Storia dell'Ordine dei Poveri Cavalieri di
Cristo
Origini dell'Ordine templare
Nel 1095 a Clermond Papa Urbano II aveva esortato i cristiani a
prendere le armi per soccorrere i loro fratelli stabilitisi in
Oriente, a quanto si diceva vessati, torturati e uccisi dai Turchi
selgiuchidi. A tale richiamo risposero migliaia di soldati e
contadini, che unendosi dettero vita alla prima crociata. Dopo
incredibili sofferenze ed esperienze orribili i crociati meglio
organizzati raggiunsero Gerusalemme, e, nel 1099 la conquistarono
con terribile spargimento di sangue.
Inizia, così, nel sangue l'installazione in Palestina e Siria di
un nucleo di conquistatori cristiani che portavano usi
Occidentali. Verrà riproposta una organizzazione feudale che
riproduceva strutture ormai sorpassate in Occidente, arretrate e
mantenute in vita da una nobiltà che in patria era ormai
emarginata. Essi dovettero subito farsi carico di risolvere il
problema della sicurezza militare delle installazioni di quel
nuovo regno. Da una parte infatti le forze dell'Islam andavano
riorganizzandosi e, premevano alle frontiere in attesa della
rivincita, dall'altra gli Occidentali concepivano, come unico modo
per dissuaderli, il saccheggio dei loro villaggi. La nobiltà
franco - siriaca doveva svolgere opera di mediazione che
assicurasse le posizioni acquisite e le consentisse di vivere in
modo pacifico. Per vivere pacificamente era necessaria una forza
militare stabile: nel 1100 le strade che circondavano Gerusalemme
e gli adiacenti luoghi santi non erano sicure, i predoni
assalivano i pellegrini provenienti dal porto di Giaffa.
Tuttavia i crociati, una volta sciolto il loro voto non chiedevano
di meglio che reimbarcarsi per tornare al più presto in Europa,
nonostante la propaganda di quanti erano viceversa decisi a
rimanere e a trasformare l'Oltremare nella loro nuova patria.
"All'epoca in cui i primi Templari presero i voti la " Santa
violenza" era ampiamente accettata, e ben radicata l'idea che i
laici potessero raggiungere la salvezza impegnandosi in questa
causa. Queste circostante aiutano a comprendere il senso della
crescita di un ordine di monaci combattenti simbolo di quella che
veniva considerata una religione di pace.
E' dunque possibile identificare gli elementi generatori
dell'ordine militare come del movimento crociato entro le tendenze
prevalenti all'interno della società cristiana occidentale alla
fine dell'XI secolo e agli inizi del successivo. Tuttavia mentre
la Crociata fu avviata dal Papa a seguito della predicazione
tenuta ad un concilio in Francia, i Templari ebbero origine nella
società di frontiera in Outremer, dove entravano in contatto
quotidianamente con i Mussulmani" .
Secondo la storiografia più recente gli inizi dell'Ordine templare
furono poco appariscenti: un cavaliere di nome Ugo di Payns
nell'anno 1118 o 1120 si incaricò di proteggere i pellegrini che
da Gaza si recavano a Gerusalemme, con un gruppo di compagni che
condividevano le sue aspirazioni: essi ritennero loro dovere e
loro missione il porsi a difesa stabile della Terra Santa, delle
vie di pellegrinaggio, delle strade, degli Ospizi, delle cisterne
e dei pauperes che vi peregrinavano.
La povertà volontaria e la comunione dei beni - secondo la pratica
penitenziale del tempo - furono il punto fermo della loro nuova
vocazione: rompendo con una tradizione che a livello non solo
sociologico, ma anche terminologico, era fortissima, essi poterono
dirsi milites e pauperes a un tempo.
Nessun contemporaneo li ritenne così importanti da registrare la
loro prima fondazione, solo tre cronisti della seconda metà del
dodicesimo secolo, Guglielmo di Tiro (morto nel 1186), Michele il
Siriano (morto nel 1199) e Walter Map, (morto tra il 1208 e il
1210), parlarono dell'Ordine alla luce del rilievo assunto da
questo in seguito.
La comunità trovò alloggio in un'ala del palazzo di re Baldovino
II, che sorgeva nel luogo in cui si riteneva fosse stato il Tempio
di Salomone. Il nome di "Militia Templi" gli deriva da quello: in
origine il gruppo era denominato "Pauperi milites Christi": Essi
pronunciarono i loro voti di castità, ubbidienza e povertà dinanzi
al patriarca di Gerusalemme. La loro vita si modellò sulle norme
dei "canonici regolari" di Gerusalemme (che avevano assunto la
regola di S. Agostino) , ai quali a quel tempo erano legati. I
Templari all'epoca erano cavalieri e non un Ordine monastico, non
portavano abito ed erano una sorta di terz'ordine laico.
E' da sottolineare come nella primitiva vocazione templare fosse
molto forte la componente penitenziale: i cavalieri che accedevano
alla fraternitas intendevano essenzialmente scontare i propri
peccati. Paul Russet coglie molto bene quest'aspetto e definisce
il templare "espèce de croisé à vie, moine armè, laic religieux",
evidenziando la situazione paradossalmente anticanonica creatasi
con il loro nascere.
I primi passi dei Templari furono duri: anche se in realtà sembra
che non fossero nove per nove anni (come sostiene Guglielmo di
Tiro nei suoi scritti) essi erano comunque pochi per il compito
che si erano prefissati. Il reclutamento di nuovi cavalieri
presentava parecchie difficoltà per la penuria di vocazioni, per
le perplessità sollevate dallo strano esperimento religioso -
militare e per la precaria situazione della Terra Santa crociata.
Ciò indusse Ugo di Payns a inviare Andrea di Montbard, zio di
Bernardo di Clairvaux e Gundemaro in Francia per pregare lo stesso
Bernardo di redigere per loro una regola. Nel 1128 Ugo di Payns
stesso si recò al sinodo di Troyes per consultarsi in merito del
futuro della comunità: la fraternitas venne ufficialmente
approvata dalla Chiesa e fu anche abbozzata, pare col determinante
concorso di San Bernardo, la regola, riveduta poi e messa a punto
due anni dopo dal patriarca di Gerusalemme. Il gruppo di
volenterosi cavalieri erano divenuti un Ordine vero e proprio.
La regola dei Templari, per influsso di Bernardo, risultò
modellata su quella benedettina e, in ultima analisi risulta
permeata più da principi di tipo monastico che cavalleresco.
Nonostante la redazione di una Regola, serpeggiavano ancora i
dubbi e le incertezze, le debolezze e i pentimenti.
Per il Demurger i Templari sono innanzitutto dei religiosi che
hanno pronunciato i tre voti di obbedienza, povertà e castità:
come i monaci essi vivono secondo una regola, ma a differenza di
questi essi non pregano e meditano al riparo del chiostro, ma
combattono sul campo di battaglia per difendere Dio e la Sua
Chiesa. Altri autori sostengono, invece, che i Templari non erano
un Ordine monastico votatosi all'ideale della cavalleria crociata,
ma erano un Ordine cavalleresco che aveva tratto le sue norme di
vita dalla regola di un Ordine monastico. La forza che li animava
era l'ideale devoto ai crociati: la consapevolezza di essere
guerrieri di Dio, non la pietà monastica. Questo tratta accomunava
i Templari agli altri Ordini cavallereschi, per tutti era
l'elemento essenziale. Essi divenuti i crociati per eccellenza, se
paragonati ai Gerosolimitani e ai Teutonici presentano un fatto
caratterizzante: mancano dell'elemento caritativo. La protezione
dei pellegrini e il presidio delle strade da questi percorse era,
infatti, un compito prettamente militare, non caritativo o
organizzativo come quello svolto dagli altri due Ordini, almeno da
principio.
L'insediamento dei Templari in occidente riflette la chiara
consapevolezza di dover creare una rete di supporto in grado di
fornire agli stati crociati nuove forze, entrate regolari e
approvvigionamenti di cibo, vestiario ed armi. Nel corso della
seconda e terza decade del 1100 i latini d'Oriente si convinsero
che l'esistenza dei loro insediamenti dipendeva
dall'organizzazione di stabili sistemi di supporto logistico
piuttosto che dagli scoppi di entusiasmo per la crociata.
Il riconoscimento dell'Ordine nel 1129 costituì l'evento centrale
degli esordi templari, e nello stesso tempo rivestì per la
politica orientale di Baldovino II una importanza ingente.
Sviluppo e apogeo
Nel 1136 muore Ugo di Payns e, come accaduto in altri Ordini
religiosi, al fondatore è succeduto un organizzatore, Roberto di
Craon.
Egli comprese l’importanza di fondare le numerose donazioni
ricevute dall’Ordine templare sull’approvazione pontificia. La
successiva evoluzione dei Templari, quella più squisitamente
politica ed economica, la possiamo ben conoscere, infatti,
consultando i documenti relativi ai privilegi concessi all’Ordine
dai papi fin da Innocenzo II che fu il “riorganizzatore” dei
Templari. La sua Bolla Omne datum optimum del 29 Marzo 1139,
secondo la storiografia più recente, sancì un ulteriore passo in
direzione della piena indipendenza del Tempio dal potere sia
temporale che spirituale, condizione mai consentita al altre
comunità ed organizzazione religiose. Ne fu conseguenza quasi
necessaria l’invidia e la gelosia nei confronti dei Templari da
parte delle altre congregazioni religiose e non.
Questa nascente ostilità, la popolarizzazione dei Templari da una
parte e di coloro che li invidiavano dall’altra era destinata ad
essere una delle cause della futura rovina dell’ordine che, nel
momento del bisogno, non trovò amici.
Nel 1147 Papa Eugenio III, concesse ai Templari di fregiare il
loro mantello bianco di una croce rossa, che, già simbolo dei
crociati, li riconosce quali soldati di Dio, crociati per
eccellenza.
Nel 1170 l’Ordine conta su ben 10 Province di cui 3 in Terrasanta
e 7 in Europa. La rapida espansione dell’Ordine era stata
possibile sia per il concreto appoggio fornito dalla chiesa con la
concessione di privilegi, guarentigie e favori del potere
politico, ma anche dai favori dei sovrani della Spagna e del
Portogallo, che ricorsero al loro sostegno nelle guerre di
“riconquista”contro la pressione musulmana. Molti i signori
dell’epoca, i possidenti e i ricchi privati, che pienamente
convinti della giusta causa dei Templari si dimostrarono
particolarmente generosi in donazioni.
La necessità di gestire ed amministrare tale vasto patrimonio, con
il quale si doveva garantire l’invio di denaro e di rifornimenti
per la Terrasanta, fece sì che ai compiti militari si aggiunsero
compiti di tipo amministrativi. Ma l’immenso patrimonio accumulato
dai Templari fu soprattutto il frutto di una sapiente e articolata
gestione economica delle risorse di cui l’Ordine poteva disporre.
Le terre acquisite per lasciti e testamenti, inevitabilmente
sparse, venivano sapientemente fuse con altre attigue tramite
permute o acquisti per facilitare il loro raggruppamento, in modo
da creare efficienti organismi produttivi.
L’Ordine perseguiva l’obiettivo di valorizzare le potenzialità del
territorio e di incrementare le produzioni caratteristiche (vite,
ulivi, cereali, bovini e cavalli). L’agricoltura e l’allevamento
erano finalizzati a garantire l’autosufficienza delle varie
magioni e, rifornire la Terrasanta. Le eccedenze, poi, servivano
ad essere vendute al fine di acquistare altri generi quali ferro
legno o armi. Fratelli rurali si occupavano dell’agricoltura e
dell’allevamento, mentre fratelli di mestiere si occupavano delle
stalle ed esercitavano attività quali il fabbro e curavano la
manutenzione delle attrezzature.
Ulteriori fonti di ricchezza erano quelle derivanti dalla
bannalità, ovvero dal diritto di monopolio e da quello di toloneo,
ovvero dal dazio sulla circolazione di merci, dalla imposte di
successione sui feudi, dalle sottoscrizioni dalle decime (imposte
destinate alla chiesa riservate ai Templari per la difesa della
cristianità) dalle elemosine (raccolte una volta l’anno in tutte
le chiese) e dai tributi pagati dai governatori musulmani per
accordi di non belligeranza.
L’esperienza acquisita nella amministrazione dei loro beni fece sì
che ben presto diventassero depositari di beni e soldi altrui, di
cui garantivano la protezione e la custodia, poi in seguito nella
vera e propria amministrazione di tali beni e infine l’attività di
banchieri. In origine l’attività di banchieri era finalizzata alle
sole esigenze gestionali dell’ordine, poi ben presto divenne il
riferimento di sovrani e nobili, che affidavano la gestione dei
loro beni all’abilità amministrativa e finanziaria dei Templari.
L’Ordine infatti aveva messo a punto vere e proprie formule
bancarie all’avanguardia, quali la corresponsione di denaro
liquido a distanza previa esibizione di ricevuta di versamento,
prestiti e “lettere di cambio”.
Alla fine del 1200 i Templari erano una potenza economica tale da
rappresentare una sorta di stato autonomo, fuori dal controllo di
ogni struttura se non quella della Santa Sede.
Declino
L’anno che rappresenta l’inizio
della fase di declino dell’Ordine templare è il 1291. In tale anno
infatti i Templari, dopo un lungo assedio e una disperata
resistenza perdono la città di Acri, ultimo baluardo di difesa
della Terrasanta. Le responsabilità della perdita dei luoghi santi
saranno addebitate ai Templari accusati di non aver saputo
difendere la Terra Santa a causa della rivalità con gli altri
Ordini militari. I Templari sopravvissuti trovarono rifugio a
Cipro, che diventerà sede centrale dell’Ordine Templare: il nuovo
Maestro Jacques de Molay fu eletto sull’isola. Egli resterà a
Cipro fino alla fine del 1306, poi nel 1307, chiamato dal Papa, si
recherà a Poitiers. La decisione del Maestro de Molay di lasciare
Cipro portando con sé il tesoro dell'Ordine a Parigi, appare oggi
una scelta infelice che risulterà fatale all'Ordine. I Templari
erano ora una sorta di esercito di stanza a Parigi al comando del
proprio generale e una tale forza militare senza uno scopo avrebbe
potuto un giorno divenire un pericolo. Il Maestro de Molay fu
informato dal Papa delle calunnie che andavano diffondendosi sul
suo Ordine ed egli stesso richiese l’apertura di una inchiesta per
appurare la verità e ristabilire la giustizia. Clemente V deliberò
l’inchiesta il 24 agosto 1307: i consiglieri del re la riterranno
pericolosa, e, conoscendo bene il Papa temettero che questi non si
sarebbe mai schierato contro il potente Ordine. Occorreva pertanto
prevenire una possibile assoluzione: fu Guglielmo Imbert, teologo
e giurista, consigliere e confessore del re che trovò la soluzione
adatta. Egli distinse astutamente le due questioni: il Papa poteva
procedere nella sua inchiesta sull’Ordine, ma questo non impediva
in alcun modo a lui, Grande Inquisitore, di procedere contro i
singoli membri dell’Ordine, giacché chi era sospettato di eresia
soggiaceva alla sua diretta giurisdizione anche se appartenente ad
un “Ordine esente”. Il re fu ben lieto di trovare nel reticolo del
Canone un varco per attuare il suo piano. Il 14 Settembre lettere
erano state inviate ai rappresentanti del re in tutta la Francia
che ordinavano su richiesta di frate Guillaume, l’arresto
simultaneo di tutti i templari per il giorno 13 Ottobre e il
sequestro dei loro beni. Il 20 Settembre Guillaume aveva inviato
lettere a inquisitori, priori e sotto - priori e lettori
domenicani dando loro mandato per agire ed elencando i crimini dei
Templari. Egli dopo aver esaminato le testimonianze di accusa
aveva chiesto l’assistenza del re secondo la prassi ; il re aveva
inviato istruzioni precise sul modo di procedere agli arresti, sul
modo di condurre l'inchiesta, preceduta dalla richiesta di
assistenza fattagli dall’Inquisitore e l’elenco delle accuse.
Pochi riuscirono a fuggire, quei pochi che si sottrassero
all’arresto fuggirono il giorno stesso degli arresti. E' opinione
unanime che i giudici ecclesiastici e il Papa non furono che
strumenti del sovrano. I Templari prigionieri rimasero sotto la
giurisdizione del re anche quando si asseriva fossero sotto
l'egida del Pontefice. Per via di questo concorso di circostanze,
che fu fatale per i Templari, le fasi del processo furono fin dal
principio unificate e, nel complesso, storicamente questo processo
non può che venire valutato una farsa .
La storiografia recente cita alcuni fattori che avrebbero portato
o, almeno accelerato la fine dei Templari:
• esisteva da parte della corona di Francia un fortissimo
interesse a sbarazzarsi del potere dei Templari.;
• la debolezza mostrata, durante la cosiddetta cattività di
Avignone, dai papi residenti in Francia nei confronti del sovrano
francese fu un fenomeno eclatante;
• l'opinione pubblica era molto avversa ai Templari, e, questo
giudizio del popolo, fu confermato e sapientemente manipolato
dalla propaganda del re Filippo e di Nogaret.
Nel valutare i singoli personaggi gli storici moderni si mostrano
concordi: da un lato Filippo, abile calcolatore, disposto a
sacrificare quasi tutto alla ragione di stato e a perseguire i
propri scopi senza farsi scrupoli morali. Seppe circondarsi di
consiglieri anch'essi senza scrupoli che eseguivano il suo volere
senza porvi freno, cercando di spingere l'opinione pubblica versi
i progetti del re: la propaganda e l'uso del terrore furono mezzi
efficaci. Dall'altro lato Clemente V, Papa che non merita certo il
titolo di avversario. "Egli era un uomo debole ed emotivo,
limitato: pensava in primo luogo ai suoi parenti e si seppe
mostrare ostinato solo con pochi potenti. Nei confronti di Filippo
il Bello, poi fu accondiscendente come raramente un Papa verso un
signore temporale" . Rifiutandosi di tornare a Roma Clemente aveva
scelto volutamente di vivere nella sfera di Filippo ed era conscio
della sua dipendenza. Era un uomo infermo, le cui energie erano
paralizzate da una salute estremamente cagionevole. Non è facile
stabilire se Clemente era o meno consapevole dell'innocenza dei
Templari, resta il dubbio anche sul fatto se abbia deciso da solo,
di sua spontanea volontà, di sciogliere l'Ordine. Eresia ed
immoralità sembrarono le accuse migliori per annientare l'Ordine,
i ministri la prospettarono e il re si lasciò allettare. Col
processo ai Templari Filippo aveva dinanzi il caso ideale: una
difesa della fede che al tempo stesso riusciva conveniente allo
stato. Annientando i Templari si sarebbe sbarazzato di uno scomodo
potere militare che non rispondeva ai suoi ordini e avrebbe
salvato le proprie dissestate finanze con i beni e il tesoro della
casa del Tempio di Parigi .. Clemente, d'altra parte era
circondato da collaboratori poco accorti, si contornava di parenti
che, nonostante le ricche prebende di cui li colmava, erano sempre
pieni di debiti. Inoltre conduceva una vita che non si addiceva al
suo stato, aveva una concubina, la bella Mèlisenda del Perigord,
figlia del conte di Foix che gli costava moltissimo . Se il Papa
avesse fatto difficoltà Filippo avrebbero potuto minacciarlo di
farlo destituire per comportamento indegno, appellandosi al
Concilio, visto che non mancavano motivi plausibili. Perché
Filippo potesse godere della confisca dei beni che si riprometteva
in Francia era necessario che misure simili contro il Tempio
fossero prese in tutta Europa e, per fare questo, era
indispensabile la cooperazione del Papa. Con la bolla “Pastoralis
praeminentia” egli ordinò, il 22 novembre, l'arresto di tutti i
Templari e la messa sotto tutela dei loro beni poi con la
successiva bolla dell'agosto 1308 “Faciens misericordiam”
completerà l'opera. Nell'agosto 1308, quando il papato prenderà in
mano il processo, le accuse erano state puntualizzate in 127
articoli che fungeranno da punto di partenza per gli interrogatori
.Le imputazioni cercarono di assimilare le pratiche dell'Ordine a
quelle degli eretici, in particolare dei Catari e di portare prove
della sua perversione a opera dell'Islam. "Collegando stregoneria
e magia, Nogaret poteva sperare di sfruttare a proprio vantaggio
contemporaneamente sia la tradizione popolare sia le idee diffuse
nel mondo degli intellettuali nella seconda metà del XIII secolo"
. Gli inquisitori strapparono ai Templari le necessarie
confessioni per sostenere tali accuse . Dallo studio fatto da
Malcom Barber sugli arresti tra ottobre e novembre a Parigi (138
deposizioni) e in provincia (94 deposizioni), si apprende che si
tratta di persone la cui media età era 42 anni: alcuni erano
conversi o frati lavoratori. Ben 134 su 138 confermarono le accuse
avanzate contro l'Ordine, solo pochi negarono. Tutti ammetteranno
qualcosa ma è evidente che le confessioni dei dignitari
dell'Ordine furono decisive per la prosecuzione della vicenda. Un
concilio generale convocato a Vienne, con la bolla “Regnans in
Coelis”, avrebbe giudicato, la soppressione del Tempio. Il
Pontefice si era riservato di giudicare i dignitari dell'Ordine, e
di destinare i beni di quest'ultimo al servizio della crociata.
Nel frattempo tali beni erano rimasti sotto il controllo del re
che, su richiesta della Chiesa, aveva la sorveglianza dei
prigionieri. In attesa del Concilio che si sarebbe poi tenuto tra
la fine del 1311 e il 1312, re Filippo riuscirà ad ottenere dal
Papa che fosse nominato vescovo di Sens Filippo di Marigny
fratello di Enguerrand la cui devozione per Filippo era assoluta
poiché il vescovado di Parigi dipendeva dalla provincia di Sens .
Il 10 maggio l'arcivescovo “confondendo in mala fede la procedura
impiegata davanti alla commissione apostolica degli otto e quella
impiegata davanti alle commissioni diocesane, farà condannare al
rogo 54 Templari di Sens che avevano confessato nel 1307 i propri
crimini, ma che, poi, difendendo l'Ordine davanti alla commissione
degli otto, istituita dal papa, erano ricaduti nell'errore" .
Ritrattando le loro confessioni essi, considerati recidivi, furono
condannati e arsi vivi alla porta S. Antonio, fuori Parigi il 12
maggio. Altri roghi arsero nei giorni successivi spezzando la
resistenza degli altri Templari che rinunciarono quindi a
difendere l'Ordine. Il voluminoso dossier ricavato dalle udienze
servirà da punto di partenza per il Concilio che sarà dichiarato
aperto il 16 ottobre 1311. Il Papa non riuscirà a mantenere il
controllo dell'assemblea: la maggior parte dei padri conciliari
vorrebbero giudicare e ascoltare la difesa dei Templari , quindi
nel marzo 1312, Filippo il Bello , esasperato, dopo aver convocato
gli stati generali a Lione e, dopo incontri segreti fra Nogaret,
rappresentanti del re e del Papa, il 20 marzo, annuncerà il suo
arrivo a Vienne per il Concilio accompagnato dal suo esercito. Il
Papa, di sua iniziativa, il 22 marzo con la Bolla “Vox in Excelso”
abolirà l'Ordine con un atto amministrativo. Il concilio si
prolungherà poi fino al 6 maggio 1312 per il problema della
devoluzione dei beni. A tale data l'Ordine non esisterà più,
resterà solo il caso dei singoli individui disciplinati dalla
Bolla “Considerantes dudum” del 6 maggio1312. Pur avendo riservato
a sé il giudizio dei quattro dignitari del Tempio imprigionati a
Parigi, Clemente il 22 dicembre 1313 nominerà una commissione di
tre cardinali destinata a giudicare in suo nome: vi farà parte
anche Niccolò di Frèauville, uomo di paglia del re. Il 18 marzo
1314 de Molay comparirà davanti alle stesse persone con le quali
si era rifiutato di parlare, non per essere giudicato ed ascoltato
ma solo per assistere alla sentenza, in un Concilio presieduto da
Filippo di Marigny. Egli condannerà al carcere perpetuo e severo
sia il de Molay che il de Charney, i quali, opponendosi allo
stesso arcivescovo di Sens, ritrattarono le loro confessioni: il
re immediatamente informato quello stesso giorno, li farà
giustiziare su un'isoletta della Senna. Per i posteri le ultime
parole del de Molay e del de Charnay restano una prova toccante
della loro innocenza e dell'innocenza dell’Ordine: ritrattare
significava infatti morte sicura. Il Papa non prese posizioni
forse perché era già allo stadio terminale di un tumore allo
stomaco e all'intestino: morì a Roquemure il 20 aprile. Il vero
erede dei beni del Tempio fu Filippo. Egli presentò al Papa il
conto delle spese sostenute per il mantenimento dei Templari
durante la prigionia: i Gerosolomitani per entrare in possesso dei
beni ereditati dovettero pagargli forti somme che forse superarono
il valore dei beni ereditati con la bolla pontificia. I beni dei
Templari caddero tutti in mani estranee ad esclusione di quelli
gestiti dal re dom Diniz di Portogallo che li amministrò in modo
degno e, il 5 maggio 1319 fondò l'Ordine di Cristo a cui consegnò
le proprietà dell'Ordine templare intatte e fiorenti . In Francia,
Filippo non poté amministrare il bottino sottratto come gli
sarebbe stato necessario e nel 1313 fece di nuovo bancarotta. Nel
1313 rispettivamente ad aprile e a Dicembre morirono sia Guglielmo
Nogaret che Guglielmo di Plaisians, poi nello stesso anno della
morte del de Molay , nell’ autunno 1314 , morirà anche Filippo per
una ferita di caccia.
Conclusioni
Alcuni autori, mettono in risalto, nelle proprie opere, l’aspetto
economico dell’Ordine e legano alla ricchezza tutta la vicenda
della distruzione dei Templari e della soppressione dell’Ordine.
Il denaro fu certamente la causa scatenante, tuttavia anche
l’Ordine degli Ospitalieri era molto ricco, ma non per questo subì
la stessa sorte. Non mancano gli autori che danno maggior peso
all’aspetto politico della vicenda e incentrano su Filippo il
Bello e sulla sua visione dello stato tutto il senso delle loro
ricerche; essi cercano di dimostrare che alla base della
distruzione dell’Ordine dei Templari vi erano ragioni politiche
legate all’idea di stato totalitario che sono attribuite al re di
Francia e che i Templari contrastavano, forse loro malgrado, a
causa della loro forza economica e della loro influenza politica.
Alcuni autori incentrano la loro ricerca sulla querelle tra
Filippo il Bello e il papa Bonifacio VIII, per dimostrare che, la
distruzione dell’Ordine va vista nell’ottica di tale controversia:
l’affermazione del potere secolare su quello spirituale. Altri
autori sottolineano l’aspetto religioso dell’Ordine, analizzandone
l’ortodossia la loro possibile eresia e i presunti aspetti
esoterici della loro dottrina. In una materia così controversa non
è possibile fare distinzioni nette su tali aspetti. E’ indubbio
che in Francia una particolare contingenza politica, alimentata
dalle più radicali trasformazioni in seno alla finanza e alla
fiscalità del regno, voleva con la soppressione di un ordine
religioso come quello del Tempio, rivendicare i diritti del potere
civile ed affermare la propria egemonia sulle vecchie strutture
clericali. La querelle esplosa tra Filippo il Bello e Bonifacio
VIII, non era terminata con la morte di quest’ultimo, anzi era
divenuta una controversia di idee che accentuava l’importanza del
problema e la gravità degli interessi messi in gioco sia da una
parte che dall’altra. La persecuzione dell’Ordine del Tempio ne fu
la naturale continuazione. La Francia si dimostra disposta a
sostenere Filippo, la cui autorità coincide sempre di più con la
frontiere naturali del regno, mentre la feudalità, era stata messa
da parte da una potente borghesia, a cui era ormai subordinata. A
Filippo spetta l’onore e il merito di essere stato il fautore di
quel rinnovamento che nato intorno al 1300 porterà al costituirsi
delle grandi monarchie europee. Era inevitabile che i principi di
tale radicale trasformazione portasse forzatamente lo scontro ad
un livello in cui gli interessi della monarchia e della nobiltà,
dello Stato e della Chiesa, erano in conflitto e l’eliminazione
del Tempio rientrava in un’ottica “storica ineluttabile”, così
come era nella logica delle cose ridurre il peso della nobiltà
feudale. Non possiamo quindi limitare l’esposizione al carattere
“finanziario” che ha motivato l’eliminazione del Tempio. Se si
trattasse solo di questioni economiche legate al bisogno di
rimpinguare le casse dello stato perché rivolgere l’azione solo al
Tempio quando l’Ordine degli Ospitalieri era molto più ricco?
Qualcuno sostiene che quello era solo un primo atto e che forse
anche gli Ospitalieri erano nelle mire di Filippo. Tuttavia per lo
scalpore del lungo processo ai Templari o forse per la sua morte
precoce, la sua azione distruttiva rimarrà circoscritta ai
Templari. Certamente Filippo ebbe un ruolo ambiguo e poco
definibile nello ”affare” del Tempio, sicuramente sono entrati a
far parte del gioco sia aspetti umani , sia politici. I Templari
erano cavalieri provenienti dalla nobiltà feudale, orgogliosa del
proprio lignaggio e di difficile subordinazione. Si tratta
essenzialmente di una questione di potere: il timore che i
Templari non si sarebbero asserviti alla monarchia come egli la
concepiva. La controversia contro Bonifacio VIII e poi quella
contro i Templari aveva uno scopo preciso: dimostrare che il re
“era più cattolico del papa”, solo in questo modo il potere civile
avrebbe avuto la meglio su quello religioso. L’Ordine cozzava
contro il principio di ereditarietà di cui Filippo si sentiva
investito e contro il suo potere di re. Filippo il Bello fu ,
infatti, un promulgatore dei nuovi principi del nazionalismo e
della laicità dello stato, intesa come forza libera da ogni
ingerenza spirituale. I Sovrani e la Chiesa temevano, più del
potere economico, il potere politico dei Templari. Tutta la
vicenda può ascriversi quindi al problema di spianare alla
monarchia la strada verso una politica assolutistica, di rendere
più debole il clero francese, al quale non era difficile misurare
la grande potenza del re sul papa e su tutta la chiesa e, quindi,
di scegliere la via dell’obbedienza che avrebbe potuto evitare il
ripetersi di azioni politiche e giudiziarie pericolose. Per questo
il processo ai Templari contribuì a consolidare il prestigio ma,
soprattutto il potere politico di Filippo il Bello.
Fin qui è stata esposta la storia dei Templari come è conosciuta
per mezzo delle fonti: tutte le altre“storie” che si raccontano e
non supportate da documenti certi fanno parte del “mito” che si è
creato intorno a loro.