(citazioni: 1Cor; Fil; A.T)
(San Paolo e San
Francesco)
di Padre Fiorenzo
Locatelli ofm
Che cosa c'è di più
familiare, di più scontato, per un
cristiano, del simbolo della
Croce? Eppure, a noi, cristiani
del terzo Millennio, farebbe bene
talvolta mettere tra parentesi
secoli e secoli di assuefazione
all'immagine del Crocifisso per
tornare a scoprire il significato
profondo della Croce con il
commosso stupore con cui ad essa
volgevano lo sguardo i credenti
dei primi secoli. La Croce, che
per noi è un oggetto consueto, che
infonde abitudinariamente un senso
di consolazione e di pace, per i
primi discepoli fu un terribile
strumento di morte, riservato dal
potere romano agli schiavi ribelli
ed ai terroristi; da qui la
drammatica domanda: come predicare
il vangelo del Figlio di Dio
crocifisso, cioè sottoposto al più
infame dei supplizi? Follia e
scandalo era ritenuta a
quell'epoca la croce per coloro
che si accostavano alla fede
cristiana.
Eppure san Paolo, lungi
dal rimuovere diplomaticamente e
pietosamente l'immagine della
Croce per evitare difficoltà agli
evangelizzati, ne fa il centro
della sua teologia (Teologia
Crucis appunto), il cuore della
salvezza. Scrive Paolo ai Corinzi:
“E mentre i Giudei
chiedono miracoli e i Greci
cercano la sapienza, noi
predichiamo Cristo crocifisso,
scandalo per i Giudei, stoltezza
per i pagani, ma… potenza di Dio e
sapienza di Dio”
(I Cor. 1,23-24).
”lo ritenni infatti di non
sapere altro in mezzo a voi se non
Gesù Cristo, e questi crocifisso”
(1 Cor. 2,2).
Non per la fiducia nei
miracoli e per l'efficacia delle
opere della sapienza umana, ma per
la fede in Cristo crocifisso e
Risorto l'uomo trova salvezza:
”…sono stato crocifisso
con Cristo e non sono più io che
vivo, ma Cristo vive in me” Questa
vita che vivo nella carne io la
vivo nella fede del Figlio di Dio,
che mi ha amato e ha dato se
stesso per me” (Gal. 2,20).
Però, attenzione: la
Croce, paradossalmente, non è più,
per il cristiano, simbolo di
sofferenza cieca, ma di donazione;
non di morte subita, ma di vita
donata. Il cristiano non è né un
sadico né un masochista, e non ha
alcun compiacimento della
sofferenza presa a sé. La Croce di
Cristo è il cuore del mondo, ma
quello che noi adoriamo, il
Venerdì santo, non è un oggetto di
legno o un corpo morto, ma il
Figlio di Dio, il Vivente, il
Risorto. La Croce è il segno del
suo servizio al Padre e all'uomo,
nella potenza dello Spirito, in
una donazione totale `fino alla
morte, e alla morte di croce ”
(Fil. 2,8).
La Croce è il segno forte,
brutale (anche se noi ne abbiamo
forse un'immagine edulcorata,
annacquata) di un Amore che si è
fatto carne e che vince la morte,
di una Vita che trionfa. Per
questo san Francesco trova nel
crocifisso di S. Damiano il senso
della sua vocazione al servizio
della Chiesa “Corpo di Cristo; per
questo san Francesco alla Verna
implora il dono di provare il
dolore e l'amore del Cristo nella
sua passione redentrice, e riceve
come risposta - per primo nella
storia” il sigillo delle Stimmate,
cioè il segno della conformità,
visibile anche nel suo corpo, alla
passione di Gesù: diviene, così,
il “crocifisso della Verna”, uomo
fatto Croce lui stesso tanto il
suo amore a Dio e all'uomo lo ha
conformato all'immagine del suo
Signore.
La vita intera di S.
Francesco è segnata dal segno
della Croce. Nel suo testamento
Francesco ricorda la preghiera da
lui e dai suoi compagni recitata
quando incontravano lungo la via
una chiesa o una croce:
“Ti adoriamo, o Cristo, e
ti benediciamo, in tutte le chiese
che sono nel mondo, perché con la
tua santa croce hai redento il
mondo”.
In particolare gode di
speciale venerazione, da parte di
Francesco, il Tau, la croce dalla
tipica forma a T che prende il
nome dall'ultima lettera
dell'alfabeto ebraico, e che era
tanto amata da San Francesco che
egli la scriveva ovunque e la
usava come firma. Il Tau diviene
segno di salvezza in riferimento
alle parole di Ezechiele 9,4-6:
“Va' attraverso la città…
e traccia il segno del Tau sulla
fronte di quegli uomini che
sospirano e gemono a causa delle
abominazioni che vi si commettono
“.
Così pure, nel cap. 7
dell'Apocalisse di Giovanni i
salvati attraverso la grande
tribolazione sono quelli che
portano sulla fronte il segno
della salvezza.
L'abito francescano, pure,
è una croce che avvolge la
persona, nella stessa forma del
Tau:
“Proprio perché si era
racchiuso nella stessa croce,
indossò anche un abito di
penitenza fatto a forma di croce.
In esso il santo testimoniò il
mistero della croce, in quanto
che, come la sua mente si era
rivestita del Signore crocifisso,
così tutto il suo corpo si
rivestiva esteriormente della
croce di Cristo ” (II Cel. 106:
969).
Ma la Croce non è per S.
Francesco un semplice simbolo,
quasi un'astrazione geometrica.
Francesco è l'uomo innamorato
dell'umanità di Cristo. E' suo il
primo Presepe (Natale del 1223, a
Greccio), dove egli poté
contemplare con i suoi occhi il
mistero dell'Incarnazione nella
reale, carnale povertà e umiltà
dell'umana nascita del Cristo;
così è sua un'immedesimazione così
profonda con l'umana passione del
Cristo crocifisso da contemplarla
e riprodurla nella sua persona.
La Verna è particolarmente
segnata dal mistero della Croce,
perché lì S. Francesco,
”nel crudo sasso intra
Tevero e Arno
da Cristo prese l'ultimo
sigillo,
che le sue membra due anni
portarno “
(DANTE ALIGHIERI,
Paradiso, XI,106-108).
Lì Francesco, ritirato in
preghiera e penitenza, nel
settembre 1224 compie la sua
Pasqua, assimilandosi al
Crocifisso fin nelle piaghe delle
mani, dei piedi, del costato.
Dopo di lui, gli
stigmatizzati di tutti i secoli
portano il segno vivo dell'Amore
donato nel servizio. E il
Crocifisso che viene collocato a
Castiglion Fiorentino è questo: il
Cristo fatto lui stesso Croce,
l'Uomo della Croce in cui cade e
scompare il legno con la sua
fredda oggettività e rimane solo
la pura e perfetta Umanità
nell'atto di suprema donazione, il
corpo slanciato verso il Padre e
le braccia allargate verso tutti
gli uomini.
La Verna, 1 settembre
2001
P. Fiorenzo Locatelli ofm |