UNA
DEGNA SEPOLTURA ANCHE PER I BAMBINI NON NATI: UN DIRITTO
IGNOTO AI PIU', MA PREVISTO DALLA LEGGE
Sopra alle 20
settimane c'è l'obbligo per gli ospedali di procedere
alla sepoltura, invece, prima dei cinque mesi, si
procede solo se c'è la richiesta dei genitori (che
spesso non lo sanno)
di Mimmo Muolo
I bambini abortiti hanno diritto a
una degna sepoltura. E impegnarsi in quest'opera di pietà
è anche un modo per riaffermare la loro dignità di
persone. Senza toni apocalittici o polemici, ma come
estremo atto d'amore nei confronti di coloro che hanno
subito la più terribile delle violenze. Lo chiedono le
associazioni promotrici del convegno che si conclude oggi
presso il Pontificio Ateneo 'Regina Apostolorum' e che si
intitola 'I bambini non nati - L'onore e la pietà'. Si
tratta delle Associazioni 'Difendere la vita con Maria' e
'Donum Vitae' e della Fondazione 'Ut vita habeant', che
hanno scelto di trattare il delicato argomento sia da un
punto di vista giuridico, sia nei suoi inevitabili
risvolti teologici e pastorali.
Giuridicamente parlando, infatti, non sempre le regole
sono chiare. Come ricorda Luciano Eusebi, ordinario di
diritto penale all'Università Cattolica di Piacenza, se il
feto abortito ha superato l'età gestazionale di 20
settimane, si deve procede alla sepoltura. Così dispone il
regolamento di polizia mortuaria. Il problema si pone,
invece, per i feti di età gestazionale inferiore alle 20
settimane. Specie quando non vi sia una richiesta da parte
dei genitori. Se questa richiesta, infatti, c'è, si
procede come nel primo caso. Ma quando manca? Il rischio è
che il feto possa essere "trattato" come gli organi e le
parti anatomiche non riconoscibili, che vengono smaltiti
in impianti per rifiuti pericolosi. Eusebi su questo punto
è categorico: «Il piccolo feto abortito – argomenta il
giurista –, anche quando si distacchi in fase molto
precoce e in modo non integro dal corpo non costituisce,
infatti, una mera parte anatomica, un organo o un tessuto
del concepito, bensì il corpo del medesimo nella sua
sostanziale interezza. Ne deriva – conclude Eusebi – che
il trattamento di questi resti umani, anche quando non vi
sia una specifica richiesta di sepoltura da parte dei
genitori, deve essere assimilato alle parti anatomiche
riconoscibili (ad esempio una gamba amputata), per le
quali è previsto che la struttura sanitaria proceda alla
sepoltura ». Di qui il consiglio del docente: «Una
cooperazione tra strutture sanitarie e organismi del
volontariato no profit per la sepoltura dei feti». Una
proposta che viene raccolta e rilanciata dalle
associazioni che hanno promosso il convegno.
«Il tutto, però – spiega il coordinatore del simposio, don
Gianmario Lanfranchini – deve essere fatto tuttavia senza
toni polemici, quanto piuttosto al fine di testimoniare
che questi bambini non nati sono persone». La lezione da
tenere presente è quella di Giovanni Paolo II, di cui ha
parlato monsignor Zygmunt Zimowski, presidente del
Pontificio Consiglio per la pastorale della salute. Amore
incondizionato per la vita, ma grande misericordia verso
chi ha abortito e si è pentito. Atteggiamenti da coltivare
con una adeguata pastorale per la vita, come ha chiesto il
cardinale Elio Sgreccia, intervenuto insieme a numerosi
politici e studiosi come Carlo Casini, Maria Luisa Di
Pietro e Giuseppe Noia.
Fonte: Avvenire, 27/03/2011
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