A
Trento,
come
ai
tempi
di
Erode
di
Francesco
Agnoli
(da
labussolaquotidiana.it
del
12.12.2011)
A
Trento,
come
in
tante
città
d’Italia,
venire
concepiti
è
sempre
più
un
rischio
ed
una
colpa.
Che
si
paga
con
la
morte.
Ne
hanno
parlato
anche
i
quotidiani
nazionali.
Una
giovane
ragazza
trentina
di
sedici
anni,
incinta,
è
stata
spinta
dai
genitori
ad
abortire.
Nonostante
fosse
fortemente
determinata
a
tenere
il
bambino.
Nonostante
fosse,
secondo
i
quotidiani
locali,
molto
“innamorata”
del
suo
fidanzato.
I
genitori
sono
addirittura
ricorsi
al
Tribunale
dei
Minori,
affinché
l’eliminazione
cruenta
del
nipote
fosse
ingiunta
dall’autorità.
Imposta
con
la
violenza.
Dopo
aver
resistito
con
le
unghie
e
con
i
denti,
la
povera
ragazza,
è
capitolata
e
“ha
deciso”,
non
certo
spontaneamente,
di
abortire.
Innumerevoli
sono
le
riflessioni
che
nascono
di
fronte
ad
un
simile
fatto
drammatico.
Partiamo
dalla
meno
importante:
quel
figlio
è
stato
ucciso
anche
perché
i
suoi
nonni
non
potevano
accettare
il
fidanzato
della
figlia.
Un
ragazzo
albanese.
“Omicidio
per
motivi
razziali?”,
si
domanderà
qualcuno.
Non
importa:
nessun
professionista
dell’antirazzismo
si
è
sentito
in
dovere
di
protestare.
L’aborto
è
ormai
un
bene
senza
se
e
senza
ma.
Andiamo
ora
al
cuore
della
vicenda.
La
cultura
abortista
si
è
sempre
nascosta
dietro
il
principio
dell’autodeterminazione
delle
donne.
L’autodeterminazione
è
oggi
un
sacro
dogma
intoccabile,
ma
a
senso
unico:
può
uccidere
suo
figlio,
la
madre
che
lo
vuole;
può
far
uccidere
sua
figlia,
il
padre
che
lo
desidera,
in
nome
di
una
presunta
volontà
della
stessa,
espressa
a
parole,
in
età
adolescenziale.
Ma
nessuno
alza
un
dito
per
proteggere
l’autodeterminazione
di
una
ragazza
che
vuole
tenere
il
bambino,
e
che
viene
incalzata,
assediata,
violentata
nella
sua
libertà,
da
chi
vuole
costringerla
a
divenire
il
boia
della
sua
creatura.
Pro
morte,
la
nostra
cultura,
sempre;
pro
vita,
mai.
L’autodeterminazione
è
dunque
una
truffa:
non
solo
perché
non
esiste
il
diritto
di
nessuno
a
negare
la
vita
del
suo
prossimo,
in
nome
della
propria
presunta
libertà;
ma
anche
perché
la
verità
dell’aborto
è
che
quasi
sempre
la
donna
che
vi
ricorre
lo
fa
“costretta”:
costretta
dalle
circostanze;
dalla
spinta
di
genitori,
compagni,
mariti;
dalla
freddezza
e
dall’insensibilità
di
chi
la
circonda;
da
problemi
economici;
da
una
cultura
ingannatrice
che
le
nasconde
la
natura
del
bambino,
la
drammaticità
del
gesto
con
cui
viene
ucciso,
e
le
conseguenze
future
per
la
propria
psiche
e
la
propria
vita.
Ma
a
nessuno
interessa
rimuovere
queste
cause,
queste
costrizioni.
A
nessuno
interessa
l’autodeterminazione,
quando
è
per
il
bene.
Il
Nemico
del
genere
umano,
del
resto,
offre
sempre,
sotto
il
nome
della
“libertà”,
solide
e
terribili
catene.
Un’ultima
considerazione,
per
un
cattolico
la
più
amara.
Di
fronte
alla
ragazza
che
difendeva
la
vita
del
figlio,
non
si
è
levata
alcuna
voce
autorevole:
un
convento
che
si
offrisse
di
tenere
il
bambino;
un
sacerdote
che
ricordasse
la
verità
e
invocasse
compassione...
(solo
il
rappresentante
del
Movimento
per
la
Vita
si
è
reso
disponibile).
Nulla
di
nulla.
Anzi,
il
direttore
del
settimanale
diocesano
trentino,
“Vita
Trentina”, ha
dichiarato:
“E’
un
caso
amaro.
Una
maternità
che
parte
da
uno
stato
di
sofferenza
così
grande
non
parte
bene.
La
Chiesa
non
può
certo
dichiararsi
a
favore
dell’aborto,
ma
capiamo
l’enorme
difficoltà
della
famiglia
e
crediamo
che
in
questa
storia
vadano
sorretti
tutti,
la
ragazza
e
i
suoi
genitori”.
Dichiarazioni,
queste,
che
dimostrano
non
solo
una
mancanza
di
fede,
ma
anche
un
assoluto
disprezzo
del
buon
senso
e
dell’uso
della
ragione.
Infatti
il
direttore
del
settimanale
diocesano
ha
anzitutto,
per
prima
cosa,
stigmatizzato
una
maternità,
difficile
quanto
si
voglia.
Come
se
non
fosse
un
valore
in
se
stessa.
Come
se,
qualunque
sia
il
modo
in
cui
è
nato,
ogni
uomo
non
fosse
per
sua
natura
degno
di
rispetto.
Poi,
dopo
una
frasetta
di
circostanza,
quasi
d’obbligo
(tributo
al
mestiere
che
fa),
ha
dichiarato
molto
convintamente
di
“capire”,
cioè
di
condividere,
la
scelta
per
la
morte;
infine
con
un
equilibrismo
degno
di
Ponzio
Pilato
e
don
Abbondio
messi
insieme,
ha
elegantemente
omesso
di
citare
il
bambino
(vanno
aiutati
“tutti,
la
ragazza
e
i
suoi
genitori”),
dato
ormai
per
spacciato
o
per
inesistente,
e
ha
invitato
invece
a
sorreggere
i
genitori,
cioè
la
loro
volontà
di
costringere
all’aborto,
e,
nello
stesso
tempo,
la
vittima,
la
figlia
costretta
ad
abortire
contro
voglia.
Come
sorreggere
quest’ultima,
non
è
stato
detto.
Non
era,
è
chiaro,
un
pensiero
impellente,
per
il
bravo
direttore
diocesano.
Eppure,
dire
una
parola
all’intervistatore
non
era
difficile;
eppure,
si
poteva
senza
grossi
rischi
testimoniare
la
verità;
eppure
si
doveva
provare
ad
offrire
un
soccorso
vero,
magari
anche
solo
indicando
ai
genitori
e
alla
ragazza
una
via
diversa:
la
possibilità
di
partorire
il
bambino
e
di
renderlo
adottabile.
Ma
le
idee,
gli
sforzi
per
fare
il
bene,
quando
il
cuore
è
altrove,
non
vengono.
Salvaci
tu,
Gesù
bambino,
dalla
banalità
del
male.
Dai
nonni
che
spingono
i
genitori
ad
uccidere
il
“piccolo
albanese”
che
vive
in
loro
figlia.
Dai
cattolici
che
hanno
perso
ogni
anelito
al
Bene
ed
alla
Giustizia,
e
che
ragionano
come
il
mondo.
Dai
cattolici
che
non
sanno
vederti,
in
quel
bambino
ucciso
barbaramente,
come
ai
tempi
di
Erode.
http://www.labussolaquotidiana.it/ita/home.htm
Ripassino
per
la
Curia
di
Trento
di
Riccardo
Cascioli
(da
labussolaquotidiana.it
del
12.12.2011)
All’incauto
direttore
del
settimanale
diocesano
di
Trento
(vedi
articolo
di
Francesco
Agnoli)
e
ai
responsabili
della
Curia
trentina,
che
ha
emesso
un
comunicato
stampa
di
uguale
tenore,
vorremmo
umilmente
ricordare
quanto
il
Catechismo
della
Chiesa
cattolica
afferma
a
proposito
dell’aborto
e
di
cosa
prevede
a
carico
di
chi
lo
procura.
Ebbene,
gli
articoli
del
Catechismo
dedicati
all’argomento
sono
sei
(dal
2270
al
2275);
noi
ne
ricordiamo
qui
solo
un
paio,
tanto
per
iniziare,
giusto
per
mettere
in
evidenza
che
la
misericordia
non
contempla
la
complicità
con
gli
assassini.
E
per
ricordare
che
i
genitori
della
sedicenne
sono
scomunicati,
prima
che
a
qualche
prete
venga
in
mente
di
creare
ancora
più
confusione
e
scandalo
di
quanto
abbiano
già
fatto
i
responsabili
della
diocesi
di
Trento
(ma
a
proposito:
a
Trento
esiste
un
vescovo,
magari
quello
stesso
che
nel
giugno
scorso
scese
in
campo
personalmente
per
il
famoso
referendum
sull’acqua?).
“Fin
dal
primo
secolo
la
Chiesa
ha
dichiarato
la
malizia
morale
di
ogni
aborto
provocato.
Questo
insegnamento
non
è
mutato.
Rimane
invariabile.
L'aborto
diretto,
cioè
voluto
come
un
fine
o
come
un
mezzo,
è
gravemente
contrario
alla
legge
morale”.
(art.
2271,
Catechismo
della
Chiesa
cattolica)
“La
cooperazione
formale
a
un
aborto
costituisce
una
colpa
grave.
La
Chiesa
sanziona
con
una
pena
canonica
di
scomunica
questo
delitto
contro
la
vita
umana.
«Chi
procura
l'aborto,
se
ne
consegue
l'effetto,
incorre
nella
scomunica
latae
sententiae»,
«per
il
fatto
stesso
d'aver
commesso
il
delitto»
e
alle
condizioni
previste
dal
diritto.
La
Chiesa
non
intende
in
tal
modo
restringere
il
campo
della
misericordia.
Essa
mette
in
evidenza
la
gravità
del
crimine
commesso,
il
danno
irreparabile
causato
all'innocente
ucciso,
ai
suoi
genitori
e
a
tutta
la
società.
(art.
2272,
Catechismo
della
Chiesa
cattolica).
http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-ripassino-per-la-curia-di-trento-3874.htm |