Mentre in
Europa, le
associazioni
“pro
aborto”
portano
avanti la
cultura
della
morte
-sostenuti
dalla
politica e
da una
parte di
opinione
pubblica-,
in Russia,
si
rafforzano
i centri
di aiuto
alla Vita.
La
proposta
di legge
approvata
nella
laicissima
Francia
sull’aborto,
non
permette
“obiezione”
contro
l’aborto.
I
sostenitori
affermano
che si
tratta di
scelta
civile nel
rispetto
della
donna. La
vita non è
un diritto
da
acquisire,
comprare o
peggio
ancora
vendere!
Nel paese
di Putin,
lo hanno
capito
bene. Lo
sviluppo
della
società
avviene
investendo
sulla Vita
e non
sulla
morte.
Evidentemente
l’occidente
proteso
verso il
materialismo
aggressivo,
dimentica
la radice
su cui è
fondata la
civiltà:
senza
bambini,
senza
vita,
tutto
prima o
poi è
costretto
al
decadimento.
Dietro i
“diritti
civili”,
si
nascondono
interessi
economici
spaventosi.
Il
commercio
del corpo,
frutta
miliardi
di euro
alle
grandi
multinazionali.
E’ una
pagnotta
molto
ghiotta
che non
vogliono
farsi
sfuggire.
Diceva un
saggio
indiano:
“quando
finirà
l’acqua
del fiume,
quando gli
alberi no
cresceranno
più,
quando il
cibo
finirà,
gli uomini
si
accorgeranno
che i
soldi non
si possono
mangiare…”.
Sarà così
il futuro
dell’Europa?
Il
ministro
della
Salute
russo,
Elena
Baibarina,
ha
annunciato
all’agenzia
Novosti
“l’apertura
di centri
di
sostegno
per le
donne
incinte”
dove
potranno
“accedere
alle
consulenze
professionali
di
assistenti
sociali”.
Siamo
convinti,
ha
aggiunto
il
ministro,
“che
questo sia
il modo
migliore e
più umano
per
ridurre il
numero
degli
aborti”.
Da anni la
Russia di
Vladimir
Putin sta
cercando
di
limitare
il numero
delle
interruzioni
di
gravidanza
e c’è un
motivo.
Mosca
–commenta
Benedetta
Frigerio-,
è stata la
prima a
legalizzare
l’aborto
nel 1920,
dopo
l’instaurazione
della
dittatura
comunista,
e fra il
1960 e il
1980 ha
fatto
registrare
più di
quattro
milioni e
mezzo di
aborti
all’anno.
Non solo,
dalla
dissoluzione
dell’Unione
Sovietica
ad oggi la
perdita di
vite umane
dovuta
all’interruzione
di
gravidanza
è stata di
due volte
e mezzo
superiore
al numero
totale di
russi
caduti
durante la
Rivoluzione
del 1914,
la Prima
guerra
mondiale e
la
Seconda.
Il governo
russo ha
quindi
proposto
di vietare
l’aborto
all’interno
delle
cliniche
pubbliche,
introdurre
l’obbligo
di
prescrizione
medica per
l’acquisto
della
pillola
del giorno
dopo e il
consenso
obbligatorio
da parte
della
famiglia
per le
minorenni
che
vogliono
abortire e
dei mariti
per le
donne
sposate.
Oltre
all’introduzione
di “bonus
bebé”, il
governo ha
chiesto di
incrementare
l’assegno
mensile di
duemila
rubli (60
euro
circa) per
le donne
incinte.
Nel 2013
Putin ha
anche
firmato
una legge
che vieta
di
pubblicizzare
l’aborto,
impedendo
anche
l’offerta
libera di
medicinali
che
contengono
sostanze
narcotiche
o
psicotiche.
Per
invertire
la curva
demografica,
obiettivo
dichiarato
da Putin
già 14
anni fa,
il
presidente
ha
spronato
le
famiglie
ad avere
almeno tre
figli. Le
politiche
a favore
della vita
–conclude
la
giornalista
Frigerio-,
hanno
fatto
calare il
numero di
interruzioni
di
gravidanza
in Russia:
si è
passati
dai 1,2
milioni di
aborti del
2008 ai
935 mila
del 2012
(105 mila
in
Italia).
Per il
ministro
Baibarina,
però, il
numero “è
ancora
altissimo”.
La
decisione
di non
limitare
solo
l’aborto
ma di
promuovere
una
cultura
della vita
è stata
salutata
positivamente
dalla
Chiesa
ortodossa
russa, che
ha
suggerito
proprio
l’apertura
dei centri
di aiuto
alla vita
“per
aiutare le
madri sole
e in
difficoltà
in ogni
ospedale”.
a cura di
Ornella
Felici |