Parlando
di Leone XIII nel bicentenario della nascita, il
suo attuale successore ha spiegato il compito di
ogni Papa (e "di ogni Pastore della Chiesa"):
trasmettere ai fedeli la sapienza. E cioè non
verità astratte, ma un messaggio che combina "fede
e vita, verità e realtà concreta". Non basta
infatti riproporre dottrine che a molti possono
apparire lontane dai problemi dell'esistenza,
bisogna farlo con un'attenzione costante al
contesto storico: nella fedeltà alla tradizione e
"misurandosi con le grandi questioni aperte". Come
seppe appunto fare quel Pontefice, "molto anziano,
ma saggio e lungimirante", che traghettò nel nuovo
difficile secolo una Chiesa "ringiovanita" e
capace di affrontare sfide inedite.
Di Papa Pecci, "uomo di grande fede e di profonda
devozione", Benedetto XVI ha voluto sottolineare
in primo luogo appunto la dimensione religiosa, in
genere poco rilevata e che invece "rimane sempre
la base di tutto, per ogni cristiano, compreso il
Papa". Ma tutta la rilettura benedettina del
pontificato di Leone XIII ha spunti di grande
interesse: nei cenni riservati non solo alla
Rerum novarum ma all'intero magistero sociale
del predecessore, "corpo organico" e fondativo
della dottrina cattolica in materia. Che si può
riassumere nell'espressione "fraternità
cristiana", alla quale non a caso il giovane
Ratzinger dedicò, dopo le due tesi su Agostino e
su Bonaventura, la sua prima pubblicazione
monografica importante (Die christliche
Brüderlichkeit).
La novità di Cristo porta all'abolizione della
schiavitù - annullata già dall'apostolo Paolo e a
cui Papa Pecci dedicò l'enciclica Catholicae
Ecclesiae - e al superamento di "altre
barriere che tuttora esistono", secondo il metodo
evangelico del seme e del lievito. Che sono
rappresentati nelle diverse società dalla "forza
benefica e pacifica di cambiamento profondo"
costituita dai cristiani. Anche in contesti
difficili, come il tempo seguito alla bufera
rivoluzionaria e poi napoleonica su cui Benedetto
XVI si è significativamente soffermato con tratti
brevi e pertinenti: i molteplici e reiterati
tentativi di sradicare ogni espressione della
cultura cristiana, l'aspro anticlericalismo, le
accese manifestazioni contro il Papa.
E nel giorno in cui ha ricordato con accenni molto
eloquenti il suo predecessore, il Pontefice ha
scelto di presentare il messaggio appena
pubblicato in vista della giornata di Madrid. Un
testo finora trascurato o frainteso dai media -
agenzie, televisioni, radio, giornali - e che
invece presenta molti segni di quella sapienza che
Benedetto XVI ha definito caratteristica
soprattutto dell'insegnamento papale e descritto
come combinazione di "fede e vita, verità e realtà
concreta". Così, in una cultura "indecisa riguardo
ai valori di fondo" il Papa ha di nuovo presentato
come risolutivo l'incontro con Gesù sostenuto
dalla fede della Chiesa.
Non ha senso "pretendere di eliminare Dio per far
vivere l'uomo", ha ripetuto Benedetto XVI nel
messaggio, testo appassionato e fitto di
testimonianze personali: dal ricordo della
giornata di Sydney a quello lontano di una
giovinezza asfissiata dalla dittatura nazista e
desiderosa di superare la "normalità della vita
borghese" nell'incontro con Cristo. Quasi una
lettera scritta con la passione inesauribile di
una vita. E con la sapienza di chi davvero ha
incontrato Gesù.
g. m. v.