico e le sue
Sacre Scritture nella Bibbia cristiana(101)
induce a riflettere sulla stretta connessione di
fede, già segnalata dalla
Dei Verbum (cf. DV 14-16). Per comprendere
in modo più adeguato la persona stessa di Gesù di
Nazaret è necessario riconoscerlo come «figlio di
questo popolo»(102), Gesù è ebreo e lo è per
sempre.
Due aspetti poi
vanno in particolare considerati. In primo luogo,
la comprensione ebraica della Bibbia può essere di
aiuto alla comprensione e allo studio di essa da
parte dei cristiani(103). A volte si sono
sviluppati – e si possono sviluppare ulteriormente
– modi di studiare le Sacre Scritture insieme agli
ebrei e di imparare gli uni dagli altri, pur nel
rigoroso rispetto delle diversità. In secondo
luogo, è doveroso il superamento di ogni possibile
forma di antisemitismo. Lo stesso Concilio
Vaticano II ha sottolineato che gli ebrei «non
devono essere presentati né come rigettati da Dio,
né come maledetti, come se ciò scaturisse dalla
Sacra Scrittura» (NA 4). Al contrario, sulla scia
di Abramo possiamo e dobbiamo diventare fonte di
benedizione gli uni per gli altri e per il mondo,
come a più riprese è stato sottolineato dal Papa
Giovanni Paolo II(104).
Il
dialogo interreligioso
56. Facendo
riferimento a quanto fin qui ha espresso il
Magistero della Chiesa (cf. AG 11; NA 2-4)(105), e
i diversi contributi pervenuti, si richiamano i
seguenti punti per una riflessione e valutazione.
La Chiesa, mandata a portare il Vangelo ad ogni
creatura (cf. Mc 16, 15), incontra il
grande numero di aderenti ad altre religioni, sia
alle cosiddette religioni tradizionali, sia a
quelle che possiedono libri sacri con un proprio
modo di intenderli; si imbatte ovunque con persone
in cammino di ricerca o semplicemente in attesa
della Buona Notizia. A tutti la Chiesa si sente
debitrice della Parola che salva (cf. Rm 1,
14). In prospettiva positiva, si porrà attenzione
a discernere i “semi evangelici” (semina Verbi)
diffusi tra i popoli che possono costituire
un’autentica preparazione evangelica(106). Specie
le religioni e tradizioni spirituali che si
impongono all’attenzione mondiale per la loro
antichità e diffusione, come l’induismo, il
buddismo, il giainismo, il taoismo, devono essere
oggetto di studio da parte dei cattolici, in vista
di un dialogo rispettoso e leale.
In particolare
«la Chiesa guarda con stima i musulmani che
adorano l’unico Dio, vivente e sussistente,
misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e
della terra, che ha parlato agli uomini» (NA 3).
Come i cristiani e gli ebrei anch’essi si
riferiscono ad Abramo cercando di imitarlo nella
sua sottomissione a Dio, a cui rendono culto
soprattutto con la preghiera, l’elemosina ed il
digiuno. Benché essi non riconoscano Gesù come
Dio, lo venerano come profeta ed onorano Maria sua
madre verginale (cf. NA 3). Attendono il giorno
del giudizio e apprezzano la vita morale.
Il dialogo dei
cristiani con i musulmani e con i membri di altre
religioni diventa un’urgenza e permette di
conoscersi meglio e di collaborare nella
promozione dei valori religiosi, etici e morali,
contribuendo alla costruzione di un mondo
migliore.
L’incontro di
Assisi nel 1986 ricorda che l’ascolto di Dio deve
portare a superare ogni forma di violenza, perché
esso diventi attivo nel cuore e nelle opere per la
promozione della giustizia e della pace(107). Come
ha detto il Santo Padre Benedetto XVI «noi
vogliamo cercare le vie della riconciliazione e
imparare a vivere rispettando ciascuno l’identità
dell’altro»(108).
Nelle
occasioni, poi, in cui si cercasse di procedere ad
un confronto della Bibbia con i testi sacri delle
altre religioni, sarebbe deprecabile cadere in
sincretismi, accostamenti superficiali e
deformazioni della verità, a motivo anche delle
diverse concezioni circa l’ispirazione di tali
testi sacri.
Una particolare
attenzione va data alle numerose sette, operanti
in differenti continenti, che si servono della
Bibbia per scopi devianti e con metodi estranei
alla Chiesa.
La Bibbia non
appartiene soltanto ai cristiani, ma è un tesoro
per tutta l’umanità. Tramite un contatto fraterno
e personale, essa può diventare sorgente di
ispirazione per coloro che non credono in Cristo.
La Parola
di Dio fermento delle moderne culture
57. Nel corso
dei secoli il libro della Bibbia è entrato nelle
culture, tanto da ispirare i vari ambiti del
sapere filosofico, pedagogico, scientifico,
artistico, letterario. Il pensiero biblico è
talmente penetrato, da diventare sintesi e anima
della cultura stessa. Come affermava l’allora
Cardinale Ratzinger in un commento all’Enciclica
Fides et Ratio: «Già nella Bibbia stessa
viene elaborato un patrimonio di pensiero
religioso e filosofico pluralistico derivante da
diversi mondi culturali. La parola di Dio si
sviluppa nel contesto di una serie di incontri con
la ricerca dell’uomo di una risposta alle sue
domande ultime. Non è caduta direttamente dal
cielo, ma è propriamente una sintesi delle
culture»(109). Le influenze economiche e
tecnologiche di ispirazione secolaristica e
potenziate dal largo servizio dei mass-media
richiedono un dialogo più intenso tra Bibbia e
cultura, dialogo a volte dialettico, ma pieno di
potenzialità per l’annuncio, in quanto è ricco di
domande di senso, che trovano nella Parola del
Signore una proposta liberatrice.
Ciò significa
che la Parola di Dio chiede di entrare come
fermento in un mondo pluralista e secolarizzato,
negli areopaghi moderni, portando «la forza del
Vangelo nel cuore della cultura e delle
culture»(110) per purificarle, elevarle e renderle
strumenti del Regno di Dio. Questo richiede una
inculturazione della Parola di Dio, realizzata
non con superficialità, ma con una adeguata
preparazione al confronto con posizioni altrui, in
modo che appaia la identità del mistero cristiano
e la sua benefica efficacia verso ogni persona. In
tale contesto va attentamente curata la ricerca
della cosiddetta “storia degli effetti” (Wirkungsgeschichte)
della Bibbia nella cultura e nell’ethos
comune, per cui giustamente è chiamata e valutata
come “grande codice”, specie
nell’Occidente. Ha affermato il Santo Padre
Benedetto XVI: «Oggi più che mai la reciproca
apertura tra le culture è un terreno privilegiato
per il dialogo tra gli uomini impegnati nella
ricerca di un autentico umanesimo, al di là delle
divergenze che li separano. Anche in campo
culturale, il Cristianesimo ha da offrire a tutti
la più potente forza di rinnovamento e di
elevazione, cioè l’Amore di Dio che si fa amore
umano»(111). Di tutto questo si fanno carico con
grande impegno e merito i molti centri culturali
cattolici sparsi nel mondo.
La Parola
di Dio e la storia degli uomini
58. Durante il
Concilio Vaticano II il Papa Paolo VI ha descritto
la Chiesa come «serva dell’umanità»(112) per
orientare il mondo verso il Regno di Dio, secondo
la misura di Gesù Cristo, l’Uomo perfetto (GS 22).
La Chiesa, perciò, riconosce il segno di Dio nella
storia costruita dalla libertà degli uomini
sostenuta dalla grazia divina.
In questo
contesto, la Chiesa è consapevole che la Parola di
Dio va letta negli eventi e nei segni dei tempi
con i quali Dio si manifesta nella storia. Recita
il Concilio Vaticano II: «Per svolgere questo
compito [di servire il mondo] è dovere permanente
della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di
interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in
un modo adatto a ciascuna generazione, possa
rispondere ai perenni interrogativi degli uomini
sul senso della vita presente e futura e sul loro
reciproco rapporto» (GS 4). Essa quindi, immersa
nelle vicende umane, deve «cercare di discernere
negli avvenimenti, nelle richieste e nelle
aspirazioni, cui prende parte insieme con gli
altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri
segni della presenza o del disegno di Dio» (GS
11). In questo modo, svolgendo attraverso tutti i
suoi membri il suo ruolo profetico, potrà aiutare
l’umanità ad incontrare nella storia la strada che
la scosta dalla morte e la porta alla vita.
A questo
proposito lo Spirito Santo chiama la Chiesa tutta
ad annunciare la Parola di Dio quale sorgente di
grazia, di libertà, di giustizia, di pace, di
salvaguardia del creato, mettendo in pratica la
Parola del Signore, secondo le diverse competenze,
in collaborazione con persone di buona volontà.
Fanno da punto di riferimento e di incoraggiamento
le prime parole dette da Dio nella Bibbia a
riguardo della creazione del mondo e della persona
umana: «Dio vide che [...] era cosa
buona [...] molto buona» (Gn 1,
4.31), e soprattutto le parole e gli esempi di
Gesù. Dalla Bibbia, dunque, prendono ispirazione e
motivazione, non senza una doverosa mediazione
culturale, il fattivo impegno a favore della
giustizia e dei diritti umani, la partecipazione
dei cattolici alla vita pubblica, la cura
dell’ambiente come casa di tutti.
In questo modo la
Parola, che Gesù ha seminato come seme del Regno,
fa la sua corsa nella storia degli uomini (cf. 2
Tess 3, 1) e quando Gesù tornerà nella
gloria risuonerà come invito a partecipare
pienamente alla gioia del Regno (cf. Mt 25,
24). A questa sicura promessa, la Chiesa risponde
con un’ardente preghiera: «Marana tha» (1
Cor 16, 22), «Vieni, Signore Gesù» (Ap
22, 20).
CONCLUSIONE
«La parola
di Cristo dimori tra voi abbondantemente;
ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza,
cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi,
inni e cantici spirituali. E tutto quello che fate
in parole ed opere, tutto si compia nel nome del
Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a
Dio Padre» (Col 3, 16-17).
La Parola
di Dio dono alla Chiesa
59. Nella sua
grande bontà Dio Uno e Trino ha voluto comunicare
all’uomo il mistero della sua vita nascosta nei
secoli (cf. Ef 3, 9). Nel suo Figlio
Unigenito Gesù Cristo, Dio Padre ha pronunciato,
nella grazia dello Spirito, la sua Parola
definitiva che interpella ogni uomo che viene in
questo mondo. Condizione fondamentale perché
l’uomo incontri Dio è l’ascolto religioso della
Parola. Si vive la vita secondo lo Spirito in
proporzione alla capacità di fare spazio alla
Parola, di far nascere il Verbo di Dio nel cuore
umano. Infatti, non è l’uomo che può penetrare la
Parola di Dio, ma solo questa può conquistarlo e
convertirlo, facendogli scoprire le sue ricchezze
e i suoi segreti e aprendogli orizzonti di senso,
proposte di libertà e di piena maturazione umana (cf.
Ef 4, 13). La conoscenza della Sacra
Scrittura è opera di un carisma ecclesiale, che è
posto nelle mani dei credenti, aperti allo
Spirito.
Recita San
Massimo il Confessore: «Le parole di Dio, se
vengono semplicemente pronunciate, non sono
ascoltate, perché non hanno quale voce la prassi
di quelli che le dicono. Se invece vengono
pronunciate insieme alla pratica dei comandamenti,
hanno il potere con questa voce di far scomparire
i demoni e di spingere gli uomini a edificare il
tempio divino del cuore con il progresso nelle
opere di giustizia»(113). Si tratta di
abbandonarsi alla lode silenziosa del cuore in un
clima di semplicità e di preghiera adorante come
Maria, la Vergine dell’ascolto, perché tutte le
Parole di Dio si riassumono e vanno vissute
nell’amore (cf. Dt 6, 5; Gv 13,
34-35).
60. La Chiesa,
come comunità dei credenti, è convocata dalla
Parola di Dio. Essa è l’ambito privilegiato in cui
i credenti incontrano Dio che continua a parlare
nella liturgia, nella preghiera, nel sevizio della
carità. Per mezzo della Parola celebrata, in modo
particolare nell’Eucaristia, i fedeli
s’inseriscono sempre di più nella Chiesa comunione
che ha origine nella Trinità, mistero della
comunione infinita.
Il Padre, che
nell’amore dello Spirito Santo crea tutto ciò che
esiste per mezzo del Figlio e in vista di Lui (cf.
Col 1, 16), prosegue questa sua originaria
opera in ciò che il Figlio stesso opera (cf. Gv
5, 17) sulla terra. Sua opera è la sua Chiesa,
Chiesa del Verbo incarnato, via, da una parte,
discendente da Dio all’uomo e, dall’altra parte,
ascendente dall’uomo a Dio (cf. Gv 3, 13).
In questa Parola viva ed efficace (cf. Eb
4, 12) la Chiesa nasce, si edifica (cf. Gv
15, 16; At 2, 41s.) e trova vita piena (cf.
Gv 10, 10).
Per mandato del
Signore Gesù risorto la Chiesa, comunità dei suoi
discepoli, guidata dagli Apostoli, è inviata ad
annunciare la salvezza sempre e dappertutto, nella
fedeltà alla Parola del Maestro: «Andate in tutto
il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura»
(Mc 16, 15).
(1) Cf. Synodus
Episcoporum, Relatio finalis Synodi episcoporum
Exeunte coetu secundo: Ecclesia sub verbo Dei
mysteria Christi celebrans pro salute mundi
(7.12.1985), B, a), 1-4: Enchiridion del Sinodo
dei Vescovi 1, EDB, Bologna 2005, pp.
2316-2320.
(2) Benedictus XVI, Adhort.
Apost.
post-syn.
Sacramentum caritatis
(22.2.2007), 6; 52: AAS 99 (2007) 109-110;
145.
(3)
Ioannes Paulus II, Litt. Enc.
Redemptoris missio
(7.12.1990), 56: AAS 83 (1991) 304.
(4) Cf. Benedictus XVI, Litt. Enc.
Deus caritas est
(25.12.2005), 1: AAS 98 (2006) 217.
(5)
S. Irenaeus, Adversus Haereses IV, 34, 1:
SChr 100, 847.
(6)
Cf. S. Bernardus, Super Missus est, Homilia
IV, 11: PL 183, 86.
(7)
Origenes, In Johannem V, 5-6: SChr
120, 380-384.
(8) Benedictus
XVI, Ad Conventum Internationalem
La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa
(16.9.2005): AAS 97 (2005) 957. Cf. Paulus
VI, Epist. Apost.
Summi Dei Verbum (4.11.1963): AAS
55 (1963) 979-995; Ioannes Paulus II,
Udienza Generale (22.5.1985): L’Osservatore
Romano (23.5.1985), p. 6;
Discorso sull’interpretazione della Bibbia nella
Chiesa (23.4.1993): L’Osservatore
Romano (25.4.1993), pp. 8-9; Benedictus XVI,
Angelus (6.11.2005): L’Osservatore
Romano (7-8.11.2005), p. 5.
(9) Cf.
Catechismus Catholicae
Ecclesiae,
825.
(10) Benedictus
XVI, Ad Conventum Internationalem
La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa
(16.09.2005): AAS 97 (2005) 956.
(11)
S. Hieronimus, Com.
In
Is.,
Prol.: PL 24, 17.
(12) Cf.
Catechismus Catholicae
Ecclesiae,
120.
(13)
Cf. Pontificia Commissio Biblica,
L’interprétation de la Bible
dans l’Église
(15.4.1993), IV, C 3: Enchiridion Vaticanum
13, EDB, Bologna 1995, p. 1724.
(14)
Cf. Pontificia Commissio Biblica,
Le peuple juif et ses Saintes
Écritures dans la Bible Chrétienne
(24.5.2001), 19: Enchiridion Vaticanum 20,
EDB, Bologna 2004, pp. 570-574.
(15) S. Augustinus, Quaestiones in Heptateucum,
2, 73: PL 34, 623; cf. DV 16.
(16) S. Gregorius Magnus, In Ezechielem, I,
6, 15: CCL 142, 76.
(17) Cf.
Catechismus Catholicae
Ecclesiae,
83; Ratzinger J., Commento alla Dei Verbum,
L Th K, 2, pp. 519-523.
(18) Cf. S.
Bonaventura, Itinerarium mentis in Deum, II,
12: ed. Quaracchi, 1891, vol. V, p. 302s. Cf.
Ratzinger J., Un tentativo circa il problema
del concetto di tradizione: Rahner K. -
Ratzinger J., Rivelazione e Tradizione,
Morcelliana, Brescia 2006, pp. 27-73.
(19) Cf.
Pontificia Commissio Biblica,
L’interprétation de la Bible dans l’Église
(15.4.1993), IV, A-B: Enchiridion Vaticanum
13, EDB, Bologna 1995, pp. 1702-1714.
(20) Cf.
ibidem, I, A-F, pp. 1568-1634.
(21) Cf.
Catechismus Catholicae Ecclesiae, 115-119;
Pontificia Commissio Biblica,
L’interprétation de la Bible dans l’Église
(15.4.1993), I, F: Enchiridion Vaticanum
13, EDB, Bologna 1995, pp. 1628-1634.
(22) Cf.
Catechismus Catholicae
Ecclesiae,
117.
(23) Pontificia Commissio Biblica,
L’interprétation de la Bible
dans l’Église
(15.4.1993), II, B 2: Enchiridion Vaticanum
13, EDB, Bologna 1995, pp. 1648-1650.
(24) Ibidem, I, pp. 1568-1628.
(25) Cf.
Catechismus Catholicae
Ecclesiae,
109-114.
(26) Benedictus
XVI,
Discorso ai Vescovi della Svizzera
(7.11.2006): L’Osservatore Romano
(10.11.2006), 4; cf. Ratzinger J., Gesj di
Nazaret, Rizzoli, Milano 2007, pp. 7-20.
(27) Missale
Romanum, Ordo Lectionum Missae: Editio
typica altera, Libreria Editrice Vaticana, Città
del Vaticano 1981: Praenotanda, 8.
(28) Pontificia
Commissio Biblica,
L’interprétation de la Bible dans l’Église
(15.4.1993), II, B 2: Enchiridion Vaticanum
13, EDB, Bologna 1995, p. 1650.
(29) Cf.
ibidem, III, B 2, pp. 1672-1676.
(30) Cf. Benedictus XVI, Ad sacrorum alumnos
Seminarii Romani Maioris (19.2.2007): AAS
99 (2007) 254.
(31) S. Ambrosius, De officiis ministrorum,
I, 20, 88: PL 16, 50.
(32) Benedictus XVI, Litt. Enc.
Deus caritas est
(25.12.2005), 41: AAS 98 (2006) 251.
(33)
Isaac De Stella, Serm. 51: PL 194,
1862-1863.1865.
(34)
Cf. S. Ambrosius, Evang. secundum Lucam 2,
19: CCL 14, 39.
(35)
Ioannes Paulus II, Epist.
Apost.
Rosarium Virginis Mariae
(16.10.2002), 1; 3; 18; 30: AAS 95 (2003)
5; 7; 17; 27.
(36) S.
Gregorius Magnus, Registrum Epistolarum V,
46, ed. Ewald-Hartmann, 345-346.
(37) Pontificia
Commissio Biblica,
L’interprétation de la Bible dans l’Église
(15.4.1993), IV, C 3: Enchiridion Vaticanum
13, EDB, Bologna 1995, p. 1724.
(38) Cf.
Catechismus Catholicae Ecclesiae, 115-119.
(39) Pontificia
Commissio Biblica,
L’interprétation de la Bible dans l’Église
(15.4.1993), I, F: Enchiridion Vaticanum
13, EDB, Bologna 1995, p. 1630.
(40) Cf.
Ioannes Paulus II,
Discorso sull’interpretazione della Bibbia
nella Chiesa (23.4.1993): L’Osservatore
Romano (25.4.1993), pp. 8-9.
(41) Missale
Romanum, Ordo Lectionum Missae: Editio
typica altera, Libreria Editrice Vaticana, Città
del Vaticano 1981: Praenotanda, 9.
(42) Petrus
Damascenus, Liber II, vol. III, 159: La
Filocalia, 3, Torino 1985, p. 253.
(43) Cf.
Congregatio pro Clericis,
Directorium generale pro catechesi
(15.8.1997), 47-49: Enchiridion Vaticanum
16, EDB, Bologna 1999, pp. 662-664.
(44) Cf.
Euchologion Serapionis, 19-20, ed.
Johnson M.E., The Prayers of Serapion of Thmuis
(Orientalia Christiana Analecta 249),
Roma 1995, pp. 70-71.
(45)
Ioannes Paulus II, Epist.
Apost.
Dies Domini (31.5.1998), 41: AAS
90 (1998) 738-739.
(46) Waltramus,
De unitate Ecclesiae conservanda: 13, ed.
W. Schwenkenbecher, Hannoverae 1883, p. 33: «Dominus
enim Iesus Christus ipse est, quod praedicat
Verbum Dei, ideoque Corpus Christi intelligitur
etiam Evangelium Dei, doctrina Dei, Scriptura
Dei».
(47)
Origenes, In Ps. 147: CCL 78,
337.
(48) Cf. Benedictus XVI, Adhort.
Apost.
post-syn.
Sacramentum caritatis
(22.2.2007), 44-46: AAS 99 (2007) 139-141.
(49) S.
Hieronymus, Commentarius in Ecclesiasten,
313: CCL 72, 278.
(50)
Ioannes Paulus II, Litt.
Apost.
Novo millennio ineunte (6.1.2001), 36:
AAS 93 (2001) 291.
(51) Cf. Benedictus XVI, Adhort.
Apost.
post-syn.
Sacramentum caritatis
(22.2.2007), 44-48: AAS 99 (2007) 139-142.
(52)
Cf. ibidem, 46: AAS 99 (2007) 141.
(53)
Pontificia Commissio Biblica,
L’interprétation
de la Bible dans l’Église
(15.4.1993), IV, C 2: Enchiridion Vaticanum
13, EDB, Bologna 1995, p. 1718.
(54)
Cf. Ioannes Paulus II, Adhort.
Apost. post-syn.
Pastores dabo vobis (25.3.1992), 47:
AAS 84 (1992) 740-742; Benedictus XVI,
Incontro con i giovani romani
(6.4.2006): L’Osservatore Romano
(7.4.2006), p. 5;
Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù
(22.2.2006): L’Osservatore Romano
(27-28.2.2006), p. 5.
(55) Ioannes Paulus II, Litt.
Apost.
Novo millennio ineunte (6.1.2001), 39:
AAS 93 (2001) 294.
(56) Benedictus
XVI,
Ad Conventum Internationalem La Sacra Scrittura
nella vita della Chiesa (16.9.2005):
AAS 97 (2005) 957.
(57) Benedictus
XVI,
Incontro con i giovani romani (6.4.2006):
L’Osservatore Romano (7.4.2006), p. 5.
(58) Benedictus
XVI,
Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù
(22.2.2006): L’Osservatore Romano
(27-28.2.2006), p. 5.
(59) Benedictus
XVI,
Ad Conventum Internationalem La Sacra Scrittura
nella vita della Chiesa (16.9.2005):
AAS 97 (2005) 957. Cf. DV 21.25; PO
18-19; Catechismus Catholicae Ecclesiae, 1177;
Ioannes Paulus II, Adhort. Apost. post-syn.
Pastores dabo vobis (25.3.1992), 47:
AAS 84 (1992) 740-742; Adhort. Apost. post-syn.
Vita consecrata (25.3.1996), 94: AAS
88 (1996) 469-470; Litt.
Apost.
Novo millennio ineunte
(6.1.2001), 39-40: AAS 93 (2001) 293-295;
Adhort. Apost. post-syn.
Ecclesia in Oceania
(22.11.2001), 38: AAS 94 (2002) 411; Adhort.
Apost. post-syn.
Pastores gregis
(16.10.2003), 15: AAS 96 (2004) 846-847.
(60) Cf. Ioannes Paulus II, Adhort. Apost. post-syn.
Vita consecrata
(25.3.1996), 94: AAS 88 (1996) 469-470.
(61) Pontificia Commissio Biblica,
L’interprétation de la Bible
dans l’Église
(15.4.1993), I, E 1: Enchiridion Vaticanum
13, EDB, Bologna 1995, p. 1622.
(62) Benedictus XVI, Litt. Enc.
Deus caritas est
(25.12.2005), 22: AAS 98 (2006) 234-235.
(63) Benedictus XVI, Litt. Enc.
Spe salvi
(30.11.2007), 2: AAS 99 (2007) 986.
(64) Ratzinger
J., Gesj di Nazaret, Rizzoli, Milano 2007,
p. 19.
(65) Cf. ibidem, p. 275.
(66) S. Ambrosius, De officiis ministrorum,
I, 20, 88: PL 16, 50.
(67) S. Augustinus, Enarrat. in Ps. 85, 7:
CCL 39, 1177.
(68)
Cf. Origenes, In Genesim homiliae, 2.6:
SChr 7 bis, 108.
(69)
Cf. Ioannes Paulus II, Litt. Enc.
Redemptoris missio
(7.12.1990), 33: AAS 83 (1991) 277-278.
(70)
Cf. Ioannes Paulus II, Litt.
Apost.
Novo millennio ineunte (6.1.2001), 40:
AAS 93 (2001) 294.
(71)
S. Augustinus, De doctrina Christiana, I,
35, 39 - 36, 40: PL 34, 34.
(72)
Cf. Benedictus XVI, Litt. Enc.
Deus caritas est
(25.12.2005): AAS 98 (2006) 217-252.
(73)
Ioannes Paulus II, Litt.
Apost.
Novo millennio ineunte (6.1.2001), 39:
AAS 93 (2001) 293.
(74) Congregatio pro Clericis,
Directorium generale pro
catechesi
(15.8.1997), 94: Enchiridion Vaticanum 16,
EDB, Bologna 1999, pp. 738-740; cf. Ioannes Paulus
II, Adhort. Apost.
Catechesi tradendae
(16.10.1979), 27:
AAS 71 (1979) 1298.
(75) Cf.
Congregatio de Cultu Divino et Disciplina
Sacramentorum,
Direttorio su pietà popolare e liturgia
(9.4.2002), 87-89, Libreria Editrice Vaticana,
Città del Vaticano 2002, pp. 81-82.
(78) Cf.
Congregatio pro Clericis,
Directorium generale pro catechesi
(15.8.1997), I, 2: Enchiridion Vaticanum
16, EDB, Bologna 1999, pp. 684-708.
(77)
Ibidem, 127, p. 794; cf. Ioannes Paulus II,
Adhort. Apost.
Catechesi tradendae
(16.10.1979), 27: AAS 71 (1979) 1298.
(78)
Ioannes Paulus II, Const. Apost.
Fidei depositum
(11.10.1992), IV: AAS 86 (1994) 117.
(79)
Cf. Ioannes Paulus II, Adhort.
Apost. post-syn.
Pastores gregis
(16.10.2003), III: AAS 96 (2004) 859-867.
(80) Benedictus XVI,
Allocutio In
inauguratione operum V Coetus Generalis
Episcoporum Americae Latinae et Regionis
Caraibicae
(13.5.2007), 3: AAS 99 (2007) 450.
(81) Cf. CIC can. 757; CCEO can.
608; 614.
(82) Cf. Missale Romanum, Institutio generalis,
66, editio typica III, Typis Vaticanis 2002, p.
34.
(83) Cf. CIC can. 766, CCEO can.
614, § 3; 4.
(84)
Cf. Ioannes Paulus II, Adhort.
Apost. post-syn.
Christifideles laici
(30.12.1988), 8.14: AAS 81 (1989) 404-405;
409-411; CIC can. 204; CCEO can. 7,
1.
(85)
Ioannes Paulus II, Adhort.
Apost. post-syn.
Christifideles laici (30.12.1988), 14:
AAS 81 (1989) 411.
(86) Paulus VI,
Voti e norme per il IV Congresso Nazionale
Francese dell’insegnamento religioso
(1-3.4.1964): L’Osservatore Romano
(4.4.1964), p. 1.
(87)
Ioannes Paulus II, Adhort. Apost. post-syn.
Vita consecrata
(25.3.1996), 94: AAS 88 (1996) 469.
(88) Cf. S.
Ambrosius, Epist. 49, 3: PL 16, 1154
B.
(89) Cf.
Benedictus XVI,
Allocuzione in occasione della Giornata Mondiale
della Vita Consacrata (2.2.2008):
L’Osservatore Romano (4-5.2.2008), p. 8.
(90)
Cf. Ioannes Paulus II, Adhort. Apost. post-syn.
Vita consecrata
(25.3.1996), 94: AAS 88 (1996) 469.
(91) Ibidem
(92) Cf. CIC can. 825; CCEO can. 662
§1; 654.
(93) Cf.
Congregatio pro Doctrina Fidei,
Nota dottrinale su alcuni aspetti
dell’evangelizzazione (3.12.2007):
L’Osservatore Romano (15.12.2007), pp. 4-5.
(94) Cf.
Benedictus XVI,
Messaggio del Santo Padre per la XXI Giornata
Mondiale della Gioventù
(22.2.2006): L’Osservatore Romano
(27-28.2.2006), p. 5.
(95)
Congregatio pro Clericis,
Directorium generale pro catechesi
(15.8.1997), 160: Enchiridion Vaticanum 16,
EDB, Bologna 1999, p. 844; Cf. Paulus VI, Adhort.
Apost.
Evangelii nuntiandi (8.12.1975), 45:
AAS 68 (1976) 35; Ioannes Paulus II, Litt. Enc.
Redemptoris missio (7.12.1990), 37:
AAS 83 (1991) 284-286; CIC can. 761;
CCEO can. 651 § 1.
(96) Cf.
Congregatio pro Clericis,
Directorium generale pro catechesi
(15.8.1997), 161: Enchiridion Vaticanum 16,
EDB, Bologna 1999, p. 846.
(97) Cf.
Benedictus XVI,
Pontificatus exordia: Sermo ad S.R.E. Cardinales
ad universumque orbem catholicum
(20.4.2005), 5: AAS 97 (2005) 697-698.
(98) Benedictus
XVI, Allocutio
Il mondo attende la testimonianza comune dei
cristiani (25.1.2007): L’Osservatore
Romano (27.1.2007), pp. 4-5.
(99) Cf.
Ioannes Paulus II, Allocutio Mogontiaci ad Iudaeos
habita Veteris Testamenti Haereditas ad pacem
et iustitiam fovendas trahit (Mainz,
17.11.1980): AAS 73 (1981) 78-82.
(100) Ioannes
Paulus II,
Ai partecipanti all’incontro di studio su
Radici dell’antigiudaismo in ambiente cristiano
(31.10.1997), 3: Insegnamenti di Giovanni Paolo
II, 20/2, Libreria Editrice Vaticana, Città
del Vaticano 2000, p. 725.
(101) Cf. Pontificia Commissio Biblica,
Le peuple juif et ses Saintes
Écritures dans la Bible chrétienne
(24.5.2001): Enchiridion Vaticanum 20, EDB,
Bologna 2004, pp. 506-834.
(102) Ibidem,
2, p. 524; cf. Ratzinger J., Gesù di Nazaret,
Rizzoli, Milano 2007, pp. 127ss.
(103) Cf. Pontificia Commissio Biblica,
Le peuple juif et ses Saintes
Écritures dans la Bible chrétienne
(24.5.2001), 22: Enchiridion Vaticanum 20,
EDB, Bologna 2004, pp. 584-586.
(104) Cf.
Ioannes Paulus II,
Messaggio agli Ebrei polacchi in occasione del 50º
Anniversario dell’insurrezione (6.4.1993):
Insegnamenti di Giovanni Paolo II,
16/1, Libreria Editrice Vaticana, Città del
Vaticano 1993, p. 830: «Come cristiani ed ebrei,
seguendo l’esempio della fede di Abramo, siamo
chiamati ad essere una benedizione per il mondo.
Questo è il compito comune che ci attende. È
dunque necessario per noi, cristiani ed ebrei,
essere prima una benedizione l’uno per l’altro».
(105) Cf.
Congregatio pro Doctrina Fidei,
Declaratio Dominus Jesus (6.8.2000),
20-22: AAS 92 (2000) 761-764.
(106) Cf.
Congregatio pro Clericis,
Directorium generale pro catechesi
(15.8.1997), 109: Enchiridion Vaticanum 16,
EDB, Bologna 1999, pp. 764-766.
(107) Cf
Benedictus XVI, Nuntii ob diem ad Pacem fovendam
Nella verità, la pace (8.12.2005):
AAS 98 (2006) 56-64;
La persona umana, cuore della pace
(8.12.2006): L’Osservatore Romano
(13.12.2006), pp. 4-5.
(108)
Benedictus XVI, Allocutio
Ai rappresentanti di alcune comunità musulmane
(20.8.2005): L’Osservatore Romano
(22-23.8.2005), p. 5.
(109) Ratzinger
J., Allocutio Fede e Ragione in occasione
dell’incontro su "La Fede e la ricerca di Dio"
(Roma 17.11.1998): L’Osservatore Romano
(19.11.1998), p. 8.
(110) Ioannes Paulus II, Adhort.
Apost.
Catechesi tradendae (16.10.1979), 53:
AAS 71 (1979) 1320.
(111)
Benedictus XVI, Allocutio
Al Pontificio Consiglio della Cultura
(15.6.2007): L’Osservatore Romano
(16.6.2007), p. 1.
(112) Paulus
VI,
Homilia ad Patres conciliares
(7.12.1965): AAS 68 (1966) 57.
(113) S.
Maximus Confessor, Capitum theologicorum et
oeconomicorum duae centuriae IV, 39: MG
90, 1084.
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