Diocesi Piacenza-Bobbio -
Ufficio Documentazione - Cattedrale - Quaresimale
“Padre,
non ci abbandonare alla tentazione”
Giovedì, 31 Marzo 2011
Documento
elaborato da Ciani Vittorio
x l’Ufficio Documentazione Diocesi Piacenza-Bobbio.
Lettura: Vangelo di
Giovanni 12, 20-28.
Attenzione, la
punteggiatura segnata corrisponde ai momenti di pausa del
Relatore.
Pierangelo Sequeri
Premessa
introduttiva
Abbiamo di nuovo l’occasione, grazie all’amicizia del
vostro Vescovo e alla vostra buona accoglienza, di
meditare insieme un passaggio della Quaresima. Il nostro
passaggio è attraverso la parola della preghiera cristiana
per eccellenza, che dice: “non abbandonarci alla
tentazione”, non spingerci lì dentro; che vuole dire
già spontaneamente: perché non giuriamo su di noi?, non
siamo tanto sicuri. Ma, attraverso la parola di Giovanni,
che abbiamo ascoltato questa sera, forse possiamo
allargare un po’, approfondire un po’, dipanare un po’, il
senso certo un po’ enigmatico di queste invocazioni.
Apposta vi ho detto questa specie di traduzione: non ci
spingere lì dentro perché non siamo sicuri di noi. Ma lì
dentro c’è soltanto il male!
Ecco, abbiamo ascoltato questa parola di Gesù, che dice:
“E come posso chiedergli di salvarmi da quest’ora? Non è
per questo che sono venuto?” Ti deve risuonare qualche
cosa di queste invocazioni, tanto più se ti ricordi, e ti
ricordi perché l’hai ascoltato tante volte nel Vangelo,
che poi viene il momento in cui Gesù nell’Orto dice:
“Padre, se è possibile, passi da me…”.
Ecco, lo vedi che ci sono tutte e due le cose: c’è
qualcosa di appassionate, di intrigante, di profondo, in n
questa esperienza; nella quale chiediamo a Dio di
custodirci, nella quale chiediamo a Dio di non spingerci
troppo a fondo … ma anche con la sensazione che in certo
modo anche Lui ci accompagna lì dentro. Ohibò! … Dio ci
accompagna nella tentazione? – nella prova, nella stessa
Parola?
Abbiamo l’occasione per correggere un piccolo
rimpicciolimento di questa parola: “tentazioni”. Bisogna
che non pensiamo subito alla ‘mela’ che ci piacerebbe
prendere … e invece non dobbiamo prendere. C’è anche
questo, fa parte delle prove della vita: provare
attrazione per qualche cosa che non è giusto, che è male.
Ebbene, questa sera abbiamo l’occasione comunque di
comprendere che queste non sono le prove più importanti
per la nostra vita. Sai perché? Perché queste le
riconosciamo ad occhio nudo, perché anche se siamo deboli
sappiamo che sono male; sono tentazione del ‘piano
terreno’. Forse non siamo abbastanza forti per poter
resistere; ma lo sappiamo quando siamo stati deboli delle
tentazioni che riguardano ciò che è male.
Ebbene, noi sappiamo praticamente tutto, sappiamo di che
cosa si tratta… E non è certo dentro lì che Dio ci
accompagna e ci spinge. E dunque, non è prima di tutto da
lì che chiediamo di essere liberati. Noi chiediamo di
essere liberati da qualche cosa in cui non di meno siamo
portati. Da qualche cosa in cui addirittura è necessario
che noi accettiamo di essere portati… come dice Gesù. Non
posso chiedere di essere sottratto proprio adesso… è per
questo che sono venuto!
Ecco, proviamo, in obbedienza alla parola di Dio, a
esplorare questa strada, molto più impegnativa, molto più
difficile, molto più enigmatica per noi. Perché la
tentazione delle cose cattive che non dobbiamo fare è alla
nostra portata. Forse non ce la facciamo, siamo deboli, un
po’ infingardi… ma se sono cattive le vediamo. Mentre
questa ‑ questa ‘prova tentazione’, di cui parla Gesù, che
comprende anche tutte le altre –, questa è una prova che
mette a rischio la trasparenza della nostra mente, la
qualità della nostra vita, il senso dei nostri sforzi
migliori, la verità dei nostri affetti più sacri e più
cari. Lo capiamo dal fatto, e sempre in questo brano che
abbiamo letto, la faccenda della prova nella quale Gesù
dice: “Non posso chiedere di essere liberato. È per questo
che sono venuto!”. È associata all’immagine
conosciutissima del ‘seme’: “Se il seme… non muore…”.
Cominciamo a capire qualche cosa… Sì?. Si tratta di
qualche cosa in cui dobbiamo entrare, in cui dobbiamo
sentirci un po’ morire… e tuttavia dobbiamo continuare a
credere… Ecco la prova: dobbiamo continuare a credere che
qui si tocca il meglio della nostra vita, e dunque non
dobbiamo semplicemente uscirne.
Dobbiamo chiedere a Dio di resistere il tempo necessario…
per non arrivare al peccato mortale di tutti i peccati
mortali… che sarebbe questo: Di fronte alla prova dire: Ho
vissuto per niente. Se questo è quello che si ricava
volendo bene, facendo del bene, facendo sacrifici per il
bene… io ripudio la vita che ho vissuto… me ne dissocio…
andate avanti voi… non ci credo più… Ecco, sento di averla
sprecata.
Capisci dunque, perché noi dobbiamo chiedere a Dio: ‑ che
mentre ci accompagna in questa prova, necessaria,
inevitabile, dotata persino di una sua bellezza, come
vedremo –, abbiamo bisogno insieme di dire: “Però,
Signore, ricordati che ci hai tra le mani… non ci ficcare
lì dentro più del tempo necessario. È la stessa cosa di
cui ci dà testimonianza Gesù, che dice: “Lo so, che è
venuta l’ora della mia prova, e non posso sottrarmi.
Insieme Signore! Dio, Padre! Se è possibile … che passi”.
Quello che chiediamo noi nel ‘Padre nostro’. Quello che ci
ha insegnato anche a noi a chiedere: Accompagnaci lì… e
che passi! Che non ci restiamo dentro… Guarda che siamo
fragili… Accompagnaci e custodiscici…; come dirà al Padre
pregando sui suoi discepoli: “Non li tolgo dal mondo… ‑
devono fare la loro vita ‑, ma ti prego che tu li
custodisca come io li ho custoditi” (cf. Gv 17, 6-11).
Questo chiediamo: accompagnaci dentro lì e custodiscici
perché, da soli, noi quella prova la falliremo! noi, tutti
noi, tutti gli esseri umani.
E
noi, credenti, nel modo più trasparente possibile cadiamo
due volte sotto questa prova. Siamo accompagnati da Dio
due volte dentro questa tentazione… nella quale c’è una
benedizione… che senza essere messi alla prova non salta
fuori, non fiorisce, non produce niente, non riempie la
nostra vita.
La prima prova
Una prima volta siamo indotti in questa prova proprio come
una prima volta Gesù fu indotto nella prova, nella
tentazione. Ma adesso abbiamo capito che dobbiamo parlare
… ve lo ricordate tutti (cf. Mt 4, 1-11): il diavolo lo
sorprese nel deserto… dopo la sua Quaresima … Gesù aveva
fame … e il diavolo dice: ebbene, tu sei figlio di Dio di
a queste pietre che diventino pane. Dov’è la tentazione,
secondo voi? Ti ha detto di svaligiare una panetteria? Ti
ha detto di rubarlo di bocca a qualcuno? … Dov’è la
tentazione? Ti ha detto: puoi trasformare delle cose
inutili, come questi sassi, in buon pane per saziare la
tua fame. C’è qualche cosa di fame nella fame? No. C’è
qualche cosa di male a trasformare le pietre in pane? No.
Viene depredato qualcuno? No. Dov’è la tentazione?
Eppure la tentazione c’è!: profonda, insidiosa e
apparentemente invisibile. Ecco perché ti dico: salvi i
peccati dai quali lì ci sono tentato, e quelli lì sono già
un problema risolto. Si, certo, devi resistere con l’aiuto
di Dio, ma … insomma, non sono il nostro problema più
grave. Ma qui c’è una tentazione invisibile. E sai perché
ti mette a dura prova? Perché ‘è dura chiamarla
tentazione’! ma lo devi fare. Allora dove sta’ la
tentazione?
La
tentazione sta in questo: pensare che il primo gesto della
nostra vita ‑ il primo significato della nostra vita, il
primo orientamento della nostra vita, la sua base
elementare – consista nel soddisfare il nostro bisogno e
il nostro desiderio come se fossimo soli.
Incontreremo di nuovo il tema dei ‘pani’, sì. Nel Vangelo
di ‘dopo’, lo sapete tutti, c’è l’episodio della
‘moltiplicazione dei pani’ (cf. Gv 6, 1-13). Il primo
gesto lì è “qualcuno ha fame”… Allora moltiplichiamo i
pani anche per noi. Non sembra neanche una tentazione…
Eppure questa parte del pianeta Terra in cui viviamo ‑ che
è la più ingorda, la più egoista e la più infingarda che
attualmente esista ‑ sta’ disimparando questo gesto.
Guarda non il gesto della carità, il gesto del dono. No!
Magari anche quello… Ma non è quello. Ti parla di una cosa
più profonda: noi stiamo disimparando, noi non
consideriamo più sacro, noi non consideriamo più decisivo
… noi non cerchiamo più la nostra felicità nel fatto di
lasciarci tirare fuori le nostre cose migliori (anche per
noi), le nostre sostanze migliori, i nostri pensieri
migliori, le nostre idee migliori, le nostre invenzioni
migliori… da qualcun altro che ce li tira fuori. Noi
cerchiamo di farle da noi, di provarle da noi.
Noi non conosciamo più la bellezza della fame saziata con
un ‘pane’ la cui metà è stata data prima ad un altro…
Stiamo per dimenticarla. Ci stiamo trasformando in una
colonia operosa di insetti, che cooperano nella produzione
dei beni, ma che hanno imparato ciascuno a desiderare e a
vere diritto per sé di soddisfare i propri bisogni, e di
realizzare i propri desideri.
C’è qualche cosa di cattivo in questo? No!
C’è qualcosa di terribile e di mortale in questo? Sì!
Cambia completamente la nostra vita ‑ cambia completamente
la grana della qualità umana della vita ‑ quando nella
tuta testolina, nel tuo cuore, nella tua carne, s’è
impressa questa cosa.
È
degno per l’uomo saziare la propria fame quando ha
imparato a farlo nutrendo qualcun altro.
È
degno per l’uomo inventare cose belle della vita, farsi
venire idee brillanti e geniali, soltanto quando qualcun
altro ha fatto di tutto per tirartene fuori, soltanto
quando il pensiero di qualcun altro ha accesso il
desiderio di pensare delle cose: inventare degli attrezzi,
di produrre del cibo, di sviluppare le nostre capacità di
cure.
Sembra niente! Ma il giorno che gli esseri umani tutti
impareranno che prima di tutto si tratta di saziare se
stessi e così dopo si sarà capaci di saziare gli altri…
noi moriremo tutti di fame nella nostra ingordigia … la
prova non sarà stata superata, diventeremo superbi,
disimpareremo totalmente che cosa significa volere bene,
perderemo la felicità delle nostre invenzioni migliori,
vivremo tutti a testa bassa con i ‘fili nelle orecchie’,
cercando semplicemente di soddisfare noi stessi. E ci
illuderemo che in questo modo diventeremo più bravi a
volerci bene l’un l’altro, a fare delle cose anche belle
per tutti… Non succederà!
Sembra strano ma questa parola del Signore è Lettera per
la nostra vita, è letterale.
Quando uno si comporta come il ‘seme’, quando l’essere
umano si comporta come il seme, anche lui fiorisce come
una pianta bellissima.
E
quando si comporta come un predatore per saziare se
stesso, diventa una pianta triste, malinconica, avvilita,
destinata semplicemente a corrompersi.
Ecco, il primo momento in cui chiede la prova di cui parla
il ‘Padre nostro’. La prova di cui parla Gesù. La ‘prova
del nove’. “Ho adempiuto tutta la Legge e i Profeti, cosa
devo fare adesso?” (cf. Mt 19, 16-22).
Eh, se una volta potessi imparare tu che le parti migliori
dell’essere umano si imparano quando uno si dispone a
farsele cercare da un altro … e non ha questa fortuna che
possono sperimentarlo fisicamente… Che capiscono che cosa
significa essere umani e donne precisamente perché il
bambino cerca la ‘tettarella’, ed è così che capiscono
perché sono al mondo. Perché nel momento in cui
impareranno a cercare di procurarsi da sé la soddisfazione
del loro essere donna, diventeranno di plastica come molte
di quelle che saremo costretti a subire oggi. È
infallibile.
Ma
tutti possiamo imparare questo, tutti possiamo imparare
questa lezione. Le nostre risorse migliori sono il frutto
di questa domanda: “Non chi sono io?” – “Ma, per chi sono
io?”. Insegnare agli esseri umani ad aprire gli occhi,
guardarsi intorno, e domandarsi: “Per chi sono?”. Perché,
se trovo ‘ per chi sono ’, da me verranno fuori le parti
migliori, e io stesso non patirò di certo la fame.
Se
invece la prima domanda che mi faccio è: “Come posso
saziare il mio desiderio?”, diventerò un essere avvilito e
inutile; e questo… mi mette di traverso fra gli uomini e
Dio. E più ci sono questi parassiti, che oggi noi
alleviamo scientificamente, sono persino incolpevoli; più
ci sono di questi parassiti che nella ricerca di sé si
mettono in mezzo fra gli uomini e Dio e più l’avvilimento
degli esseri umani diventerà invisibile. E la presenza di
Dio per gli esseri umani e per i loro avvilimenti
diventerà così lontana, così stinta, così vaga… proprio
come sta succedendo adesso.
Se
invece di mettersi in mezzo per ostruire questo, noi
saremo capaci di dare la nostra buona testimonianza ‑
ridestando questo esercito di rimbambiti, che stiamo
generando ‑ alla felicità di farsi succhiare dalla
‘tettarella’ qualcosa di buono, del sentirci di nuovo
vivi. Allora in quel momento noi saremo la piccola cortina
luminosa come il fuoco del “roveto di Mosè” (cf. Es 3,
1-6). E dietro si intuirà che Dio c’è… E il satana se ne
deve andare con la sua ‘coda tra le gambe’, come nelle
tentazioni di Gesù (cf. Mt 4, 11).
La
nostra prova di inizio, la nostra prova di iniziazione è
superata. E la nostra testimonianza cristiana ci renderà
belli, trasparenti … più che con le ‘cremine’ … e molto
sorridenti, anche un po’ ironici per queste generazioni
‘melancoliche dell’Occidente’ … che ‘ci stanno morendo di
benessere come le mosche’
La
prima prova dunque è: diventare come il ‘roveto’. E dunque
saper affrontare quel momento di mancamento… perché è una
tentazione … Che ti viene quando nella sensazione di avere
bisogno tu, di avere fame tu, di dover essere sostenuto tu
… sei tentato di dimenticarti di questa cosa profonda,
enorme, inventata dalla Creazione… sei tentato di
dimenticartene… sei tentato di dimenticarti che non c’è
mai un momento della tua vita in cui devi mangiare da
solo, vestirti da solo, visitarti da solo, parlarti da
solo, realizzarti da solo… Perché diventi triste e vecchio
e cadente se non superi questa prova… a costo di
trattenere la fame.
Devi andare in cerca di qualcuno che renda luminoso,
bello, felice… come nel gesto della Creazione dell’inizio:
mangiare il Pane, perché il “pane diviso è imbattibile”, e
il “pane solitario è mortale”.
La
prima prova! Si ripete negli anni. È una prova che
accompagna il nostro ingresso nella vita. È una prova che
accompagna anche la nostra vita nella fede e nella sequela
del Vangelo.
Possiamo noi stessi esseri tentati di accomodare il
Vangelo, anche, a quella logica. Se Gesù si butta dalla
torre del tempio e atterra senza farsi male – uno scoop,
l’indomani i giornali diranno: viva Gesù… Tentazione!
Gesù farà miracoli di ogni genere… Ma ogni volta... la
loro evidenza sarà: la gamba rotta di qualcun altro che
ricomincia a camminare. Sembra niente: cioè la mia, la
tua… No! Differenza abissale! Se il primo gesto è quello…
anche la tua non ti farà più male. Se non è quello, siamo
morti.
C’è scritto: sono tentazioni del satana. Vedi, non ti
sembrano. La prova dell’inizio.
La
prova dell’adolescenza verso la quale dovete portare i
cuccioli. E li portate…? Non stiamo diventando un po’
deboli genitori e educatori? Una debolezza comprensibile.
Non stiamo cercando di evitargli questa prova… e così
soccomberanno? Non stiamo raccomandandoli fin dalla più
tenera infanzia?: “Mi raccomando. Cogliere tutte le
opportunità. Realizzare tutte le possibilità. Non ti
perdere niente”. A vent’anni ‘c’hanno già l’occhio
incrociato’: Perché hanno capito che: come si fa a
raccogliere tutte le opportunità? E soprattutto: come si
fa a coglierle se non poi non hai nessuno da allattare?
Come si fa a sentirsi creativi, se non hai nessuno da
curare? Come si fa a sentirsi geniali, se non hai nessuno
che ti ha chiesto di aprirgli la mente e quindi tu ti sei
inventato tremila cose pur di arrivare a questo?
“Ecco, ce l’ho fatta! È handicappato, ma gli ho insegnato
due parole… E sorride … E io non mi sono mai sentito così
geniale, con tutti i libri che ho letto, come quando sono
riuscito ha insegnare due parole a questo; e mi sono
detto: “Valeva la pena di faticare così tanto a leggere
libri?”.
La seconda prova
Ma
poi la prova ritorna. È la fase del congedo. Ritorna con
una sua durezza speciale. E anche quella si può ripetere
molte volte. Noi celebriamo la Quaresima ogni anno perché
sappiamo che siamo sempre esposti alla ‘tentazione bis’,
quella che … è tra le righe di questa parola di Gesù, che
cita se stesso, si fa coraggio a se stesso. Lo vedi che si
fa coraggio a se stesso, si fa un dialogo con se stesso,
dicendo: “Ma, come posso chiedere che si allontani? Per
questo sono venuto”. Ma dopo lo chiederà che si allontani.
Accettate questa cosa, siete più bravi di Gesù? No!
Allora… Accettate il segno della potenza di questa prova,
che non sembra neanche questa una tentazione. Come
‘tentazione’? Tentazione? Quale tentazione? Questo sta’
per andare in croce. Lo tradiscono! Non è la tentazione,
‘tentazione’ sono i peccati! Quelli ‘bruttarelli’.
La
tentazione decisiva… Sapete che nella Tradizione della
Chiesa c’era la preghiera per chiedere a Dio la
perseveranza finale. Alludeva a questa seconda faccia
della prova. Quando si presenta la prima volta hai dei
recuperi. Prendi la mira… ci riprovi, a vent’anni/a
venticinque, magari ci ritenti, poi finalmente prendi la
strada… Ma quando si presenta la seconda volta c’hai più o
meno mezz’ora.
Perché la seconda volta questa tentazione si presentò a
Gesù così, e cioè: “Con tutto quello che hai fatto” ‑
questo gli ha guarito i bambini, gli ha fatto parlare i
muti, ascoltare i sordi, camminare gli zoppi, guarito la
nonna, la suocera, levato i demoni, sottratto alla
disperazione, ricuperato alla comunità… ‑ “Ma io sono
samaritana” – “Fa niente!” – “Ma lui è pubblicano” – E
allora?”… Cioè, cose enormi!
E
questi gli ‘ vanno sotto il naso ’, e uno dice: “Ha
bestemmiato Dio!”. “Non ha osservato il sabato”. “E
basta!”. “Va bene anche Barabba”.
E
lì c’è indotto nel suo limite: “Allora non valeva la
pena”. La tentazione è: “Sono stato stupido, sono stato
ingenuo, ho buttato via la vita… Se questo è il risultato…
Non doveva essere così! Ma doveva essere tutto un
trionfo!: le opere buone che suscitano gratitudine
dovunque… se no... Non è così, andate avanti voi. Dio!
Lasciamo perdere! Ho già dato, ed è stato una gran
disgrazia. Mi sono giocato tutto per niente”.
Cosa terribile quando succede tra gli esseri umani. Perché
se anche non lo dite a parole, noi lo sentiamo… i
‘cuccioli’ lo sentono. Se sentono che nella tua età matura
hai cominciato a cedere a questa tentazione… Il tuo occhio
lo dice: ti comunica, guarda… Se… Mi viene da sorridere…
Perché tutta questa fatica la fai per niente. La gente non
ti ringrazia. Non gli importerà niente, non succederà
niente… Il mondo continua come prima. Il nome di Dio…
peggio!
La
seconda prova, la seconda forma della prova. Di fronte
alla seconda forma della prova anche Gesù sente il peso di
questo ritorno della tentazione.
La
prima, Gesù è giovane e gagliardo… è con satana, ma lo fa
fuori. La seconda invece non è più con satana, è
direttamente con Dio. Ecco la tentazione, capito! “Non ci
tenere dentro lì!”.
Perché la seconda volta, prima della fine della vita,
quando sei chiamato a decidere se hai creduto in questo, o
se invece – visto come vanno le cose – non te ne vuoi fare
più niente, e vuoi comunicare questo messaggio alla
generazione che viene: “Ragazzi, è tempo perso! Pensate a
voi stessi! E lì la tentazione è con Dio! La seconda volta
hai solo Lui. Non c’è più neanche da combattere con
satana, perché ormai… In quella prova lì non si hanno più
forze… capisci! C’è solo il respiro per dire: “Ma Dio…
perché?”.
Che cosa fa la differenza? La differenza, vedi, nel
momento della seconda tentazione, della seconda volta
della prova, nel momento del congedo, nel momento in cui
bisogna rimanere fedeli dentro a quello che si è vissuto ‑
senza buttarlo via, senza avvilire la generazione che
viene, senza dichiarare: “È stata tutta una illusione ‑ La
seconda volta si è soli con Dio in questo; e non c’è che
Lui.
Guarda che in quel momento non c’è il parroco, non c’è il
vescovo, non c’è… Ti possiamo aiutare la prima volta… alla
seconda possiamo soltanto pregare gli uni per gli altri…
la seconda volta. La seconda volta è una cosa tra te e
Dio.
Però possiamo esercitarci ‑ come noi facciamo ogni
Quaresima – a concentrarci, a prepararci a questa
esperienza della prova, abituandoci a considerare Dio –
Quello con il quale siamo tentati di esprimere il nostro
risentimento – come la nostra unica certezza di essere
compresi e custoditi fino in fondo.
Se
non ti eserciti in questo, se non reciti tutti i giorni la
preghiera che chiede questo… sarà difficile ‑ la seconda
volta che arriva la prova – resistere alla tentazione di
buttare via la propria vita, dicendo: “Non è servito a
niente!”. Sono qua, vecchio, malato e rimbambito, e mi
sopportano anche...
ESERCIZIO DI QUESTO SENSO DELLA CUTODIA.
Per questo c’è la Quaresima. Per questo c’è la recita del
“Padre nostro”, che ci fa memoria.
“NON CI
ABBANDONARE NELLA PROVA”,
soprattutto alla seconda: la
tentazione del senso di inutilità delle cose buone, senso
di illusione della Parola evangelica che apparentemente
non ha prodotto il frutto che doveva. In quel momento
abbiamo soltanto questa scusa… Ma questa ce l’abbiamo…
Se
uno è capace di dire “PADRE”, in quel momento, lo deve a
GESU’… non al parroco o al vescovo. Lo deve a GESU’. Per
questo insieme col parroco e col vescovo e con tutti i
nostri fratelli nella fede… noi viviamo nella CHIESA a
dire: “PADRE, nel momento in cui mi resti solo Tu, RESTA”.
Documento rilevato da registrazione audio da
Vittorio Ciani, ma non rivisto dall’Autore.
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