MA I CATTOLICI DI OGGI CONOSCONO LA VERA IDENTITA’ DEGLI
ANGELI?
di don Marcello Stanzione

Per un cattolico essere devoto al proprio angelo custode e
pure agli arcAngeli Michele, Gabriele e Raffaele non è un
fatto di infantilismo o di ingenuità ma, come ha detto
Sant’Alfonso Maria De Liguori, è un segno di
predestinazione. Con autorevoli parole il culto
cattolico agli Angeli è stato incoraggiato pure dalla
Congregazione Vaticana per il Culto divino e la disciplina
dei sacramenti, che, nel Direttorio su pietà popolare e
liturgia del 2002, riguardo alla devozione cattolica ai
Santi Angeli di Dio afferma, al N°217, che la pietà
popolare verso i Santi Angeli è legittima e salutare.
Precedentemente, al N° 216, il Direttorio scrive le
testuali parole: “Lungo i secoli i fedeli hanno tradotto
in espressioni di pietà i convincimenti della fede
riguardo al ministero degli Angeli: li hanno assunti come
patroni di città e protettori di corporazioni; in loro
onore hanno innalzato celebri santuari come
Mont-Saint-Michel in Normandia, San Michele della Chiusa
in Piemonte e San Michele al Gargano in Puglia, e
stabilito giorni festivi; hanno composto inni e pii
esercizi. In particolare la pietà popolare ha sviluppato
la devozione all’Angelo Custode. Già San Basilio Magno
(330-379) insegnava che “ ogni fedele ha al proprio fianco
un Angelo come protettore e pastore per condurlo alla
vita”. Questa antica dottrina andò via via consolidandosi
nei suoi fondamenti biblici e patristici, e diede origine
a varie espressioni di pietà, fino a trovare in S.
Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) un grande maestro e un
apostolo insigne della devozione agli Angeli Custodi. Per
lui essi sono dimostrazione “ che il cielo non trascura
nulla che ci possa giovare” per cui “ci mette a fianco
quelli spiriti celesti perché ci proteggano, ci
istruiscano e ci guidino”. La devozione agli Angeli
Custodi da luogo anche a uno stile di vita caratterizzato
da :
·
devota gratitudine a Dio, che ha posto al servizio degli
uomini spiriti di così grande santità e dignità;
·
atteggiamento di compostezza e pietà suscitato dalla
consapevolezza di essere costantemente alla presenza dei
Santi Angeli;
·
serena fiducia nell’affrontare situazioni anche difficili,
perché il Signore guida e assiste il fedele nella via
della giustizia anche attraverso il ministero degli
Angeli.
Tra le preghiere all’Angelo Custode è particolarmente
diffusa l’orazione Angele Dei, che presso molte
famiglie fa parte delle preghiere del mattino e della sera
e che, in molti luoghi, accompagna pure la recita dell’Angelus
Domini”.
Da questo lungo brano della Congregazione abbiamo capito
una cosa importante: da San Bernardo in poi devozione
cristiana agli Angeli significa per lo più devozione
all’Angelo Custode e per il resto vi è devozione verso
l’Arcangelo San Michele di cui, come ha ricordato il
documento vaticano, sono testimonianza del suo culto
alcuni importanti santuari. Comunque nella Chiesa
primitiva i primi Cristiani furono molto prudenti nel
permettere il culto agli Angeli; infatti la diffusa
mentalità magico-pagana faceva correre facilmente il
rischio di confondere gli Angeli che sono esseri intermedi
tra Dio e il genere umano, come piccoli dei di un nuovo
panteon cristiano. Inoltre a causa anche dello
gnosticismo, che moltiplicava gli esseri spirituali e
vedeva dovunque delle emanazioni della divinità, sfociando
così in un larvato politeismo, i Padri della Chiesa, per
evitare deviazioni e fraintendimenti dottrinali,
tollerarono più che incentivare il culto agli Angeli. I
primi cristiani temevano la cristoangelologia che era ben
radicata presso la setta degli Ebioniti, che concepivano
il Cristo come un Angelo superiore creato dal Padre. Già
ai tempi di San Paolo (4) infatti vi erano alcuni eretici
presenti nella comunità cristiana di Colossi che
consideravano gli Angeli come dei veri e propri mediatori
tra Dio e gli uomini, mettendo così in penombra l’opera
redentrice di Gesù. Appena l’Apostolo delle genti venne a
conoscenza di tale eresia, scrisse una Lettera ai
Colossesi dove affermava decisamente la superiorità di
Cristo sugli Angeli in quanto Gesù è il Figlio Unigenito
del Padre, a differenza degli Angeli che sono stati creati
“ da Lui e per Lui”.
In questo contesto storico si comprende esattamente il
vero significato della frase paolina di Colossesi 2,
18-19: “Nessuno vi impedisca di conseguire il
premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella
venerazione degli Angeli, seguendo le proprie pretese
visioni, gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale,
senza essere stretto invece al capo, dal quale tutto il
corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di
giunture e legami, realizzando così la crescita secondo il
volere di Dio”.
Nel 2° secolo d. C., San Ireneo (130-208) scrive, nel suo
famoso trattato “Adversus Haereses”: “La
Chiesa non fa alcunché né con invocazioni Angeliche né con
incanti né con alcuna prava curiosità, ma dirige in
maniera pura e manifesta le sue orazioni al Signore che ha
fatto ogni cosa”. In questo testo, San Ireneo
combatte la teurgia cioè la magia bianca che gli
gnostici utilizzavano unita alle invocazioni Angeliche per
ottenere prodigi, mentre il nostro apologeta afferma che i
cristiani si rivolgono solamente a Dio da cui provengono
gli autentici miracoli.
In un altro passo San Giustino, volendo dimostrare che i
cristiani non sono atei, afferma che essi pregano il
Padre, il Figlio e lo Spirito Santo insieme alle armate
degli Angeli.
Dopo l’Editto di Costantino (313) e con il diminuire
dell’influenza del Paganesimo sulle masse, la posizione
ufficiale della Chiesa, nei riguardi della venerazione
degli Angeli, divenne meno rigida e , a testimonianza di
ciò, furono eretti numerosi santuari e chiese dedicate
all’Arcangelo Michele e ai Santi Angeli di Dio.
Nel IV secolo San Eusebio di Cesarea, nella sua opera “Demonstratio evangelica”,
così scrive: “Fra gli spiriti celesti, parecchi, grazie ad
una salutare economia sono inviati agli uomini; noi
abbiamo appreso a conoscerli e a venerarli in ragione
della loro dignità e secondo il loro rango, pur riservando
a Dio solo l’omaggio della nostra adorazione”.
Didimo Alessandrino, nel IV secolo, afferma che sorsero
chiese consacrate a Dio sotto il nome degli Arcangeli.
Nella sola città di Costantinopoli ben quindici chiese
erano dedicate a San Michele.
Ad incrementare molto la devozione agli Angeli
contribuirono i Longobardi, per cui ci fu un crescendo di
tale culto finché, nel 787, il Concilio ecumenico di Nicea
II raccomandò ai fedeli di venerare le immagini degli
Angeli.
Con San Bernardo (sec. XII) si ha, della devozione per gli
Angeli, un particolare impulso. A riguardo degli Spiriti
celesti, il Santo parla di:”Riverenza per la persona;
devozione per la benevolenza; fiducia per la custodia”.
San Bernardo poi, commentando in particolare il versetto
11 del Salmo 90: “Egli darà ordine ai suoi Angeli di
custodirti in tutti i tuoi passi”, esorta vivamente alla
venerazione agli Angeli affermando: “Queste parole
quanta riverenza devono suscitare in te, quanta devozione
recarti, quanta fiducia infonderti! Riverenza per la
persona, devozione per la benevolenza, fiducia per la
custodia, sono presenti, dunque, e sono presenti a te, non
solo con te, ma anche per te. Sono presenti per
proteggerti, sono presenti per giovarti”.
Per San Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274), il cammino
di maturazione della vita spirituale è un itinerario di
incontro con gli Angeli, che porta all’unione con Dio
Trinità.
Dal dodicesimo secolo si è diffusa, non a caso, la
famosissima preghiera all’Angelo Custode, spesso
indulgenziata dai Pontefici: “Angele Dei, qui custos es mei. Me tibi
commissum pietate superna. Hodie illumina, custodi, rege
et guberna. Amen”.
Nel Medioevo, i più grandi divulgatori della devozione
agli Angeli furono i monaci benedettini (senso liturgico).
In seguito anche i francescani contribuirono non poco. A
tale riguardo ricordiamo San Bernardino da Siena
(1380-1444) che, nelle “Prediche volgari” nel
Campo di Siena, ci ha lasciato la testimonianza del suo
continuo e vivacissimo riferirsi agli Angeli.
La Riforma protestante e la conseguente Controriforma
cattolica non sono portatrici di innovazioni sulla
dottrina sugli Angeli.
Ovviamente Martin Lutero (1483-1516) respinge il culto
degli Angeli, come quello dei santi, nel contesto del
rifiuto dì ogni culto che non sia l’adorazione resa a Dio
e Calvino, concordando in ciò con Lutero, denuncia le
aride speculazioni filosofiche che si allontanano dalla
Sacra Scrittura, con le loro curiosità sul numero e sulla
natura degli Angeli. Pur tuttavia Calvino, nel suo testo “Institutiones”
, afferma che “la fede negli Angeli è sommamente
necessaria per rifiutare molti errori“. Per il
riformatore svizzero, gli Angeli costituiscono “una parte nobile e distinta”
della creazione anche se “non bisogna cercare con le
speculazioni di andare più in là di ciò che è conveniente,
affinché i lettori non vengano deviati dalla semplicità
della fede”.
E’ significativo della sostanziale convergenza di pensiero
tra i Protestanti e Cattolici il fatto che, tra le tante
tematiche affrontate dal Concilio di Trento (1545-1563),
la questione degli Angeli non venga neppure accennata. Ma,
a tre anni dalla fine del Concilio, nel 1566, viene
redatto il “Catechismo del Concilio di Trento ad uso dei
parroci”, dove qualche accenno agli Angeli viene fatto.
Questi accenni, sebbene poggino totalmente su di una
tradizione ormai avallata dal sentire popolare, quella
della devozione all’Angelo Custode, confermandola, la
incoraggiano e le permettono un respiro ancor più ampio.
Agli Angeli espressamente il Catechismo tridentino riserva
un solo paragrafo di poche righe, intitolato “De
creatione angelorum”, che così recita: “Dio trasse dal nulla il mondo
spirituale e gli Angeli innumerevoli, perché gli fossero
ministri assidui, arricchendoli poi con i doni ineffabili
della sua grazia e del suo alto potere”. E’
soprattutto nella quarta parte del Catechismo tridentino,
quella dedicata all’orazione domenicale, che si parla più
diffusamente degli Angeli e nei modi in cui sarà poi
sviluppato la devozione agli Angeli: “Sembra opportuno
dire qualcosa sulla custodia degli Angeli, sotto la cui
tutela si trovano gli uomini. Per volere divino è affidato
agli Angeli il compito di custodire il genere umano, e di
vegliare al fianco di ogni individuo, affinché non lo
colpisca troppo grave danno. Come i genitori scelgono
delle guide e dei sorveglianti per i figlioli che
affrontano un viaggio per un sentiero pericoloso ed
insidioso, così il Padre celeste, nella via che mena alla
patria dei cieli, assegnò a ciascuno di noi degli Angeli,
perché noi fiancheggiati dal loro solerte appoggio,
evitassimo i tranelli tesi dal nemico, respingessimo i
suoi temibili attacchi sotto la loro guida, non
smarrissimo la retta strada e nessun inganno tramato
dall’avversario insidioso, ci spingesse lungi dal cammino
che mena al paradiso. Quanto sia preziosa questa singolare
cura e provvidenza di Dio per gli uomini, affidata al
ministero degli Angeli, la cui natura appare intermedia
fra quella di Dio e quella degli uomini, emerge dai
copiosi esempi delle divine Scritture. Esse attestano
come, spesso, per benigno volere di Dio, gli Angeli
compirono gesta mirabili al cospetto degli uomini. Tali
esempi ci fanno persuasi che innumerevoli atti del
medesimo genere sono compiuti dagli Angeli, tutori della
nostra salvezza, utilmente e beneficamente, per quanto
fuori dalla percezione dei nostri occhi. L’angelo
Raffaele, ad esempio, per volere divino unitosi quale
compagno e guida nel viaggio a Tobia, lo condusse e
ricondusse incolume (Tb. 5, 5). Lo salvò dalla
voracità del pesce smisurato, mostrando poi tutte le virtù
contenute nel fegato, nel fiele e nel cuore di esso (Tb.
6, 2). Cacciò il demonio, e, vincolatane la forza,
fece sì che non nocesse a Tobia (Tb. 8, 3). Fu
l’angelo Raffaele che ammaestrò Tobia sui doveri
del matrimonio (Tb. 8, 4-16). Infine ridonò la
vista al padre di Tobia (Tb. 11, 8-15).
Similmente l’Angelo che liberò il Principe degli Apostoli,
offre bene il destro per istruire il pio gregge circa i
mirabili frutti della vigilanza e della custodia Angelica.
Potranno i Parroci evocare la figura dell’Angelo che
scende a illuminare le tenebre del carcere, che desta
Pietro dal sonno toccandolo al fianco, scioglie le catene,
spezza i vincoli, impone di seguirlo, dopo avergli fatto
prendere i calzari e gli indumenti; e ricordare come, dopo
aver fatto uscire libero Pietro dal carcere in mezzo alle
sentinelle, aprendo la porta, lo condusse in luogo sicuro
(Atti 12).
Numerosi sono gli esempi di questo
genere, come abbiamo detto, che la Storia sacra registra”.
La devozione cattolica agli Angeli ha comunque il suo
apogeo nei secoli XVI e XVII. Lo storico dell’arte Emile
Male, nel suo testo su “L’Arte religiosa del 600”,
scrive: “E’ l’ultima gerarchia celeste, quella degli
Angeli, che detiene il primo posto nel pensiero e
nell’arte cristiana. A Roma gli Angeli sono ovunque: agli
angoli delle strade le loro figure piene di grazia
circondano l’immagine della Madonna davanti alla quale
brucia una lampada; sul ponte Adriano reggono gli
strumenti della Passione e le loro tuniche sembrano
schioccare nel vento come bandiere, nella brezza del
Tevere; nelle chiese scendono dalle volte per posarsi sui
cornicioni; nei quadri invadono il cielo e non esiste
scena evAngelica nella quale non siano presenti. Nel XVII
secolo le opere nelle quali non figurano sembrano quasi
arcaiche”.
In quei secoli, uno dei gruppi promotori maggiori, per la
diffusione della devozione agli Angeli, furono i Gesuiti.
E’ nota la venerazione che aveva per gli Angeli San Luigi
Gonzaga (1568-1591), San Francesco Saverio, san Pietro
Canisio, san Stanislao Kostka, così come il Beato Pierre
Favre; il gesuita Pierre Coton pure fu un grande devoto
come lo testimoniano le preghiere della sua “Occupazione
interiore”, e tra i tanti gesuiti dell’epoca,
apostoli della devozione Angelica, voglio ricordare:
Francesco Albertini, con il suo “Trattato dell’Angelo
Custode” (Napoli 1612) e Jacques Hantin.
Dalla pubblicazione del “Trattato e pratica di
devozione agli Angeli” di San Francesco Borgia
(1510-1572), nel 1575, fino al 1650, ben 25 opere di
devozione agli Angeli sono opere di autori gesuiti, senza
contare l’importantissima opera del teologo gesuita
Francisco Suarez (1548-1617), il “De Angelis”,
che rappresenta la sintesi più completa di angelologia
dell’età moderna e che, anche oggi, per il suo alto valore
dottrinale andrebbe tradotta dal latino in un linguaggio
corrente.
Comunque sia, il numero dei trattati scese enormemente tra
la fine del XVII e lungo il XVIII secolo.
Sarà solo con l’Illuminismo e la Rivoluzione francese,
eredi del protestantesimo, che la devozione agli Angeli
sarà come stoppata da un diffuso clima di incredulità
religiosa; sempre più le statue degli Angeli nelle chiese
e le Confraternite dedicate agli Spiriti celesti
diminuiranno vertiginosamente, segno di una laicizzazione
e di una secolarizzazione che ha come mira l’abolizione
degli abitanti del cielo nella vita dei cittadini della
terra. Anche nel XX secolo, subito dopo il Concilio
Vaticano II, con il diffondersi di una teologia ed
un’esegesi liberale, pure all’interno della Chiesa
cattolica si metterà sempre più in margine la devozione
agli Angeli fino a che si arriva alla situazione odierna
dove la gran parte dei testi sugli Angeli, presenti nelle
librerie, sono purtroppo di matrice esoterica,
occultistica, new age o cabalistica.
Se si crea un vuoto
nella teologia e nella pastorale cattolica immediatamente
i nemici di Dio lo occupano con pseudo spiritualità da
baraccone… Ma se questo avviene di chi è la colpa?
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